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Dichiarazione di Ramon MANTOVANI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Rifondazione comunista - Sinistra europea) 


 

La sinistra rischia di nascere vecchia

  • (18 gennaio 2008) - fonte: Carta - inserita il 27 marzo 2008 da 1488
    Alla fine di novembre, in occasione della discussione sul welfare, vi fu l’occasione per aprire una crisi di governo e una reale verifica. Si è preferito votare un provvedimento indecente e rimandare la verifica a gennaio. Ora ci siamo. Ma Prodi, Padoa Schioppa e Damiano, intendono la verifica come “tagliando”, come aggiustamento, non certo come cambio di rotta. Intanto, il governo ha varato il 28 dicembre, un vergognoso decreto sulla “sicurezza” che io, come ha scritto Giuliano Pisapia nel suo articolo su Liberazione, considero impossibile votare. E’ presto per dire come andrà questa verifica, mi auguro che si concluda con una svolta nella politica del governo, ma dubito che possa andare bene. Per due motivi: 1) Il Partito democratico, Prodi e i ministri competenti pensano, al massimo, alla redistribuzione di qualche risorsa che ecceda le previsioni delle entrate dello Stato; non interventi strutturali come abbassare le tasse sul lavoro dipendente ed aumentarle al 20% per le rendite finanziarie. Infatti insistono nel dire che bisogna attendere la trimestrale di cassa, alla fine di marzo, per discutere quanti soldi redistribuire ai redditi bassi e al lavoro dipendente. Inoltre pensano, a quanto pare, a defiscalizzare gli aumenti contrattuali aziendali legati alla produttività, assestando così un ulteriore colpo mortale al contratto nazionale di lavoro. Non hanno alcuna intenzione di fare cose reali sulla precarietà e sulle altre grandi questioni, come le spese militari, l’ambiente e i diritti. 2) le forze della sinistra non dispongono di un’arma fondamentale per centrare l’obiettivo: la determinazione. E’ impensabile che, senza mettere in conto una possibile rottura con il governo, si possa condurre una trattativa degna di questo nome. E temo - anzi ne sono sicuro - che PCdI, Verdi, Sinistra Democratica e perfino una parte di Rifondazione Comunista considerino impossibile rompere con il governo. Vuoi per non compromettere la riforma elettorale, vuoi perchè - per tre dei quattro partiti di sinistra - l’appartenenza al centrosinistra è una scelta strategica e sovraordinatrice di ogni altra decisione, come è scritto a chiare lettere nella “carta d’intenti” della Sinistra e l’Arcobaleno. Comunque vadano le cose, almeno è prevista una consultazione referendaria sull’esito della verifica e sulla permanenza al governo. Nei prossimi giorni se ne discuterà più concretamente, per determinarne i tempi e il campo di partecipanti. Fatte queste considerazioni è chiaro, almeno per me, che le tante illusioni e suggestioni sulla rapida costruzione dell’unità a sinistra mostrano sempre più la corda. Non sono animato da pregiudizi o settarismi. Non penso che il partito al quale appartengo sia autosufficiente. Però vedo irrisolti tanti problemi che non si possono ignorare. A cominciare dal tema, grande come una casa, del governo. E non parlo solo del governo Prodi, parlo proprio dell’idea perniciosa, che alberga dentro e fuori i partiti, nel popolo di sinistra con o senza tessera, che la missione di una forza politica di sinistra, unita o unica che dir si voglia, sia quella di prendere tanti voti e possibilmente governare. Da questa idea discende che coi movimenti si “dialoga” riservandosi il compito di “dare risposte”. Quelle compatibili con il quadro politico, ovviamente. Da questa idea deriva una dimensione soprattutto istituzionale e unicamente nazionale dell’agire politico. Tornando così alle ossessioni elettorali. Rimango dell’idea che sia necessario verificare l’utilità della sinistra nella capacità di essere dentro i movimenti, a cominciare da quello mondiale contro la globalizzazione, e nella pratica sociale, considerando le istituzioni luoghi secondari dell’agire politico. Continuo a pensare che, se c’è una rottura definitiva da consumare con la storia e la tradizione della sinistra, è quella del rapporto con il potere, come ha insegnato a tutto il mondo l’esperienza zapatista. Queste idee non sembra abbiano avuto molta fortuna l’8 e il 9 dicembre, all’assemblea della sinistra. Finché non avranno maggior fortuna rimarrà il rischio che anche l’unico partito che le ha sposate, almeno teoricamente, svanisca in una sinistra con più voti (forse), ma certamente nata vecchia.
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