Openpolis - LE ULTIME DICHIARAZIONI DI ANDREA CAUSINhttps://www.openpolis.it/2014-04-03T00:00:00ZUN ALTRO TANKO, LA STORIA SI RIPETE MA NON È SEMPRE UGUALE2014-04-03T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it718127<br />
Per la mia storia personale non posso avere sentimenti di solidarietà nei confronti di chi pensa alla violenza effettiva, o anche solo dimostrativa, per affermare un'idea. Ho sempre trovato detestabili gli attentati, le intimidazioni e le prevaricazioni in particolare quando sono al servizio di idee politiche, orientamenti religiosi. Peggio ancora quando si ispirano a ideologie e fanatismi.
<p>
È per questo che mi auguro che la procura di Brescia abbia agito con la consapevolezza che esistesse davvero il pericolo che Rocchetta e le altre 23 persone che sono arrestate fossero in procinto di compiere azioni violente in grado di mettere a rischio la salute delle persone, di danneggiare il patrimonio culturale o addirittura di sovvertire l'ordine democratico.
<p>
Me lo auguro perché, se non così non fosse, c'è il rischio reale che possa nascere un clima di simpatia e di solidarietà nei confronti della causa indipendentista, che rappresenta una risposta bizzarra, sbagliata e antistorica a delle questioni sociali ed economiche che non vanno sottovalutate. La storia si ripete ma la storia non è sempre uguale.
<p>
Da quando vivo buona parte del mio tempo nella Capitale mi succede di captare delle sensazioni particolari. Anche se non sono leghista, anzi ho sempre avversato la Lega e i fantasmi che ha agitato negli ultimi venti anni, capisco a pelle che un veneto, per dirla alla Paolini, è percepito quasi sempre come un po' "mona".
<p>
E visto che i Veneti sono tutti "mona", da destra e sinistra, c'è il rischio di liquidare quanto sta accadendo con una serie di stereotipi e di lasciare al populismo un disagio che effettivamente c'è e sta dilagando in una regione che è stata per 20 anni la locomotiva economica del Paese.
<p>
Nel 1997 ci fu la storia del blindato (trattore camuffato) in piazza San Marco, l'assalto al campanile, l'interruzione del TG1....un reato per la giustizia italiana, che fece il suo corso e fece scontare al "povero" Segato ben 8 anni di carcere. Una goliardata per l'opinione pubblica dei cittadini del Veneto. Lo ricordo bene quell'episodio! Prima lo stupore, poi quando si è capito cosa era successo una risata.
<p>
Abbiamo pensato tutti "guarda che "mona" che sono quelli là! E poi via di nuovo a lavorare come bestie, che si cresceva a due cifre, non si trovava manodopera e non c'era tempo per la rivoluzione. E d'altra parte se stai bene e hai la pancia piena mica ti metti a fare la rivoluzione. E poi l'indipendenza da chi? Da cosa?
<p>
L'Italia, nessuno lo sa meglio di noi Veneti, è stata fatta in Veneto sul fronte di fango, ghiaccio e sangue della Prima Guerra Mondiale. Nelle trincee dove si sono incrociate le storie di centinaia di migliaia di ragazzi giunti da tutte le parti della nazione a difendere la Patria....una parola che fino a poco tempo prima era solamente un'idea astratta.
<p>
Noi siamo orgogliosi delle nostre tradizioni come la Serenissima, il Leone Marciano e tanto altro, ma la bandiera Italiana è una cosa seria come, e questo lo posso dire con un certo orgoglio, nessuna regione Italiana è stata così aperta e accogliente con i migranti.
<p>
Nel dopoguerra con chi arrivava dal Sud per cercar lavoro e negli ultimi anni con chi è arrivato da Paesi lontani. Lavoro, casa e comunità. Una formula semplice ma riuscita, anche nelle città paradossalmente governate dalla Lega. Se penso a Treviso, ad esempio, non mi vengono in mente fenomeni di intolleranza o discriminazione.
La storia - dicevo - si ripete ma non è sempre uguale. Perché non sono sempre uguali le condizioni in cui accadono gli avvenimenti. Anche stavolta un "tanko", un manipolo di indipendentisti. Non sappiamo ancora se animati da reali intenzioni di sabotare le Istituzioni, o di compiere una dimostrazione eclatante. Ma il clima no. Il clima non è lo stesso.
<p>
Si è appena svolto un referendum auto promosso sull'indipendenza, che non sappiamo ancora se sia una buffonata o un evento popolare, ma sappiamo e questo lo ha evidenziato anche Ilvo Diamanti, che ha raccolto simpatie trasversali in un clima sociale ed economico completamente diverso da quello del 1997.
<p>
Perché in Veneto le aziende chiudono, le tasse stritolano, la burocrazia non aiuta, le banche ti sbattono la porta in faccia, ci sono molti disoccupati e molte persone che hanno perso la propria creatura, hanno chiuso l'attività. E per la crisi è anche morta della gente. Si, alcuni non hanno avuto la capacità di reggere a tutto questo e si sono tolti la vita. I primi che si suicidavano facevano notizia. Ora sparla genericamente di "un’altra vittima della crisi".
<p>
In questo clima non è cresciuto un sentimento anti - italiano, come qualcuno erroneamente crede. Ma è cresciuta la sensazione di avere lo Stato contro, uno stato che chiede inflessibile la sua parte, sotto forma di tasse alte e inique, e che si manifesta con servizi pubblici inadeguati, una politica non all'altezza. Ed è cresciuta anche la sensazione che ci sia qualcosa di iniquo. Perché i giornali e le TV hanno raccontato gli sprechi in altre regioni, nella sanità o in altri ambiti elle vita pubblica. Come hanno raccontato le differenze con le regioni a statuto speciale, che fanno invidia se spendono bene e fanno incazzare se spendono male. E tante altre cose che alla fine, se il direttore di banca ti guarda storto perché Basilea 2 e Basilea 3 gli hanno prescritto che invece di metterti la corsia rossa quando entri in filiale ti deve trattare con sprezzo e distacco, è colpa dello Stato anche quello.
<p>
Così alla fine al veneto "mona" viene voglia di "mandare in mona" qualcuno o qualcosa, perché se il piatto è vuoto e domani non sai come sbancare il lunario non è che sei ben predisposto a liquidare tutto quello che succede con una risata.
<p>
Personalmente io non sono solidale con la causa indipendentista, con i forconi e con chi fa il professionista del "mandare in mona qualcuno o qualcosa “ma mi pare che sia un grave errore non comprendere le ragioni del disagio di un popolo, e non impegnarsi a fondo per dare delle risposte adeguate. Credo che su questi episodi ci sarà da riflettere parecchio....<br />Sanità in Veneto: 15 anni per non cambiare nulla: un piano sanitario nato morto2012-06-19T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it646366<br />
Dopo 15 anni, il Consiglio Regionale del Veneto si appresta in queste ore ad approvare il nuovo piano Socio Sanitario. Un documento di programmazione atteso dagli operatori e soprattutto dai cittadini, ma che è destinato a frustrare le aspettative.
<p>
In 15 anni sono cambiate molte cose.
<p>
La popolazione della Regione è cresciuta ma è anche invecchiata, seguendo il trend demografico della vecchia Europa. Il fatto che viviamo di più è sicuramente positivo, tuttavia è ineludibile che l’invecchiamento comporta un maggiore risorso alle strutture sanitarie.
<p>
La revisione del Piano Sanitario, che definisce la programmazione del capitolo di spesa più importante della Regione (circa 8 miliardi e mezzo di euro l’anno), accade in un momento in cui il quadro delle risorse a disposizione è in continua contrazione.
<p>
Dopo alcuni mesi di dibattito in commissione, di boutade giornalistiche del Presidente e le logiche e innumerevoli controspinte di conservazione la montagna sta per partorire il topolino.
<p>
La politica non arretrerà di un millimetro dalla sanità, riservandosi arbitrariamente le nomine dei dirigenti strategici e conseguentemente anche dei primari, secondo criteri che a me francamente sembrano molto distanti da quelli del merito, della competenza e dell’efficacia.
<p>
Serviva il coraggio di compiere una riforma vera, che prevedesse la riduzione delle Ulss e che potesse così porre fine a quella parcellizzazione amministrativa, dove si annidano le clientele del consociativismo dei partiti della prima e della seconda repubblica.
<p>
C’era il bisogno di mettere mano con decisione alla medicina territoriale, che quando non funziona (e nella maggior parte dei casi purtroppo è così) finisce per congestionare gli ospedali.
