Openpolis - LE ULTIME DICHIARAZIONI DI Cesare DAMIANOhttps://www.openpolis.it/2013-02-08T00:00:00ZUna ricetta keynesiana, altro che vacue promesse.2013-02-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685487<br />
Mentre la campagna elettorale entra nella fase decisiva, dall’Inps arriva un’altra brutta notizia. Nel mese di gennaio la cassa integrazione ha totalizzato 89 milioni di ore. Il 62 per cento in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, quel 2012 che si è chiuso con la cifra quasi record di un miliardo e cento milioni di ore autorizzate. Se questo trend si dovesse mantenere per tutto l’anno, anche il 2013 si chiuderebbe ben al di sopra del miliardo di ore. Un dato che conferma le previsioni più negative e impone ai partiti, alle soglie della nuova legislatura, di cambiare marcia e proporre al paese ricette concrete e realistiche per uscire dalla crisi.
In particolare, in questa fase di campagna elettorale il centrosinistra non può e non deve seguire Berlusconi sul suo terreno e limitarsi a contrastarne le proposte, irrealizzabili e fallimentari. Come non può sfibrarsi nella discussione su alleanze future.
<p>Come all’epoca delle primarie, deve riprendere l’iniziativa e porre al centro dell’agenda politica ed elettorale i temi veri attorno ai quali si gioca il futuro del paese e dell’Europa intera. L’Italia non ne può più di promesse truffaldine, ha bisogno di proposte chiare.
Dopo i tempi dell’irresponsabile spensieratezza del Cavaliere (chi non ricorda l’invito ad “andare a casa e brindare a champagne”, lanciato in tv mentre l’Italia era già nel gorgo di una crisi economica di dimensioni epocali?) e dopo quelli del puro rigore di Monti, che hanno contribuito a condurci nella drammatica situazione in cui ci troviamo, va scelta e imboccata con determinazione la strada della crescita. Mantenere l’ordine nei conti pubblici è necessario, ma non basta. Sostenere l’impresa (in questo senso va vista con favore la proposta di Bersani per pagare con tempestività i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende fornitrici), favorire la ripresa dell’occupazione e far crescere i consumi deve essere ora la nostra priorità assoluta.
<p>La ricetta già sperimentata e riproposta da Berlusconi, il suo ricorrente grido di “meno tasse”, che si è tradotto esclusivamente in un “meno tasse per i più ricchi”, hanno prodotto un paese più disuguale, segnato da una disoccupazione record, da un lavoro svilito, da un Pil in caduta.
Credo che sia venuto il momento di ricordarci della lezione di Keynes. Serve, all’Italia e all’Europa, un grande piano per un rilancio e un potenziamento strutturale dell’economia, basato sulla ricerca e sull’innovazione di processo e di prodotto e sulle grandi infrastrutture necessarie a sostenerlo. Serve all’Italia – dove i disoccupati sfiorano i tre milioni e solo nel 2012 sono state presentate un milione e 558mila domande di disoccupazione con un incremento, rispetto all’anno prima, del 14,3 per cento – un piano straordinario per l’occupazione, anzitutto per quella giovanile, vera emergenza nazionale.
Per tornare a crescere e creare lavoro si deve investire e si devono avere idee chiare.
<p>In questi ultimi trent’anni, con la progressiva affermazione del pensiero unico liberista, la politica industriale è stata cancellata dall’agenda dei governi e la stessa parola ha finito con l’essere espunta dai vocabolari della politica. Si deve cambiare strada ed il prossimo governo di centrosinistra lo farà certamente.
Necessitano scelte mirate a rafforzare l’apparato produttivo nella sua globalità, con risorse, regole e sostegni ma, soprattutto, con una chiara visione strategica: per questo si deve stilare un catalogo di priorità che sappia indicare i settori produttivi da considerare strategici ed i fattori di sviluppo territoriale da sostenere. Senza il superamento degli squilibri esistenti, senza innovazione scientifica e tecnologica, senza una seria programmazione degli interventi per le infrastrutture, senza il contenimento dei costi dell’energia, senza una riapertura dei rubinetti del credito, senza una diversa politica fiscale nei confronti delle aziende e del lavoro, il nostro destino è segnato. La seconda potenza manifatturiera d’Europa sarebbe condannata alla definitiva deriva.
<p>Da subito, intanto, occorre intervenire per potenziare il potere d’acquisto delle retribuzioni, con il rinnovo puntuale dei contratti nazionali di lavoro dei settori privati e con la riapertura della contrattazione dei settori pubblici, e delle pensioni con lo sblocco, già da quest’anno, della loro indicizzazione per la parte superiore a tre volte il minimo: questa è la strada per far riprendere fiato ai consumi e quindi all'economia. C’è il futuro da ricostruire e il presente da rianimare. <br />
Ma le regole devono essere uguali per tutti2013-01-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it685383<br />
Stupisce un po' sentire Monti parlare della necessità di riformare il mercato del lavoro come se la riforma varata pochi mesi fa dal ministro Fornero, appartenesse a una remota stagione politica. L’annuncio del premier non fa fare salti di gioia nemmeno a chi, come me, su molti dei contenuti di quest’ultima riforma ha da sempre avanzato critiche. Bisognerà conoscere le proposte nel dettaglio, <a href="http://politici.openpolis.it/dichiarazione/2013/01/22/pietro-ichino/come-intendiamo-portare-avanti-la-flexsecurity-intervista/685373"><b> ma le prime anticipazioni di Ichino</b></a> non lasciano sperare granché, anche se sono state immediatamente messe in dubbio da altri compagni di partito come Giuliano Cazzola e Alberto Bombassei. Sorge allora spontanea una domanda: si tratta di una proposta personale formulata dall’esuberante giuslavorista, o si tratta della posizione del partito di Monti?
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In attesa di una risposta a questo interrogativo, visto che la proposta è scomparsa repentinamente così come all’improvviso era apparsa (Monti ha prudentemente parlato di un cantiere ancora aperto), vorremmo comunque esprimere alcune considerazioni di merito. La prima è questa: a noi sembra che l’intenzione di Ichino sia ancora quella di creare dei “contratti ad orologeria” grazie ai quali le aziende potranno avere maggiore facilità di licenziare.
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Ichino ripropone, riverniciata per l’occasione, la vecchia ricetta del contratto unico, a suo tempo bocciata da Confindustria e sindacati perché ritenuta impraticabile. La proposta era stata respinta anche dal Partito democratico, che si era espresso negativamente ritenendola portatrice di un forte elemento di contraddizione. Mentre infatti, da un lato, si afferma di voler trasformare tutte le forme di assunzione in un contratto unico a tempo indeterminato, dall’altro lato si rende possibile, in qualsiasi occasione e con qualsiasi motivazione – tranne i motivi discriminatori – il ricorso al licenziamento individuale, prevedendo semplicemente un maggiore risarcimento al lavoratore da parte delle aziende. Di qui la domanda: <b>come si può parlare di contratto a tempo indeterminato quando il lavoratore, in qualsiasi momento, può essere licenziato anche con la semplice clausola del motivo economico?</b>
<p> L’unica novità rispetto a quella proposta sembra essere l’introduzione di una qualche forma di sperimentazione (da affidare alle parti sociali?). Con il rischio però di regionalizzare il mercato del lavoro, anche se lo stesso Ichino respinge la possibilità di ripristinare le vecchie gabbie salariali: excusatio non petita accusatio manifesta.
Se abbiamo compreso bene, la proposta targata Monti -Ichino punterebbe a introdurre un nuovo regime che varrebbe per i nuovi assunti, cioè soprattutto per i giovani. Se così fosse, non solo si riproporrebbe il dualismo nel mercato del lavoro, ma addirittura lo si consoliderebbe sancendo per legge due diversi regimi di tutela. La riforma Fornero sul mercato del lavoro, certo, va profondamente corretta. Ma la strada non è quella indicata da Ichino né, tantomeno, quella auspicata da Brunetta.
L’ex ministro della Funzione pubblica del governo Berlusconi sostiene che si dovrebbe tornare alla legge Biagi. Sarebbe come cadere dalla padella nella brace.
<p>Le proposte di Biagi, che avevano l’obiettivo di aumentare l’occupazione giovanile, si sono trasformate, per colpa della distorta traduzione legislativa fatta dal centrodestra, in un aumento esagerato della precarietà e in un abbassamento della qualità della prestazione. Senza favorire – come dimostrano in modo drammatico i dati sulla disoccupazione – l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
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La via da seguire, dunque, è un’altra. Tutti i lavoratori, anche i neo assunti, devono poter godere delle stesse regole, compresa la tutela dell’articolo 18, che, secondo l’ultima riformulazione, prevede, accanto al risarcimento nel caso di licenziamento per motivo economico, anche la possibilità per il giudice di reintegrare il lavoratore. Quanto al resto, quello che serve è avere una buona flessibilità in entrata, eliminando – come aveva a suo tempo fatto il governo Prodi – tutte le forme di lavoro precario non strettamente funzionali a particolari ed eccezionali necessità produttive.
