Openpolis - LE ULTIME DICHIARAZIONI DI DELIA MURERhttps://www.openpolis.it/2016-06-23T00:00:00ZPd, tornare a occuparsi delle persone2016-06-23T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it769911<br />
“La sconfitta c’è e va analizzata. Credo che siamo davvero all’ultimo appello: dobbiamo ricollegarci ai bisogni della gente”. <br />
“Non basta prendere atto delle sconfitte – dice la parlamentare veneziana, bisogna analizzarne le ragioni. Abbiamo perso la connessione con i bisogni più popolari, con la sofferenza delle persone, dilaniate dalla crisi economica, afflitte da disoccupazione e povertà, con la forbice della disuguaglianza che si apre sempre di più e noi incapaci di capire e di agire. Se non è la sinistra ad occuparsi di queste cose, chi deve essere? E’ chiaro che il nostro mondo di riferimento sia disorientato. A volte si astiene, a volte esprime un voto di alternativa. Se non li riconquistiamo con politiche nuove, con presenza nuova sui territori, perderemo sempre”.
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“Ritengo che ora non sia il momento di alimentare conflitti interni o chiedere dimissioni. Non è un cambio della guardia che muta le cose. A cambiare devono essere le politiche e le azioni. A partire dai territori, dove dobbiamo calarci con più umiltà, con più coraggio, con la voglia di sentire addosso i problemi, farcene carico, costruire le soluzioni. E poi dobbiamo apprendere dal Movimento cinque stelle la lezione di apertura alle nuove generazioni. Loro offrono una chance reale ai giovani che vogliono impegnarsi in politica: lì trovano uno spazio vero, possono misurarsi, transitano dai Consigli comunali e possono perfino diventare sindache dentro il senso di una comunità locale, che li sceglie, li sostiene, gli parla e loro ascoltano. Da noi questo succede sempre più raramente. Si costruiscono gruppi dirigenti che a volte non hanno connessioni popolari, non hanno capacità di ascolto e di relazione, si occupano più degli equilibri interni che dei bisogni esterni. Penso che la crisi del Pd debba essere affrontata ripartendo dalla politica, nel vero senso della parola. Occuparsi delle persone”.<br />
Pd, ricostruire una comunità2016-06-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it769310<br />
“I risultati elettorali delle ultime amministrative contengono sicuramente un segnale di allarme che va colto, soprattutto dentro il Pd”.
<p>Lo dichiara Delia Murer, deputata del Partito democratico, dopo il primo turno delle comunali che ha portato al voto migliaia di comuni e alcune grosse città.
<p>“A stare male è, in realtà, tutta la politica, con un’affluenza bassa e un riscontro che ha punti di caduta un po’ per tutti. E’ una situazione frammentata su cui è difficile tirare analisi. In casa Pd, però, deve aprirsi lo spazio di una riflessione profonda. Pesano, in certe località, le vicende territoriali, come sempre per le amministrative. Ma c’è anche un disagio complessivo. Si sente lo scollamento di una comunità, si sente la fatica dello stare insieme. Si vede un voto che ci punisce soprattutto nei ceti popolari, nelle periferie, nei quartieri operai, segno che abbiamo perso una capacità di parlare a chi soffre, di offrire prospettive, di segnare una speranza. Questi devono essere temi seri di riflessione nelle prossime settimane. Un’analisi attenta che, però, non si limiti alla schermaglia interna tra maggioranza e minoranza ma punti alla costruzione di una nuova comunità. Bisogna ascoltarsi e cooperare, bisogna scendere tra la gente e sentirla, fare propri i bisogni, le esigenze. Un lavoro politico vero, che a tratti è mancato e che se non recuperiamo, perdiamo e ci perdiamo sempre di più”.
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Strada chiusa per l’autonomia veneta2016-05-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it769168<br />
Si farà il referendum sull’autonomia del Veneto ma sarà un quesito consultivo generico che, al massimo, consentirà l’apertura di una trattativa con il governo nazionale su alcuni temi. In nessun caso è pensabile per il Veneto un percorso di autonomia come per le cinque regioni speciali e le due province autonome
esistenti.
<p>La risposta arriva, dopo il pronunciamento della Consulta, proprio dal governo Renzi.
<p>"È impossibile sul piano storico e culturale - dice al Corriere della sera il sottosegretario Bressa, ed anche sul piano costituzionale. Evitiamo parallelismi demagogici, che fanno solo confusione".
<p> “Mi sembra che stia giocando molto sulla propaganda – commenta la deputata veneziana del Pd – e poco sulla sostanza. Un referendum consultivo non sposta i termini costituzionali della questione. Zaia, piuttosto, pensi a guidare bene la Regione con poteri e risorse a sua disposizione, realizzando gli obiettivi che si è posto”.
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La richiesta di un referendum è arrivata all’inizio di quest’anno. Voleva essere pieno e articolato per materie ma sarà, quindi, solo generico e, ovviamente, consultivo. Nessuna via per una piena autonomia in termini fiscali e gestionali. Il quadro delle competenze regionali resta fissato in Costituzione e dentro un assetto nazionale.
<p> «Mi pare che il primo negoziato – ha ammesso Zaia, secondo quanto riportato dalla stampa, quello sulla possibilità di un quesito referendario articolato che indicasse anche le materie su cui chiedere l’autonomia, sia già fallito. Non resta dunque ora che indire il referendum veneto col quesito ammesso dalla Consulta».
<p>Per il Governo, l’unica domanda ammissibile è quella generica fissata dalla legge regionale che ha avuto il via libera dalla Corte Costituzionale. “Le Regioni autonome hanno una loro motivazione legata alla storia, ha commentato il premier Renzi. Possiamo discutere di una maggiore attenzione ed interventi ma non esiste né l’ipotesi di secessione né di ulteriori forme di autonomia. O a tutti o a nessuno».<br />
Sanità, non ridurre la qualità del servizio 2016-04-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it769106<br />
“La nota della Corte dei Conti sul Documento di programmazione economia presentato dal Governo, per la parte relativa alla spesa sanitaria, contiene passaggi che destano qualche preoccupazione, soprattutto rispetto alla possibilità di garantire livelli adeguati di servizio ai cittadini”.
<p> Lo dichiarazione è della parlamentare democratica Delia Murer, a commento del dibattito in Commissione affari sociali sul Def 2016 per la parte di competenza.
<p>“Il parere e il voto favorevole, non escludono elementi di preoccupazione politica che abbiamo sentito il dovere di segnalare. La relazione della Corte dei conti, infatti, sottolinea alcuni aspetti che meritano un approfondimento, soprattutto rispetto ad una paventata riduzione delle risorse”.
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Nella relazione che ha accompagnato l’audizione, si rileva che “alla revisione della spesa per 2.352 milioni già considerata nel quadro del Def 2015, sono seguite le ulteriori riduzioni previste per il 2016 (per oltre 2 miliardi con corrispondente riduzione del fabbisogno sanitario nazionale standard) e la decisione, maturata in occasione dell’approvazione dell’Intesa Stato Regioni dello scorso 11 febbraio, di prevedere che, sui risparmi richiesti alle Regioni dalla legge di stabilità 2016, gravino sul settore sanitario 3.500 milioni (dei 3.980 milioni) nel 2017 e 5.000 milioni (sui 5.468 milioni) nel 2018”.
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“La nuova previsione – si legge nella nota - prefigura un andamento della spesa per il 2016 pressoché coincidente con quello del Def dello scorso anno, con una spesa in crescita di un decimo di punto in termini di Pil, mentre i valori previsti per il successivo triennio (lievemente inferiori in termini assoluti) si mantengono sui livelli antecedenti alle misure correttive (sempre in termini di prodotto). Misure approvate tra aprile 2015 e marzo 2016”.<br />
In Aula la legge sul reato di tortura2015-04-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it757992<br />
E' cominciata, in Aula, a Montecitorio, la discussione sulla proposta di legge per l’introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano. Il provvedimento arriva all'attenzione dell'Aula, dopo un percorso compiuto nelle commissioni competenti. In quella degli affari sociali, a fare da relatrice, la deputata del Pd, Delia Murer.
