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Dichiarazione di Paolo GIARETTA

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: L' Ulivo) 


 

Relazione al coordinamento regionale Veneto Pd.

  • (11 febbraio 2008) - fonte: partitodemocraticoveneto.org - inserita il 19 febbraio 2008 da 31
    Il cambiamento resta la cifra della proposta politica del PD. Una scelta netta che trascina con sé tutto lo schieramento politico italiano. Per la prima volta da molti anni è lo schieramento riformista a dettare l’agenda del paese. È stato così con le primarie del 14 ottobre: la scommessa vincente dell’operazione primarie è stata la convinzione che ci fosse un’opinione politica stanca di quella politica più che della politica. La convinzione che non potesse essere che la massima espressione dell’impegno democratico consistesse in un vaffa rassegnato e impotente contro tutto e contro tutti. Berlusconi costretto ad inseguire inventando su due piedi le primarie degli 8 milioni di elettori che nessuno era riuscito a vedere. È stato così con la caduta del governo e l’irresponsabile rifiuto del centrodestra di contribuire ad allestire una legge elettorale decente. Abbiamo risposto con una scelta coraggiosa in direzione dell’autoriforma del sistema politico. La scelta del PD di rompere lo schema ormai asfittico e solo aritmetico a cui si era ridotto l’incerto bipolarismo italiano: due coalizioni eterogenee per vincere le elezioni ma incapaci di governare. Si è dimostrata una scelta capace di obbligare a fare ciò che non si è voluto fare in Parlamento sul piano legislativo. Vedremo nelle prossime settimane se la riorganizzazione del centrodestra sarà solo formale o sarà qualcosa di più. In ogni caso abbiamo preceduto i tempi, il partito dei riformisti italiani di qui e di là al massimo una coalizione letterale in unica lista. Un processo aggregativo anche alla nostra sinistra, anche qui vedremo se capace di superare l’istinto frazionista che ha sempre caratterizzato la storia di una certa sinistra. È importante riflettere sulle ragioni della crisi del Governo Prodi per riuscire ad impostare la risposta politica per la nuova legislatura. Quando abbiamo deciso di iniziare l’esperienza di governo dell’Unione nonostante i precari risultati del Senato e la fragilità della maggioranza politica l’abbiamo fatto contando su due elementi. Che vi fosse un programma di cose da fare dettato dall’urgenza di necessari interventi di risanamento, sviluppo e redistribuzione che avrebbe consentito di avviare un’azione di governo senza troppe contraddizioni lasciando temi più spinosi ad u periodo in cui la maggioranza si fosse consolidata nell’esperienza di governo. Che l’azione di governo, accompagnata da una previsione di una fase maggiormente espansiva dell’economia, potesse portare ad un allargamento del consenso nell’opinione pubblica e questo avrebbe portato con sé un possibile ampliamento della base parlamentare al Senato. Il primo punto ha sostanzialmente retto. Prodi è riuscito con pazienza e perizia a mantenere sostanzialmente unita sulle decisioni di governo una maggioranza così composita e così numericamente fragile esposta alle pressioni ricattatorie anche di singoli minigruppi e financo singoli senatori. Difatti: il Governo non cade su uno dei tanti temi programmatici sui quali nei primi mesi della legislatura si esercitava la previsione della spallata berlusconiana: le disposizioni della finanziaria, la politica fiscale, la politica estera, le politiche del lavoro, liberalizzazioni, ecc. Qui la maggioranza ha retto,sia pure al prezzo di indebolire ed annacquare il vigore riformista di alcune proposte. La maggioranza cade sull’indisponibilità dei nostri alleati a affrontare il superamento di sé stessi (come hanno fatto Ds e Margherita) per il bene della democrazia italiana. L’ostinazione del voler mantenere il sistema bloccato dal diritto di veto di partiti unipersonali o quasi ha prevalso sulla generosità di una profonda riforma. Sul secondo punto c’è stato il fallimento. Ad una azione di governo ammirevole in una situazione così difficile corrisponde un divorzio grave con l’opinione pubblica. Ne sappiamo la ragione principale e non possiamo nasconderla a noi stessi e all’opinione pubblica. L’immagine di una compagine litigiosa ed inaffidabile, la continua essa in discussione delle decisioni di governo appena assunte, i ministri in piazza a protestare contro le politiche governative, una continua azione di intorbidamento della chiarezza della linea del governo. Paradigmatica la vicenda del protocollo del welfare: approvato da un referendum a cui hanno partecipato 5 milioni di lavoratori, successivamente parzialmente svuotato e indebolito nella percezione dell’opinione pubblica in un contorto processo di approvazione. Dalla consapevolezza di questi limiti occorre impostare le scelte strategiche della campagna elettorale ed è persuasiva la linea netta proposta da Veltroni e fatta propria da tutto il partito dopo qualche iniziale incertezza. A me