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La nostra proposta è che le nuove assunzioni avvengano attraverso l’adozione del contratto di apprendistato come modalità prevalente. Dall’apprendistato si deve poi passare, dopo un congruo periodo di prova, alla stabilizzazione attraverso incentivi mirati all’impresa come il credito d’imposta o la diminuzione strutturale del costo del lavoro. La regola secondo la quale un contratto di lavoro a tempo indeterminato deve costare meno di un lavoro flessibile o precario è più che mai attuale.
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Va poi rivista la parte relativa agli ammortizzatori sociali. È un tema cruciale. I nuovi ammortizzatori introdotti dalla riforma Fornero non considerano che la crisi occupazionale si protrarrà per tutto il 2013 e addirittura, secondo le previsioni di Bankitalia, continuerà ulteriormente nel 2014. Vanno perciò potenziati, cercando nuove risorse, e rimodulati in sintonia con il protrarsi della crisi. È un passo indispensabile se si vuole evitare che le difficoltà economiche che stiamo attraversando sfocino in una crisi sociale dagli esiti imprevedibili.
<p>Credo che su questi temi si debba lavorare, insieme con le parti sociali, per arrivare a un nuovo avviso comune. I problemi creati dalle riforme di Berlusconi e di Monti vanno risolti. A favore dei lavoratori e delle imprese.<br />Spending review? No, serve una patrimoniale 2012-07-13T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647278<br />
All'inizio le pensioni, che abbiamo corretto una prima volta con il "milleproroghe" e che adesso dovremo nuovamente cambiare con "la spending review; poi la riforma del mercato del lavoro, che ci proponiamo di modificare con il decreto sviluppo; adesso è il turno di sanità, enti locali e pubblico impiego, per i quali sempre la "spending" prevede tagli drastici che lo stesso presidente di Confindustria ha definito "macelleria sociale".
<p>Anche in questo caso dovranno essere fatti cambiamenti. Visto l'andazzo, meglio farli prima che dopo la loro approvazione in Parlamento. Nessuno vuol disconoscere lo sforzo che il premier, nelle sedi europee ed internazionali, sta producendo per far riconquistare all'Italia un ruolo da protagonista e cancellare la nomea di paese debitore che chiede soccorso.
<p>Il problema è che questo sforzo grava perlopiù sulle spalle di lavoratori e pensionati e a spese dello stato sociale. Non c'è quel segno di equità da molte parti invocato, mentre le scelte di sviluppo si stanno affrontando solo ora.
<p>Il compito del Partito democratico non è facile, stretto com'e tra una scelta di lealtà nei confronti dell'esecutivo in nome di una indiscutibile emergenza economica e sociale ed una doverosa critica nei confronti delle scelte che vengono ritenute sbagliate.
<p>Adesso uno dei nostri obiettivi è quello di procedere spediti verso un'azione politica e parlamentare di correzione del decreto sviluppo e della spending review. Si tratta di dare innanzitutto attuazione all'impegno assunto dal presidente del consiglio in occasione della sua richiesta di approvazione, con la fiducia, della riforma del mercato del lavoro.
<p>Monti, nell'intervento alla Camera, ha detto con chiarezza che il governo avrebbe provveduto tempestivamente a nuovi interventi di miglioramento per i lavoratori "esodati", gli ammortizzatori sociali e la flessibilità in entrata. Un comprornesso politico con i partiti che sostengono il governo e che hanno accettato che venisse posta la fiducia sul testo della proposta di legge approdato dal Senato alla Camera.
<p> Gli emendamenti al decreto sviluppo che proponiamo unitariamente come Pd, Pdl e Udc, prendono a riferimento il documento siglato da Cgil, Cisl e Uil con Confindustria, una sorta di "avviso comune" di correzione alla riforma del mercato del lavoro che abbiamo integrato con alcuni punti specifici.
<p>Un emendamento che prevede, oltre al monitoraggio nell'autunno del 2013 richiesto dalle parti sociali, lo spostamento di un anno dell'entrata in vigore dei nuovi ammortizzatori, considerato il prolungarsi della crisi e della recessione ben oltre il 2012; un emendamento sulle partite Iva autentiche che contabilizzi come media biennale il tetto di 18.000 euro che opera una demarcazione tra vero e finto lavoro autonomo e lo spostamento di un anno dell'innalzamento dei contributi previdenziali a carico di questi lavoratori.
<p>Si tratta di un pacchetto di proposte complessivo ed equilibrato, che tiene conto delle richieste delle parti sociali che rappresentano il lavoro e l'impresa e dell'opinione dei partiti che sostengono il governo. Una proposta dalla quale non si potrà cogliere fior da fiore, anche perché il governo dovrà soddisfare sia il tema degli ammortizzatori sociali che quello della flessibilità in ingresso.
<p>Per quanto riguarda invece i lavoratori rimasti senza stipendio e senza pensione, una ,domanda ci sorge spontanea. Abbiamo visto che l'argomento è stato giustamente inserito nella spending review, attraverso una proposta che aggiunge altri 55.000 "salvaguardati", totalizzando così una cifra complessiva di 120.000 lavoratori coinvolti.
<p> Visto che il governo propone, per i lavoratori pubblici in esubero, la possibilità di andare in pensione con le vecchie regole derogando dalla riforma Fornero sino al 2014, non sarebbe giusto estendere questa norma anche ai lavoratori dei settori privati e agli autonomi? Si eviterebbe di fare rattoppi su rattoppi e, soprattutto, non si creerebbe una inaccettabile discriminazione tra lavoratore e lavoratore.
<p>Abbiamo fornito alcuni spunti di riflessione che caratterizzeranno l'azione parlamentare del Partito democratico in queste settimane. A questi argomenti si tratterà di aggiungere quelli riguardanti sanità, enti locali e pubblici dipendenti. Ci ritorneremo prossimamente. A chi ci chiede dove troviamo le risorse rispondiamo che, se una quota dovesse arrivare da una patrimoniale sulle grandi ricchezze, non ci dispiacerebbe.
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«Ora però gli esodati» - INTERVISTA2012-07-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it647149<br />
«Abbiamo raggiunto un accordo nella maggioranza su ammortizzatori sociali e flessibilità in entrata, ma adesso resta aperto il nodo degli esodati. Speriamo di scioglierlo con il provvedimento sulla spending review». Cesare Damiano, capogruppo Pd alla Commissione Lavoro della Camera, e già ministro del Lavoro nell'ultimo governo Prodi, è soddisfatto dei 10 punti contenuti nell'emendamento al decreto sviluppo, frutto di un accordo dei partiti che sostengono Mario Monti, ma facilitato soprattutto dall'avviso comune siglato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Avverte però che temi come quello degli esodati adesso non vanno trascurati, e che anzi non si debba più agire «nella logica dei numeri, ma stabilendo precisi criteri, e possibilmente una clausola di salvaguardia che tuteli tutti quei lavoratori che sforassero le quantità già stabilite, spesso troppo rigide».
<p> <b>Riassumiamo i 10 punti dell'emendamento.</b>
<p> Si rinvia innanzitutto l'Aspi, la nuova indennità di disoccupazione, di un anno: invece che nel gennaio 2013, scatterà nel gennaio 2014. Nel contempo si avvia un monitoraggio del sistema di ammortizzatori attualmente vigente con le parti sociali. Sulle partite Iva, si rinvia l'aumento dei contributi pensionistici, e si modificano i criteri di calcolo per stabilirne l'autenticità. L'intervallo necessario tra un contratto a termine e l'altro viene affidato alla contrattazione e non più alla legge. Si aumenta il numero di apprendisti nei settori e si permette di cumulare i voucher con la cassa integrazione. Si ripristina la cassa integrazione per le aziende ammesse a procedure concorsuali se vi sono prospettive di ripresa dell'attività. Si escludono i contratti a termine fino a 6 mesi dalla base di calcolo dell'organico che fa scattare l'obbligo di assunzione di lavoratori invalidi.
<p> <b>Come mai avete rinviato l'Aspi?</b>
<p> Abbiamo chiesto il rinvio di un anno perché prolungandosi la crisi ben oltre il 2012, temiamo che le aziende anticipino i processi di ristrutturazione in un momento segnato dalla crescita della disoccupazione: i nuovi ammortizzatori forniscono una tutela inferiore rispetto ai vecchi.