<p>
C’era il bisogno di dire con onestà che alcune strutture che ci ostiniamo a chiamare “ospedali” devono essere chiuse o riconvertite, per liberare quelle risorse economiche che servono per dare impulso alle strutture di eccellenza.
<p>
Il nuovo piano Socio Sanitario sta nascendo “morto” perché tradisce quei principi riformatori che potevano garantire con certezza una prospettiva di crescita della qualità dei servizi.
<p>
Ma ciò che viene tradito maggiormente è il principio della libera scelta della persona, che si concretizza nella possibilità di individuare il medico migliore e una struttura di elevata qualità, a scapito di un sistema che vuole conservarsi per mantenere posizioni di privilegio.
<p>
Anche se la politica ha mancato l’appuntamento, potremo comunque contare sulla dedizione e passione dei medici, degli infermieri, del personale tecnico e amministrativo, che consente nonostante tutto di garantire un sistema capace di risponde con elevata qualità ai bisogni dei cittadini.<br />
Sostenere le imprese per sostenere il lavoro2012-04-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626855<br />
La riforma del mercato del lavoro è complicata perché è tardiva.
<p>
Le barriere ideologiche e culturali hanno contribuito in modo irresponsabile, a far si che il Parlamento non affrontasse a tempo debito i temi della riforma del sistema pensionistico, degli ammortizzatori sociali, dei contratti e della riforma del mercato del lavoro.
<p>
Anni di discussioni improduttive e di mancate scelte hanno prodotto un enorme buco nero e oggi, che è giunto il tempo di decidere, lo si deve fare in una situazione in cui il mercato del lavoro, inteso come incrocio domanda – offerta, è più fragile rispetto a qualche anno fa, e le disponibilità economiche che può mettere in campo lo Stato, per sostenere il lavoro sono praticamente ridotte a zero.
<p>
Il dibattito che si è riaperto in queste settimane intorno all’articolo 18 ha assunto i contorni di un romanzo di Franz Kafca e contribuisce ancora una volta a spostare il merito della questione.
<p>
Non v’è dubbio che uno Stato civile deve avere a cuore che ogni persona possa costruire il proprio progetto di vita intorno ad un elemento di certezza e, a questo riguardo, Amartya Sen definisce correttamente il tema della libertà, non solo come esercizio dei diritti primari, ma anche come espressione delle aspirazioni individuali in relazione alla capacità economica dell’individuo.
<p>
Tuttavia oggi è ipocrita pensare di perseguire questo obiettivo attraverso i simboli, o la difesa ad oltranza degli stessi.
<p>
Il primo fattore capace di generare il lavoro è l’economia reale.
<p>
La scelta di una persona di fare l’imprenditore, e l’affidabilità del contesto istituzionale in cui questa scelta matura rappresentano i fattori principali di generazione del lavoro.
<p>
In Veneto sono attive circa 500.000 imprese, circa una ogni dieci abitanti.
<p>
Il 98% di queste sono sotto la soglia fatidica dei 15 dipendenti, perché storicamente si sono consolidate come imprese familiari e piccole imprese artigiane, eppure hanno contribuito in modo determinante alla crescita del tessuto economico e sociale della regione.
<p>
L’impresa e il lavoro, sono stati in pochissimi casi fattori contrapposti, salvo quando sono stati oggetto di strumentalizzazioni nelle grande aree di industrializzazione forzata (l’esperimento delle partecipazioni statali a Marghera).
<p>
L’imprenditore in Veneto non si pone il problema certo di avere una legislazione che gli consenta di licenziare i propri dipendenti. Certo, mediamente ritiene iniquo, passata la soglia dei 15 dipendenti, che sia praticamente impossibile ridurre le unità di lavoro soprattutto in relazione ad eventi straordinari che riducono i fatturati.
<p>
Tuttavia le questioni sono altre, e in via prioritaria, il problema non è poter licenziare, ma poter assumere, e successivamente gratificare e fidelizzare il lavoratore che diventa parte della storia dell’azienda. Diviene un capitale che civilisticamente non viene evidenziato nello stato patrimoniale del bilancio, ma che racchiude in sè competenze, conoscenze e relazioni che hanno un valore oggettivo. A volte un valore inestimabile per l’azienda.
<p>
La questione è sensata, se si pensa ad esempio al fatto che, a fronte di circa 2.700 euro di costo azienda, un lavoratore percepisce poco più di 1.250 euro in busta paga.
<p>
In aggiunta al costo del lavoro eccessivamente elevato, persiste anche in Veneto una situazione di affidabilità del contesto istituzionale che certo non aiuta.
<p>
Lasciando stare per un attimo il sistema bancario, che sta utilizzando la liquidità della BCE per sistemarsi i conti delle singole banche anziché sostenere il sistema economico, la sola Pubblica Amministrazione (fonte ABI) tiene bloccati in Veneto circa 7 miliardi di euro di pagamenti alle imprese, che relativamente alla spesa corrente scontano ormai mediamente 178 giorni di ritardo sull’incasso.
<p>
In questo quadro, segnato dalla crisi, lo Stato ha speso in Veneto nel 2011 oltre 3 miliardi di euro di ammortizzatori sociali, e per poter far fronte alla richiesta ha dirottato su cassa integrazione e altri strumenti anche i fondi europei dedicati alle politiche attive del lavoro (formazione, riqualificazione…).
<p>
Se le banche tornassero a fare il proprio mestiere, se la pubblica amministrazione recepisse la direttiva europea che prevede l’obbligo dei pagamenti in 30 giorni, se una parte dei soldi delle “politiche passive” del lavoro venissero utilizzate per ridurre il costo del lavoro, se gli enti locali potessero offrire regole e tempi certi alle iniziative imprenditoriali, l’economia reale ne trarrebbe un grande vantaggio e molti imprenditori sarebbero pronti a scommettere sul lavoro e soprattutto ad offrire un’opportunità ai giovani.
<p>
Certo è che serve un cambio radicale di mentalità che passa attraverso la necessità d mettere i soffitta i feticci e i santoni che li brandiscono.<br />
Bilancio e Legge finanziaria, un'altra occasione persa 2012-03-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it626039<br />
<b>Nei corridoi di Palazzo Ferro Fini</b> da settimane si sente la litania dei Consiglieri e degli Assessori, che al telefono o ai questuanti di turno ripetono <b>“quest’anno va mal, no ghe xe più schei”</b>.
<p>
In Veneto, il dialetto è la lingua ufficiale, si usa nelle occasioni importanti, nei momenti ufficiali o per rimarcare la verità in una questione che si vuole sostenere.
<p>
Per fare gli affari, per litigare tra marito e moglie, per chiudere un accordo.
<p>
Ma per comprendere il clima a “palazzo” bisogna inquadrare bene la questione.
<p>
<b>La Regione del Veneto può contare su un bilancio di circa 14 miliardi di euro.</b>
<p>
<b>Di questa cifra enorme la cifra destinata alla spesa corrente, ovvero quella destinata a finanziare le leggi regionali relative alle competenze che la Costituzione affida alle regioni, è poco più di 1 miliardo e 400 milioni di euro. Ciò accade perché circa 9 miliardi sono vincolati alla spesa sanitaria e 3 miliardi e qualcosa sono quella che si definisce spesa “vincolata”, ovvero spese per il personale, organi istituzionali, trasferimenti ad enti ed agenzie, ammortamenti, mutui, etcc….
</b>
<p>
La disponibilità di spesa corrente si è progressivamente ridotta negli ultimi tre anni (quasi dimezzata) perché la Corte dei Conti ha, a più riprese, eccepito sul fatto che era stato raggiunto “il livello massimo di indebitamento consentito”.
<p>
Che significa questa frase?
<p>
<b>Significa, che negli anni scorsi, che ogni qual volta sono stati assunti degli impegni economici di spesa corrente si è acceso un mutuo…..come se una famiglia, per fare la spesa ricorresse al finanziamento.</b>
<p>
In questo meccanismo, consentito dalla legge, risiede la ragione della quota parte di indebitamento pubblico che ha contratto la nostra Regione.
<p>
<b>Nella situazione delicata che sta attraversando il nostro paese si è persa una occasione importante per razionalizzare la spesa e per rompere un meccanismo consociativo “maggioranza – opposizione” che negli anni scorsi ha cagionato un'aumento della spesa e del debito.</b>
<p>
<b>Il bilancio che il Consiglio si accinge ad approvare può essere definito solo in un modo:</b><i></i> <b>incivile</b>.