sembra che dovremo lavorare nel tempo breve che ci è dato attorno a tre grandi questioni. La prima riguarda la capacità di far riamare la politica e il valore dell’impegno democratico. La politica da problema deve tornare ad essere percepita dagli italiani come leva potente per cambiare in meglio l’Italia, per reagire a quella sensazione di declino che si basa sulla mancanza di una visione condivisa, di punti di appoggio su cui orientare anche le scelte individuali di ognuno di noi. Qui dentro ci stanno tante cose. Il lavoro radicale per mettere in piedi un sistema istituzionale più efficiente e più capace di produrre decisioni. Di là la soluzione dell’uomo solo al comando, di qui l’idea che occorra un sistema di regole rigorose, per l’efficienza delle istituzioni, il loro sfoltimento, processi decisionali certi nei tempi. Il recupero della reputazione della politica, sapendo che il libro “la casta” resta nelle librerie di più di un milione di italiani che se lo rileggeranno in campagna elettorale e che le provocazioni di Grillo continuano a correre sul web. E quindi ancora il tema dei costi e della sobrietà della politica, del pieno rispetto della legalità e dell’etica pubblica. Di qui scelte rigorose sulle candidature, impegni certi per intervenire più radicalmente sugli sprechi della politica, di là i Barbato e i Cuffaro nelle liste della destra. I due riferimenti del discorso di Torino al Lingotto e di quello di Spello offrono le basi per una ricetta programmatica. Non da soli, ma liberi di far emergere con nettezza il progetto paese. L’idea della crescita come valore, una crescita che porta con sé la capacità di affrontare le due sfide che la nuova fase dell’economia globalizzata ha dimostrato di non essere capace di risolvere senza l’aiuto della politica: la giusta distribuzione della ricchezza e la parità delle opportunità, con un ascensore sociale bloccato e una alleanza forte tra sviluppo e ambiente. Occorre qui essere consapevoli di come è cambiata la società italiana e di come innovative siano le necessarie risposte. Quanto dibattito ideologico sulla famiglia…Poi vediamo i dati. L’età media del matrimonio è di 33 anni per i maschi e di 30 per le femmine, 3 anni in più in soli 5 anni. Sempre in 5 anni sono quasi raddoppiate le nascite fuori dal matrimonio, che toccano ormai il 17% del totale. Nel 1990 l’Istat prevedeva nel 2008 4 milioni di persone in età lavorativa in meno di quante ne abbiamo oggi. L’intensità dell’ondata migratoria regge lo sviluppo del paese, con problemi conseguenti. Risposte nuove per un’Italia nuova. Infine c’è un tema che riguarda in particolare le nostre responsabilità di Partito Democratico del Veneto: la capacità di sviluppare un discorso e proposte convincenti sulla “questione settentrionale”. Ne parleremo in una prossima occasione, stiamo riflettendo con i colleghi di Lombardia e Piemonte per alcune iniziative congiunte su questo tema. Ricordo appena che ci aspettano anche due rilevanti impegni amministrativi con il rinnovo dei consigli comunali a Vicenza e a Treviso. Mi sto battendo perché si comprenda che l’election day, certamente giustificabile sotto il profilo dei costi, tuttavia altera il senso della competizione amministrativa attratta inevitabilmente dalla dimensione politica. È proceduto in queste settimane il processo di consolidamento territoriale del partito. La tornata di elezioni per la formazione dei coordinamenti dei circoli e dell’integrazione dei coordinamenti provinciali ha visto una elevatissima partecipazione che si è attestata dovunque sopra al 40% della partecipazione alle primarie del 14 ottobre, con alcune punte addirittura superiori al 80%. Ha ben funzionato una rete informale di comunicazione, in parte trascinata dai candidati; la crisi di governo non ha depresso il nostro elettorato ma lo ha motivato ad un rinnovato impegno. Un ringraziamento va ai coordinatori provinciale ed ai loro collaboratori, ai volontari che hanno sostenuto il peso di questa tornata elettorale. Punti di difficoltà registrano le province di Rovigo e Treviso, in cui la contrapposizione politica ha raggiunto livelli francamente sproporzionati alla materia del contendere. A Rovigo un ricorso ha comportato un rinvio dell’election day di tutta la provincia mandando a vuoto un rilevante lavoro organizzativo, con un grave danno di immagine per tutto il partito. Ricorsi sono in corso anche a Treviso. Devo richiamare tutti al senso di responsabilità in una fase ormai di campagna elettorale. Oggi provvedo a comunicare al Coordinamento Regionale la composizione dell’esecutivo. Abbiamo fatto la scelta di una prima fase costituente ma ora anche per l’urgenza della campagna elettorale dobbiamo dare una maggiore solidità al partito. Ho composto l’esecutivo utilizzando alcuni criteri, quello della competenza innanzitutto, la rispondenza alla realtà politica del partito, senza farmi rinchiudere in un eccesso aritmetico, e di questo sono grato alle diverse componenti che mi hanno lasciato molta libertà, ho osservato