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Dichiarazione di Renata POLVERINI

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Lazio (Partito: CEN-DEST(LS.CIVICHE))  - Consigliere Regione Lazio (Lista di elezione: Lista Civica - Cen-Des) 


 

«Basta sprechi o taglio io» - INTERVISTA

  • (06 settembre 2012) - fonte: Il Messaggero | Alessandro Barbano - inserita il 06 settembre 2012 da 31

    «Costi inaccettabili, così il lassismo dei partiti vanifica i risultati»

    Il Consiglio regionale del Lazio costa in un anno quanto la nuova stazione Tiburtina: 140 milioni di euro. E in una legislatura quanto basterebbe per dotare l’intero Mezzogiorno della banda larga: 700 milioni. Le cifre monstre sono sul frontespizio di un rapporto che contiene altri numeri indicativi.

    Ventunomila euro al mese sono la retribuzione lorda del presidente del Consiglio (la maggioranza dei cittadini del Lazio non sa neanche che si chiama Mario Abbruzzese), 900mila euro all’anno sono il costo per gli stipendi dei suoi diciotto segretari, 178mila quello per i suoi nove consulenti e un milione e mezzo di euro le spese di rappresentanza.

    Ma il presidente ha anche due vicepresidenti, che hanno altre ventiquattro segretarie e quattro consulenti. E ha ancora tre consiglieri-segretari d’aula, che hanno trenta segretarie e otto consulenti. Per farla breve, l’arbitro dell’assemblea regionale costa alla collettività 3 milioni 600mila euro all’anno. Quanto ai 71 consiglieri, guadagnano più di tredicimila euro netti al mese e dispongono per la propria attività politica di 211mila euro all’anno ciascuno, i quali, uniti ai costi dei gruppi consiliari di appartenenza, fanno 19 milioni di euro.

    Come si spiegano queste cifre ai cittadini?

    «In nessun modo si spiegano - dice Renata Polverini mentre stringe il rapporto tra le mani. Ma ai capigruppo l’ho detto, ora voglio un pacchetto chiaro di risparmi. Non briciole, perché non bastano più. Ho rispettato finora l’autonomia del Consiglio, che è un’assemblea legislativa e non dipende da me. Ma io ho fatto la mia parte: ho tagliato i costi della giunta ben prima dell’arrivo di Monti. Qui ci sono otto segretarie, alla presidenza del Consiglio diciotto. Qui zero consulenti, lì nove. Qui 115mila euro di spese di rappresentanza, lì tredici volte di più. Ora il Consiglio mi deve risposte chiare, nette e rapide. Perché i cittadini non fanno distinguo tra giunta e Consiglio. Tutto ciò che non va è colpa del presidente della Regione. E quel presidente sono io».

    Ma i cittadini sanno che da almeno un anno si parla di tagli e i tagli non si fanno.

    «Questa volta è diverso. Non è possibile che i miei assessori non abbiano più neanche un euro per i consulenti e la presidenza del Consiglio sciali. E parliamo di due livelli di responsabilità ben diversi».

    Però, Polverini, lei è anche leader di una lista-partito della maggioranza.

    «Che si adeguerà al rigore».

    Perché ciò non è accaduto finora?

    «Purtroppo è una prassi che si è consolidata negli anni. Non tutto è spreco. La politica sostiene costi. Quando vedi un manifesto per strada devi avere la certezza che c’è una correttezza di spesa. I fondi servono a questo. È la democrazia. Ma ora si è esagerato. Quindi, a partire dal gruppo che porta il mio nome, mi aspetto proposte di autentico rigore. Perché il lassismo ha vanificato la spending review che la mia giunta ha fatto risparmiando qualcosa come 71 milioni di euro».

    E i partiti chi li controlla? Hanno 19 milioni di euro da spendere in un anno senza giustificare come. L’ha detto chiaro l’ex capogruppo del Pdl Franco Fiorito, dopo essere stato sfiduciato dai suoi. Non sarà che oltre al rigore manca la tracciabilità?