<p>
<b>Perché azzera quasi tutti i capitoli a sostegno delle situazioni di povertà.</b>
<p>
Coerentemente alla situazione che (semplificando molto) ho illustrato, <b>ho presentato alcuni emendamenti che non producono spesa, in modo particolare il fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà, e lo sgravio IRAP per le imprese che assumono le persone over 50 in disoccupazione.</b>
<p>
<b>Serve</b> però, in prospettiva, <b>un lavoro radicale che miri alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione regionale, attraverso processi di semplificazione e liberalizzazione, che possano generare economie di 500 milioni di euro l’anno, per poter tornare a contare su un bilancio che contiene misure di sviluppo e di sostegno alle povertà.</b> <br />
Nasce Italia Futura Veneto2012-03-01T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it625598<br />
Italia Futura parte in Veneto, e anche nella nostra regione porteremo avanti le istanze che caratterizzano l’associazione dalla sua fondazione. Italia Futura è nata per promuovere il dibattito civile e politico sul futuro del Paese, per andare oltre le patologie di una transizione politica infinita e ripetitiva, che ci consegna oggi un Paese più fragile e più povero.
<p>
È uno strumento di mobilitazione libero, agile e trasparente che vuole dar voce a chi non si rassegna a contribuire alla vita pubblica solo il giorno delle elezioni.
<p>
Il Veneto è una regione di straordinaria importanza: le sue 500 mila imprese (una ogni 10 abitanti) producono 150 miliardi di PIL annuo. Una quota di ricchezza molto più grande della quota di popolazione, rispetto all'intero territorio nazionale.
<p>
La cultura del lavoro e dell'impresa rappresentano, in Veneto, un fattore rilevante, dal punto di vista economico e sociale, ma anche di straordinaria complessità in un momento di crisi. E' necessario offrire subito una prospettiva nuova per continuare a crescere, valorizzando il patrimonio storico, artistico e ambientale, promuovendo la vocazione internazionale, la passione per il volontariato e la straordinaria cultura del lavoro manuale, che diventa capacità di produrre beni di qualità inimitabile.
<p>
Dal 2008 ad oggi la crisi economica ha cambiato profondamente le prospettive di crescita della nostra regione. Sono diminuiti i fatturati delle imprese, è aumentata la disoccupazione, è in discussione il rapporto tra aziende ed enti locali (che hanno tempi di pagamento medi di oltre 170 giorni) ed è sempre maggiore il numero dei giovani che non riescono a costruire il proprio progetto di vita.
<p>
In questo quadro è sempre più debole la capacità di intervento degli enti locali, che hanno visto negli ultimi dieci anni assottigliarsi la capacità di spesa corrente e ridotta all'osso la capacità di mettere in campo investimenti.
<p>
Da una parte il Veneto continua ad avere delle grandi potenzialità : la sua cultura, il posizionamento geografico strategico, la capacità di proiettarsi su sfide internazionali, un valido sistema di istruzione, un’organizzazione sanitaria e di assistenza tra le migliori d'Europa, una rete di associazionismo e volontariato che fornisce, ben prima dello Stato, risposte ai bisogni sociali e delle comunità.
<p>
Dall'altra il Veneto, di fronte alle sfide della crisi, deve poter contare oggi, ancora di più, su una politica capace di compiere quelle scelte che consentano di crescere e di coniugare lo sviluppo al benessere.
<p>
Anche in Veneto è tempo di togliere i lacci che generano sfiducia e bloccano lo sviluppo.
<p>
Le istituzioni devono diventare più leggere, affidabili e meno costose. Gli enti locali devono ridurre i costi di funzionamento e migliorare i servizi, attraverso la semplificazione, l'eliminazione dei livelli intermedi, le aggregazioni dei piccoli comuni, la soppressione degli enti inutili e inefficienti, garantendo tempi di pagamento certi alle imprese che lavorano per la pubblica amministrazione.
<p>
I servizi pubblici locali devono esprimere maggiore qualità e proporsi ai cittadini con costi adeguati. Le aziende pubbliche offrono troppo spesso servizi di bassa qualità, per esempio nell'ambito del trasporto pubblico, anche quello su rotaia.
E' tempo di mettere in campo una nuova generazione di infrastrutture fisiche e dei saperi. Ma per vincere la sfida dello sviluppo, anche in chiave Europea, è necessario porsi subito il problema di come si muoveranno le merci e le persone tra 10 anni, nell'area più caratterizzata da insediamenti produttivi e abitativi.
<p>
Il Veneto deve diventare un luogo per giovani, un contesto affidabile e ideale per avviare imprese, una comunità coesa, in grado di offrire a tutti la possibilità di costruirsi un futuro.
La sfida dei prossimi anni infine sarà quella di cambiare volto alla regione. Nel mondo siamo conosciuti come la regione dove l'urbanizzazione ha fagocitato porzioni enormi di territorio. Dal Veneto dei capannoni e delle periferie anni '70 si deve passare al Veneto della qualità della vita attraverso la riqualificazione urbanistica e la "restituzione" di porzioni di territorio alla campagna.
<p>
Italia Futura Veneto sarà attiva con idee e proposte soprattutto sul fronte della tutela delle persone più deboli. Il nostro impegno sarà quello di contribuire a costruire una sanità migliore, senza sprechi e senza intrusioni della politica. Ogni cittadino deve poter contare su medici capaci e su strutture ospedaliere all'altezza delle più moderne aspettative. E' finito il tempo del medico mediocre nominato dal politico e dell'ospedale fatiscente sotto casa. Ogni cittadino deve poter scegliere e trovare il meglio.
<p>
Oggi non ci possiamo più permettere che la politica non sia all'altezza di compiere le scelte di cui l'Italia e il Veneto hanno bisogno. L'indebitamento pubblico, la corruzione diffusa, l'enorme evasione fiscale di Stato, il costo abnorme della pubblica amministrazione, il sistema non concorrenziale degli appalti pubblici....sono nodi che vanno affrontati con decisone.
<p>
Da queste sfide dipende il futuro del Veneto e dell'Italia e proprio rispetto a queste sfide e ai grandi temi, sentiamo il diritto e dovere di esserci e di essere protagonisti.
<p>
Per questo ci impegneremo per trovare delle risposte e lo faremo con quanti avranno voglia di farlo insieme a noi.<br />
L’inadeguatezza dei partiti ad affrontare la modernizzazione del Paese 2012-01-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it623525<br />
La drammatica transizione del governo “tecnico” guidato da Mario Monti, è solo l’inizio di un fase di transizione cruciale per il nostro Paese.
<p>
Dietro il paravento della ritrovata credibilità internazionale si celano le responsabilità gravi dei partiti e dei loro leader. E rimane anche in agguato l’inadeguatezza e la povertà di pensiero delle forze politiche, rispetto ad una crisi di sistema che costringerà un ripensamento generale delle regole dell’economa, della finanza e della democrazia.
<p>
La manovra di Monti, che io considero per molti aspetti iniqua, ha avuto il merito di racimolare i quattrini che servivano a scongiurare il default finanziario del nostro Paese.
<p>
E quella, per ora annunciata, sulle liberalizzazioni rappresenterà un timido avvicinamento agli standard delle economie di mercato dei paesi Europei che sono maggiormente competitivi.
<p>
Gli Italiani in questi mesi erano troppo impegnati a mettersi in salvo, a mettere le mani sul portafoglio per evitare il peggio e hanno preferito non affrontare il nodo delle responsabilità gravi dei protagonisti, partiti e persone, del ventennio scellerato della Seconda Repubblica.
<p>
Anche se il nostro Paese si salverà, e io mi auguro che si possa riuscire nell’obiettivo, il lavoro di ricostruzione sarà enorme.
<p>
Dopo il 2013 non sarà più possibile procrastinare la modernizzazione del nostro Paese.
<p>
Non ci potremo più permettere 250 miliardi/anno (stima dell’agenzia delle Entrate) di evasione fiscale.
<p>
Non ci potremo più permettere che un intervento chirurgico in un ospedale del Sud venga a costare 7 volte tanto lo stesso intervento eseguito in un ospedale del nord.
<p>
Non sarà più immaginabile che possano coesistere delle differenze come quelle che ci sono tra il Veneto che conta che con 5 milioni di abitanti, 2700 dipendenti regionali, produce 144 miliardi di prodotto interno lordo annuo e la Sicilia che pur avendo anch’essa 5 milioni di abitanti, conta su oltre 25000 dipendenti regionali e produce appena 68 miliardi di ricchezza.