<p>“La proposta è stata già approvata dal Senato, in prima lettura, ed è stata modificata dalla commissione Giustizia della Camera. Arriva in un momento molto particolare, quando si fa sentire l'inadeguatezza del sistema italiano anche rispetto ai fatti di Genova e rispetto alla censura netta dell'Europa. L’obiettivo, oggi, con questa proposta di legge, al di là dell'oggettiva gravità di quanto successo a Genova, è uniformare l’ordinamento italiano a quanto previsto dalla Convenzione Onu. Sono diverse legislature che si prova a produrre una normativa in tal senso ma non è mai riusciti a condurre in porto il tentativo. L’auspicio è che questa sia la volta giusta”.
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IL PROVVEDIMENTO IN PILLOLE
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<b>TORTURATORI IN CARCERE.</b><br />
Sono pesanti le pene contro chi tortura. Il nuovo reato introdotto nel codice penale punisce infatti con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia o violando i propri obblighi di protezione cura o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere dichiarazioni o informazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. La sofferenza dovrà però essere acuta e comunque ulteriore rispetto a quella che deriva dalla semplice detenzione o altre legittime misure limitative dei diritti. Specifiche aggravanti, peraltro, scattano in caso di lesioni o morte.
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<b>AGGRAVANTE PER AGENTI.</b><br />
Se a torturare è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, la pena è aggravata da 5 a 12 anni.
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<b>ISTIGAZIONE ALLA TORTURA.</b> <br />
E’ istigazione specifica che vale solo per pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio. Il nuovo reato prevede il carcere fino a 3 anni se l’istigazione non è accolta o comunque non c’è stata tortura.
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<b>PRESCRIZIONE LUNGA.</b><br />
I termini di prescrizione raddoppiano, dunque il reato di tortura se prima non interviene il processo si estinguerà in 20 anni.
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<b>STOP ESPULSIONI.</b> <br />
Divieto assoluto di espulsione o respingimento verso paesi che praticano la tortura o dove la violazione dei diritti umani sia grave e sistematica.
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<b>DICHIARAZIONI ESTORTE NULLE.</b><br />
Qualsiasi dichiarazione o informazione estorta sotto tortura non è utilizzabile in un processo. Valgono però come prova contro gli imputati di tortura.
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<b>NIENTE IMMUNITA’ DIPLOMATICA.</b><br />
I cittadini stranieri indagati o condannati per tortura non possono godere di alcuna immunità diplomatica.
<p>Di seguito i punti salienti del provvedimento in discussione e la relazione della deputata Murer in commissione Affari sociali.
<p>“Il 5 marzo dello scorso anno il Senato ha approvato un disegno di legge per l’introduzione nel nostro codice penale del delitto di tortura.<br />
La proposta di legge è ora all’attenzione della Camera. Ha trovato già il via libera, con alcune modifiche, nella Commissione Giustizia, competente per materia, ed è all’esame consultivo di altre commissioni per pareri di competenza.<br />
Sono diverse legislature che il Parlamento prova a legiferare sul tema, cercando di introdurre nel nostro ordinamento il reato specifico di tortura.
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Nella XIII legislatura fu il Governo Amato a presentare un disegno di legge che non fu nemmeno avviato all’esame. Era una proposta che prevedeva la tortura come circostanza aggravante dei reati colposi contro la persona commessi dal pubblico ufficiale (o dall’incaricato di pubblico servizio).
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La XV legislatura portò all’approvazione presso la Camera di una proposta di legge che, però, non vide la luce in Senato e si fermò.
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Il medesimo disegno di legge fu esaminato nella legislatura successiva dal Senato ma l’iter non è mai stato completato.<br />
Ad inizio della legislatura in corso, il dibattito è ripreso proprio in Senato, arrivando all’approvazione di una Proposta, che ora è all’attenzione della Camera. <br />
La necessità di introdurre nel nostro ordinamento nazionale una fattispecie penale relativa al delitto di tortura nasce da varie circostanze, anche di carattere normativo. Intanto, esiste una espressa disposizione della Carta costituzionale, che stabilisce all’art. 13, comma 4 che «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». <br />
All’articolo 27, comma 3, poi, si legge che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.<br />
Dal dettato costituzionale si può dedurre che la privazione, totale o parziale, della libertà non priva un individuo del diritto al rispetto della propria personalità e dignità. Ciò implica automaticamente, in capo ai soggetti chiamati a dare esecuzione alla misura restrittiva, il divieto di sottoporre la persona ad atti di violenza o ad altre forme di coercizione fisica o morale, che non siano necessari all'attuazione del provvedimento limitativo prescritto.
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Anche il diritto internazionale si è espresso più volte sul tema. <br />
La Convenzione di Ginevra del 1949 relativa al trattamento dei prigionieri di guerra; la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1996, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti. <br />
La maggiori parte di tali atti proibisce esplicitamente la tortura. La citata Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti (la cd. CAT), ratificata dall’Italia con la legge n. 489/1988, prevede, in particolare, l'obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno (articolo 4). <br />
Si evince soprattutto da questo complesso di fonti normative internazionale l’indifferibilità di un intervento normativo.<br />
Va segnalata come anche il lungo elenco di audizioni compiute dalla Commissione Giustizia abbia evidenziato la necessità di un intervento del Parlamento. <br />
La Cgil – Funzione pubblica, nella sua audizione, ha segnalato che “sostiene da tempo la necessità e urgenza di produrre una norma specifica che individui e punisca il reato di tortura”. <br />
A tal proposito ha fatto presente che “insieme alla propria Confederazione e con diverse altre associazioni da tempo impegnate sul fronte dei diritti civili e dell’umanità dei trattamenti penitenziari ha organizzato la raccolta di firme in calce a un disegno di legge di iniziativa popolare che servisse da stimolo e modesto suggerimento alle Camere per produrre una buona norma”.
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Indicazioni analoghe sono venute da organizzazioni come Amnesty international a altri soggetti associativi.<br />
Da questa premessa discende quindi la necessità di una iniziativa legislativa del nostro Paese sul tema in questione.<br />
Il dibattito presso il Senato ha evidenziato la necessità di formulare il reato di tortura in modo quanto più possibile attinente alla definizione fissata dalla Convenzione ONU del 1984.
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La proposta approvata dal Senato, tuttavia, dal punto di vista sistematico, connota il delitto in modo non del tutto coincidente con quello previsto dalla Convenzione stessa.<br />
Il testo approvato, infatti, prevede che la tortura sia un reato comune (anziché un reato proprio del pubblico ufficiale) e sia caratterizzato dal dolo generico.<br />
Entrambi gli elementi contribuiscono a rendere più ampia l’applicazione della fattispecie potendo la tortura essere commessa da chiunque ed a prescindere dallo scopo che il soggetto ha eventualmente perseguito con la sua condotta.
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La commissione del reato da parte del pubblico ufficiale costituisce, invece che elemento costitutivo, un’aggravante del delitto di tortura.<br />
Ulteriore diversità, rispetto al testo della Convenzione ONU, concerne la situazione di inferiorità della vittima del reato non più limitata alla privazione della libertà personale.<br />
Va ricordato, in ultimo, che il reato di tortura, mancante nel codice penale, è invece presente nel codice penale militare di guerra, applicabile anche ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate in tempo di pace. L'articolo 185-bis (introdotto nel 2002), infatti, stabilisce che il militare che, per cause non estranee alla guerra, compie atti di tortura o altri trattamenti inumani in danno di prigionieri di guerra o di civili o di altre persone protette dalle convenzioni internazionali, è punito con la reclusione militare da due a cinque anni. <br />
Il codice penale, peraltro, indica una serie di reati riconducibili a maltrattamenti e violenza: ricordiamo le percosse (articolo 581 c.p.) e lesioni (articolo 582 c.p.), la violenza privata (articolo 610 c.p.), le minacce (articolo 612 c.p.), l'arresto illegale (articolo 606 c.p.), e altre. Un elenco, tuttavia, non sufficiente di fronte all’obbligo giuridico internazionale di fatto rispetto all'introduzione dello specifico reato di tortura.
