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Dichiarazione di Pier Ferdinando CASINI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: UDC) 


 

Questa fine drammatica della Casa delle Libertà era obbligata? "Quando non c'è la politica, i nodi prima o poi vengono al pettine"

  • (22 novembre 2007) - fonte: repubblica.it - inserita il 02 febbraio 2008 da 100
    Mentre la Casa delle Libertà si sfascia definitivamente e Fini e Berlusconi sono alla resa dei conti, Pier Ferdinando Casini fa colazione a New York con vista sulle foglie gialle e rosse dell'autunno a Central Park. Siamo alla vigilia di Thanksgiving e ci accoglie con una battuta: "Guardando dall'America mi chiedo chi sarà il tacchino che ci lascia le penne".

    Casini interpreta il ruolo che più ama, quello del politico sereno e distaccato: "I moderati non hanno bisogno di populismo e i partiti non si fondano salendo sui tetti delle macchine in mezzo alla strada, ma vedo che finalmente Berlusconi ha deciso di dialogare e ha capito che questo bipolarismo è finito". E' venuto nella sua veste di presidente dell'Unione Interparlamentare per incontrarsi con il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, ma ha letto tutti i giornali ed è dall'alba che è al telefono.

    Questa fine drammatica della Casa delle Libertà era obbligata? "Quando non c'è la politica, i nodi prima o poi vengono al pettine. Ci si era illusi per più di un anno che si potesse rinviare qualsiasi assunzione di responsabilità e ci si dedicava a dei diversivi: prima l'evocazione dei brogli elettorali, poi il riconteggio delle schede, a seguire le manifestazioni di massa per far cadere Prodi, infine la "spallata". Quando non è riuscita è crollato tutto il castello di carta".

    Ma cosa è successo tra di voi? "Si cercava sempre un capro espiatorio di comodo per non riconoscere la propria incapacità. Abbiamo visto un'opposizione che è arrivata addirittura a votare contro la missione in Afghanistan a cui aveva dato vita, nella speranza vana di far cadere Prodi: io sono fiero, per patriottismo, di non essere stato complice di questa follia".

    E adesso? "Ora i casi sono due: o si riparte da zero e si ricomincia a ragionare seriamente oppure si finisce a recitare una nuova commedia, che in questo caso ha le sembianze del populismo e della demagogia".

    Partiamo dallo scontro tra Fini e Berlusconi. "Francamente vorrei spazzare via i personalismi, quando si arriva alla lite tra persone si rischia di degradare tutto. Ho sempre pensato che le troppe contraddizioni che erano chiare da tempo sarebbero esplose, ma in questo caso mi dispiace aver avuto ragione. Certo le modalità di questo scontro rischiano di lasciare sul campo più macerie che novità positive".

    Come andrà a finire? "Se dalle parti di via del Plebiscito pensano di poter liquidare Fini con facilità si sbagliano di grosso. Gianfranco è un leader politico vero e non basta certo Storace per sostituirlo".

    Il Cavaliere però è stato capace di rivoluzionare i giochi. "Berlusconi ha fatto una cosa giusta e una sbagliata. Ha finalmente preso atto di ciò che aveva sempre negato: questo bipolarismo costruito per deligittimare gli avversari e che dà vita a due coalizioni paralizzate dal potere di ricatto di gruppi marginali è finito e va archiviato. Poi ha finalmente accettato di parlare di sistema elettorale, scegliendo quello tedesco, ed è disposto a sedersi ad un tavolo con Veltroni".

    Ora chè è lui a trattare con Veltroni non si sente tagliato fuori? "Non mi da nessun fastidio. Guai ad essere così miopi e piccini: noi che abbiamo sempre proposto il dialogo non ce lo possiamo certo permettere. E' un fatto positivo, perché è la messa in liquidazione, almeno temporanea, di una politica di scontro che Berlusconi ha perseguito per troppo tempo e non mi trovo per nulla spiazzato".

    Quindi sarà Berlusconi a fare le trattive con il Partito democratico? "Berlusconi tratta per sé, ognuno tratta per sé. Alla luce del sole ognuno vede chi vuole, io mi sono già visto con tutti".

    E la cosa sbagliata? "Uno non sale sul tetto di una macchina in mezzo alla strada e fonda un partito e non basta metterci il nome "popolo" nel simbolo per radicarlo nel Ppe. Non vedo come Storace possa entrarci. D'accordo che la leadership carismatica di Berlusconi copre tutto, ma pensare di far entrare Storace e la Mussolini nel partito di Kohl e della Merkel è un esercizio ginnico spericolato".

    Il modo in cui si è mosso proprio non le piace? "Un partito non si fonda sul populismo plebiscitario, si fa con regole, iscrizioni e voti. A me che non è piaciuto il meccanismo bulgaro con cui è stato scelto Veltroni figuriamoci se apprezzo un comportamento che fa appello al popolo contro i parrucconi, da questa strada si parte da Milano e si rischia di finire a Chavez ".