<p>
Non sarà più ammissibile, al Nord come al Sud, che chi per un decennio ha dichiarato redditi superiori a 100.000 euro, pagando le imposte in proporzione, abbia una situazione di patrimonio (immobiliare e mobiliare) nettamente inferiore a chi ha dichiarato continuamente meno di 20.000 euro o perdite societarie.
<p>
Non sarà più accettabile che vi siano 2 milioni di immobili non accatastati (che non pagano l’IMU) o zone dove l’evasione IVA sfiora il 70%.
<p>
Non ci potremo più permettere una democrazia costosa e lenta, complicata da decine di livelli istituzionali, che fanno sembrare il nostro Paese come poco affidabile, per viverci, per investire, per far nascere e crescere un idea.
<p>
Personalmente non so quante possibilità abbia l’Italia di superare la crisi, ma ho la certezza che devono essere fatte presto delle scelte importanti di rottura con il passato.
<p>
E sono altrettanto certo che chi ha la responsabilità di avere generato il debito, di non aver compiuto quando poteva le scelte necessarie che potevano consentire di tenere in ordine i conti pubblici, e ha colpevolmente omesso la gravità della situazione agli Italiani, promettendo con superficialità un radioso avvenire ad ogni campagna elettorale, non è né adeguato né capace di affrontare la sfida della modernizzazione del Paese.
<p>
Figuriamoci se quei partiti che non sono in grado di cambiare la legge elettorale che permette di scegliere, in barba agli Italiani, il migliaio di persone che decidono le sorti del Paese, sapranno dopo il 2013 compiere le scelte di rottura e responsabilità di cui l’Italia ha bisogno.
<p>
Bene, o per meglio dire “abbastanza bene” Monti, ma sveglia Italiani !<br />
Dal governo Monti una manovra che non affronta i nodi critici del paese2012-01-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it624075<br />
L'unica ragione che potrebbe portare a valutare favorevolmente la manovra del governo Monti è la responsabilità. Se si prende in considerazione l'urgenza di reperire risorse e la necessità di dare un segnale alla comunità internazionale, si può anche non entrare nel merito.<br />
Ma da qui a dire che è una buona manovra c'e ne passa.<br />
I provvedimenti che metterà in campo il governo Monti nei prossimi giorni sono ben lontani da quei principi di equità a cui dovrebbero ispirarsi e sono ben distanti dal mettere mano ai nodi critici del paese.<br />
Se mi è consentito usare una metafora medica, è come se invece di arrestare l'emorragia, si continuasse a fare trasfusione di sangue.
<p>
Si preferisce fare cassa sugli italiani, per risolvere un problema temporaneo piuttosto che cogliere l'occasione per intervenire con decisone sui malfunzionamenti dello Stato Italiano, che in alcune aree del Paese oltre che avere costi standard anche dieci volte più alti, eroga in molti ambiti servizi di pessima qualità.
<p>
Tralasciando la macelleria sociale che il Governo ha messo in campo sulle pensioni, dove ad esempio si poteva differenziare rispetto alle tipologie di lavoro svolto (usuranti) e usare un punto in più di IRPEF sui redditi alti per difendere il potere di acquisto delle pensioni, anche le altre misure sono pesanti e inique.
<p>
<b>A)</b> L'introduzione dell'IMU grava sulla propietà dell'abitazione, colpisce i redditi medi e non tiene conto della revisione delle rendite catastali. Inoltre, secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia del Territorio, ci sono oltre 2 milioni di particelle di terreni con immobili non accatastati (soprattutto al Sud) che non pagherebbero.
<p>
<b>B)</b> L'aumento dell'IVA dal 21% al 23% grava sugli acquisti di tutti i cittadini, e sull'area del paese dove l'evasione IVA è minore. Ci sono aree del sud dove l'evasione IVA raggiunge il 60% e aree del nord dove l'evasione è intorno al 10%.
<p>
<b>C)</b> La tassa sul lusso è elusiva e mal posta poichè non tassa la proprietà. Per fare un esempio, una barca a motore ormeggiata a Lignano, di 10 metri e 10 cm, anche se ha un valore commerciale di 20.000 euro pagherebbe 2.000 euro di imposta ogni anno. Un motoscafo di 24 metri del valore di alcuni milioni di euro, con licenza di navigazione italiana, ormeggiato in Slovenia, Croazia o Francia, pagherebbe zero.
<p>
<b>D)</b> L'aumento delle accise sui carburanti colpisce tutta la popolazione, senza differenza di patrimonio e reddito, ponendoci con un costo del 20% rispetto la media degli altri paesi europei.
<p>
Sono solo alcuni esempi e valutazioni.
Ma è di tutta evidenza che la manovra grava sugli onesti e scansa i furbi. Come sempre.
<p>
Personalmente mi sono sempre sentito distante dalla Lega e dalla scala di valori che propone. Ancor più ne ho maturato una opinione negativa dopo l'insignificanza che ha espresso nella fase in cui è stata al governo.
Tuttavia è impossibile non indignassi per le differenze che marca questa manovra.
<p>
In Veneto con 5 milioni di abitanti si producono circa 120 miliardi di PIL ogni anno e la Regione funziona con 2.700 dipendenti (per prendere ad esempio l'ente più rappresentativo).
<p>
In Sicilia con 5 milioni di abitanti si produco 68 miliardi di PIL annuo con 21.000 (dieci volte tanto!) dipendenti diretti.
<p>
Prima di dire che la Manovra è buona ed equa chiediamoci in quale parte del Paese si pagherà IVA, IMU, contratti d'accordo delle darsene....<br />
Veneto. Una gara d’appalto indetta dalla Regione per verificare i bilanci di tutte le Ulss2011-09-24T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609827<br />
Sanità, 3 milioni per ricontrollare i conti.<br />
<b>"Paghiamo già i revisori, Zaia spieghi le ragioni di questa ulteriore spesa"</b>
<p>
Il bando è uscito sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. Oggetto: "Gara d’appalto a mezzo procedura ristretta accelerata per l’affidamento, per un periodo di due anni, del servizio di revisione legale di bilancio delle Aziende Ulss e Ospedaliere del Veneto, dell’Irccs Istituto oncologico Veneto e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie". <br />
Importo complessivo posto a base d'asta per il biennio: 2.900.000 euro, Iva esclusa.
<p>
<b>Domanda.</b> Se le Ulss venete hanno già i revisori dei conti e se sulla sanità veneta l’assessore regionale Luca Coletto ha già presentato il "libro bianco", che bisogno c’era di stanziare quasi 3 milioni di euro per verificare la contabilità, i conti e i libri contabili delle predette Ulss?
<p>
Se lo è chiesto Andrea Causin, consigliere regionale ex Pd, ora nel Gruppo misto, che ieri ha indirizzato al governatore Luca Zaia un’interrogazione chiedendo di avere una risposta scritta. Causin ha fatto due conti ed è giunto alla conclusione che nei prossimi due anni la Regione Veneto spenderà 3,6 milioni di euro per pagare i revisori dei conti che già operano nelle Ulss venete. Dunque, perché, spendere altri 2,9 milioni, senza contare l’Iva?
<p>
Va detto che il bando è già chiuso. Il termine per presentare le offerte scadeva infatti alle ore 12 del 12 settembre. Lo stesso bando, oltre a specificare che l’appalto non è connesso a progetti finanziati dall’Unione europea, spiegava il motivo della procedura ristretta: «Il ricorso alla procedura accelerata è dovuto alla necessità di affidare l’appalto in tempi utili per svolgere le operazioni prodromiche alla revisione del bilancio dell’esercizio in chiusura al 31.12.2011, che vanno necessariamente svolte prima della chiusura dell’esercizio stesso ed, indicativamente, a partire dal seconda metà del mese di novembre 2011. La necessità della revisione del bilancio dell’esercizio in chiusura al 31.12.2011 è emersa a seguito della conclusione degli adempimenti svolti dalla Regione, in applicazione del decreto ministeriale 18.1.2011 ad oggetto "valutazione straordinaria dello stato delle procedure amministrativo-contabili necessarie ai fini della certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli IRCCS pubblici, anche trasformati in fondazioni, degli IZS e delle aziende ospedaliero-universitarie, ivi compresi i policlinici universitari", e conclusi il 30 giugno scorso».