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Passando al contenuto della proposta al nostro esame rispetto alla quale la Commissione è chiamata ad esprimere un parere in sede consultiva ricordo che essa è stata approvata dal Senato nel marzo del 2014 e modificata dalla Commissione di merito della Camera nella seduta dello scorso 4 febbraio.
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Dal punto di vista sistematico, connota il delitto in modo non del tutto coincidente con quello previsto dalla Convenzione ONU. Il testo approvato, infatti, prevede che la tortura sia un reato comune mentre la commissione del reato da parte del pubblico ufficiale costituisce, invece che elemento costitutivo, un’aggravante del delitto di tortura.
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<b>La proposta in esame si compone di 6 articoli.</b>
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<b>L’articolo 1</b> introduce nel titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III (Delitti contro la libertà morale) del codice penale gli articoli 613-bis e 613-ter.
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Il primo articolo disciplina la fattispecie incriminatrice del delitto di tortura costruito come reato comune, eventualmente aggravato.
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L’art. 613-bis c.p., che ha subito notevoli modifiche nel corso dell’esame presso la Commissione di merito della Camera, punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia, ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni, o infliggere una punizione, o vincere una resistenza, o in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. Le sofferenze devono essere ulteriori rispetto a quelle derivanti dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.<br />
Segnalo che secondo l'impostazione adottata dalla Commissione di merito la fattispecie del reato di tortura sembrerebbe ipotizzabile anche in strutture quali, a titolo esemplificativo, le residenze per anziani, in cui vi siano soggetti affidati alla vigilanza o custodia del personale addetto. Ricordo nuovamente che per configurare il reato di tortura le violenze e minacce non deve essere fini a se stesse ma avere intendimenti punitivi o essere determinate da specifiche caratteristiche del soggetto vessato. <br />
L’art. 613-bis contempla specifiche circostanze aggravanti del reato di tortura. La prima,– derivante dall’opzione del delitto come reato comune - è l’aggravante soggettiva speciale costituita dalla qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dell’autore del reato, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla finzione o al sevizio; la pena prevista è la reclusione da 5 a 12 anni.<br />
La seconda, aggravante oggettiva ad effetto comune, consiste nell’aver causato lesioni personali comuni (aumento fino a 1/3 della pena), gravi (aumento di 1/3 della pena) o gravissime (aumento della metà). Le altre circostanze aggravanti riguardano la morte come conseguenza della tortura nelle due diverse ipotesi di morte non voluta, ma conseguenza dell'attività di tortura (30 anni di reclusione) e della morte invece conseguita come conseguenza voluta da parte dell'autore del reato (pena dell’ergastolo).<br />
L’art. 1 aggiunge, poi, al codice penale l’art. 613-ter con cui si punisce il reato proprio - al di fuori dei casi previsti dall’art. 414 del codice penale (istigazione a delinquere) - consistente nell'istigazione a commettere tortura commessa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, sempre nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. L’istigazione sarà, quindi punibile indipendentemente dal fatto che essa non sia accolta oppure sia accolta ma ad essa non segua alcun reato.
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<b>L'articolo 2</b> è norma procedurale che novella l’art. 191 del codice di procedura penale, aggiungendovi un comma 2-bis che introduce il principio dell’inutilizzabilità, nel processo penale, delle dichiarazioni eventualmente ottenute per effetto di tortura.
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L’articolo 2-bis, introdotto alla Camera, integra l’articolo 157 del codice penale inserendo il reato di tortura tra quelli par i quali è previsto il raddoppio dei termini di prescrizione.
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<b>L'articolo 3</b> coordina con l’introduzione del resto di tortura l’art. 19 del Testo unico sull’immigrazione immigrazione (D.Lgs 286/1998) vietando, quindi, l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o oggetto di tortura.
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<b>L'articolo 4</b> della proposta di legge prevede, al comma 1, l'impossibilità di godere delle immunità diplomatiche da parte di agenti diplomatici che siano indagati o siano stati condannati nei loro Paesi d'origine per il delitto di tortura. <br />
Il comma 2 dell’articolo 4 prevede l’obbligo di estradizione verso lo Stato richiedente dello straniero indagato o condannato per il reato di tortura; nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, lo straniero è estradato verso il Paese individuato in base alla normativa internazionale.
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<b>Gli articoli 5 e 6</b> sono relativi, rispettivamente, alla norma di invarianza finanziaria ed all’entrata in vigore del provvedimento.
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Più impegno contro la violenza di genere 2014-11-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it750783<br />
Più risorse nella legge di Stabilità sulle politiche contro la violenza di genere, chiede Delia Murer, deputata Pd della commissione Affari sociali.
<p>“Lavoreremo perché si determini nelle azioni del governo una maggiore incisività sulla lotta alla violenza sulle donne. Purtroppo dobbiamo registrare, dall’insediamento del governo Renzi, una frenata su questi temi. La legislatura era iniziata bene, con la rapida ratifica della Convenzione di Istanbul e con la legge sul femminicidio. Poi il rallentamento sul Piano nazionale antiviolenza ha determinato una fase di stallo”.
<p>La cosiddetta legge contro il femminicidio (L. 119 del 2013), prevede all’articolo 5 l'adozione di un Piano nazionale contro la violenza sessuale e di genere e lo stanziamento di risorse anche a sostegno del lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio (17 milioni di euro per il biennio 2013-2014 e ulteriori 10 milioni per il 2015). Il precedente Governo ha avviato i tavoli di lavoro della task force interministeriale prevedendo il confronto tra istituzioni e associazioni per elaborare il nuovo Piano nazionale, individuando misure volte sia alla prevenzione del fenomeno che al sostegno e all'accoglienza delle vittime. Sette, per l'esattezza, i tavoli al lavoro dal 22 luglio del 2013, con una vera e propria task force indispensabile per costruire un'ottica integrata e multidisciplinare in grado di affrontare il fenomeno della violenza sotto tutti i suoi aspetti.
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“Il lavoro dei tavoli però, ad un certo punto si è interrotto. Il cambio di governo, inoltre, prima ha bloccato l’impiego delle risorse poi ha dato vita ad un riparto molto discutibile”. Nel giugno scorso, il sottosegretario Scalfarotto, nel rispondere ad una interrogazione presentata da alcune deputate del Pd, ha garantito che la task force “sta ultimando l'elaborazione delle diverse proposte di intervento” e che “il Governo conta di poter adottare lo stesso entro il mese di ottobre”. “Purtroppo non si hanno ancora notizie. Speriamo di sapere qualcosa rapidamente ma, soprattutto, che arrivi una sterzata dal governo su questi temi. Il fatto che manchi nell’esecutivo un ministro alle Pari opportunità si fa sentire nei ritardi e nella scarsa incisività delle azioni”. <br />
Fecondazione, la norma c’è2014-07-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it722086<br />
“La sentenza della Corte costituzionale sulla legge 40 va applicata subito, senza bisogno di nuovi interventi normativi. La disciplina esiste e può essere vigente. Non vorrei che i tentativi di varare nuove norme fossero solo un modo per boicottare quanto deciso dalla Corte, cioè la piena applicazione di una norma vigente che genera molte attese”.
<p>Lo dichiara Delia Murer, a proposito del dibattito sul tema della fecondazione eterologa medicalmente assistita, dopo che è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di alcuni divieti previsti nella norma iniziale della legge 40.