<p><b> Sul tema del lavoro sembra che nella maggioranza, alla fine, dopo screzi e scontri, poi vi ritroviate sempre. E dire che dal Pdl al Pd, avete impostazioni piuttosto diverse su questi temi.</b>
<p> Per noi l'impegno unitario è in continuità con le dichiarazioni fatte da Mario Monti a Montecitorio prima della fiducia sul ddl che regola il mercato del lavoro. Il governo si era impegnato a intervenire su tre fronti: esodati, ammortizzatori sociali e flessibilità in entrata. Abbiamo tutti ritenuto che gli ultimi due temi fossero indivisibili, poi ovviamente ciascun partito dà più attenzione a questo o a quello. Non è una margherita da sfogliare, tutto si tiene insieme e l'emendamento che è venuto fuori dà corso all'impegno preso dal presidente del consiglio. Naturalmente è positivo che sia intervenuto l'avviso comune delle parti sociali, che abbiamo recepito completamente.
<p> <b>Ma l'avviso comune di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria apre una nuova stagione di «concertazione» in salsa montiana? O è soltanto un'intesa dettata dall'emergenza?</b>
<p> Io credo che l'avviso comune sia stato importante, e ci ha aiutato a trovare soluzioni unitarie in Parlamento. Detto questo, spero che l'emergenza della situazione induca su questa strada virtuosa e la consolidi.
<p><b> Passiamo al fronte ancora caldo, quello degli esodati: abbiamo assistito a settimane di tira e molla, di scontri e accuse incrociate sui numeri. Non è che magari dai partiti riuscite a indicare alla ministra Fornero una direzione più chiara e soprattutto che salvaguardi tutti?</b>
<p> Credo che sicuramente vada individuato un metodo per risolvere una volta per tutte questo problema. Ci sono almeno tre nodi da risolvere: <br />
<b>1)</b> Che fine ha fatto il decreto interministeriale sui primi 65 mila esodati? Io ho presentato una interrogazione, perché siamo in luglio e non è ancora stato inserito in Gazzetta ufficiale.<br />
<b> 2)</b> Per i dipendenti pubblici in esubero si propone una deroga al sistema pensionistico appena riformato fino a tutto il 2014: non sarebbe meglio rendere tutto più semplice ed estenderlo anche a privati e autonomi?<br />
<b> 3)</b> La ministra ha aggiunto di recente altri 55 mila esodati, e siamo così a 120 mila. Ma devo dire che siamo stanchi dei numeri, piuttosto chiediamo dei criteri chiari. E una clausola salvaguardia se si sforassero i numeri. Infine, per quanto riguarda gli esodati in mobilità, non va bene la formula degli accordi "stipulati in sede ministeriale": va estesa, perché non include i tanti accordi stipulati negli uffici provinciali del lavoro.<br />
Esodati. «Situazione iniqua e ingestibile, il governo deve rimediare» - INTERVISTA2012-06-12T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646113<br />
«Posso ben dire che io l'avevo detto». <br />
Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, sul numero degli «esodati» chiede al governo di riferire in Parlamento, «viste queste indiscrezioni su una relazione dell'Inps, consegnata prima dell'emanazione del decreto, che parla di 390.200 persone senza lavoro e pensione».
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<b>Che è un numero attendibile...</b>
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«Se l'Inps dice 390.000, noi ovviamente crediamo all'Inps. E alla sua formidabile banca dati. E da dicembre che abbiamo sollevato il problema, perché era evidente che la riforma delle pensioni conteneva l'errore di abolire in un colpo solo le «quote di anzianità», che avevo introdotto da ministro nel 2007. Così centinaia di migliaia di persone hanno visto allontanarsi la pensione di cinque o sei anni, restando senza retribuzione, senza ammortizzatori sociali e senza pensione. Una cosa socialmente iniqua e ingestibile. Avevamo avvertito il governo, e dopo una dura battaglia parlamentare abbiamo ottenuto una risposta almeno per 65.000 persone, ma non basta».
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<b>Ma perché solo 65.000?</b>
<p>«Perché sono partiti dalle risorse disponibili, e le hanno tradotte in numeri. E così un diritto - che c'è o non c'è - è stato forzato, e legato alle risorse che c'erano. Risultato, il decreto è assolutamente restrittivo: stabilisce che per avere le vecchie regole pensionistiche i lavoratori dovevano essere già in mobilità, producendo una vera e propria decimazione. Faccio presente che accordi come quello di Termini Imerese, per citare un caso che riguarda 650 persone, e molti altri simili saranno esclusi nonostante siano stati stipulati precisi accordi in sede ministeriale. Un controsenso inaccettabile».
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<b>Si era parlato di un disegno di legge per rimediare. A che punto è?</b>
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«Come Pd abbiamo presentato ordini del giorno, approvati da governo e Parlamento. Li abbiamo tradotti in emendamenti al Milleproroghe, e abbiamo risolto per i 65.000. Ora c'è una proposta di legge per spostare la data per la stipula degli accordi di mobilità dal 4 al 31 dicembre 2011, e per fissare un'interpretazione più favorevole ai lavoratori per la maturazione del diritto alla pensione entro i due anni che vanno dal 6 dicembre 2011 al 6 dicembre 2013. Questa proposta di legge, di cui sono primo firmatario, ora è promossa da tutti i partiti di maggioranza; inoltre Lega e Idv hanno presentato progetti analogi. Stiamo verificando ora, con loro e con i sindacati, eventuali correttivi al nostro ddl, per poi approvarlo in Parlamento rapidamente. E chiaro che il nodo fondamentale resta quello delle coperture finanziarie».
<p><b>Serviranno tantissimi soldi. Per i 65.000 ci vogliono 5 miliardi per i prossimi sette anni. Dove troverete risorse per 390.000 persone?</b>
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«Noi facciamo riferimento ai conti della Ragioneria, formulati quando fu varata la riforma. Si calcolò che abolendo le quote di anzianità si sarebbero prodotti risparmi a regime (dal 2017) per 4 miliardi l'anno, ma zero risparmi per il 2012 e 300 milioni per il 2013. Le cifre sono queste. Resta il fatto che nonostante questa girandola di dati, di conferme e di smentite, il presidente del Consiglio Monti ha detto che "nessuno sarà lasciato solo". Il ministro Fornero lo ha ammesso: "abbiamo sbagliato". Il ministro Giarda ha confermato in Aula che il governo intende affrontare e risolvere il problema. Lo aspettiamo alla prova dei fatti. È una priorità del paese: si faccia tutti uno sforzo per risolvere la questione».<br />
«I 4 miliardi della spending review a chi è rimasto fuori» - INTERVISTA2012-05-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it640778<br />
La proposta di usare i 4 miliardi che Giarda promette di trovare per risolvere in toto il problema esodati. «I risparmi che vengono dai tagli alla spesa possono essere usati per gli esodati. Ma non basta: le norme sulle pensioni vanno cambiate».
<p>«Se perfino il ministro finalmente riconosce che con le sue riforme si è creato un problema sociale a cui si accompagna un problema di risorse da risolvere, allora utilizziamo i risparmi che arriveranno dalla spending review».
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<b>Damiano, ieri Inps e Fornero hanno finalmente riconosciuto che il problema esodati andrà risolto, ma non hanno quantificato né il numero delle persone escluse né le risorse necessarie. Lei è in grado di farlo?</b>
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«No. È compito di Inps e ministero del Lavoro stabilire quante persone per quante risorse. In ogni caso voglio sottolineare che non si può far discendere un diritto, che lo stesso presidente dell`Inps Mastrapasqua riconosce ai lavoratori esclusi, rispetto ad una quantificazione di risorse, come invece è successo con il decreto interministeriale».
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<b>A proposito, il decreto è da una settimana nelle mani di Monti. Lei crede ci potrebbero essere novità?</b>
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«Il decreto interministeriale è al vaglio dei ministero delle Finanze. Detto questo, il problema è che il decreto risolve il problema solo per i primi 65mila esodati, lasciando fuori moltissime persone».
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<b>Susanna Camusso sostiene che «o si trova una soluzione per il complesso degli esodati o è meglio sospendere la riforma degli ammortizzatori perché le misure proposte non reggono la situazione».</b>
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«C`è un nesso evidente tra la riforma delle pensioni, che commettendo l`errore di abolire le quote di anzianità introdotte da noi nel 2007, fa compiere ai lavoratori un balzo in avanti fino a 6 anni (il doppio dello scalone Maroni) e una riforma del lavoro che quando sarà a regime accorcerà i tempi delle coperture da 48-36 a 18-12 i mesi. Il combinato disposto delle due misure porterà, per esempio, una persona che perderà il lavoro a 60 anni ad avere copertura per un solo anno e rimanere senza fino a 67 anni».