<p>
«In Veneto operano 22 Ulss, oltre alle Aziende Ospedaliere di Padova e di Verona e due istituti (Oncologico e Zooprofilattico). I bilanci di ogni singola Ulss sono già sottoposti alla verifica di ben 5 revisori contabili, che percepiscono ciascuno un compenso annuo di circa 12 mila euro. In tutto 1,8 milioni all’anno. Cioè 3,6 milioni nel biennio 2011 e 2012, lo stesso periodo oggetto di appalto al costo di 2,9 milioni. Può permettersi la Regione una simile spesa? Era necessario?»<br />
La corruzione e la degenerazione nelle istituzioni non sono episodi incidentali2011-09-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609825<br />
Probabilmente una parola di verità su Silvio Berlusconi la disse l’ex moglie, che ebbe il coraggio di affermare pubblicamente “è malato.....” nel momento in cui stavano emergendo pubblicamente alcuni dettagli della vita privata del Premier.
Non entro nel merito dell’opportunità della pubblicazione di intercettazioni che sembrano, per lo meno a me, non avere grande rilevanza penale. Tuttavia, anche nelle ultime vicende che lo riguardano, emerge un quadro poco consono alla responsabilità che ricopre come Presidente del Consiglio, e credo incompatibile con la gravità della fase che il nostro paese sta vivendo.
<p>
Mai come in questo momento però le vicende di Berlusconi sono state lo specchio di un sistema, come si evince dalla cronaca, dove la corruzione, la raccomandazione, la prostituzione, il malaffare sono divenute pratiche diffuse e sostanzialmente accettate come normali all’interno del circuito istituzionale.<br />
E mai come in questo momento è stata evidente la trasversalità del malaffare che permea le istituzioni italiane.
<p>
Fiumi di denaro, favori, appalti truccati, e quanto altro sta emergendo giorno dopo giorno dalle inchieste di quelle procure che sfuggono alle pressioni del bavaglio di questo o di quel partito, allo scopo di difendere l’uno o l’altro leader, o le cordate economiche di riferimento.
<p>
Ne emerge un quadro inquietante dove appare abbastanza evidente che merito, professionalità, competenza, onestà, passione civile, non soltanto non contano nulla ma addirittura diventano un ostacolo.
<p>
Non si tratta di episodi incidentali, di cose piccole. Basta pensare la vicenda di Penati a Milano, dove la Provincia ha fatto a realizzare al privato 179 milioni di euro di plusvalenza, ricomprando ad un prezzo astronomico le azioni che solo poco tempo prima aveva venduto al gruppo Gavio. 179 milioni di euro non sono poca cosa.
<p>
Per non parlare dell’on. Papa, o della sfrontatezza con cui un altro parlamentare con una richiesta d’arresto in corso, ha svuotato con tutta calma le cassette di sicurezza di cui era intestatario.
<p>
Pochi lo ricordano, ma nei primi anni novanta, morirono delle persone perché si utilizzò il carcere duro soltanto per il sospetto che fosse stato commesso un reato. Penso a Moroni, Cagliari e a tanti altri. persone a cui venne forse troppo facilmente tolta la libertà e la dignità.
<p>
Se c’è una cosa di cui mi pento, nel percorso politico che ho fatto, è quella di avere tratto in quegli anni un giudizio sprezzate, approssimativo e sommario su persone che oggi sembrano dei giganti, se confrontati ai protagonisti della vita politica attuale.
<p>
E’ proprio perché riconosco un mio errore che oggi sono profondamente garantista.
Tuttavia oggi, sull’altare del garantismo, si celebra l’impunità, l’indecenza, l’omertà, il silenzio di chi sfrontatamente si fa beffa della cosa pubblica e usa il denaro dei cittadini per favorire se stesso, e gli amici e anche gli amici degli amici, nel momento in cui il nostro Paese si trova in difficoltà e avrebbe bisogno di rigore, dedizione e passione civile.
<p>
E’ chiaramente tempo di avviare un percorso di ricostruzione civile che passa necessariamente per una presa di distanza da chi si è reso protagonista di quello che appare sempre più un vero e proprio sistema che rischia di appesantire e compromettere la qualità della vita democratica del Paese.
<br />
“Più merito e meno politica”2011-09-21T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it609826<br />
La meritocrazia non è di casa nella giunta Zaia. Il Consiglio regionale è arenato sulle nomine degli amministratori delle società partecipate perché vengono proposte candidature non per il merito ma per l’appartenenza politica.
<p>
“Chiudiamo con le polemiche e proseguiamo rapidamente ma chiediamo al presidente Ruffato di aprire un dibattito serio affinché non ci si limiti a fare propaganda strumentale sulla riduzione degli enti, che resta comunque un punto fondamentale, ma anche sulla qualità delle persone che chiamiamo ad amministrare la cosa pubblica”.
<p>
“Le nomine fatte per fedeltà pedissequa ad un partito e non per le effettive capacità professionali dei nominati sono tanto più gravi quanto più importante e delicato è il ruolo che queste persone sono chiamate a rivestire. Mi riferisco ai direttori generali della sanità, ai primari, ai consiglieri d’amministrazione di Veneto Sviluppo”.
<p>
“Proseguiamo dunque con le nomine, che sono arrivate in Consiglio seguendo l’iter prestabilito ma io e il collega Diego Bottacin annulliamo le schede perché i candidati non corrispondono ai criteri di merito, competenza e professionalità cui inneggiava Zaia nel suo programma elettorale”.
<p>
Questa è l’ennesima dimostrazione che le parole del Presidente della Regione servono solo a fare propaganda e che la Lega non ha le capacità per governare con coerenza il Veneto.<br />
Proposta eliminazione vitalizio dei Consiglieri Regionali2011-07-07T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590291<br />
Personalmente ho trovato che la sollecitazione di Jacopo Silva - Presidente giovani imprenditori Confindustria Padova circa la necessità di eliminare il vitalizio dei Consiglieri Regionali puntuale e opportuna.
<p>
Da prima che nascessi io, e non è un modo di dire, la legge regionale prevede che un consigliere regionale percepisce un vitalizio, ovvero una pensione aggiuntiva.<br />
Attualmente, in seguito a diverse modifiche di legge apportate dal Consiglio Regionale negli ultimi anni, un consigliere regionale in quiescenza, cioè non in carica, percepisce a 65 anni un vitalizio aggiuntivo alla pensione personale che varia da circa 2000 euro fino a circa 4000 euro in base alle legislature che ha svolto.
<p>
Sul fatto che questo trattamento sia iniquo, concordo con Jacopo Silva e concordo anche sul fatto che in una congiuntura economica così delicata, si deve cogliere l'occasione per correggere questa stortura italiana.<br />
C'é un modo semplice per farlo in fretta e in modo equo.
<p>
Dal 1 gennaio 1996 è entrato in vigore in Italia il sistema contributivo.<br />
La pensione si calcola sulla base di quanti contributi sono stati versati.<br />
Ciascuno dei consiglieri è titolare di una posizione INPS, o nelle casse degli ordini o delle professioni di cui fa parte.
<p>
Per tale ragione è possibile eliminare il vitalizio e versare la parte previdenziale presente nella nostra busta paga al proprio ente di riferimento, ottenendo così un beneficio o un mantenimento della prestazione previdenziale per chi si trova in aspettativa non retribuita o riduce l'attività professionale per dedicare il tempo che necessita all'attività politica.
<p>
Personalmente ho rilevato che verso mensilmente circa 1500 euro per l'ottenimento del vitalizio a 65 anni. Troverei più ragionevole che il vitalizio non ci fosse e che la stessa cifra potesse alimentare la mia posizione previdenziale INPS.<br />
In questo modo verrebbe eliminata una "seconda" lesione che oggi suona molto da privilegio feudale.<br />
Progetto di legge per reintrodurre le preferenze alla Camera e Senato2011-06-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it589768<br />Progetto di legge reintrodurre le preferenze nella elezione di deputati e senatori e per togliere ai partiti l'esclusivo controllo della candidature e correggere la “porcata” delle liste bloccate.
<p>
Il progetto di legge statale che ho sottoscritto insieme ad altri trenta consiglieri regionali veneti di tutti i partiti, (tranne Lega e Udc) e che ha come primo firmatario il collega Leonardo Padrin, prevede la reintroduzione delle preferenze nella elezione di deputati e senatori, e per togliere ai partiti l'esclusivo controllo della candidature e correggere la “porcata” delle liste bloccate.
<p>
Il rapporto tra eletto e territorio è importantissimo e, in un momento delicato come questo, può contribuire a migliorare la percezione della politica da parte dei cittadini, ricucendo lo strappo che oggi esiste tra la gente e le istituzioni.
L'adesione bipartisan alla iniziativa, e l'impegno a coinvolgere anche i colleghi delle altre Regioni in iniziative di progetti di legge statali che vadano in questo senso, nasce dalla presa di coscienza del fallimento di questo sistema elettorale, che ci consegna un Paese più povero e politicamente più fragile e frammnentato.