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“L'illegittimità costituzionale degli articoli relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita, cassati dalla Corte non determina alcun vuoto normativo. In altre parti della legge vi sono tutte le tutele necessarie per poter procedere. La cancellazione del divieto di eterologa ripristina il rispetto del principio di uguaglianza ed è del tutto in linea con la giurisprudenza in materia di autodeterminazione. Al Governo non resta altro adempimento che promuovere l’aggiornamento delle Linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita; non è, quindi, necessaria una nuova legge mentre si devono rimuovere tutti gli ostacoli per l'accesso alla fecondazione medicalmente assistita”. <br />
Tutti i nodi del Mose2014-07-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it722087<br />L'unicità di Venezia ha bisogno di una Legge Speciale.
<p>Una indagine conoscitiva sulla realizzazione del Mose di Venezia. L’hanno chiesta, al presidente della commissione Ambiente della Camera, i deputati veneti del Pd. L’indagine conoscitiva dovrebbe avvenire in relazione a tutte le attività poste in essere dal Consorzio Venezia nuova, e dalle imprese collegate, con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori, al quadro finanziario delle risorse finora impiegate e alle prospettive rispetto al completamento dei lavori e alla successiva fase di gestione e manutenzione. Il tutto, anche alla luce di possibili iniziative normative da assumere.
<p> “ La questione Mose ha implicazioni importanti, anche al di là dell’inchiesta giudiziaria in corso. Questa andrà avanti, accerterà le responsabilità penali, se ce ne sono, com’è giusto che sia. Ma resta il tema di una infrastruttura così impegnativa, nella sua complessità. E’ ormai realizzata per oltre due terzi. Dovrà arrivare al termine, con tutte le opportune valutazioni sui lavori, sul concessionario unico, ad esempio, sugli affidamenti diretti che ha compiuto anche il commissario anticorruzione, Cantone.
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Ma poi c’è il nodo gestione e manutenzione: si tratta di un’opera complessa, infatti, la cui storia non finisce certamente con l’esecuzione dei lavori. Torna di attualità il tema posto nella nostra proposta di riforma della legge speciale, con il superamento del concessionario unico. Inoltre, nella discussione sulla riforma della Pubblica amministrazione, dove si ipotizzava la soppressione del Magistrato delle acque, noi lavoriamo affinché le sue funzioni, su Venezia, siano assunte dal Sindaco metropolitano e, nelle more, dal commissario straordinario, in modo da lasciare al territorio un controllo cruciale. In definitiva, il tema, oggi, non è il superamento del <b>carattere di unicità di Venezia, che richiede una legge speciale</b>, ma la necessità di una sua profonda riforma”.
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Governo Renzi. Mille giorni per fare, e fare bene2014-07-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it721967<br />
Il programma dei mille giorni di Governo e una riflessione condivisa sulla stagione di riforme costituzionali che si apre in Parlamento. Si è concentrata su questi temi, l'assemblea congiunta di deputati e senatori del Pd con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che si è tenuta l'altra sera alla Camera dei deputati. "Un momento di riflessione sicuramente utile - commenta la deputata Delia Murer - che mi auguro lasci aperto lo spazio per ulteriori discussioni sugli spazi necessari di aggiustamento del cammino delle riforme. Il nuovo assetto del Senato e la legge elettorale, per esempio, dovranno essere oggetto di una riflessione complessiva, con spazi anche per la democrazia paritaria, tema che attiene la qualità del nostro sistema istituzionale e che non può essere considerato secondario. Inoltre, va ricordato che le aspettative più grandi del Paese rispetto al governo e anche al Pd riguardano la crisi economica e occupazionale. Sono le riforme economiche il cuore del cambiamento, esse passano sicuramente anche per il buon funzionamento delle istituzioni, ma non solo. Spero che, insieme alla necessità di fare le cose, ci sia anche lo spazio di riflessione adeguato per farle bene".
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Ecco, in sintesi, così come riportati dal sito dell'Unità, le parti salienti del discorso di Renzi.
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RENZI: CONGRESSO NEL 2017, VOTO NEL 2018
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«Il prossimo congresso del Pd sarà nel 2017, prima delle elezioni del 2018». Così Matteo Renzi parlando ai gruppi del Pd. «Son qui per chiedervi una mano e vi indico una direzione». Così Matteo Renzi, nel suo discorso ai gruppi del Pd. «Non vi chiedo un tributo alla simpatia personale. Ma una lealtà che so di poter avere non su di me ma sul paese. Vi chiedo un impegno a una tempistica stringente sulle riforme», spiega Renzi.
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RENZI AL PD: FATE POCHE FERIE, ABBIAMO TANTO LAVORO
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«Vi chiedo di fare poche ferie. Non è un atto di flagellazione biblica, ma abbiamo troppi decreti e c'è tanto lavoro parlamentare da fare». Lo ha detto il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, aprendo la riunione dei gruppi parlamentari del partito che si svolge alla Camera. In sala si è immediatamente creato brusio, tanto da costringere Renzi a puntualizzare: «Essendo in streaming» questa reazione «passa male».
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RENZI: MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE È LA SCUOLA
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«La madre di tutte le battaglie è la scuola. Su questo non abbiamo fatto tutto, anzi». Lo ha detto il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, aprendo la riunione dei gruppi parlamentari del partito che si svolge alla Camera. «Sono pronto a governare il partito anche con chi non la pensa come me a condizione che la pensiamo sui tempi come tutti gli italiani: non c'è un minuto da perdere. L'ansia riformatrice che mettiamo anche sulle riforme costituzionali nasce da questo».
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RENZI: VISITERÒ 10 REALTÀ. MI FISCHIERANNO? MA CI SARÒ
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«Tra agosto e settembre ho deciso di visitare 10 realtà particolari del nostro territorio. Sarò a Napoli, tra Reggio e Gioia Tauro, all'Aquila, a Piombino, a Gela, a Termini Imerese, a Taranto e nell'Emilia Romagna dove abbiamo dimostrato che grazie alla capacità di sindaci straordinariamente capaci e di un presidente della Regione che ha dimostrato cosa significa amministrare siamo usciti dalla crisi post-terremoto». Così Matteo Renzi parlando ai gruppi del Pd. «Il presidente farà questo giro- dice Renzi- e si prenderà dei fischi della contestazioni ma è doveroso per noi dire che il 40,8 per cento ci porta a stare lì». Accanto a questo tour ci saranno «tre luoghi simbolici di tre progetti che parlano dell'Italia: Milano, Venezia e Firenze».
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RENZI: HA SMESSO DI PIOVERE MA NON C'È ANCORA IL SOLE
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«Ha smesso di piovere sulla crisi economica, ma non è ancora arrivato il sole. C'è foschia». Lo ha detto il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, aprendo la riunione dei gruppi parlamentari del partito che si svolge alla Camera.
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RENZI: SE NON CAMBIAMO TRADIAMO GLI ITALIANI
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«Questa è la prima riunione che facciamo dopo il risultato elettorale. Quel 40,8% dovrebbe non farci dormire la notte. Questo risultato dovrebbe caricarci di una responsabilità straordinaria. I cittadini ci hanno dato l'opportunità di cambiare sul serio. Se non cambiamo davvero tradiamo gli italiani». Lo ha detto il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, aprendo la riunione dei gruppi parlamentari del partito che si svolge alla Camera.<br />
Riforma Fornero, ecco le modifiche2014-07-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it721372<br />
E’ stata avviata, a Montecitorio, nell’Aula della Camera dei deputati, la discussione sul testo di legge che contiene una serie di modifiche alla riforma Fornero. Il testo unificato ha come titolo “ Modifica alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico (A.C. 224 ed abbinate”).
<p>E’ indicato come la proposta sugli esodati, perché risolve, in parte, quella spinosa vicenda. Ma all’interno della Proposta c’è il risultato anche di altri testi di legge che intervengono suvari aspetti del sistema pensionistico, provando a correggerne alcune storture. Tra questi, anche una <a href="http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0002960.pdf">proposta di legge che ho presentato, la numero 387</a>, che delegava il Governo ad intervenire per allargare l'applicazione di alcune disposizioni in materia di trattamenti pensionistici anche ai settori del pubblico impiego e del lavoro autonomo.
