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Dichiarazione di Emma BONINO
Emma Bonino: «Occupazione femminile, una priorità per qualsiasi governo»
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(06 febbraio 2008) - fonte: Liberazione - inserita il 07 febbraio 2008 da 31
Sedute intorno a un grande tavolo, negli uffici della Ministra Bonino. Capita raramente che una signora, una grande signora della politica come lei, decida di affidare una parte della propria "strategia" politica e comunicativa a un "tavolo" di sole donne (grazie anche ad un attivissimo e preparato staff tutto femminile). Sta di fatto che ieri, negli uffici della ministra eravamo un nutrito drappello di giornaliste ed esperte della comunicazione. Tema: "donne e occupazione".Sono bastate poche parole, ad Emma Bonino, per introdurre il tema, tanto la questione è sedimentata in ognuna di noi: la difficoltà di "comunicare" la realtà e il disagio della vita al "femminile" in una società che punta a bloccare la crescita della donna al di fuori della famiglia.
Nonostante le prese di posizione, nonostante i "pagherò" della politica. Insomma, che lo diciamo a fare? La Strategia di Lisbona (impegno del 2000 rilanciato nel 2005) prevede che entro il 2010 l'occupazione femminile raggiunga il 60%. Oggi, in Italia, siamo al 46,3%. Ci sono 7 milioni di donne in età lavorativa che non trovano lavoro e probabilmente si sono anche stufate di cercarlo. Al Sud quasi certamente: è il 31% a non lavorare, le altre avranno rinunciato. Al Nord la situazione percentuale è migliore: lavora il 57,2%. Però se si va a mettere il naso nei Cda d'azienda su 2.217 consiglieri solo 110 sono donne, il 5%. Insomma, il fatto esiste. E la ministra non esita a parlare di emergenza e a chiedere che sia posto come priorità del governo (prossimo, ormai) il tema dell'occupazione femminile. Quantità e qualità del lavoro. Le donne in Italia sono più istruite dei maschi, ci sono più laureate. Eppure, come abbiamo visto, non raggiungono ruoli direttivi. E anche quando sfondano il tetto di "cristallo" i loro salari sono pari a tre quarti di quelli dei loro colleghi maschi: una dirigente guadagna il 26,3% in meno di un collega maschio. A dare una grossa mano al perpetuarsi dell'antico modello della donna casalinga ci sono i modelli proposti dai mezzi di comunicazione di massa dove vengono proposte donne affermate ma cattive e anche un po' infelici, rispetto a donne felici, amate e sorridenti davanti a merendine stracolme di cacao in polvere e mariti buontemponi che scappano al lavoro con la bocca piena. Come fare ad invertire questa tendenza, come fare ad avvicinarci ai parametri europei? Come fare per fare quello che hanno fatto in Grecia e in Spagna? Nel mondo il ruolo delle donne è cambiato. A non saperlo sono in pochi, ormai, gente tipo Buttiglione. Per l'Ocse, tra l'altro, il lavoro femminile non è più un ostacolo alla natalità. Al contrario, dove le donne hanno meno opportunità di occupazione si fanno spesso meno figli. Ma allora visto che in Italia non c'è lavoro e non si fanno più figli, che fanno qui le donne? Qualche cinica dice che finiscono morte ammazzate in famiglia, altre, realiste, dicono che accudiscono maschi adulti e anziani. In ogni caso si tratta di realizzare un "cambio di passo" e di iniziare una terapia shock per l'occupazione femminile, su questo la ministra Bonino intende incamminarsi per i prossimi mesi, lungo un sentiero, lastricato, fino ad ora, solamente di buone intenzioni e grandi parole. Per andare verso l'Europa ci sono tre fronti su cui intervenire, i punti forza della campagna "emergenziale": le politiche per il lavoro e l'impresa femminile, il sistema di welfare e le politiche di conciliazione, iniziative per aiutare il contesto culturale a crescere (ovvero sbarazzarsi degli stereotipi di genere segreganti). Come è nelle corde di un'istituzione ministeriale, la prima cosa è stata organizzare un grande convegno a Catania, il prossimo 11 febbraio su "Lavoro femminile e welfare. Come competere in Europa", poi il 3 marzo ne seguirà un altro a Milano dedicato agli stereotipi femminili proposti dai media.
Il tavolo organizzato ieri da Emma Bonino, è stato un fatto insolito, bello, nella politica italiana. Al centro della discussione - insieme al tema occupazione - anche quello di come comunicare all'esterno la "questione femminile" senza ricadere in stereotipi vetero, superando lo scetticismo e la noia dei dirigenti di fronte "all'ennesimo" lamento delle donne. Siamo un argomento "fuori moda", ha detto qualcuna, direttori e caporedattori si elettrizzano solo di fronte ad assassinii o fatti di cronaca nera, ma se sentono parlare di lavoro, sessualità, politiche di sostegno, mettono mano alla pistola. Certo, chiamati al ministero, al cospetto di tre ministre, i dirigenti delle tv, tanto per dirne una, si inchinano ripetutamente in segno di rispetto, firmano tanti impegni che non verranno mai onorati. E' più una scocciatura che altro. Lo dimostrano i racconti delle colleghe. L'impegno, alla fine, si traduce in una letterina formale alla giornalista di turno che si occupa di donne per chiedere di fare qualcosa. In genere, questi dirigenti tv, amano rubricare le donne. In genere, le donne che fanno televisione, vorrebbero parlarne ovunque di questa faccenda. E dopo ieri non è detto che non ci riescano sempre di più.
Fonte: Liberazione | vai alla pagina » Segnala errori / abusi