La politica Nazionale, dal 2001 a oggi ha vissuto su un principio di conservazione di se stessa. Distante dal paese reale e insensibile al cambiamento profondo che ha segnato la crisi nell’economia e nella società italiana. I partiti italiani hanno litigato su tutto ma sono stati concordi nel conservare una legge elettorale che non tiene conto né del consenso né del merito, e che soprattutto espropria i cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti.
<br />
Progetto di legge per reintrodurre le preferenze alla Camera e Senato2011-06-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it590290<br />
Il progetto di legge statale che ho sottoscritto insieme ad altri trenta consiglieri regionali veneti di tutti i partiti, (tranne Lega e Udc) e che ha come primo firmatario il collega Leonardo Padrin, prevede la reintroduzione delle preferenze nella elezione di deputati e senatori, e per togliere ai partiti l'esclusivo controllo della candidature e correggere la “porcata” delle liste bloccate.
<p>
Il rapporto tra eletto e territorio è importantissimo e, in un momento delicato come questo, può contribuire a migliorare la percezione della politica da parte dei cittadini, ricucendo lo strappo che oggi esiste tra la gente e le istituzioni.
<p>L'adesione bipartisan alla iniziativa, e l'impegno a coinvolgere anche i colleghi delle altre Regioni in iniziative di progetti di legge statali che vadano in questo senso, nasce dalla presa di coscienza del fallimento di questo sistema elettorale, che ci consegna un Paese più povero e politicamente più fragile e frammnentato.
<p>
La politica Nazionale, dal 2001 a oggi ha vissuto su un principio di conservazione di se stessa. Distante dal paese reale e insensibile al cambiamento profondo che ha segnato la crisi nell’economia e nella società italiana.
<p>I partiti italiani hanno litigato su tutto ma sono stati concordi nel conservare una legge elettorale che non tiene conto né del consenso né del merito, e che soprattutto espropria i cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti.<br />
Quando le istituzioni sono inaffidabili o meglio...quando la Regione Veneto non paga !2011-06-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it585161<br />
Il Nord – Est qualche giorno fa ha sorpreso gli osservatori economici.
Nonostante la crisi e nonostante la prudenza degli operatori economici ha segnato il 2,1% di incremento sul PIL, contro la media dell’1,3% dell’Italia.
Una crescita sui livelli dei paesi dell’Europa settentrionale.
<p>
E’ un segnale confortante se si pensa che ci vorranno anni per tornare a produrre ai livelli del 2007.
Ma non tutto cresce nel Nord – Est.
Non tutto è efficiente e affidabile.
<p>
Non mi riferisco al livello di fiducia tra imprese private.
E’ normale che in un momento di crisi la prudenza, ovvero la necessità di verificare più a fondo se il fornitore o il committente, sono solvibili, possa in qualche modo rallentare la crescita, la velocità con cui si determinano gli affari, le operazioni e le strategie.
<p>
Anche se oggi questo atteggiamento è più accentuato, rientra nella normalità.
Quello che non è normale è che la Regione, in particolare la Regione del Veneto non sia affidabile, che non rispetti i tempi di pagamenti.
I soggetti privati (fornitori) sono costretti ad attendere tempi lunghissimi sia per incassare gli acconti che i saldi dei lavori svolti relativi a bandi, gare, appalti e affidamenti diretti, spesso in evidente discrepanza rispetto a quanto contrattualizzato al momento dell’accettazione o della sottoscrizione del contratto.
Ma anche i beneficiari istituzionali (comuni, province, enti), quelli privati, imprese, soggetti associativi, famiglie, persone singole, attendono le spettanze economiche relative ai bandi, per tempi a volte di quasi due anni.
Eclatante è il caso del sistema della formazione professionale relativa all’assolvimento dell’obbligo formativo, che ho ripetutamente denunciato attraverso più interrogazioni.
<p>A fronte dell’80% dell’attività svolta è stato liquidato solo il 5% delle spettanze.
Quotidianamente gli uffici della Regione, a prescindere dalle competenze, vivono l’imbarazzo di non saper dare risposte alla continua richiesta di chi legittimamente avanza soldi, che non vengono liquidati.
<p>
E quotidianamente la politica veneta a partire da Zaia, che dovrebbe decidere e dare delle risposte, fa spallucce e finge che tutto vada bene e legittima una situazione che dal mio punto di vista è inaccettabile.
<p>
La perdita di credibilità che viene arrecata alle istituzioni, non è un problema solo del presidente Zaia o del partito a cui fa riferimento. La perdita di credibiltà della Regione che è divenuta inaffidabile, quello che in termini tecnici si definisce “cattivo pagatore” è un danno all’immagine dell’Ente e un segnale di sfiducia verso un sistema economico che sta vivendo un passaggio di evidente difficoltà.
<p>
Penso proprio che il “nostro” governatore stavolta non potrà cavarsela con le pacche sulle spalle o le battute da “ganassa” a cui ci ha abituato.
Serve un supplemento di serietà. Serve una risposta a chi avanza legittimamente dei soldi e deve venirne a capo in tempi ragionevoli.
<br />
I PRECARI HANNO BISOGNO DI RISPOSTE CONCRETE NON DI FINTI MORALISMI2011-04-29T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560262<br />
L'Italia é il paese delle questioni strumentalizzate e non risolte.
<p>
Il problema del lavoro precario, rappresenta in questo senso la contraddizione più grande.
<p>
Da oltre 20 anni i giovani Italiani sanno che l'ingresso nel mercato del lavoro deve essere flessibile, perchè è cambiato il modello produttivo.<br />
Sanno anche che la tutela dei posti di lavoro a tempo indeterminato del pubblico impiego e della grande impresa, ha dato origine a oltre 6 milioni di precari. Sanno che il livello previdenziale adeguato di chi ha versato poco o nulla viene mantenuto con un sistema contributivo che di fatto azzera le prestazioni future. Sanno che il prezzo lo hanno pagato loro.
<p>
I governi che si sono succeduti, di destra e di sinistra, hanno fatto norme per legalizzare situazioni di precarietá, diminuendo previdenza e diritti, e lasciando una generazione in balia di un mercato del lavoro poco trasparente, poco dinamico, fondato più sulla raccomandazione che sulla competenza.
<p>
Il sistema Italiano ha generato, nella legalità, e con il consenso sociale una generazione di nuovi poveri. Lavoratori preparati, disposti a tutto, poco pagati, senza tutele, in condizione perenne di fragilità contrattuale e psicologica.
<p>
Le banche hanno negato loro la fiducia lucrando sulla situazione di instabilità.
<p>
Oggi, è perciò curioso, osservare come la politica che ha fatto finta di non vedere, le organizzazioni di tutela, che poco o nulla hanno fatto per difendere e rappresentare questa generazione e il sistema impresa che ne ha tratto lucro, si ergano a difensori dei precari.
<p>
La maggior parte dei miei coetanei non vedono la fine del mese e soprattutto non vedono la fine del tunnel, nonostante una buona laurea ed esperienze di lavoro. Per tale ragione posso serenamente affermare che chi cavalca il problema della precarietà in modo strumentale compie un atto infame.
<p>
I precari non sono dei numeri ma delle persone. E’ tempo di proposte e di risposte.<br />
Ne voglio indicare quattro:
<p>
•definire un contratto unico a tempo indeterminato per tutti i lavoratori e le lavoratrici.
<p>
•concedere la libertà di licenziamento nel privato e anche nella pubblica amministrazione (ovviamente legato alle contingenze dell’andamento negativo dell’azienda o dell’ente, o all'inadempienza da parte del lavoratore).
<p>
•creare un vero mercato del lavoro, con un incrocio reale di domanda e offerta che valorizzi le competenze.
<p>
•ridurre il costo del lavoro relativamente alla parte degli oneri, mantenendo il netto in busta paga con un valore e potere d’acquisto adeguati.
<p>
La soluzione del problema del precariato é l'unica strada per poter chiedere, in modo credibile, la partecipazione dei giovani al futuro del Paese. Non possiamo togliere ai giovani la dignità, i soldi, la pensione e poi meravigliarci se non offrono il loro contributo alla società.
<br />
Basta moralismi sui precari, è giunto il tempo delle risposte2011-04-09T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it560053<br />
L’Italia é il Paese delle questioni strumentalizzate e non risolte.
<p>
Il problema del lavoro precario, rappresenta in questo senso, la strumentalizzazione più grande.
