Ti trovi in Home  » Politici  » Gianfranco FINI  » «Così Alfano non lavora per un grande centrodestra» - INTERVISTA

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Gianfranco FINI

Alla data della dichiarazione: Pres. Camera   (Lista di elezione: PdL)  - Deputato (Gruppo: FLI) 


 

«Così Alfano non lavora per un grande centrodestra» - INTERVISTA

  • (13 novembre 2012) - fonte: Il Messaggero | Marco Conti - inserita il 13 novembre 2012 da 31

    «Non credo che dalle urne possa uscire un pareggio. E' solo un'ipotesi di scuola».

    «La reazione di Alfano non mi ha stupito perché ha una concezione del centrodestra molto limitato con un perimetro molto ristretto.Ora è impegnato a dimostrare la sua leadership all’interno di un Pdl che viaggia tra il 15 e il 17%. Una percentuale che per oltre la metà appartiene a Berlusconi il quale, al di là dell’ovvia quiete dopo la tempesta, è poco in sintonia con Alfano. L’altra parte residua è dei colonnelli».

    Gianfranco Fini, presidente della Camera ed ex fondatore del Pdl, non ha digerito lo sbarramento nei confronti del centrodestra decretatogli dall’attuale segretario azzurro. «Ricordo ad Alfano che nel 2008 il centrodestra aveva il 37%. E se si riferisce ad un Pdl del 15% ha ragione a dire che non ho nulla da spartirci».

    Tutta colpa della pressione via twitter che Alfano dice di ricevere?

    «La motivazione che lo spinge a tale affermazione è esemplificativa. Ma non capisce, o finge di non capire forse per la mancanza del quid, che io mi riferivo ad un centrodestra dal consenso doppio dell’attuale, che invece si è dissolto. Dovrebbe chiedersi perché il consenso del Pdl si è dimezzato».

    Dimezzato perché lei è stato messo alla porta?

    «Non credo si sia dissolto perché è troppo poco radicale, poco demagogico o poco antieuropeo, ma per ragioni esattamente opposte. Vincerà sicuramente le primarie, non so se farà il candidato premier, ma in questo modo Alfano perimetra un Pdl dentro un centrodestra che ha già perso. In questo modo il massimo delle alleanze che può fare, ammesso che gli altri siano d’accordo, è con la Lega di Maroni e la Destra di Storace».

    Ma nel Pdl sono tutti d’accordo?

    «Mi ha colpito una dichiarazione di Osvaldo Napoli che oggi ha esortato i montiani, ovunque siano, a fare un passo avanti e a candidare il Professore a presidente del Consiglio in alternativa a Bersani o Renzi e a Grillo. Questo è esattamente il perimetro di un’area moderata e di centrodestra molto più ampia dell’orizzonte che disegna Alfano».

    Ammetterà però che non è facile tenere unito un Pdl con Berlusconi che lo piccona da fuori.

    «Non voglio entrare nei rapporti interni. Dico solo che la cartina di tornasole è una sola: dicano se, per evitare che governino Grillo o Bersani, sono disponibili a candidare Monti chiamando a raccolta tutti coloro che temono le due alternative».

    Esiste un Pdl senza Berlusconi?

    «Personalmente non credo».

    Ha mai pensato che se non avesse alzato quel dito ora poteva essere al posto di Alfano?

    «Io quel dito lo ha alzato proprio per evitare che il Pdl si riducesse così. Avevo denunciato più di un problema. A cominciare dalla mancanza di dibattito, di regole e di democrazia interna».

    Riuscirete a cambiare la legge elettorale?

    «Penso di sì perché la pressione più forte è della pubblica opinione e tutte le forze politiche hanno a suo tempo chiesto di cambiarla. Inoltre c’è la sentenza della Consulta».

    Scusi, ma lei il Porcellum lo ha votato. Perché cambiarla solo ora?

    «La Corte si è pronunciata soltanto adesso. Inoltre nel 2008 la situazione era tutta diversa e solo quattro forze politiche sono entrate in Parlamento, mentre ora rischiamo di dare un premio a partiti che non arrivano al trenta per cento, con un evidente distorsione del principio di rappresentanza».

