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Dichiarazione di Paolo FERRERO

Alla data della dichiarazione:  Ministro  Solidarietà Sociale (Partito: PRC) 


 

Intervento all’ ONU del Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero in occasione del “Dialogo ad alto livello su migrazioni internazionali e sviluppo” Palazzo dell’ ONU, New York, 14 – 15 settembre 2006

  • (15 settembre 2006) - fonte: Ufficio Stampa - inserita il 15 febbraio 2008 da 108
    Signor Presidente, desidero anzitutto ringraziare l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per avere organizzato questo storico incontro internazionale, i cui risultati spero possano divenire lo strumento per una migliore comprensione del fenomeno migratorio e quindi, in ultima analisi, contribuire, non solo allo sviluppo economico, ma anche e soprattutto ad una migliore convivenza fra culture diverse, ciò che è la premessa per la sicurezza collettiva e la salvaguardia della pace. Desidero anche confermare che l’Italia si riconosce nei concetti già espressi in questa sede a nome dell’Unione Europea. L’Italia è stato un paese di emigrazione fino a pochi decenni or sono, oggi è divenuto un paese di immigrazione. Nostre comunità sono presenti ovunque: la stessa New York ne è diretta testimonianza. L’Italia conosce bene i problemi dell’emigrazione: sono molti gli italiani che furono vittime di atteggiamenti razzisti e di uno sfruttamento cinico. Proprio l’aver vissuto così intensamente questa esperienza è quindi considerata dal nostro governo una occasione per affrontare in modo innovativo il complesso della materia, costruendo - anche attraverso una nuova legislazione in corso di definizione - un meccanismo di accoglienza che metta al centro le persone e il rispetto dei loro diritti umani e sociali. I flussi migratori che investono il nostro, come ogni altro Paese sviluppato, non sono un fenomeno eccezionale, trovano alimento in molti fattori riconducibili agli squilibri nella distribuzione della ricchezza tra il nord e il sud del mondo, alla necessità di fuggire dalle guerre, alla ricerca di libertà e diritti. Per questo l’Italia vuole promuovere nuove politiche dell’immigrazione che rientrino nel disegno complessivo di una politica estera di pace e cooperazione. In particolare si vuole puntare sul rafforzamento della cooperazione allo sviluppo in tutte le sue componenti, sul rilancio del dialogo e della cooperazione bilaterale con i principali Paesi di origine e di transito, sui temi dello sviluppo economico e sociale di questi stessi Paesi e sulla riqualificazione delle politiche sui controlli migratori, tutelando la dignità dei migranti il rafforzamento dei rapporti di collaborazione con le organizzazioni internazionali e le agenzie delle Nazioni Unite attive sui temi delle migrazioni internazionali e del contrasto al traffico di esseri umani. In questa direzione vanno sia il sostegno alla sviluppo di programmi di istruzione e formazione nei paesi dai quali partono oggi i maggiori flussi migratori, sia quelli destinati ai lavoratori migranti, in questo caso concentrati sulla conoscenza della lingua e della cultura del Paese di destinazione, svolti nel Paese di origine con il sostegno dei Paesi di destinazione. L’Italia sta sviluppando una politica lungo questa linea attraverso accordi di lavoro, il cui principale obiettivo è quello di stabilire un sistema di gestione dei flussi migratori capace di permettere ai Paesi di origine e di destinazione di dividere strumenti operativi, informazioni, standard comuni. Attraverso questo strumento cerchiamo di rafforzare i canali legali di accesso al mercato del lavoro italiano, anche favorendo l’incontro fra domanda e offerta di lavoro attraverso la pianificazione degli ingressi in Italia. In tale contesto, priorità è data alle persone che hanno seguito speciali corsi di formazione nel paese di origine, organizzati nell’ambito dei programmi previsti dagli accordi bilaterali di lavoro. Un meccanismo destinato non ad aumentare gli ingressi