<p>
<b>Da oltre 20 anni</b> si racconta ai nostri giovani, ai ragazzi della mia età, che l’ingresso nel mercato del lavoro deve essere flessibile, perchè è cambiato il modello produttivo.
<p>
<b>Da oltre 20 anni</b> si sono tutelati i posti di lavoro a tempo indeterminato del pubblico impiego e della grande impresa, creando oltre 10 milioni di posti precari.
<p>
<b>Da oltre 20 anni</b> si è assicurato un livello previdenziale adeguato anche a chi ha versato poco o nulla, elevando la quota contributiva dei giovani e di fatto azzerandone le prestazioni future. Il sistema Italiano sta creando sapientemente una generazione di nuovi poveri, per mantenere privilegi come le pensioni “19 anni 6 mesi e 1 giorno”.
<p>
<b>Da oltre 20 anni</b> i governi che si sono succeduti, di destra e di sinistra, hanno fatto norme che hanno legalizzato le situazioni di precarietá, azzerando previdenza e diritti, e lasciando i giovani in balia del mercato. Di un mercato del lavoro poco trasparente, poco dinamico, fondato prevalentemente più sulla raccomandazione che sulla competenza.
<p>
<b>Da oltre 20 anni</b> enti pubblici e aziende, sfruttano e fanno profitti sulle spalle di giovani che non hanno più nessun elemento certo su cui costruire un progetto di vita.
<p>
Ci si è avvalsi di lavoratori preparati, disposti a tutto, senza tutele, in una situazione di fragilità contrattuale e psicologica.
<p>
<b>Da oltre 20 anni</b> il sistema bancario italiano ha negato la fiducia e ha lucrato sulla situazione di instabilità di 10 milioni di giovani, umiliati solo per il fatto di essere nati nel decennio sbagliato.<br />
Oggi è curioso vedere come la politica, che non ha fatto nulla per difenderli, scende in piazza al loro fianco per indignarsi, rivendicare e attribuire responsabilità.<br />
Come pure è curioso osservare le organizzazioni di tutela, che hanno scelto di rappresentare “un altro lavoro” dotato già di un livello alto di protezioni e diritti….oppure gli esponenti di quelle imprese che hanno chiesto flessibilità per restare nel mercato e che poi hanno scelto di sfruttare la precarietà per incrementare i profitti.<br />
Personalmente mi ritengo un privilegiato.<br />
Ho avuto la fortuna di entrare nel mercato del lavoro con un contratto a tempo indeterminato e poi ho scelto una dimensione di flessibilità, perché ne avevo convenienza.<br />
Tuttavia molti miei coetanei non vedono la fine del tunnel oltre che la fine del mese, nonostante laurea ed esperienze di lavoro molteplici e versatili.
Chi cavalca la precarietà, chi scende in piazza e magari da vent’anni poteva fare qualcosa e nulla ha fatto, compie un atto infame, di bieca strumentalizzazione.
<p>
<b>I precari non sono dei numeri. Sono delle persone.</b>
<p>
Non è più il tempo delle rivendicazioni e di scandalizzarsi, ma quello delle proposte e delle risposte.<br />
Provoco, sapendo di provocare, ma ne voglio indicare quattro:
<p>
<b>A)</b> definire un contratto unico a tempo indeterminato per tutti i lavoratori e le lavoratrici.
<p>
<b>B)</b> concedere la libertà di licenziamento nel privato e anche nella pubblica amministrazione (ovviamente legato alle contingenze dell’andamento negativo dell’azienda dell’ente, o anche al mancato impegno da parte del lavoratore)
<p>
<b>C)</b> Creazione di un vero mercato del lavoro, con un incrocio reale della domanda e dell’offerta e la valorizzazione delle competenze.
<p>
<b>D)</b> riduzione del costo del lavoro relativamente alla parte degli oneri, mantenendo il netto in busta paga con un valore e potere d’acquisto adeguato.
La soluzione del problema del precariato é l’unica strada per poter chiedere la partecipazione dei giovani al futuro del Paese. Non possiamo togliere ai giovani la dignità, i soldi e la pensione e poi meravigliarci se non offrono il loro contributo alla societá.<br />
Il silenzio complice del governo sulla crisi libica2011-02-22T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it558422<br />
La rapidità e l’atrocità con cui si sta sviluppando la rivolta in Libia trovano il governo Italiano impreparato e complice di quanto sta accadendo.
<p>
Anche se volessimo soprassedere alla trionfale accoglienza riservata nelle due visite ufficiali dal Governo Italiano al colonnello Muhammar Gheddafi, noto in tutto il mondo come il padrone autoritario e crudele di uno dei più duri stati di polizia, non si può far finta di non vedere l’incapacità palese con cui Frattini e Berlusconi hanno trattato l’evoluzione della crisi libica in queste ore.
<p>
Mentre tutto il mondo e tutta Europa intervenivano per censurare i massacri e le repressioni di piazza con cui Gheddafi e il suo enturage hanno reagito alle proteste dei popoli della Libia, l’Italia è rimasta a guardare.<br />
Eppure <b>le ragioni ci sarebbero</b>.
Prima di tutto <b>le ragioni del sangue</b>.
<p>
E’ inaccettabile che un governo, seppure sovrano, compia delle stragi usando armi pesanti e mercenari, contro le folle che protestano per l’ottenimento dei diritti civili.
<p>
In secondo luogo è impensabile che si consenta la degenerazione della situazione di uno stato come la Libia che rappresenta uno snodo fondamentale per la gestione dei flussi migratori.
<p>
Ma ci sono anche le ragioni del ruolo storiche che hanno fatto si che l’Italia, nonostante le vicende coloniali, ha costruito storicamente una vicinanza e un partenariato con la Libia, che ha avuto esiti importanti, dal punto di vista dell’approvigionamento energetico e della presenza dei capitali libici in importanti imprese e banche italiane.
<p>
Insomma le ragioni per intervenire sarebbero moltissime e davvero non si spiega l’atteggiamento attendista del Governo Italiano che rischia di restare a guardare mentre il colonnello compie le sue stragi di stato e mentre l’Italia rischia di perdere la propria influenza su un’area di interesse strategico.<br />
Veneto. La scelta di ridurre la Regione in mutande 2011-01-25T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it557345<br />
A tutti quelli che mi chiedono come va la Regione, mi sento di dare una risposta in tre parole: sta in mutande.<br />
Spesso, e forse non propriamente a ragione, nelle legislature precedenti l’opposizione ha inveito contro la maggioranza in sede di definizione del bilancio. <br />
Alla fine si trattava di qualche taglio e molto spesso dell’opportunità di rimpinguare al meglio qualche capitolo di bilancio.
<p>
Quest’anno le scelte politiche di Galan prima e di Zaia ora di fatto azzerano la capacità di intervento della regione, paradosslmente nella fase storica in cui si dovrebbe approvare il federalismo.
<p>
Tanto per citare qualche dato sono stati tagliati il 62% dei fondi per il sostegno alle imprese e all’industria;<br />
il 34% dei fondi destinati all’agricoltura e allo sviluppo rurale;<br />
sono stati azzerati i capitoli relativi alla sicurezza e all’ordine pubblico;<br />
azzerati i capitoli relativi all’edilizia scolastica e al sostegno alle famiglie povere per il trasporto scolastico e l’acquisto dei libri di testo;<br />
azzerati i capitoli per il sostegno degli affitti alle famiglie povere; <br />
i trasferimenti agli enti locali per gli investimenti vengono ridotti dell’86%;<br />
azzerate le risorse per per la tutela dell’ambiente e del territorio;<br />
25% in meno di risorse per il trasporto pubblico e quello su rotaia; <br />
il sociale viene depredato di quasi 60 milioni di euro con gravi ripercussioni sulla non autosufficienza, le scuole per l’infanzia e la disabilità.
<p>
Nonostante Zaia si appelli alle sfortunate convergenze economiche in cui si è trovato ad essere presidente la verità è un'altra.
<p>
La scelta demagogica di eliminare l’addizionale regionale IRPEF, poche centinaia di euro all’anno per i redditi superiori ai 29.500 euro lordi, ha di fatto sottratto al bilancio della Regione circa 400 milioni di euro, soldi che servivano per garantire i servizi essenziali ai cittadini del Veneto.
<p>
Una scelta grave, quella di Zaia e della sua maggioranza, che rischia di mettere in ginocchio la capacità operativa e in qualche modo il significato dell’esistenza della Regione del Veneto.<br />
Formazione professionale: a rischio l'avvio dei corsi per il 20112010-11-30T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it548498<br />
I tagli del 55% che la Giunta regionale vuole imporre a tutti i settori con il bilancio 2011, rischiano seriamente di pregiudicare l’avvio dei corsi di formazione professionale previsti per il prossimo anno”.