    «Fiorito si è corretto. C’è una contabilità di gruppo, almeno per il mio. E c’è un comitato contabile. Mi auguro che i controlli li faccia».

    C’è da fidarsi di partiti che tagliano i vitalizi ma solo dalla prossima legislatura?

    «Tutte le Regioni hanno fatto così».

    Non per questo è giusto.

    «No, però quando Errani abolì le pensioni sembrava che avesse fatto un miracolo. In realtà la virtuosa Emilia ha agito come il Lazio».

    Tagliando per quelli che arriveranno, non per gli attuali politici. Che conservano il loro privilegio. A questi lei ha aggiunto anche i suoi assessori non eletti.

    «Ho ripristinato una norma che c’era già. Però gli assessori pagano per ottenere quel vitalizio».

    Cinque anni di contribuzione valgono una pensione?

    «No, il punto è proprio questo. I cittadini ci chiedono in tempi rapidi di scardinare un sistema di tutele e di privilegi lungo decenni. E noi dobbiamo farlo. Lei sa quanti parlamentari hanno il vitalizio della Regione Lazio o dell’Emilia? Ma Renata Polverini ha una pensione integrativa che si è costruita in venticinque anni di lavoro perché mai avrebbe immaginato di avere una pensione politica. Purtroppo ci sono persone che di politica vivono».

    Non è in discussione la sua credibilità personale. Ma converrà che il sacrificio fatto sulla pelle degli altri, cioè dei politici che verranno, agli occhi della gente non vale niente.

    «Sì, è questa la grave questione con cui ci confrontiamo. E alla quale dobbiamo dare risposte complete. Non basta dire tagliamo i monogruppi o le commissioni, che sono uno scandalo. Dobbiamo tagliare tutto, le consulenze e le spese inutili, i fondi dei consiglieri e gli emolumenti. Voglio un pacchetto di proposte per dimostrare ai cittadini che abbiamo capito. E guai a pensare di costruire un’altra palazzina dove allargare la nostra burocrazia. Otto milioni inutili, spreco totale. La Consulta ha già detto che nella prossima legislatura saremo di meno. A che servono nuovi locali?».

    Ma è più difficile tagliare i costi della politica o quelli della sanità? Nella pagella del governo la Regione Lazio è promossa con debito: ha ridotto il disavanzo da 1.470 a 700 milioni, ma non ha completato il piano di risparmio. Perché?

    «Perché un conto è leggere le carte dai tavoli di verifica, un altro è confrontarsi con il territorio. La trasformazione della sanità è in atto. Ma le economie vanno coniugate con la difesa della qualità. Certo, ci sono direttori generali più reattivi e altri che fanno resistenza. E ci sono pressioni interne di sindacati e lobby con cui devi misurarti. Ma a fine anno il disavanzo scenderà a 600 milioni».

    Quanti ospedali inutili restano da accorpare o riconvertire?

    «Il piano riguarda ventiquattro strutture. Siamo a metà dell’opera, anche se il Tar ci ha stoppato a Bracciano, Anagni e Colleferro. A Subiaco abbiamo cambiato idea. Non si può chiudere un ospedale di montagna. Strada facendo ti accorgi che i piani vanno adeguati alla realtà».

    Anche quando riguardano i minireparti di ostetricia?

    «Quelli vanno chiusi subito. Lo pretendono norme internazionali. Sotto i cinquecento parti all’anno non c’è garanzia per la salute di madre e figlio».

    E a che punto siamo?

    «Il piano sta andando a regime, sfidando pressioni e resistenze. Perché quando tu togli ostetricia a un sindaco lui si lamenta che non ci saranno più atti di nascita nel suo Comune».

    Non va meglio con i medici di base. Il governo chiede loro di consorziarsi per tenere aperti gli studi 24 ore su 24. Loro minacciano lo sciopero. E la Regione?