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<b>Quali le soluzioni?</b>
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«Io penso che sul versante delle pensioni si tratta di fare un intervento immediato. L`ottimo sarebbe re-introdurre le quote di anzianità anche oltre la vecchia "quota 97". In ogni caso in commissione Lavoro alla Camera stiamo discutendo con un ampio consenso una proposta di legge per allargare la platea dei lavoratori che possono utilizzare le vecchie norme, aprendo un confronto anche con i sindacati».
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<b>E sulla riforma del lavoro? L`Unità ha anticipato che, nonostante le "fiducie" al Senato, alla Camera i tempi si allungheranno...</b>
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«Noi vogliamo assolutamente evitare che con le "fiducie" arrivi alla Camera un testo blindato e che il governo con noi si comporti alla stessa maniera. Come al Senato, si possono trovare soluzioni equilibrate e condivise a partire da una modifica dell`Aspi che potrebbe andare a regime in modo più graduale».
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<b>Ma come contemperare le esigenze di cambiamento della riforma con quelle di contingentamento dei tempi che il governo richiede?</b>
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«Attribuisco ai fattori miglioramento e condivisione un alto valore specifico che subordino al fattore tempo. Nessuno pensa di menare il can per l`aia, ma non si può neanche pensare di considerare chiusa la partita solo perché ce lo chiede il governo». <br />
Ma quanto vale una persona?2012-05-11T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it627315<br />
Il caso del cadavere gettato in un torrente, probabilmente per occultare una morte sul lavoro: rigorosamente nero, precario, malpagato.
<p>Imperia, muore in un cantiere, trovato il corpo in un torrente. Cadavere occultato per coprire un lavoro nero? Questa notizia era sulla prima pagina de L`Unità di sabato 5 maggio. La notizia non ha ancora trovato conferma, ma dalle lesioni riscontrate sul corpo irriconoscibile si tratta sicuramente di una morte avvenuta per una caduta dall`alto, forse una impalcatura.
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L`età apparente della vittima è compresa tra i 25 ed i 35 anni. Questa notizia, nascosta tra le migliaia di informazioni che ci colpiscono quotidianamente, mi ha fatto riflettere in modo particolare perché é la dimostrazione di quanto sia urgente un cambio di mentalità sul tema del valore della persona umana. La domanda dalla quale partire è se tutto quello che è accaduto in questi anni, a proposito di lavoro, fosse inevitabile. Cominciamo finalmente a renderci conto che, in nome del "dio mercato", si sono prodotte lacerazioni irreversibili nel tessuto sociale, nella coesione, nel rispetto più elementare delle regole e dei diritti.
<p>Ad esempio, il dibattito che si è prodotto recentemente sul tema dell`articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ha visto l`utilizzo di argomenti, soprattutto da parte del centrodestra, che non avevano niente a che fare con il diritto del lavoro e con la realtà delle aziende. Si dimentica troppo facilmente la disparità di forza esistente tra imprenditore e dipendente (non a caso ho scelto questa parola), che il diritto del lavoro ha il dovere di compensare a vantaggio del più debole, essendo stato definito giustamente diritto "diseguale". Si è parlato di licenziamenti, come se qualcuno avesse la pretesa di reintegrare in azienda un lavoratore giustamente allontanato dall`azienda. Si fa riferimento ad un mercato del lavoro eccessivamente rigido, quando in realtà il fenomeno che si è verificato è quello di un surplus di precarietà che sta condannando le giovani generazioni ad una vita senza futuro.
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Occorre anche ricordare che le nuove assunzioni sono caratterizzate all`80% da lavoro a termine e non solo per effetto della crisi, ma a causa di una visione distorta del modello di competitività dell`impresa. In sostanza, è come se si fossero smarriti i "fondamentali" e vivessimo in un mondo capovolto. Dovremmo dunque ricominciare ad analizzare l`evoluzione del mercato del lavoro alla luce delle trasformazioni del modello produttivo. Nessuno mi toglie dalla testa che la svalorizzazione del lavoro sia da collegarsi alla vittoria dei "Chicago boys" ed al conseguente rovesciamento dei rapporti di forza tra lavoro ed impresa che si è manifestato all`inizio degli anni '80, a favore di quest`ultima.
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La riduzione della dimensione occupazionale delle fabbriche si è accompagnata alla delocalizzazione ed alla esternalizzazione dei cicli produttivi (altra cosa è l`internazionalizzazione dell`impresa); la lean production ed il just in time degli anni '90, quando era di moda discutere del modello giapponese, hanno imposto linee gerarchiche corte e la logica del "produrre ciò che si è già venduto", eliminando costosi ed ingombranti magazzini.
<p>In Italia si era soliti dire che le merci erano stoccate sui tir che partivano dalle autostrade del nord est: era anche il tempo del "piccolo. è bello". Da questo nuovo modo di intendere la produzione si è sprigionata la spinta alla flessibilità che è diventata, con il tempo, precarizzazione del lavoro.
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Le prime avvisaglie di un cambiamento di rotta ci sono state nel 1984, con l`introduzione dei contratti di formazione lavoro e, successivamente, con il riconoscimento dei contributi previdenziali al lavoro coordinato e continuativo nel '96, con il governo Dini. Da quel momento esplode l`utilizzo del lavoro parasubordinato. Il pacchetto Treu, contrariamente a quanto si pensa, produce una sola novità, richiesta a gran voce dall`Europa: il lavoro interinale. È la successiva legge 30 ad introdurre una estensione significativa di nuove forme di lavoro flessibile, quelle che caratterizzano ancora oggi il mercato del lavoro giovanile.
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L`ispirazione di Marco Biagi, a mio avviso, pur animata da buone intenzioni, si é erroneamente basata sull`assunto secondo il quale la moltiplicazione delle forme di lavoro flessibile, occasionale ed intermittente, avrebbe automaticamente aumentato l`occupazione, in special modo quella dei giovani. E invece avvenuto esattamente il contrario: non solo la disoccupazione giovanile è a livelli record, anche a causa della crisi, ma il lavoro è diventato meno attento alle esigenze di formazione e di tutoraggio e sono aumentate le spinte all`uso opportunistico delle forme di lavoro fintamente autonome al solo scopo di avere manodopera sottopagata da espellere al momento opportuno.
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Le buone intenzioni di Biagi, del quale da ministro ho applicato una efficace direttiva sul lavoro a progetto che mi ha consentito di stabilizzare i lavoratori dei cali center, sono anche state tradite dalle cattive interpretazioni dei ministri del lavoro del governo Berlusconi, Sacconi in particolare, che hanno finito con l`esasperare gli aspetti della precarietà senza, contemporaneamente, progettare adeguati ammortizzatori sociali a tutela del periodo di disoccupazione tra un lavoro ed un altro. La riforma del mercato del lavoro in discussione in questi giorni al Senato deve proporsi di correggere il tiro per creare un mercato del lavoro amico dei giovani e delle loro esigenze di stabilità e di futuro.
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Intanto due buone notizie che ci avvicinano all`obiettivo: la vittoria dei laburisti alle elezioni amministrative in Inghilterra e dei socialisti in Francia che preparano il terreno per una inversione di rotta delle politiche economiche e sociali in Europa. Forse il vento sta davvero cambiando.<br />
Pensioni: "I soldi si trovano se la priorità non è solo rigore"2012-05-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it627274<br />
"Il governo non può continuamente appellarsi al vincolo delle risorse, come fa il ministro Fornero, per giustificare, o addirittura compiacersi, di riforme impopolari. Se si compiono scelte politiche prioritarie, come l'equità sociale e lo sviluppo, e non soltanto quella del rigore, le risorse si trovano. Del resto, non si può ignorare che l'ultima riforma delle pensioni produrrà enormi risparmi: dai calcoli della Ragioneria dello Stato, a regime dal 2020, la quantità del risparmio ammonterà a circa 22 miliardi di euro l'anno". <br />
Su esodati: non lasciare lavoratori senza reddito2012-04-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626682<br />
''Stiamo assistendo ad una girandola di dichiarazioni a proposito dei cosiddetti esodati. Non partecipiamo alla battaglia dei numeri perchè, anche quando c'è un'evidente discordanza tra quelli forniti dall'Inps e quelli del ministro, c'è sempre una spiegazione che aggiusta tutto. Infatti, dall'Inps si chiarisce che i 130 mila in mobilità esodati e licenziati individuali, ai quali si somma il milione e 400 mila lavoratori che hanno effettuato versamenti volontari, rappresentano una ''platea potenziale''.
