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Referendum: occhi sulla Consulta
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(22 dicembre 2007) - fonte: Il domenicale - inserita il 19 febbraio 2008 da 31
16 gennaio. Il giorno in cui la Corte Costituzionale renderà noto il proprio verdetto sull’ammissibilità dei referendum elettorali. Essendo tra i promotori della consultazione, la mia opinione non è difficile da prevedere. Mi limito ad alcune considerazioni di metodo. Intanto, ed è grave che (con l'eccezione positiva del senatore Pera) nessuno abbia posto la questione, la Corte non è nel suo plenum. Per quanto ciò possa apparire incredibile alla vigilia di una decisione così importante, la Corte conta infatti solo su 14 dei 15 membri stabiliti dalla Costituzione. Uno dei componenti, il professor Vaccarella, si dimise diversi mesi fa, proprio evocando – già allora! – pressioni del Governo contro i referendum: ci fu una breve polemica e poi tutto fu messo a tacere. Camera e Senato non hanno ancora eletto il successore: mi auguro che i presidenti Marini e Bertinotti abbiano la sensibilità di convocare le Camere a oltranza, fino all'avvenuta elezione del giudice mancante. L’altro aspetto da sottolineare è che i quesiti sono stati scritti rispettando in modo pieno la precedente giurisprudenza della Consulta in materia elettorale: una bocciatura sarebbe clamorosa, per decidere in tal senso la Corte si troverebbe a smentire se stessa. è evidente che con l'ammissione o con la bocciatura dei quesiti si aprirebbero due scenari politici opposti. L’ammissione determinerebbe una potente accelerazione degli eventi. Vedo tre possibilità: o si tengono effettivamente i referendum, tra il 15 aprile e il 15 giugno, con un prevedibile successo dei sì, e con un conseguente effetto bipartitico; o i partiti, per evitare la consultazione, si accordano in Parlamento, ma in questo caso dovrebbero farlo in tempi serrati; oppure, infine, temendo la mannaia referendaria, i “piccoli” di Centrosinistra fanno saltare subito il banco, cioè fanno cadere il Governo Prodi, portando il Paese a rapide elezioni anticipate con la legge oggi vigente. In tutti e tre i casi ci sarebbe una (a mio avviso positiva) velocizzazione degli eventi. Se invece, disgraziatamente, la Corte dovesse dire no, non vi sarebbe più alcun vincolo temporale, e Prodi sarebbe letteralmente blindato a Palazzo Chigi. Se supera la Finanziaria, se passa liscio il protocollo sul welfare, e se poi la Corte gli fa addirittura il favore di togliergli dal fuoco la “castagna” referendaria, il Professore può dormire sonni tranquilli, cementando il suo ruolo con le centinaia di nomine (Eni, Enel, giù giù fino agli enti minori, circa 600 nomine nei prossimi mesi!) che il Governo dovrà effettuare. Morale: avremmo un Governo screditatissimo nel Paese, ma sempre più forte nel Palazzo, nell'establishment italiano. Ecco perché chi ha a cuore uno sviluppo bipartitico della politica italiana, ma anche una rapida uscita dalle sabbie mobili in cui ci troviamo, deve fare il possibile perché Silvio Berlusconi e Walter Veltroni tengano i fari accesi sulla decisione della Consulta. Guai se, nelle settimane precedenti il verdetto, vi fosse silenzio di giornali e tv e quindi disattenzione dell'opinione pubblica: è in quel contesto che potrebbero maturare le decisioni peggiori. è l'unico modo per evitare di ritrovarci, il 17 gennaio, con un forte rimpianto.
Fonte: Il domenicale | vai alla pagina » Segnala errori / abusi