    Condivide la proposta di un premio del 10% alla lista che arriva prima?

    «Sono d’accordo con quanto suggerito dal professor D’Alimonte e penso si possa trovare un accordo lavorando sul premio alla coalizione e su quello alla lista».

    C’è il rischio, come ha detto il presidente del Senato, che se non fate la legge elettorale Grillo schizzi all’80%?

    «Schifani è stato male interpretato perché non si fa una legge elettorale contro qualcuno. E tanto più ampio sarà il fronte delle forze che l’appoggeranno, tanto più ampia sarà la credibilità che la legge avrà».

    E’ a favore anche delle preferenze?

    «Risolvere il nodo di come permettere all’elettore la scelta è ancora più complicato della questione dei premi. Rimango convinto che, alla luce dell’esperienza fatta con le preferenze, i collegi siano meglio. Prendo atto che la mia idea è minoritaria e inoltre occorre tener conto che non c’è tempo per disegnare i collegi».

    In caso di pareggio si torna al voto, come dice Bersani?

    «Confido nell’intelligenza degli elettori e credo che l’idea del pareggio sia un’ipotesi di scuola. Si cita la Grecia, ma lì non ci sono premi né a partiti né a coalizioni».

    Si farà l’election-day?

    «Mi auguro che i cittadini del Lazio, del Molise e della Lombardia, non vengano costretti ad andare a votare tre o quattro volte. Mi rendo conto dei problemi giuridici, ma non trovo argomentazioni valide per sperperare diverse centinaia di milioni».

    A suo giudizio il consenso ad un Monti-bis, nel Pd e nel Pdl, è più ampio di quello che emerge?

    «Assolutamente sì e ancor più nel Paese. Monti è il medico impietoso che è stato chiamato al capezzale di un moribondo, dopo che alcuni precedenti medici avevano alzato le mani. Monti ha detto da subito che non esisteva la pozione magica, ma servono sacrifici pesanti. Malgrado la dura cura, Monti continua ad avere un consenso superiore ai partiti e a tutti i leader politici».

    C’è una cosa che rimprovera al governo Monti?

    «Alcuni ministri hanno spesso dimostrato una buona dose di insensibilità. Mi riferisco sia ai malati di Sla, sia alla tassazione, annunciata nel giorno dell’anniversario di Nassirya, delle pensioni di guerra e alle indennità di medaglia. E’ mancata la sensibilità che la migliore politica ha sempre dimostrato di avere».

    Grillo è frutto della crisi economica o della crisi della politica?

    «La politica non si è accorta della crisi dei partiti. Il movimento di Grillo dimostra che c’è voglia di partecipazione. Sono cambiati i canali, ma la voglia di poter contare c’è ed è forte. Nel nostro Paese, invece, la partecipazione alla vita politica è rimasta solo legata allo strumento-partito. Se si eccettua lo strumento del referendum che però è solo abrogativo. Ora i partiti pagano il loro ritardo».

    Che cosa pensa lei di fare nella prossima legislatura?

    «Il deputato, se gli italiani mi daranno la fiducia necessaria».

    Alla pensione non ha mai pensato?

    «No, anche se avrei maturato i requisiti».

    Fonte: Il Messaggero | Marco Conti | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, centrodestra, pdl, preferenze, elezioni politiche, Grillo Beppe, presidente della Camera, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (1)

  • Inserito il 14 dicembre 2012 da 15841
    Secondo me Fini vuole seriamente una vera destra,perchè la destra di Berlusconi non è vera destra,comunque lui dice tanto però non fa niente (come tutti). Secondo me dovrebbe innanzi tutto candidarsi presidente per Fli e presentare un'alternativa chredibile al pdl,oppure (opzione più difficile) rientrare con Berlusconi e provare a cambiare le cose da dentro,come sta facendo Renzi nel pd... PS:scusate "stava"

Per scrivere il tuo commento devi essere loggato