    Irritato per la definizione "parrucconi"? "A dire il vero non l'ho capita, e poi qui chi è che porta la parrucca?".

    Fedele Confalonieri dice che il gesto di Berlusconi gli ricorda Lenin. "E questo mi preoccupa ulteriormente, perché non mi risulta che Lenin sia mai stato un leader dei moderati".

    Non pensa che Berlusconi abbia scelto un'altra volta di cavalcare l'antipolitica? "Sbaglia chi si illude di essere di nuovo nel '94: il Paese oggi vuole serietà, non solo novità. Non mi scandalizzo che si distruggano i partiti, ma lo si dovrebbe fare per metterci qualcosa al loro posto, non certo per avere il brambillismo al potere. Questo mi fa sorridere amaramente".

    Si può immaginare un progetto politico comune tra lei e Fini? Lei sta ripartendo per Roma, quando vi incontrerete? "Il più grosso sbaglio sarebbe rispondere con emotività a questioni politiche serie, non si possono fare progetti contro qualcuno, ma per qualcosa. Allora lasciamo depositare la polvere delle polemiche di questi giorni, poi senz'altro mi incontrerò con Gianfranco. Riconosco che tra noi ci sono chiare diversità di collocazione politica ma anche un comune sentire sul fatto che la politica deve essere una cosa seria e non una continua plastica facciale".

    Cosa pensa della Cosa Bianca, il nuovo centro auspicato da Pezzotta e Tabacci? "Al Congresso abbiamo descritto il nostro progetto in modo molto limpido: vogliamo un centro moderato alternativo alla sinistra imperniato sul Ppe. Sulla nostra strada spero di incontrare più gente possibile, anche molti di Forza Italia. In questo percorso ci può essere l'incontro con Pezzotta, che è una persona seria e per bene ed è stato rappresentante di una grande piazza. Non vado invece a cercare di raccogliere spezzoni di classe dirigente in cerca di nuova collocazione ma piuttosto mi auguro che il mondo dell'imprenditoria e delle categorie si metta in gioco e fornisca nuove persone alla politica".

    Sta auspicando la scesa in campo di Montezemolo? "E' una persona che stimo molto e se venisse in politica sarei contento. Non ho mai capito chi mostrava insofferenza nei suoi confronti, ci sono stati molti nella Casa delle Libertà che ogni volta che lui criticava il governo avevano un travaso di bile, sono quelli che vorrebbero avere il monopolio dei moderati".

    Lei propone di coagulare moderati e centristi e poi perde pezzi, prima Follini, ora Carlo Giovanardi che guarda alla nuova formazione berlusconiana. "Sono tutti e due vittime della sindrome di Berlusconi. In un partito ci si sta perché ci crede, non è una camicia di forza, se uno deve fare la quinta colonna altrui allora è meglio che sia coerente e faccia scelte conseguenti. Ma a dire il vero non ho visto perdite di consenso elettorale per il mio partito".

    Che tipo di legge proporzionale auspica? "Sono per il sistema alla tedesca, non c'è dubbio, e non pensino che mi possa spaventare all'idea di uno sbarramento al 6 o anche al 7 per cento, perché ci saranno meccanismi virtuosi che daranno il giusto spazio ad un centro moderato".

    Quando è finita la Casa delle Libertà? "Il giorno dopo le elezioni, quando è cominciato lo scaricabarile e io e Fini eravamo diventati i colpevoli della sconfitta perché non credevamo nella vittoria. Invece, come i dati dimostrano, l'aumento dei nostri partiti è stato il frutto di sacrifici enormi, siamo stati noi a tenere nel centrodestra i voti di gran parte del mondo cattolico italiano che non ha votato per Berlusconi. Forse qualche attenzione in meno sulla giustizia e sulle televisioni ci avrebbe aiutato a vincere".

    Cosa pensa del nuovo rapporto del Cavaliere con la Chiesa? "Pensare che qualcuno abbia l'esclusiva del rapporto con la Chiesa è un'offesa per la Chiesa e per l'intelligenza. Il segretario di Stato vaticano e il presidente della Cei parlano con tutti, dopo di che c'è chi sente il bisogno di pubblicizzarlo e chi no".

    Ora cosa si aspetta nel centrodestra? "Berlusconi si è redento sul proporzionale e sul bipolarismo. Non mettiamo limiti alla provvidenza, può darsi che cambi idea un'altra volta e provi a costruire il nuovo partito con un processo serio e democratico che nasca dalle forze in campo. Non dispero: ride bene chi ride ultimo".
    Fonte: repubblica.it | vai alla pagina

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