<p><a href="http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/COST070.Pdf">A questo indirizzo si può consultare un ampio dossier</a> della Camera dei deputati sul tema, in ordine alla proposta in discussione e alle tante sfumature tecniche che una materia così complessa come quella previdenziale presenta. Di seguito pubblichiamo la relazione che la deputata Pd, Marialuisa Gnecchi, ha tenuto in Aula per illustrare il provvedimento.
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MARIALUISA GNECCHI, Relatore per la maggioranza.
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Signor Presidente, noi siamo qui, siamo in Aula, con questo provvedimento, che ha avuto un iter significativo in Commissione, ha visto un lavoro molto attento e proficuo all'interno della Commissione lavoro. Noi sappiamo che i comitati degli esodati, che anche oggi sono qui davanti alla Camera a manifestare, si sono anche incontrati con la Presidente, la quale aveva assunto con loro l'impegno di arrivare in Aula il più presto possibile con la proposta che avevamo in Commissione.
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Noi, ovviamente, pensiamo che il termine «esodati» sia un termine molto riduttivo, nel senso che bisogna pensare a tutte le donne e gli uomini che sono stati pesantemente penalizzati dalla manovra Fornero. Noi sappiamo che il provvedimento «salva Italia», nel dicembre del 2011, è arrivato in un momento di grande crisi economica del Paese, tanto da chiamarsi, per l'appunto, «salva Italia». Quello che era difficile da accettare, anche per noi – per noi della Commissione lavoro dell'altra legislatura e per noi che ci occupiamo di lavoro e pensioni anche in questa legislatura – era che la parte più significativa del risparmio fosse stata tutta sulle pensioni. Ovviamente, colgo questa occasione per dire che forse la penalizzazione maggiore l'hanno subita le donne. L'hanno subita le donne perché tutte le donne nate fino al 31 dicembre 1951, nel settore privato e se autonome, potevano andare in pensione a sessant'anni, mentre già quelle nate il 1o gennaio 1952 si sono ritrovate a dover andare in pensione cinque anni dopo.
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Dico cinque anni anche se, apparentemente, la norma prevede una gradualità, ma avendo previsto che il requisito anagrafico dal 1o gennaio 2012 sia 62 anni – e, quindi, nessuna donna aveva la possibilità di compiere due anni nella notte tra il 31 dicembre 2011 e il 1o gennaio 2012 –, tutte si sono ritrovate a rincorrere la possibilità di età per la pensione di vecchiaia e, quindi, tutte si sono ritrovate a dover pagare al debito pubblico, come pagare di tasca propria, cinque anni di mancata pensione. Questo era già successo nel 2009 per le donne del pubblico impiego, però le donne del pubblico impiego, almeno, potevano, comunque, continuare a lavorare.
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Perché dico che chiamare «esodati» le persone che si stanno mobilitando nel Paese dal dicembre del 2011 è riduttivo ? Perché ovviamente la platea è ampia; ho già parlato della platea delle donne, ma si potrebbe ricordare la platea dei disabili che si sono visti anche loro penalizzati, ma potrei dire anche tutte le persone che possono aspirare alla pensione sociale, all'assegno sociale, che si sono viste comunque l'anno in più da attendere per poter riscuotere anche questa prestazione.
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Poi, ovviamente, di grave c’è il fatto che non sono stati tutelati tutti gli accordi firmati prima del 31 dicembre 2011, quindi, accordi di esodo o accordi di mobilità e, quindi, questo è quello che viene chiamato normalmente, l'aver dovuto assistere alla rottura di un patto tra lo Stato e il cittadino.
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Noi, dal primo giorno dopo l'approvazione del decreto cosiddetto salva Italia, abbiamo iniziato a lavorare, lo dico in modo esplicito, per la riduzione del danno. Eravamo arrivati a cinque salvaguardie, quindi, a tutelare 162 mila lavoratori e lavoratrici, però riconosco anch'io – che pur sono stata una di quelle attive nella richiesta di queste salvaguardie – che in queste salvaguardie si sono create tante contraddizioni. Quindi, la nostra proposta di legge in Commissione – che era una proposta di legge alla quale siamo arrivati come testo unico, e quindi con la collaborazione di tutti i gruppi presenti in Commissione lavoro – era la ricerca di superare almeno alcune delle contraddizioni che le cinque salvaguardie hanno portato. La nostra proposta però è stata quantificata dall'INPS e dalla Ragioneria in termini troppo pesanti per poterla affrontare in questo momento. Siamo stati invitati a rinviare la trattazione alla legge di stabilità, per ricercare una soluzione strutturale. Ovviamente, a noi piacerebbe molto una soluzione strutturale, noi siamo convinti, da sempre, che servirebbe una soluzione strutturale, ma servirebbe una soluzione strutturale in generale per la riforma del sistema previdenziale.
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Noi abbiamo anche in Commissione una proposta a prima firma Damiano, che vede come relatrice Renata Polverini, sulla flessibilità in uscita, abbiamo anche proposte sulla pensione di vecchiaia delle donne, abbiamo anche proposte rispetto al riconoscimento di lavori usuranti o, comunque, al riconoscimento delle categorie che si sono viste allungare troppo il tempo di attesa per la pensione, come i macchinisti, oppure, ancora, le correzioni come per «quota 96», che è la famosa situazione del personale della scuola, per cui non è stato considerato l'anno scolastico ma l'anno solare. In sostanza, noi abbiamo tante proposte e, in effetti, riconosciamo al Ministro Poletti – e, quindi, lo diciamo al sottosegretario che è qui presente e gli chiediamo di riportarlo al Ministro Poletti – di averci dato la disponibilità ad affrontare, insieme, la possibilità di discussione di una riforma strutturale (quindi, non solo per le salvaguardie), che tenga conto, anche, del fatto che la crisi dal 1o gennaio del 2012 è andata avanti.
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Lavoratori e lavoratrici sono ancora stati licenziati; lavoratori e lavoratrici sono ancora andati in mobilità, sono ancora stati incentivati all'esodo, e quindi sappiamo che la situazione è grave anche per tutti i lavoratori e le lavoratrici che si sono trovati in difficoltà dopo il 1o gennaio 2012.
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Quindi, noi siamo per una soluzione strutturale, ma siamo anche per riuscire a garantire realmente, a tutte le persone che secondo noi devono essere salvaguardate, una salvaguardia reale. Pertanto noi vogliamo proseguire con questi due obiettivi e quindi su queste due strade parallele. L'emendamento proposto dal Governo, sostitutivo della nostra proposta, è praticamente un emendamento che prevede lo spostamento, per perfezionare i requisiti alla decorrenza del trattamento pensionistico, dal 6 gennaio 2015 al 6 gennaio 2016. Questa è sicuramente una cosa positiva, che dà sicurezza e certezza a tutte le persone che stavano con ansia attendendo di vedere il proprio periodo di decorrenza del trattamento incluso nelle salvaguardia, e abbiamo aggiunto i lavoratori che sono cessati dal 2007 e dal 2011 con contratto a tempo determinato. Ciò perché, con grande lavoro, dal dicembre 2011 abbiamo continuato a dire che non ci poteva essere differenza tra un lavoratore di una piccola azienda licenziato e che non aveva avuto né esodo né mobilità né nessun ammortizzatore sociale, che non era salvaguardato, e un lavoratore con una salvaguardia perché in mobilità e/o esodato, quindi uscito con esodo.