<p> <i>Lo ha detto Cesare Damiano, capogruppo Pd nella commissione Lavoro della Camera, che oggi, insieme alle colleghe Maria Grazia Gatti e Maria Luisa Gnecchi, ha partecipato alla manifestazione indetta unitariamente da Cgil, Cisl e Uil sulle pensioni.</i>
<p>''I 65 mila del ministero sarebbero, di conseguenza, quelli immediatamente coinvolti. Il ragionamento che vorremmo fare è il seguente: se il governo è così sicuro delle sue cifre, che a noi paiono largamente sottostimate, per le quali ha già stanziato le risorse, non ha nulla da temere. E' sufficiente inserire nell'attuale normativa una clausola di automatico finanziamento a copertura di quei lavoratori, oltre i 65 mila previsti, che dovessero rientrare nel diritto di percepire la pensione secondo le vecchie regole ante-riforma. In questo modo, si garantirebbe la sicurezza necessaria a decine di migliaia di persone che vivono nell'ansia a causa di una riforma che li lascia senza stipendio e senza pensione per lunghi anni. E' stata importante la manifestazione unitaria del sindacato sul tema delle pensioni i cui contenuti sono da noi totalmente condivisi''.<br />
Troppa attenzione ai mercati finanziari2012-04-14T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626683<br />
''Diamo una mano al governo a fare un cambiamento di rotta: c'è troppa attenzione ai mercati finanziari''.
<p><i>Lo ha detto Cesare Damiano, capogruppo del Pd in commissione lavoro, intervenendo all'incontro annuale di Areadem a Cortona (Ar)</i>.
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''So che se cala lo spread le famiglie povere hanno un beneficio, va bene, ma oltre ai mercati finanziari bisogna avere attenzione all'economia reale e ai problemi sociali. Del resto, non sono non convinto che gli interessi delle banche siano anche l'interesse delle imprese''.
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«Caro Monti, ora basta con le tasse» - INTERVISTA2012-04-06T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626605<br />
«La riforma del lavoro c'è, gli ammortizzatori sociali cambieranno, ma a pagare il conto saranno ancora una volta gli italiani. Che per finanziare le misure messe in campo dal premier Mario Monti e dal ministro Elsa Fornero dovranno mettere mano al portafogli. Per sborsare, ad esempio, due euro di tassa aeroportuale di imbarco in più o, nel caso di proprietari di immobili che non abbiano scelto la cedolare secca del 20% sui redditi da affitto, per vedersi applicare una maggiorazione del 10% dell'imponibile.
<p>Oppure per assistere alla riduzione della deducibilità delle polizze assicurative Rc auto. Tasse, insomma, e ancora tasse, come anche Cesare Damiano, responsabile lavoro dei Democratici e già ministro nell'ultimo governo guidato da Romano Prodi, ammette chiaramente. «Monti si è insediato e ha promesso rigore, sviluppo ed equità. Il primo si è visto anche troppo, ma per lo sviluppo e l'equità il ritardo comincia a essere sensibile», dice a ItaliaOggi. «Bisogna quindi fare rotta con decisione sulla crescita economica., altrimenti il cocktail di tagli alla spesa, di maggiori tasse, di riduzione della domanda di beni di consumo e di aumento della disoccupazione produrrà effetti micidiali».
<p><b>Teme che il governo Monti finirà, con le sue cure drastiche, per uccidere l'economia italiana?</b>
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Uccidere è una parola grossa, e comunque mi auguro che nessuno possa mai riuscirci. Aggiungo che il governo non vuole certo distruggere l'economia. Detto questo, non si può certo continuare all'infinito con l'aumento della pressione fiscale e con il rigore cieco dei tagli lineari.
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<b>A proposito di fisco. Una delle misure di copertura del ddl lavoro firmato oggi (ieri per chi legge, ndr) dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano prevede per i proprietari di immobili che non abbiano scelto la cedolare secca, un aumento del 10% dell'imponibile Irpef per i redditi da locazione. Che ne pensa?
</b>
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In linea di principio sono d'accordo sulla necessità di colpire chi non paga le tasse. Ma se il proprietario di una casa in affitto non è un evasore, e ha scelto di versare la sua imposta non la cedolare secca del 20% ma con la denuncia dei redditi, non si vede perché dovremmo obbligarlo a optare per la prima soluzione. Insomma, la cedolare secca conviene, ma costringere ad adottarla anche chi non ha convenienza mi sembra una forzatura impropria.
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<b>Ma da qualche parte comunque i soldi bisognerà pur trovarli per finanziare questa riforma. O no?</b>
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Certo, finanziare lo stato sociale è indispensabile e trovare le risorse per farlo funzionare è doveroso se si vuole rilanciare lo sviluppo dell'economia. Ma, ripeto, non si può pensare di farlo con continui aumenti di tasse o con i tagli lineari stile Giulio Tremonti. Ci vuole altro, e Monti deve mettere in campo tutto quello che può per rilanciare la crescita. Finora rimasta purtroppo in ombra nella sua azione di governo. <br />
L'errore del Governo: Consegnare all'Europa una vittoria simbolica2012-03-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626388<br />
Abbiamo finalmente letto la bozza del ministro Fornero sulla riforma del mercato del lavoro. Il presidente del Consiglio ha dichiarato che il documento è intangibile, intendendo con questo che in dirittura di arrivo non sarebbero state tollerate incursioni da parte degli attori sociali e che la parola, a questo punto, sarebbe passata al Parlamento. Monti ha anche fatto una previsione: che le Camere avrebbero sicuramente provveduto ad apportare modifiche. Infine, da quel che risulta, l'iter legislativo dovrebbe cominciare al Senato.
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Il testo si compone di 25 pagine suddivise in dieci capitoli. Una scrittura complessa che dovrà trovare una sua coerente traduzione legislativa. Si può prevedere, data la delicatezza dell'argomento, che il dibattito parlamentare arriverà fino all'estate. Si tratta di una partita complessa che non mancherà di coinvolgere i partiti in profondità, sia nel dibattito interno che tra di loro. Il centrodestra, dopo una iniziale, frettolosa e acritica adesione al documento, si sta riposizionando perché ha compreso che la conclusione unilaterale alla quale il governo è arrivato nel confronto con le parti sociali non esaurisce i dubbi ed i problemi su alcuni contenuti non secondari. Si annuncia, perciò, una battaglia parlamentare complicata, nella quale non mancheranno i colpi di scena e nella quale saranno presentati centinaia di emendamenti, e non solo da parte di chi si oppone al governo.
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Il nostro compito sarà quello di selezionare i punti fondamentali di richiesta di cambiamento sui quali sarà necessario sviluppare la nostra battaglia e costruire le alleanze con i partiti che sostengono l`esecutivo. Innanzitutto la nostra critica si concentra sul tema dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, ma dovrà anche affrontare quello del lavoro precario e delle tutele per i giovani (lo faremo alla prossima occasione). La soluzione proposta dall`esecutivo è arrivata come una doccia fredda per due motivi: il primo è il metodo ed il secondo il merito. Sul primo si è evidenziato uno scarto improvviso nella conduzione del confronto che ha portato ad una inaspettata e non auspicabile conclusione non condivisa. Eppure l'incontro tra il presidente del Consiglio ed i leader dei partiti che sostengono il governo pareva che si fosse concluso con un forte richiamo unanime alla esigenza di puntare con decisione ad un accordo unitario. Il secondo motivo è costituito dal merito.
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Dopo aver tanto parlato anche se impropriamente di modello tedesco, la proposta del governo si discosta significativamente da esso per quanto riguarda la parte relativa al licenziamento individuale per motivi economici. Mentre non ci sono problemi per quello discriminatorio, per il quale è confermata l`automatica reintegrazione nel posto di lavoro in caso di nullità e, per quanto riguarda il licenziamento per motivi disciplinari, perché viene consentito al giudice di scegliere tra reintegrazione e risarcimento, non funziona così per le motivazioni di carattere economico. In questo caso è previsto il solo indennizzo, compreso tra 15 e 27 mensilità. Non sfugge a nessuno che si potrà creare una situazione paradossale: il giudice riconosce che il lavoratore ha ragione, non esiste nessun motivo economico, ma il lavoratore viene allontanato lo stesso dall`azienda e deve accontentarsi di un risarcimento monetario. Si tratta di una soluzione palesemente iniqua che indebolisce la posizione dei lavoratori, già riconosciuti dal diritto del lavoro la parte più fragile rispetto al potere dell`imprenditore.
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Viene poi il sospetto che alle motivazioni economiche faranno ricorso gli imprenditori meno onesti che aggireranno in questo modo le causali discriminatorie e disciplinari. Si tratta di una soluzione sbagliata che va corretta in Parlamento. Noi proponiamo che anche in questo caso sia consentito al giudice di poter scegliere tra reintegrazione ed indennizzo, andando in questo modo in direzione del cosiddetto modello tedesco. Le dichiarazioni di Monti di domenica scorsa ci hanno chiarito per lo meno un punto: che l`errore del governo consiste nel voler portare in pasto ai mercati finanziari dei risultati simbolici. Le pensioni, l`articolo 18 e anche la fine del potere di veto del sindacato. Si tratta di un errore di prospettiva, di una scelta politica che mette in secondo piano il valore della coesione sociale, l`economia reale, gli interessi delle aziende e il problema del potere d`acquisto dei ceti popolari.