pienamente il principio della parità di genere. Vi è un giusto mix tra esperienza e innovazione: metà dei componenti dell’esecutivo non hanno precedenti esperienze di impegno negli organi dirigenti dei partiti. Tutte le province sono rappresentate, ho ritenuto necessario coinvolgere i due segretari uscenti dei partiti fondatori ed ho chiesto ai responsabili delle strutture giovanili dei due partiti la designazione di due giovani donne, confermando una scelta di attenzione ed investimento sul mondo giovanile. Ho articolato l’esecutivo in tre grandi comparti. Uno riguardante i dipartimenti finalizzati alla strutturazione della macchina partito, un secondo sulle grandi aree tematiche ed un terzo su singoli progetti strategici riguardanti “nicchie” della organizzazione sociale su cui il Partito Democratico desidera investire idee e risorse. All’esecutivo si accompagna l’insediamento di ulteriori Forum, in particolare cito quello riservato al tema “Fisco, impresa, pubblica amministrazione” coordinato da Giuseppe Bortolussi e uno sull’Energia coordinato da Matteo Segafredo, ambedue significative personalità della società civile che fanno un atto di fiducia nei confronti del Partito Democratico. Ci attende ora il periodo breve ma impegnativo di formazione delle liste. Dei 22 parlamentari eletti nel Veneto che avevano aderito ai gruppi dell’Ulivo 2 (Baratella e Trupia) hanno aderito ad altri gruppi e 5 (Lusi, Ronchi, Serafini, Morando, Gozi) erano parlamentari di altri territori. Degli uscenti 9 sono di prima legislatura e nessuno rientra nelle previsioni di impossibilità di candidatura secondo i limiti della bozza di statuto approvato dalla Commissione nazionale. Dovremo incominciare a darci alcuni criteri generali di orientamento. Penso che si debba partire da una valutazione degli uscenti e delle possibilità di una ricandidatura, una difesa forte del vincolo di territorialità, di una presenza molto più forte di donne, di un innesto di esponenti nuovi dei mondi vitali della società veneta. Dobbiamo affrontare con attenzione il tema della modalità di formazione delle liste. C’è ben presente nel nostro elettorato una domanda forte di partecipazione a questo processo. Faremo un gravissimo errore a sottovalutarla,, la partecipazione è un fatto costitutivo del PD. C’è una grande responsabilità del gruppo dirigente nel trovare nel brevissimo tempo disponibile soluzioni adeguate. Occorre evitare che la tecnicalità prenda il sopravvento sulla domanda politica, prosciugando i processi partecipativi e viceversa che l’ambizione politica non si misuri con i limiti oggettivi temporali e organizzativi. La strada maestra con le ordinarie scadenze elettorali era molto chiara e già abbozzata nei gruppi di lavoro sullo statuto. Primarie di circoscrizione con regole definite: svolgimento qualche mese prima delle elezioni, regole per le candidature, per la campagna elettorale, garanzie da inquinamenti esterni, ecc. Una quota predefinita riservata alle segreterie politiche per i necessari riequilibri di genere, territoriali, di componente, inserimento di vere personalità nazionali, ecc. Questo oggi non è possibile. Le liste vanno depositate nei primi giorni di marzo. Nell’immaginare il percorso possibile dobbiamo tener presente due vincoli. Le regole devono essere regole nazionali. I risultati della consultazione devono essere riconosciuti e rispettati da Roma e ciò può avvenire solo concordando una linea condivisa. Possiamo immaginare una base provinciale di consultazione, con un vincolo certo: nessun nome scelto dai livelli superiori al di fuori dei nominativi individuati dai territori, salvo i nomi riservati alla segreteria nazionale. Chi si consulta? Le elezioni per i circoli hanno segnato una estrema variabilità rispetto agli elettori del 14 ottobre, non sono mancati episodi di inquinamento di elettorato estraneo al PD di cui bisogna tener conto. Potremmo pensare di fare ricorso alla platea molto vasta di qualche migliaio di grandi elettori eletti in questi giorni. Vi sono diverse ipotesi possibili vediamo di valutarle in un rapporto di fiducia con gli organi nazionali e con un senso di responsabilità collegiale. In ogni caso è importante fare dei decisivi passi in avanti rispetto alle procedure inaccettabile del 2006 e certamente il PD si distinguerà dagli altri partiti per una maggiore dose di coraggio anche in questa occasione. Ci attendono giorni impegnativi. Affrontiamoli con il necessari ottimismo della volontà. Si può fare: i sondaggi registrano un elettorato in grande movimento e con grandi e positivi segnali di attenzione per il PD. Se lavoreremo bene sulle liste e sulla campagna elettorale, con quel senso di responsabilità e di coesione che coi chiedono i nostri elettori i risultati potranno essere entusiasmanti.
    Fonte: partitodemocraticoveneto.org | vai alla pagina
    Argomenti: partito democratico, elezioni politiche 2008, veneto | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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