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Noi volevamo riuscire a tener conto di tutti questi lavoratori, poi, invece, si sono tutelati solo i lavoratori che uscivano da un contratto a tempo indeterminato. Ma noi sappiamo che dal 2007 al 2011 un lavoratore o una lavoratrice accettavano qualunque contratto, anche a tempo determinato, pur di lavorare, quindi in questa salvaguardia includiamo anche i lavoratori e le lavoratrici cessati da contratto a tempo determinato, perché riconosciamo e pensiamo che siano i lavoratori e le lavoratrici deboli che andavano comunque tutelati. Arriviamo a 32.100 persone in più, però la stragrande maggioranza delle risorse viene dai risparmi della seconda e della quinta salvaguardia, perché erano stati stimati in eccesso 40 mila mobilitati nella seconda salvaguardia.
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Inoltre, sono state aggiunte delle risorse in più dal Ministero del lavoro. È una quota minima, ma è vi una quota da parte del Ministero del lavoro dal Fondo occupazione, che il Governo si è impegnato a restituire al Fondo occupazione in legge di stabilità, e che comunque avrebbe riguardato il 2015. Quindi, stiamo tranquilli – e questa è la conferma che dovrebbe rassicurare tutte le persone che hanno avuto la salvaguardia e che stanno aspettando una salvaguardia – che il fondo degli 11 miliardi 600 milioni di euro che abbiamo ottenuto per le salvaguardie rimane tutto a disposizione solo delle salvaguardie.
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Questa è la conferma che per noi è importante sottolineare. Abbiamo ottenuto questo comma 235 della legge n. 228 del 2012, che già lo diceva e lo prevedeva; abbiamo avuto conferma del significato di quel Fondo, perché in quel Fondo sono andati i 500 milioni dell'armonizzazione del comma 18 dell'articolo 24 della manovra Fornero, ma questa è l'ulteriore conferma che deve dare tranquillità ai lavoratori.
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Quindi, solo da questo punto di vista, noi abbiamo accettato l'emendamento sostitutivo del Governo perché è un passo avanti; non è tutto quello che volevamo, perché ovviamente noi confermiamo che la nostra proposta di legge, e il testo unico al quale eravamo arrivati era più completo, però è un passo in avanti. Quindi, questo passo in avanti noi lo vogliamo sottolineare, lo vogliamo apprezzare; non siamo completamente soddisfatti, i colleghi degli altri gruppi ovviamente hanno ripresentato in Commissione e ripresentano qui in Aula gli emendamenti che ricalcano la nostra proposta di legge, quindi il Partito Democratico e i partiti di maggioranza si ritrovano costretti – ovviamente – a bocciare gli emendamenti che pure avevano condiviso in Commissione sul testo, però è chiaro – lo vogliamo sottolineare – che è un passo avanti, che a 32.100 persone garantiamo comunque la tranquillità di avere la pensione, e quindi da questo punto di vista ci dichiariamo soddisfatti.
<br />Divorzio, quarant’anni di diritti civili2014-05-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it720024<br />
Quarant’anni dal referendum sul divorzio, un anniversario che serve a riflettere sulla situazione dei diritti civili in Italia. Il 13 maggio del 1974, quarant’anni fa, si apre una pagina nuova per il Paese. Nel 1971, due parlamentari laici (il socialista Fortuna e il liberale Baslini) promuovono e portano all’approvazione la legge sul divorzio. Tre anni dopo, si tenta di abrogarla. Ma 19 milioni di italiani, pari al 59,3 %, dicono no. La legge sul divorzio resta vigente. E con essa saltano alcuni tappi: si riscrive il senso del legame familiare, si riattiva il valore della scelta, si muovono leve di libertà e autodeterminazione.
<p>“Una tappa davvero fondamentale nella storia del Paese. Il fascismo prima e la Democrazia cristiana poi, avevano determinato un arretramento dell’Italia, rimasto uno dei pochi paesi europei dove il diritto di uscire da un matrimonio in crisi era negato. Con la legge prima, e la vittoria referendaria poi, si è aperta una straordinaria stagione di riforme civili, prima con la 194, e l’interruzione volontaria di gravidanza, poi con la 180, e la chiusura dei manicomi, e altri interventi che hanno modernizzato la Repubblica”.
Ciò nonostante, oggi, a 40 anni da quel referendum, l’Italia è ancora – assieme a Polonia, Irlanda e Malta – uno dei pochi paesi dove per poter divorziare bisogna far passare un lungo periodo di separazione (tre anni), con costi spesso molto alti, a volte insostenibili.
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“Anche per questo motivo è in via di definizione un nuovo intervento normativo, con una Proposta firmata sia dal Pd che da Forza Italia, sul cosiddetto divorzio breve, che prevede la riduzione da tre a uno degli anni di separazione prima del divorzio o a sei mesi se l’addio è consensuale. Con essa, contiamo di aprire anche una fase nuova sui diritti civili nel loro insieme”.<br />
Europa. Serve più cooperazione.2014-05-15T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it720025<br />
Una mobilitazione straordinaria in vista delle elezioni europee. Il 16, 17 e 18 maggio il Partito Democratico organizza una iniziativa contestuale in tutte le città italiane, con migliaia di banchetti non solo nei Comuni chiamati al voto per le Elezioni amministrative, ma anche dove si vota solo per le Europee. Una presenza tra la gente, con uno sforzo straordinario.
<p>“Mi sembra la dimostrazione della consapevolezza che la politica che noi abbiamo in mente si fa per strada, tra le persone, ascoltando, confrontandosi e raccogliendo anche le critiche, oltre che le proposte. Io stesso sarò presente personalmente in alcuni banchetti veneziani”.
<p>“Siamo di fronte ad elezioni europee ma si parla poco di Europa, e a volte a sproposito. Il nostro candidato alla presidenza della commissione è un socialista, con un programma per crescita, sviluppo e contro le rigidità eccessive dell’austerità di questi anni. Noi stiamo lavorando per una Europa diversa, che unisca e al tempo stesso cooperi. Anche la questione dei migranti, che approdano sulle coste italiane fuggendo da guerra, fame e carestie, deve essere una grande questione europea. Come la affronta l’Europa? Con quali regole? Con quali strumenti? Può essere sola l’Italia ad affrontare numeri di queste proporzioni, e drammi di questa portata? No, certamente. C’è bisogno di Europa, di una dimensione più ampia, ma cooperativa, unita, dove si collabori e si lavori insieme”.<br />
Droghe leggere, il decreto in Aula2014-04-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718970<br />
Via libera da parte delle commissioni Giustizia ed Affari sociali della Camera al <a href="http://leg16.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0062790.pdf"><b>disegno di legge</b></a> di ratifica del cosiddetto “decreto sulle droghe leggere”, che arriva così in Aula, a Montecitorio, per la discussione generale e per la successiva votazione. Il testo del decreto ha recepito alcune modifiche tra le quali il "rimodellamento delle tabelle, la riduzione di pena per il piccolo spaccio, la reintroduzione dei lavori di pubblica utilità e l'esclusione di sanzioni penali per l'uso personale.
<p>"Arriva in Aula – commenta Delia Murer – un testo più completo ed efficace rispetto a quello inizialmente proposto dal governo. La normativa è stata armonizzata anche alla luce della sentenza della Consulta che ha bocciato la Fini-Giovanardi ripristinando la distinzione tra le droghe cosiddette leggere e quelle pesanti. Con questo decreto si forniscono soluzioni equilibrate e serie su temi complessi".<br />
Sì capilista donna, ma ora politiche di genere2014-04-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718274<br />
“C’è un investimento sulle donne che punta a recuperare forti ritardi. Mi sembra un fatto molto positivo. Ma, da solo, naturalmente non è sufficiente. Lo consideriamo un buon punto di partenza”.