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Che cosa succederà, dal punto di vista delle tensioni sociali, quando dal prossimo mese lavoratori e famiglie vedranno le decurtazioni in busta paga per l`inasprimento dell'Irpef e per l`aggravio delle tasse locali? I nostri obiettivi, in questo contesto, dovrebbero essere chiari: accanto al sostegno leale al governo, non dobbiamo rinunciare a modificare la proposta sul mercato del lavoro, correggere il sistema pensionistico come promesso dal ministro del lavoro e dare impulso alla crescita del paese.<br />
Disoccupazione e sussidi. Il governo trovi la copertura nei risparmi della riforma2012-03-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626389<br />
Diciotto interrogazioni da parte di altrettanti parlamentari che illustrano casi concreti: persone rimaste intrappolate nel limbo tra uscita dal lavoro e mancato ingresso in pensione. Il Pd mantiene alta la pressione sul ministro del Lavoro perché dia effettivamente una risposta entro giugno alla questione dei cosiddetti "esodati".
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<b>Onorevole Cesare Damiano (Pd), sono davvero 350mila come stimano i sindacati?</b>
<p> La cifra non è ufficiale, ma il solo modo per accertarlo è attuare quel monitoraggio che abbiamo chiesto da tempo al governo e all`Inps. Certo non sono i 65mila già "coperti" dalla legge.
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<b>Ma per questi esodati si prevedono deroghe all`innalzamento dell`età previsto dalla riforma?</b>
<p> Per ora appunto la deroga è prevista solo per 65mila. Nella discussione sul decreto "mille proroghe" abbiamo ottenuto che si allargasse la platea agli esodati e a chi si fosse dimesso entro il 31 dicembre, con un licenziamento certificato. Per queste persone, qualora maturassero il diritto alla pensione in un tempo compreso tra il 6 dicembre 2011 e il 6 dicembre 2013, possono andare in quiescenza con i vecchi criteri. Ora noi chiediamo due ulteriori modifiche: la prima di spostare l`attuale termine per gli accordi di mobilità dal 4 al 31 dicembre 2011 in modo da ricomprenderli tutti. La seconda, di considerare i due anni 2011-2013 come quelli utili per maturare il diritto alla pensione, non al pagamento dell`assegno, per il quale occorre aggiungere un anno e 3 mesi.
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<b>Sì, ma oltre ai criteri resta il nodo principale, quello delle risorse per coprire la maggiore spesa...</b>
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Le risorse si possono trovare all'interno dei risparmi previsti dalla stessa riforma delle pensioni: 12 miliardi nel 2015 e 22 l`anno successivo. D`altro canto, se c`è stato un errore di valutazione da parte del governo, bisogna che lo stesso governo trovi come finanziare la correzione.
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<b>C`è anche il problema della ricongiunzione onerosa per chi ha versato i contributi in due gestioni diverse...</b>
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Anche su questo tema abbiamo sollecitato il governo. La nostra proposta è che sia calcolato un assegno con la somma pro-quota delle due gestioni. Non chiediamo che questi lavoratori abbiano una pensione più alta, ma non possono essere chiamati a versare due volte i contributi. Né vantaggi né penalizzazioni, ma equità.
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<b>In alternativa per gli esodati è possibile prevedere un sussidio di disoccupazione più lungo?</b>
<p> Le alternative eventualmente le studi il governo. I lavoratori però non possono restare senza lavoro e senza pensione per 3, 4 o più anni.<br />Disoccupati a rischio: «Per salvarli serve 1 miliardo solo per il 2013» - INTERVISTA2012-03-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626339<br />Il problema dei lavoratori rimasti scoperti dalla riforma pensionistica. Quelli tutelati sono 65 mila, ma sul numero di persone a rischio non ci sono dati ufficiali dal governo. Quanto costerebbe un intervento dopo le misure del milleproroghe.
<p><b>Damiano, c`era modo di evitare questo disastro?</b>
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ll governo, facendo una riforma che avrebbe portato numerosi risparmi, avrebbe potuto accantonarne una quota, diciamo un 10 per cento, per correggere le contraddizioni che la riforma genera nel momento in cui allontana molte persone dalla pensione e per finanziare nuovi ammortizzatori sociali universali in grado di comprendere anche i giovani.
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<b>A quanto ammontano i risparmi della riforma delle pensioni?</b>
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Li possiamo quantificare dal 2015 in almeno 14 miliardi all`anno che saliranno a 20 miliardi nel 2020. Una somma cospicua che è sbagliato utilizzare solo per l`abbattimento del debito.
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<b>Ma cosa vi ha risposto il governo?</b>
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In fondo il Pd è parte della maggioranza. Abbiamo posto il problema sin dall`inizio e dopo una battaglia molto dura abbiamo apportato qualche correzione. La data di mobilità, da cui far decorrere le nuove regole, era ferma al 31 ottobre e l`abbiamo portata al dicembre. Inoltre abbiamo allargato la platea di coloro che rientrano nelle vecchie regole. Ma sapevamo che le risorse stanziate avrebbero coperto solo una parte di questi lavoratori.
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<b>Ma quanti sono realmente gli esodati e quanti ne avete coperti finora?</b>
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Quelli sicuramente tutelati sono circa 65 mila, mentre per il numero complessivo non esistono al momento dati ufficiali il governo interpellato dice di non saperlo ancora, e recenti stime li collocano tra 200 mila e 300 mila persone.
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<b>I 65 mila come vengono tutelati? Sulla base di chi fa prima la domanda?</b>
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Sì, penso proprio di sì.
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<b>Quanti soldi servono per sistemare la partita?</b>
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Il decreto Salva Italia ha stanziato 240 milioni per il 2013 con i quali copriamo 65 mila persone. Per tutelarne 200 mila servirà tre volte quella cifra, almeno 500 milioni in più. Se la platea arriva a 300 mila quasi 5 volte, quasi un miliardo. Diciamo che come minimo servono 500 milioni in più.
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<b>Che succede se non si risolve il problema?</b>
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Il ministro ha promesso che il problema sarebbe stato risolto entro l`estate. Ed è frutto della nostra battaglia e del fatto che abbiamo presentato sempre emendamenti e ordini del giorno. Sul decreto mille proroghe sono stati approvati dalla Camera i nostri ordini del giorno, con le firme di tutti i partiti della maggioranza, per spostare la data limite della mobilità dal 4 al 31 dicembre e per effettuare un calcolo più favorevole per gli esodati, escludendo le finestre extra-pensionistiche e quindi allungando di un anno le scadenze del governo.
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<b>Il Pd chiede le modifiche anche sull`articolo 18. Presenterete degli emendamenti?</b>
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Non c`è alcun dubbio. È sbagliato che il governo concentri l`attenzione solo sui mercati finanziari, di cui non voglio sottovalutare il ruolo. Però la nostra politica non può essere solo volta a rendere più quieti i mercati finanziari offrendo sul piatto risultati simbolici come pensioni e articolo 18 o il veto sulla concertazione.
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<b>Monti non sembra apprezzare il vostro attivismo e vi ha posto un aut aut.</b>
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Monti mi pare abbia detto, a Cernobbio, che il Parlamento può respingere, accettare o modificare la riforma, prevedendo che vorrà modificarla. La parola passa al Parlamento e quindi noi correggeremo le parti del provvedimento che non vanno.
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<b>Cosa sceglie tra articolo 18 e Monti?</b>
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Non rispondo ai quiz, noi vogliamo cambiare la riforma dell`articolo 18 proposta dall`esecutivo e insisterò perché si preveda la reintegrazione o monetizzazione scelta dal giudice, il cosiddetto modello tedesco.
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<b>Ma se sarà posta la fiducia?</b>
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Valuterò al momento opportuno con il mio partito. Non sono un cane sciolto.<br />
Licenziamenti facili? Ma l'occupazione non riparte2011-12-02T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it622207<br />
Lavorare ad un sistema che garantisca ai lavoratori italiani quella flexicurity di stampo europeo.
<p>Entro il 5 dicembre il governo ha annunciato l`intenzione di presentare il suo programma. E' evidente la necessità di un confronto preventivo, che sarà sicuramente avviato con gli incontri separati che il presidente del Consiglio terrà con i leader dei partiti che sostengono l`esecutivo, e che dovrà continuare per i necessari approfondimenti di merito a livello parlamentare e con le parti sociali.