<p>
L’allarme viene lanciato, attraverso un’apposita interrogazione, dal consigliere regionale del PD, Andrea Causin, che nel definire il sistema della formazione professionale come uno degli assi portanti dell'economia veneta, mette in evidenza una serie di numeri riguardanti il comparto: “attualmente in Veneto gli enti e gli istituti di formazione professionale offrono una risposta educativa a circa 16.800 ragazzi, attraverso l'organizzazione di circa 950 corsi. La Regione nel corso del 2010 ha impegnato in questo settore, tra risorse proprie (55 milioni di euro circa), risorse dello Stato (12 milioni di euro circa) e risorse del Fondo sociale europeo, una cifra che si aggira intorno ai 91 milioni di euro.
<p>
Andrea Causin ha denunciato anche il fatto che a causa dei vincoli stringenti del patto di stabilità, si è venuta a creare una situazione di evidente difficoltà per gli enti di formazione, che si vedono costretti ad anticipare somme importanti per poter assolvere al servizio pubblico dell'obbligo formativo.
<p>
E tra i nodi sui quali Causin chiede alla Giunta di fare chiarezza c’è quello dei criteri di distribuzione delle risorse alla formazione perché, come sottolinea il Consigliere nell’interrogazione, dei 91 milioni di euro disponibili, ben 15,5 milioni vengono spesi nell'area "benessere" (estetica e parrucchiere).
<p>
E’ un fatto assai singolare se si pensa all'importanza che in Veneto rivestono gli ambiti del manifatturiero e del turismo, che richiederebbero invece una formazione tecnica in particolare nei settori elettrico, elettronico, meccanico, del legno, della ristorazione e della ricezione turistica.
<p>
In conclusione Causin interroga la Giunta per sapere “in che modo verrà garantito l’avvio dei corsi nel 2011 e come si intenda sostenere e rilanciare il ruolo della formazione professionale in Veneto, vista la necessità di risolvere il problema finanziario in cui versano gli enti a causa dei vincoli del patto di stabilità”.<br />
L'importanza dei mediatori culturali nelle scuole2010-11-16T00:00:00ZOpenpolisinfo@openpolis.it547988<br />
Nell’ultimo decennio il Veneto ha rappresentato un’opportunità di lavoro per moltissimi cittadini di altri paesi. Questo fenomeno, da una parte ha consentito di alimentare il nostro sistema produttivo, in modo particolare il settore del manifatturiero, dall’altra, la presenza di genti che hanno culture, lingue e religioni diverse, ha posto all’attenzione dell’agenda della politica il tema dell’integrazione.
<p>
Secondo il rapporto statistico 2010 della Caritas, nel 2009 in Italia sono nati da entrambi genitori stranieri 77.148 bambini di cui ben 10 mila nel Veneto. Queste nascite incidono per il 13% su tutte le nascite e per più del 20% in Veneto.
<p>
I minori sono quasi un milione (932.675), il 22% della popolazione immigrata regolare. Rappresentano ben il 24,3% della popolazione immigrata regolarmente residente in Veneto. L’altro dato significativo del rapporto caritas: 572.720 (il 13%) dei residenti stranieri sono di seconda generazione. Si tratta per lo più di bambini e ragazzi nati in Italia, nei confronti dei quali l'aggettivo 'stranierò è «del tutto inappropriato», osserva il dossier.
<p>
Gli iscritti a scuola in Italia sono 673.592 (7,5% degli studenti) Nel 2009, sono stati censiti 6.587 minori non accompagnati dei quali 533 richiedenti asilo, per lo più maschi (90%) con età fra i 15 e 17 anni (88%); per questi, «non sempre, al raggiungimento dei 18 anni, le condizioni attuali (3 anni di permanenza e 2 di inserimento in un percorso formativo) consentono di garantire loro un permesso di soggiorno».
<p>
Gli alunni non italiani passano dai 67.398 dell’anno scolastico scorso ai 70.577 di quello che si apre, con un aumento di 3.179 unità pari al 4,7%. Come potremo garantire loro e a tutti gli altri allievi un buon livello di apprendimento nelle condizioni di precarietà e di abbandono sopra riportate?
<p>
Ormai il fenomeno dell’inserimento scolastico di alunni non italiani è diventato irreversibile e arriva a punte che sfiorano il 19% nella scuola dell’infanzia per una media del 12,2%. E’ pur vero che soprattutto nei primi ordini di scuola i nati in Italia arrivano a superare l’80% nella scuola dell’infanzia e il 50% in quella primaria, ma resta molto da fare soprattutto nella scuola media inferiore e nella secondaria per garantire livelli di apprendimento e di integrazione adeguati evitando le forme di selezione e di abbandono oggi eccessivamente alte.
<p>
La problematica degli “alunni non Italiani” si inserisce in una situazione già fragile, in cui versa la scuola in Veneto.
Gli alunni delle scuola statale in Veneto, sono in aumento in tutte le province e in tutti gli ordini di scuola e sfiorano il tetto delle 600.000 unità (591.083 per la precisione).
Il numero delle classi, per effetto dei tagli legati all’applicazione della riforma Tremonti – Gelmini, però cala da 27.979 a 27.923 soprattutto nella scuola primaria e nella scuola secondaria di secondo grado. Di conseguenza cresce il numero degli alunni per classe, anche se non in modo eclatante nella media, ma con alcune situazioni difficili dovute alla riorganizzazione dei corsi di studio nella secondaria superiore.
<p>
Ciò che invece è gravissimo è il taglio del personale docente che, a fronte di un aumento di alunni, cala dalle 52.363 unità del 2007-08 alle attuali 48.307 unità (-4056 posti di lavoro) e il calo del personale ATA dalle 18.518 unità del 2008-09 alle attuali 16.700 (-1818). Questi numeri da soli basterebbero per dimostrare cosa significano i tagli nella scuola e danno l’idea delle difficoltà che dovranno affrontare i ragazzi, le famiglie e tutto il personale.
<p>
Negli ultimi anni la presenza di minori stranieri nelle scuole del Veneto è andata velocemente aumentando, senza che la legislazione nazionale e regionale abbia mai sentito il bisogno di affiancare e sostenere con una legge organica il prezioso lavoro di tanti insegnanti che si sono fatti carico di gestire per troppo tempo la complessità del fenomeno.
<p>
Non è quindi più possibile rimandare a provvedimenti una tantum la soluzione di un problema strutturale, che attiene all’apprendimento e al diritto all’istruzione dei minori stranieri figli di residenti stranieri regolari, ma allo stesso tempo alla qualità dell’istruzione dei figli delle famiglie italiane.
<p>
Vi sono problemi legati all’apprendimento, al diritto allo studio dei minori residenti in Veneto, ma vi sono aspetti del problema che riguardano il modello d’integrazione più in generale.
<p>
E’ in questo clima che sono nate proposte quali le ronde di volontari per la sorveglianza del territorio o l’istituzione di classi-ponte dove isolare i minori immigrati fino al superamento di test di ingresso e di specifiche prove di valutazione che verifichino la conoscenza della lingua, della cultura e delle tradizioni locali. Proposte sbagliate per questioni reali.
<p>
Per tale ragione ho presentato una proposta di legge regionale per rivedere le politiche scolastiche in modo da favorire l’applicazione di modelli educativi che favoriscano il riconoscimento della diversità come un arricchimento dei saperi e abbiano l’intercultura come un obiettivo.
L’obiettivo è di ampliare l’orizzonte culturale al quale riferirsi per la piena realizzazione di tutto il processo educativo e di apprendimento.
<p>
In questo contesto devono essere privilegiati quei percorsi didattici che favoriscono la reciproca conoscenza e che promuovono, attraverso l’acquisizione di nuovi saperi, non solo la capacità di riconoscere gli elementi fondanti delle diverse identità, ma anche la consapevolezza delle infinite contaminazioni culturali che sono insite in ogni civiltà.
È quindi quanto mai opportuno, anzi necessario e urgente, che si promuova ora una legislazione in grado di sostenere la presenza degli immigrati in Italia investendo sulla loro istruzione nel quadro dell’integrazione secondo l’orizzonte costituzionale e con l’obiettivo del conseguimento di buoni risultati. È altrettanto importante coinvolgere in questo processo gli Enti Locali che, in quanto istituzione espressione diretta del territorio, hanno già una conoscenza del fenomeno e ne vivono quotidianamente le contraddizioni.<br />