<p> “Anche le prime scelte compiute dal Governo rispetto alle nomine nelle società pubbliche vanno nella direzione giusta. Si riconoscono il valore e il merito delle donne. Laddove, tra presidenti e amministratori delegati, c’erano otto uomini, oggi ci sono tre donne e cinque uomini. Un segno forte di riequilibrio e discontinuità, di cui diamo merito al premier Renzi. Tuttavia, si tratta solo di segnali che, benché positivi e incoraggianti, da soli non sono sufficienti. Ci aspettiamo una netta inversione di rotta rispetto alle politiche di genere. La questione femminile, in questo Paese, non si risolve con cinque capilista alle europee né con nomine al femminile nelle società. Si risolve mettendo mani a grosse questioni di vita quotidiana che attengono alla possibilità per le donne di partecipare al lavoro, alla società, alla vita pubblica. Bisogna intervenire su servizi e opportunità. Bisogna, inoltre, attivare quanto previsto nel Progetto contro la violenza sulle donne, sbloccando i fondi per i centri e riattivando il Tavolo nazionale. Bisogna, infine, farsi carico di una proposta seria per la democrazia paritaria nella legge elettorale. In mancanza di politiche complessive, i bei segnali restano senza conseguenze”.<p>
<i>Lo dichiara</i> Delia Murer <i>a commento della scelta del Pd di individuare cinque donne come capilista nelle cinque circoscrizioni del territorio nazionale per le prossime elezioni europee.</i><br />
Legge 40, è inviolabile il diritto alla scelta2014-04-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718275<br />
"Ci è voluta una sentenza della Corte costituzionale, di fronte ad un Parlamento troppo spesso bloccato da contrapposizione ideologiche, per affrontare e risolvere un questione cruciale per tante donne e tante coppie. Il divieto di fecondazione eterologa era un limite insopportabile alla autodeterminazione delle donne e ha creato enormi problemi a molte coppie. Abbiamo condotto, su questi punti, negli ultimi anni, numerose battaglie. Purtroppo ci siamo trovati di fronte spesso un parlamento bloccato, incapace di capire che la questione andava affrontata senza rigidità ideologiche. La Corte costituzionale ha riconosciuto la possibilità di scegliere, che è un fondamento della nostra Costituzione".
<p>"La legge 40 era fin dal principio viziata fortemente. Per fortuna che esiste in Italia una rete di associazioni forti, coraggiose, che con i loro legali, si sono battute fino a produrre un cambiamento che è già nei fatti".
<p> Con la sentenza della Corte si riapre anche il dibattito su cosa fare, adesso, rispetto al tema della fecondazione. Alcuni invocano una nuova normativa, che tenga ovviamente conto dei rilievi della Corte costituzionali, e disegni un nuovo quadro sul tema. Altri ritengono che non sia strettamente necessario una nuova legge, ma che basti applicare quello che si è di fatto composto con le sentenze, magari intervenendo con un atto del Ministero per chiarire il tutto.
<p> "Mi sembra che i vari pronunciamenti della Corte in questi anni non diano luogo ad equivoci. Non resta che applicarli".
<p> Lo dichiara Delia Murer, a commento della sentenza che ha dichiarato incostituzionale alcune e ulteriori parti della legge 40 sulla fecondazione assistita. <br />
Clandestinità, abolito il reato2014-04-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718124<br />
Abolito il reato di clandestinità. Lo ha deciso la Camera dei deputati che, votando la delega al Governo per una serie di depenalizzazioni e misure alternative al carcere, ha introdotto anche il declassamento da reato penale a illecito amministrativo della norma che era stata voluta dalla Lega, durante il Governo Berlusconi.
<p>"Una norma che ha creato solo danni. Ha alimentato un circuito di ulteriore emarginazione senza affrontare minimamente il tema della dignità e dell'inclusione sociale. Una norma sbagliata che, finalmente, siamo riusciti a cancellare".
<p> Della necessità di abolire il reato di clandestinità si parlava da alcuni anni. Il provvedimento è stato approvato con 332 voti a favore e 104 contrari. Ad opporsi, oltre alla Lega Nord e a Fratelli D'Italia, anche il Movimento cinque stelle.
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"E' stato chiuso un capitolo vergognoso in materia di immigrazione. Ora tocca, però, ad altri provvedimenti. Bisogna intervenire sulla cittadinanza, per riconoscere e tutelare i diritti dei minori nati in Italia e che qui completano i loro studi incontrando, però, enormi difficoltà per vedersi riconosciuto lo status di cittadini".
<p>La norma approvata a Montecitorio, come detto, non parla solo di immigrazione. Il provvedimento portava il titolo “Delega al Governo in materia di depenalizzazione, sospensione del procedimento con messa alla prova, pene detentive non carcerarie, nonché sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili”, e si è mosso principalmente in tre direzioni: più domiciliari in luogo del carcere, depenalizzazione di alcuni reati e maggiore ricorso alla messa alla prova. Ora spetterà al Governo emanare i decreti legislativi per trasformare i contenuti della delega in atti concreti.
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Testamento biologico. La soluzione è un diritto.2014-03-27T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718071<br />
Si riapre, finalmente, il dibattito sul trattamento di fine vita. Un messaggio inviato dal presidente della Repubblica all’<b><a href="http://www.associazionelucacoscioni.it/">Associazione Luca Coscioni</a></b> rimette al centro dell’agenda politica la necessità di affrontare un tema cruciale.
<p> ”Il Parlamento – ha detto il Presidente della Repubblica - non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia”.
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<p>Negli stessi giorni, a Venezia, è stata firmata la convenzione tra il Comune e il Consiglio Notarile per l’istituzione del “Registro delle Dichiarazione anticipate di trattamento”. Con questo atto, i cittadini residenti e domiciliati in laguna hanno la possibilità di esprimere la propria volontà sui trattamenti sanitari che vogliono o non vogliono accettare nel momento in cui non saranno più in grado di esprimere direttamente la loro volontà. Il tema, in effetti, è questo, e non – come è stato forzatamente proposto – l’eutanasia. Il punto centrale della vicenda è consentire ad una persona di decidere come essere accompagnato alla fine della propria esistenza, soprattutto quando non è nelle condizioni di esprimere direttamente la sua scelta. Una questione che, in effetti, presenta mille sfumature, e che è stata affrontata a lungo in Parlamento nella scorsa legislatura, senza che, però, si arrivasse ad alcuna determinazione.
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La discussione fu pesantemente condizionata da uno scontro ideologico: si aprì all’indomani della controversa vicenda di Eluana Englaro e si è sviluppata, per buona parte, con una radicalizzazione delle posizioni, nonostante i tentativi di trovare punti equilibrati di mediazione tra le parti. Con l’avvio della nuova legislatura il tema è stato accantonato ma, oggi, con l’appello del Presidente della Repubblica, e con le iniziative di alcuni territori, torna al centro della discussione. Personalmente mi sono fatta promotrice, lo scorso anno, di una Proposta di legge sulla Dichiarazione anticipata di trattamento, nella convinzione che il tema meritasse di essere ripresentato, anche se in termini tutti nuovi. La mia proposta, che spero possa essere una base di discussione, ispira al criterio del cosiddetto “diritto mite”. Poche formulazioni, una regolamentazione leggera, non invasiva, per individuare una possibilità e lasciare la scelta quanto più libera possibile.
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La mia proposta di legge si compone di un solo articolo e due commi e riconosce il diritto della persona al rifiuto, alla rinuncia, all’interruzione dei trattamenti sanitari. Il cittadino può farlo con una dichiarazione anticipata, che si è tenuti a rispettare, nell’ambito di un ruolo comunque importante per il fiduciario e il medico personale. Quella della non invasività della legge, in una sfera che è strettamente personale, mi sembra la strada più adeguata. Direi, più laica, rispetto ad un tema enorme come la fine della propria esistenza. Riconoscere ad una persona il diritto di rifiutare, di rinunciare o di interrompere un trattamento sanitario; riconoscerglielo finché è cosciente, e può esprimerlo di persona, e riconoscerglielo se decidesse di depositare prima la sua volontà, individuando un fiduciario. In questa direzione si pronunciò, tempo fa, anche il Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. In un documento scrisse che sulla materia «il legislatore dovrà intervenire formulando 'un diritto mite' che si limiti cioè a definire la cornice di legittimità giuridica sulla base dei diritti della persona costituzionalmente protetti, senza invadere l'autonomia del paziente e quella del medico prefigurando tipologie di trattamenti disponibili e non disponibilità nella relazione di cura». E’ in sostanza il dettato dell'articolo 32 della Costituzione, che riconosce a tutti una facoltà assoluta, quella di dire no a un trattamento che non si intende ricevere, riconoscendo il diritto di farlo anche depositando per tempo una dichiarazione anticipata.