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Per noi questo governo di emergenza dovrà caratterizzarsi su una linea di discontinuità rispetto a quello precedente, anche perché abbiamo ritenuto dirimente l`affermazione di Mario Monti, nel discorso di insediamento al Senato circa la volontà di procedere lungo una linea non solo di rigore, ma anche di crescita e di equità sociale. Su queste pagine abbiamo largamente trattato nelle scorse settimane il tema delle pensioni. Adesso vorremmo affrontare due argomenti oggetto di un acceso dibattito come quelli del modello contrattuale e del mercato del lavoro.
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Sul primo tema ritengo che il punto di riferimento rimanga l`accordo del 28 giugno scorso siglato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria che ha sapientemente dosato il rapporto tra una contrattazione aziendale potenziata ed una cornice generale di regole rappresentata dal contratto nazionale di lavoro. Di fronte a questo esito contrattuale unitario, espressione dell`autonomia delle parti sociali, è a suo tempo intervenuto pesantemente l`ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi con un provvedimento grave e sbagliato, l`ormai famoso articolo 8 inserito a forza nella manovra d`estate.
<p>Le parti sociali hanno giustamente preso le distanze da questa interferenza dichiarando a più riprese di non essere interessate all`applicazione della normativa in questione. Per noi è fondamentale che la politica rispetti l`autonomia negoziale dei sindacati che rappresentano il lavoro e l`impresa, a meno che si tratti di interventi legislativi di sostegno, come lo Statuto dei lavoratori, che hanno il compito di raccogliere e di consolidare attraverso la legge i passi in avanti compiuti dalla negoziazione.
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A questo proposito varrebbe la pena di intervenire per quanto riguarda la situazione che si è determinata negli stabilimenti della Fiat, a seguito della decisione dell`azienda di cancellare tutti gli accordi sindacali esistenti per adottare il cosiddetto "modello Pomigliano".
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L`operazione di Marchionne non ci ha colti di sorpresa, dopo la decisione dell`azienda di fuoriuscire da Confindustria. Confidavamo però in una maggiore prudenza e soprattutto sulla consapevolezza della Fiat di doversi confrontare con un nuovo quadro politico che ha, alla base della sua scommessa, l`esigenza di riportare l`Italia fuori dalla crisi assumendo come elemento centrale di successo la ricerca di una nuova coesione sociale.
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Circa la scelta operata dalla Fiat, vogliamo semplicemente affrontare l`argomento della democrazia nei luoghi di lavoro: l`esclusiva applicazione dell`art. 19 dello Statuto dei lavoratori consente la costituzione di rappresentanze sindacali esclusivamente a quelle organizzazioni che siano firmatarie degli accordi applicati nella unità aziendale stessa.
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Questa situazione si è determinata a seguito della improvvida correzione dell`art. 19 dello Statuto dei lavoratori a seguito del referendum del 1995: il primopunto del dispositivo cancellato consentiva, per iniziativa dei lavoratori, anche la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali nell`ambito delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, cioè Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Fismic, tutte presenti all`interno degli stabilimenti. Per evitare adesso il riprodursi di un conflitto che potrebbe derivare dall`esclusione di un qualsiasi sin- dacato dal diritto di presenza all`interno della fabbrica, in questo caso della Fíom in quanto non firmataria dell`accordo, proponiamo che si preveda legislativamente il ripristino della formula dell`articolo 19 com`era prima del referendum. In questo modo il problema della presenza dei sindacati all`interno dei luoghi di lavoro sarebbe risolto alla radice e non vincolato alla firma degli accordi.
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Per quanto riguarda invece il secondo punto, il cosiddetto contratto unico proposto da Pietro Ichino, nel constatare il successo di una formula ormai entrata nel linguaggio comune, non posso che rilevarne, come ha fatto Sergio D`Antoni sulle colonne de l`Unità, l`estrema contraddittorietà e il rischio di inefficacia che essa comporta. Intanto contratto unico non significa unico contratto, perché accanto ad esso sopravvivono forme di lavoro a termine o stagionali, come è del tutto ovvio.
<p>In secondo luogo, proporre il mantenimento dell`articolo 18 soltanto per coloro che sono già nel mercato del lavoro e non a chi dovrà entrare con le nuove assunzioni, per lo più le giovani generazioni, significa riprodurre quel dualismo di regole tra generazioni che a parole si vorrebbe eliminare. Infatti nella proposta di Ichino, alla «reintegrazione nel posto di lavoro eventualmente decisa dal giudice», si sostituisce un risarcimento di tipo monetario.
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Inoltre non si capisce, in un mercato del lavoro che impone, a seguito di crisi e flessibilità, una mobilità sempre maggiore da lavoro a lavoro, cosa succederebbe a coloro che attualmente impiegati e protetti dall`articolo 18 dovessero licenziarsi o essere licenziati.
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Anche a questi lavoratori verrebbero applicate le regole previste da Ichino per i nuovi assunti? In realtà, pensare di risolvere il tema dell`occupazione cancellando l`articolo 18 è una impostazione sbagliata. Dovremmo invece interrogarci sul come garantire ai lavoratori italiani quella flexicurity di stampo europeo che tutti, a parole, invocano e che noi condividiamo.
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Basterebbe, a questo proposito, applicare la <b>legge delega sugli ammortizzatori sociali</b>, da me predisposta quando ero ministro del Lavoro nel governo Prodi, condivisa dalle parti sociali e<b> rimasta finora inattuata</b>.<br />
"Il contratto unico è sbagliato"2011-10-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it617793<br />Bocciata la proposta di Ichino: “Non serve, basta semplificare quel che c’è”
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"La lettere della Bce contiene un'esortazione, che condivido, a far quadrare i conti: una necessità che nessun governo può eludere. Mi convincono anche le parole sul modello contrattuale, laddove si sottolinea la necessità di valorizzare la contrattazione aziendale facendo esplicito riferimento all'accordo del 28 giugno firmato da Confindustria e sindacati".
<p> Lo ha dichiarato Cesare Damiano del Pd in <a href="http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=164ORZ"><b>un'intervista su Libero</b></a>.
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"Altri punti di quella lettera, invece, mi piacciono meno.<br />
Io non credo che dobbiamo rendere ancora più flessibile un mercato del lavoro che è già iperflessibile".<br />
L'indennità parlamentare sia connessa alle presenze in Parlamento2011-09-08T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609252<br />
''Leghiamo l'indennità parlamentare alla presenza in Parlamento ma anche in Commissione''.
<p>''Occorre dimezzare i parlamentari e togliere di mezzo la possibilità di avere doppi incarichi: la politica è una professione seria: è una scelta e quando la fai studi, impari, ti applichi, sei al servizio del Paese''.
<p>''Questo Paese - ha aggiunto - si sta industrialmente desertificando''.
<p><i>Dichiarazioni rilasciate questa mattina su Omnibus, trasmissione dell'emittente LA7</i>.<br />
Marchionne non ha più alibi2011-07-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590212<br />
La sentenza del tribunale di Torino sull’accordo per la costituzione di una nuova società per la gestione dello stabilimento Fiat di Pomigliano, dovrebbe indurre le parti a uscire dalla logica del conflitto e a riprendere quella del confronto.
Respingendo il ricorso della Fiom, il giudice ha riconosciuto che la newco creata dalla Fiat non è un ramo d’azienda. Al tempo stesso però, sostenendo che il Lingotto ha messo in atto una condotta antisindacale, consente alla Fiom di “rientrare” in fabbrica costituendo la propria rappresentanza sindacale aziendale, pur non essendo firmataria di quell’accordo.
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Si tratta di una decisione “salomonica” che lascia i contendenti soddisfatti (o scontenti) a metà, ma che consente di rimettere in moto la via contrattuale. La situazione di crisi profonda in cui si trova il paese e che coinvolge anche la casa torinese, operai e impiegati inclusi, suggerirebbe la scelta di una sorta di disarmo bilaterale. Che porti la Fiom a rinunciare alla promozione di ricorsi individuali dei lavoratori e che spinga la Fiat a rompere gli indugi sugli investimenti annunciati, rinunciando a sua volta a ricorrere contro la sentenza. Non si può attendere oltre. I venti miliardi di euro previsti per dar corpo al progetto, sin qui soltanto annunciato, di Fabbrica Italia – che non riguarda solo Pomigliano, ma l’insieme degli stabilimenti dell’auto, Mirafiori compresa – vanno resi subito operativi.
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Sarebbe drammatico se, come è stato paventato in questi giorni, la sentenza producesse su questo fronte una situazione di stallo. In gioco, accanto al futuro delle relazioni sindacali, c’è il destino degli stabilimenti Fiat, della ricerca, della produzione e dell’occupazione. Cioè il destino dell’industria italiana dell’auto. Un settore strategico che il nostro paese, se non vuole avviarsi irreversibilmente sulla strada del declino industriale, non può permettersi di perdere.