    «La Regione punta a fare subito i presidi di prossimità sempre aperti, dove i medici lavorino in gruppo. È pronta la delibera. Partiamo con cinque municipi di Roma in via sperimentale. Poi ci allarghiamo. Ma intanto decongestioniamo i pronto soccorso. Che stiamo potenziando in ospedali come Sant’Eugenio e Umberto I. Ma che devono essere il punto di approdo dei casi più gravi».

    Però i medici di base non sono d’accordo. Lei li ha attaccati duramente.

    «Sì, gliel’ho cantata. Entrare a gamba tesa in un confronto tra ministro della Salute e Regioni non è corretto. E trovo assurdo che per la prima volta nella storia dichiarino uno sciopero contro i governatori. So che ci sono ottimi medici di famiglia, ma ci sono anche quelli che i pazienti non li incontrano mai. Bisogna capire che il clima è cambiato per tutti».

    Anche per gli ospedalieri che fanno l’intramenia nei loro studi?

    «Sì, anche per loro. Il Lazio in questo settore è la Regione peggiore».

    Dove ci sarebbero le strutture per fare intramoenia e non vengono utilizzate perché c’è un accordo in frode?

    «Diciamo che c’è un modo di agire che va cambiato».

    Ma c’è una responsabilità dei manager?

    «Talvolta sì, ma non appena si tenta di regolamentare l’intramoenia scoppiano le polemiche. Ci sono medici che non solo non vogliono visitare in ospedale, ma non vogliono rispettare neanche l’obbligo economico che hanno nei confronti della sanità pubblica».

    Veniamo ai rifiuti. Lei ha assecondato il prefetto Pecoraro nella scelta di Corcolle per la nuova discarica. Poi è stata smentita dal ministro Clini. E adesso che si è scelto di tornare a Malagrotta che fa? Si mette di traverso come tutti gli altri?

    «No, ho solo detto che quella è la zona più contaminata che abbiamo. E mi rifiuto di credere che sia meglio, come ha detto Clini, insistere nei luoghi già compromessi».

    Manderemo i rifiuti all’estero?

    «Sarebbe un fallimento per tutti. Adesso che molte cose si sono chiarite mi auguro che si torni a ragionare. Intanto sappiamo che Corcolle è a distanza di sicurezza da Villa Adriana. Lo dice l’Unesco. Sappiamo che dietro la grande protesta di quei giorni c’era una lobby interessata a una lottizzazione. E sappiamo anche che tornando a Valle Galeria, cioè a Malagrotta, lasciamo il sistema dei rifiuti nelle mani di un monopolio privato. Mi auguro che il nuovo commissario Sottile riconsideri ciò».

    La politica non ha da rimproverarsi nulla? Se lei e Alemanno aveste avuto una linea comune il problema dei rifiuti non sarebbe stato già risolto?

    «Io ho accettato di assumermi una responsabilità che era sua. E ho creduto di aver trovato insieme a lui e al prefetto Pecoraro una soluzione condivisa. Se poi lui una domenica pomeriggio è andato a Corcolle e si è schierato con i manifestanti, che potevo fare? È stato un gravissimo incidente, a cui dobbiamo ancora porre riparo cercando una nuova intesa. Sono ottimista che non si ripeterà».

    Ma il vostro stare divisi alla meta è un elemento di debolezza per il centrodestra, anche in vista delle urne vicine?

    «Certo che lo è, l’ho detto più volte. Come ho detto che una campagna elettorale con la piaga dei rifiuti aperta è un problema per lui e per Zingaretti. La mia proposta è: sgomberiamo il capo da questo tema, troviamo un’intesa prima del voto nel rispetto degli elettori. E poi confrontiamoci sul resto».

    Che risposte ha avuto?

    «Sono entrambi preoccupati delle conseguenze di una non scelta. Ho fiducia che si convinceranno a decidere insieme».

    Fonte: Il Messaggero | Alessandro Barbano | vai alla pagina

    Argomenti: privilegi, sanità, rifiuti, soldi pubblici, discarica, sprechi, costi della politica, regione Lazio, sprechi politica, vitalizi | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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