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Nel nostro Paese è sicuramente necessaria una legge che dia la possibilità a tutti di decidere. Ma è utile che lo faccia senza innalzare paletti, imporre dogmi o verità unilaterali. Una legge che parta dalla tutela della salute del malato e riconosca il diritto alla scelta, tenendo conto che la laicità non è mai conflitto di valori ma convivenza, rispetto per tutte le convinzioni.
Speriamo che questa volta si riesca a fare un dibattito più sereno, equilibrato e costruttivo.
<br />Governo, un programma condiviso su lavoro e crisi 2014-02-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715844<br />
"Mi sembra che, in queste ore, si parli troppo dei nomi e poco dei programmi. Invece è necessario sapere con chiarezza dove si intenda andare, dove si vuole portare il Paese. Le priorità, per quanto mi riguarda, si chiamano lavoro e occupazione. Ma ci vogliono proposte chiare e condivise”.
<p> Lo dichiara Delia Murer, a proposito dell’incarico a Renzi e sull’imminente scioglimento della riserva. La prossima settimana è previsto il voto di fiducia in Parlamento.
<p> “Naturalmente sosterremo la nascita del governo perché il Paese ha bisogno di un’azione decisa e rapida. Ma è necessario un confronto più serrato sui temi. Abbiamo di fronte una sfida difficile. Proprio in questi giorni, l’Istat ha diffuso nuovi dati drammatici, che confermano che l’Italia è un Paese in sofferenza. Le famiglie in condizioni di povertà relativa sono il 12,7 per cento, pari ad oltre 9,5 milioni di individui. La povertà assoluta coinvolge il 6,8 per cento delle famiglie, per un totale di oltre 4,8 milioni di individui. Di fronte a numeri così mi sento di dire che conta solo agire, farlo in fretta, e farlo bene”.
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“ La situazione politica è indubbiamente difficile, anche dentro il Pd, che mi auguro non esca lacerato da questo passaggio così veloce, e forse troppo brusco. La priorità adesso, però, è aggredire la crisi con più determinazione. Si tratta di aprire fasi nuove. Se queste coincidono con una politica più decisa verso i problemi degli italiani, e i dati della crisi, non può che essere condivisibile. Se, invece, si dovesse tornare alle stesse dinamiche di questi mesi, sarebbe una manovra inutile e incomprensibile”.<br />
194, verso una risoluzione in commissione 2014-02-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715845<br />
Prosegue in commissione Affari sociali della Camera la discussione sulla Relazione del Ministro della Salute sullo stato di attuazione della legge 194. Si va verso l’approvazione di una risoluzione che impegni il Governo a passi successivi. Si attende, naturalmente, la nomina del nuovo Ministro per riprendere il confronto, soprattutto su un punto cruciale come l’applicazione della legge su tutto il territorio nazionale, messa a dura prova dal frequente ricorso all’obiezione di coscienza che priva di fatto molte strutture delle opportunità riconosciute dalla normativo. La discussione sulla Relazione del Ministro, intanto, si è concentrata sull’analisi dei dati preliminari dell'anno 2012 e i dati definitivi dell'anno 2011.
<p> “La legge 194 è finalizzata ad assicurare l'esercizio di una maternità libera e consapevole, ed è frutto di molte lotte. La presenza della 194 nell'ordinamento nazionale è un punto di merito del nostro Paese. Una normativa così manca in altre nazioni. I dati disponibili confermano che, dopo un forte ricorso all'interruzione di gravidanza nei primi anni di applicazione della legge, quest'ultima ha promosso una maternità libera e responsabile e fatto emergere il fenomeno dell'aborto clandestino, ed è pertanto una normativa da difendere e da applicare”.
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“Purtroppo bisogna rilevare che siamo in ritardo rispetto a ciò di cui si attende una risposta dal Ministro della salute. I dati contenuti nella relazione non sono recentissimi, essendo riferiti agli anni 2011-2012, e poco si dice sul tema obiezione. In proposito il ministro si era impegnata a fornire dati sulle modalità con le quali all'interno di ogni regione le strutture sanitarie garantivano l'applicazione della legge, ma nella relazione ci si limita a rimandare ancora. Il Ministro si era anche impegnata ad attivarsi per l'istituzione di un tavolo tecnico degli assessori regionali per verificare lo stato di attuazione con riferimento ai medici non obiettori di coscienza: in proposito sarebbe necessario conoscere i risultati di tale lavoro, che nella relazione non compaiono. La legge, in conclusione, rappresenta uno strumento importante ma, anche con riferimento all'articolo 9, le regioni devono garantirne l'applicazione su tutto il territorio. Purtroppo non esiste una fotografia precisa del Paese e sono numerose le situazioni in cui tutti i medici sono obiettori e la legge non viene applicata né garantita”.
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“Altri profili di criticità sono rappresentati dalle modalità di intervento ai fini dell'interruzione volontaria di gravidanza: vi è infatti un accentuato ricorso all'anestesia generale e per la somministrazione della RU486 vi è l'indicazione di ricovero di 3 giorni, anche se la relazione evidenzia che in oltre il 70 per cento dei casi le donne hanno richiesto la dimissione volontaria. Considerato che la legge n. 194 è in vigore da anni, le strutture sanitarie dovrebbero attuare un approccio più consono: se le modalità ricordate non sono necessarie, configurano un intervento non appropriato che produce effetti diseconomici e disincentivanti. Altro profilo di criticità è rappresentato dal tema dei consultori. Ricordato che la legge promuove una maternità libera e responsabile e non solo l'interruzione della gravidanza, appare necessario chiarire il ruolo dei consultori familiari pubblici, che si trovano in una sorta di abbandono che ne limita la «mission». Ai consultori devono essere destinate adeguate risorse, anche in considerazione del fatto che a essi si rivolgono prevalentemente le giovani e le donne straniere”.
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Partiti, abolito il finanziamento pubblico diretto2014-02-20T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it715846<br />
L'aula della Camera ha approvato in via definitiva il decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico diretto ai partiti. A favore hanno votato Pd, Fi, Ncd, Scelta civica e Per l'Italia. Contro Lega, Sel e M5s. Astensione da Fratelli d'Italia. Il provvedimento abolisce, secondo criteri di gradualità, il sistema vigente di rimborso delle spese elettorali e di contribuzione pubblica per l'attività politica, che viene sostituito da forme di contribuzione volontaria.
<p>“E’ un passo importante per recuperare sobrietà e credibilità della politica. L’abolizione è graduale per consentire alle organizzazioni già esistenti di fare fronte ad impegni assunti precedentemente ma il taglio è radicale. Si cambia completamente sistema e saranno i cittadini a decidere se destinare, o no, un sostegno economico al partito, così come succede per altre organizzazioni”. Con il nuovo sistema, il contribuente, infatti, in sede di dichiarazione dei redditi, avrà la possibilità di destinare o no il 2 per mille dell'Irpef in favore di un partito. Inoltre, il decreto interviene per rendere ancora più trasparente la gestione e la democrazia interna dei partiti, con la certificazione esterna dei bilanci e l'approvazione di statuti pubblici.
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Al Senato il disegno di legge era stato approvato il 12 febbraio scorso con 171 sì, 55 no e un'astensione. In base alla nuova legge, il finanziamento (91 milioni nel 2012, importo gia' dimezzato rispetto all'anno precedente) sarà via via decurtato negli anni: -25% nel 2014, -50% nel 2015 e -75% nel 2016 per poi essere azzerato a partire dal 2017.<br />