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Per uscire da questa situazione e riprendere la via del confronto, l’unica strada possibile sarebbe una condivisione da parte di Fiat e Fiom delle regole definite da Cgil, Cisl e Uil con Confindustria lo scorso mese di giugno. In quell’accordo non solo c’è una risposta ai temi della rappresentanza e della rappresentatività del sindacato, perfettamente in linea con i contenuti della sentenza di Torino su questo argomento. Si dà anche una risposta al tema – delicatissimo dopo la lunga stagione degli accordi separati – dell’esigibilità delle intese aziendali.
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Secondo quanto concordato, infatti, gli accordi aziendali hanno effetto vincolante per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori e per le associazioni firmatarie dell’intesa interconfederale (cioè Cgil, Cisl, Uil e Confindustria) che operano all’interno delle singole fabbriche, quando siano approvati dalla maggioranza dei componenti delle Rsu eletti secondo le regole attualmente in vigore. Una norma chiara che attende di essere messa in pratica attraverso la buona volontà di tutte le parti in campo.
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Solo accettando questa cornice di nuove regole si possono infatti superare, con equilibrio, gli elementi di conflittualità che caratterizzano negativamente la situazione attuale. È necessario però che anche il governo faccia la propria parte. Finora, sull’intera vicenda Fiat, Berlusconi e il suo esecutivo sono stati totalmente assenti.
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Quando sono intervenuti, lo hanno fatto unicamente per soffiare sul fuoco delle divisioni interne al sindacato. Un comportamento irresponsabile che non può essere tollerato più a lungo. I venti miliardi di investimenti previsti per Fabbrica Italia devono tradursi in realtà da subito. La disastrosa situazione di crisi in cui versa il paese non può più sopportare rinvii. <br />
Ci auguriamo disarmo tra Fiat e Fiom2011-07-17T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590119<br />
"La recente sentenza del tribunale di Torino che riguarda il contratto firmato il 29 dicembre scorso per la Fiat di Pomigliano dovrebbe indurre le parti in causa ad uscire da una logica di conflitto. Il giudice riconosce che la newco non è un ramo d'azienda ma, al tempo stesso, consente alla Fiom di costituire la propria rappresentanza sindacale aziendale anche se non è firmataria di quell'accordo. Si tratta di una sentenza giudicata da alcuni commentatori 'salomonica', che consente però di rimettere in moto la via contrattuale e di abbandonare quella giudiziaria".
<p> Lo dichiara in una nota Cesare Damiano, capogruppo PD in Commissione Lavoro.
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"Ci auguriamo - prosegue - che avvenga una sorta di "disarmo bilaterale" tra Fiat e Fiom che porti alla rinuncia, da parte di quest'ultima, alla promozione di ricorsi individuali dei lavoratori contro la sentenza e che consigli alla Fiat di rompere qualsiasi indugio circa gli investimenti. Tornare ad un clima di normale confronto contrattuale significherebbe dare la certezza, ormai non più differibile per il bene del Paese e dei lavoratori, dell'effettuazione dell'investimento di 20 mld di euro di Fabbrica Italia che riguarda non solo Pomigliano ma l'insieme degli stabilimenti dell'auto, compreso Mirafiori.
<p>Il recente accordo tra Cgil,Cisl e Uil e Confindustria sulle regole di rappresentanza e di rappresentatività, dimostra di essere un efficace punto di riferimento per uscire da una trincea di paralizzante contrapposizione tra le ragioni dei lavoratori e quelle dell'impresa. La sentenza, in fondo, suggerisce di superare la contesa in corso affidandosi a queste nuove regole del gioco: Anche noi riteniamo che sia questa la strada migliore da seguire". <br />
«Basta tagli, tassare le rendite» - INTERVISTA2011-06-28T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it589455 <br />
Tremonti non investe e tiene fermo il Paese: incidere su finanza e milionari. Precari: no a Ichino, far costare di più i rapporti atipici. Contratti: niente patti separati, tenere le Rsu.
<p>«La parola "sviluppo" è sacrosanta, ma nei provvedimenti del ministro Tremonti non ce n'è traccia: si continua a tagliare troppo e a investire nulla. In questo modo il Paese resta fermo e a pagare sono i più deboli, con le riduzioni al welfare». Cesare Damiano, capogruppo Pd in Commissione Lavoro della Camera ed ex ministro del Lavoro, boccia senza sconti sia il «decreto sviluppo» in discussione al Parlamento che l'annunciata manovra sul fisco.
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<b>Come bisognerebbe agire, invece, secondo voi del Pd?</b>
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Io mi concentrerei sulle rendite finanziarie, che dovremmo portare al 20% europeo, escludendo i titoli di Stato. E poi si dovrebbero tassare i grandi patrimoni. Ma sottolineo «grandi», parlo dei milionari in euro, perché non vorrei si sentissero chiamate in causa tutte le persone che vivono onestamente del loro lavoro. Al contrario, i vantaggi fiscali dovrebbero andare, riequilibrando il sistema, proprio a dipendenti e pensionati. Senza fare altra cassa con le pensioni, come si annuncia. Basta ai tagli su quel fronte.
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<b>Ci sono anche tanti precari, molti nel pubblico e nella scuola: il governo dice però che non ci sono soldi per stabilizzarli.</b>
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Credo sia giusto stare attenti ai conti, ma con i precari della scuola si stanno violando tutti i dispositivi europei. Si beffano persone che da anni e anni attendono la stabilità. Così per il pubblico dobbiamo evitare l'annullamento dei concorsi: chi ha vinto ed è idoneo lo deve rimanere sempre. Nè ci va bene che venga azzerato, come vuole Tremonti, il turn over, già basso con 20 nuovi ingressi ogni 100 uscite.
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<b>Tra i lavoratori a rischio ci sono oggi anche quelli dei call center, da Teleperformance in giù.</b>
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Per loro potrà agire un nostro emendamento al decreto sviluppo che per ora è sopravvissuto: si mette chiarezza negli appalti, prevedendo che i costi della sicurezza e del lavoro, parametrati sui minimi contrattuali, vengano scorporati dal massimo ribasso. Questo scoraggerà, spero, gli abusi da parte di grandi committenti come il Parlamento, le Regioni, i ministeri, la Rai, fino a Eni, Fiat, Enel, Telecom: oggi si arriva a pagare 3 euro per ora lavorata, contro i 16 di un operatore inquadrato regolarmente. Ricordo che Teleperformance ha annunciato ben 1400 esuberi, mentre dall'altro lato i call center emigrano in paesi come l'Albania o la Tunisia.
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<b>Ma il ministro Sacconi potrebbe agire in qualche modo?</b>
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Nonostante le gravi emergenze occupazionali, il ministro Sacconi tiene in un cassetto il protocollo siglato tra Assocontact, ministero dello Sviluppo e Cgil-Cisl-Uil-Ugl: si erano definiti aiuti a un settore che conta 80 mila addetti e si chiedeva maggiore trasparenza negli appalti, per evitare il ritorno all'abuso delle collaborazioni. E dire che il ministro ha sempre decantato gli accordi tra le parti sociali e gli avvisi comuni. Ma tornando al decreto sviluppo, segnalo un'altra grave scorrettezza: in un primo tempo il governo aveva accettato il nostro emendamento che rendeva esigibile il credito di imposta, per poi cancellare quella norma nella stesura finale del maxiemendamento.
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<b>La settimana scorsa avete deciso a Genova la vostra strategia sul precariato. Dunque la proposta Ichino è messa in soffitta?</b>
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Io ho sempre dichiarato che quella proposta non mi convinceva, anche perché è contraddittoria: che vuol dire stabilizzare a tappe e offrire il tempo indeterminato se poi non si garantisce l'articolo 18? Piuttosto noi diciamo: facciamo costare il lavoro atipico più di quello stabile, retribuiamo stage e tirocini con almeno 400 euro al mese, rimettiamo in ordine gli appalti e totalizziamo tutti i contributi. In più, non sono contrario a un salario minimo fissato dalla legge per tutte quelle figure che non hanno un contratto di riferimento, e che dovrà essere non inferiore ai minimi contrattuali del proprio settore.
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<b>Proprio oggi, Cgil, Cisl e Uil vedono la Confindustria per un'intesa sui contratti. Come la vedete?</b>
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Un accordo separato sarebbe un disastro, e spero nell'unità. Tenendo fermi dei paletti: 1) no alla sostituzione del contratto nazionale con quelli aziendali, sarebbe la fine del sindacato;
2) no alla sostituzione delle Rsu elette con le Rsa nominate; 3) deve poter presentare una lista anche chi non firma accordi; 4) per la rappresentatività conti il principio del 50% più 1 sancito nell'accordo del 2008 tra Cgil, Cisl e Uil, con il mix tra iscritti e voti alle Rsu, come nel pubblico impiego.<br />