nel nostro paese, ma a eliminare le condizioni di clandestinità, sottraendo alla criminalità organizzata il traffico di esseri umani, dando regolarità di trattamento e condizioni dignitose a chi entra in Italia. Al fine di ottenere tangibili risultati, la gestione delle migrazioni deve anche prevedere misure per amplificare l’impatto macroeconomico delle rimesse: l’Italia ne è particolarmente consapevole, ricordando bene quanto questo fenomeno sia stato in passato importante per il nostro Paese. Considerando le migrazioni come fattore di co-sviluppo, è inoltre molto importante la possibilità che i migranti sviluppino iniziative imprenditoriali nei paesi di origine. In Italia, gli stranieri stabilmente residenti sono quasi il 5% dell’intera popolazione, di cui una parte consistente è oggi in condizioni di clandestinità, dopo essere stata vittima dei trafficanti di esseri umani. Le donne e i bambini sono spesso tra le principali vittime di questo traffico. Per quanto concerne i minori, insieme alla lotta ai trafficanti e agli interventi per la riduzione della domanda è fondamentale garantire la protezione delle vittime garantendo loro il pieno accesso ai diritti stabiliti dalla Convenzione sui diritti dei bambini. Il tema dell’impatto della migrazione sull’infanzia non è stato forse approfondito come meritava e un possibile risultato del High Level Dialogue potrebbe essere l’impegno ad analizzare in futuro i fattori positivi e gli impatti negativi che la migrazione ha sui bambini. Una quota significativa di immigrati di seconda generazione non frequenta regolarmente la scuola dell’obbligo e rischia così di non utilizzare quello che rappresenta uno dei luoghi più importanti per “diventare cittadini”. Il tema dei diritti di cittadinanza è infatti al centro dell’azione del nostro governo che ha già modificato in senso positivo le norme relative ai permessi di soggiorno, ha reso più facili i ricongiungimenti familiari e fissato in cinque anni il tempo necessario ad un immigrato per acquisire la cittadinanza italiana. Naturalmente si tratta di un percorso che deve proseguire proprio attraverso la lotta alla dispersione scolastica, al pieno utilizzo da parte dei migranti dei servizi sociali e sanitari, alla valorizzazione della figura dei mediatori culturali. Si vuole per questa via affermare l’idea che non esiste una contrapposizione fra cittadini, detentori di privilegi e migranti detentori di diritti affievoliti. Va perciò contrastata l’istituzione - legalmente o di fatto- di un “diritto differenziato” per gli stranieri, favorito il diritto di voto degli immigrati alle elezioni amministrative e costruita una legge a tutela della libertà religiosa e di culto che riconosca le culture di provenienza e le specificità di ciascuno favorendo l’inclusione dei migranti nel tessuto sociale del nostro paese. In questo quadro un elemento di grande rilievo è costituto dalla formazione di una Consulta dei migranti. I migranti non sono ospiti in prova perenne, ma nuovi cittadini, capaci di arricchire il nostro patrimonio culturale con elementi della loro cultura di origine. Si tratta prima di tutto di persone che cercano di costruire un proprio progetto di vita. Per questo le politiche dell’immigrazione non possono avere come unico indirizzo gli interessi economici e sociali della realtà di arrivo delle migrazioni, cancellando soggettività e diritti di chi arriva. Dobbiamo quindi favorire l’inserimento dei cittadini stranieri nelle nostre comunità, la coesione sociale, il senso di comune appartenenza, la lealtà alle leggi e alle regole di convivenza. Perché tale coesione sia effettiva serve una forte azione dello Stato e degli organismi sociali che garantisca la parità nell’accesso ai diritti previsti dalla legge, e alle opportunità offerte dal lavoro, dalle capacità individuali, dalla partecipazione alla vita democratica e, ovviamente, il rispetto della dignità di chi cerca di costruirsi onestamente un futuro migliore.
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