Ti trovi in Home  » Politici  » Gianfranco FINI  » «Pier non sopportava più Silvio. Veltroni il nuovo? Ci sta copiando» - Intervista

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Gianfranco FINI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: AN) 


 

«Pier non sopportava più Silvio. Veltroni il nuovo? Ci sta copiando» - Intervista

  • (18 febbraio 2008) - fonte: Corriere della Sera.it - Paola Di Caro - inserita il 18 febbraio 2008 da 31
    «Sulla lista Ferrara ho perplessità. L'apparentamento però è possibile perché è un soggetto nuovo» ROMA — Casini ha detto a Berlusconi che non è «in vendita». Lei, onorevole Fini, si sente comprato? «Lasciamo perdere. Dopo 14 anni di alti e bassi, il motivo di questa rottura è incomprensibile, se non per ragioni di visibilità e di sopravvivenza del simbolo. Perché tra Udc e Pdl non c'è stata una sola divisione su programma, temi etici, scelte internazionali, nulla». Crede davvero che si possa rischiare di non tornare in Parlamento solo per una esigenza di visibilità? «Credo che il divorzio con l'Udc, lo ha detto lo stesso Casini, dipenda da un forte contrasto personale: non sopportava più Berlusconi». Casini ha detto che non crede più che Berlusconi possa essere «utile all'Italia », ma anche lei è stato molto critico sulla leadership del Cavaliere. «Sarebbe sciocco negare che abbiamo avuto polemiche anche aspre, soprattutto alcuni mesi fa». Lei disse che non avrebbe sciolto An per entrare in un partito nato su un predellino a San Babila. «Ma la realtà è diversa da allora. Perché Berlusconi ha detto sia a me sia a Casini — e io ho detto sì e Casini no— "Lasciamo da parte San Babila, facciamo insieme una lista, i gruppi parlamentari, costruiamo insieme regole e gerarchie di un nuovo partito". È cosa ben diversa dal dire "ecco il partito nuovo, chi vuole entri"». Deciderlo in una notte, però... «Una notte? Per noi il processo è iniziato nel '99, con il sostegno al referendum per l'abolizione della quota proporzionale, è proseguito l'anno scorso, con la raccolta di firme per l'ultimo referendum, ha avuto momenti pubblici come la manifestazione del 2 dicembre. In certi momenti sembrava una prospettiva scomparsa, in altri riappariva. Ma l'importante è avere una strategia di lungo periodo». Come spazza via il sospetto di aver traghettato An nel Pdl solo per arrivare alla leadership del centrodestra? «Siccome il mio obiettivo non è quello che mi viene attribuito, sono insensibile all'accusa». Qual è il suo obiettivo? «Quello per cui ho fatto An, scelta di cui rivendico la coerenza anche nell'accenno all'approdo nel Ppe già presente nelle tesi di Fiuggi: unire in un unico soggetto politico la tradizione alternativa alla sinistra. È lì che comincia la lunga marcia della destra italiana. E credo che in una politica in cui si è ecceduto in tatticismo, il senso di marcia di An non sempre è stato capito». Intanto l'Udc va da sola, e dai vertici dalla Cei era partito l'invito a stare uniti. «L'invito era partito dal direttore di Avvenire. E vorrei ricordare che sono stati l'attuale e il precedente Pontefice a dichiarare finita l'unità politica dei cattolici. Oggi ce ne sono di impegnati politicamente quasi in tutti gli schieramenti. E il Pdl difende con intensità valori e programmi cari ai cattolici». Però, con l'addio dell'Udc, avete due problemi: il primo è che dovrete affrontare una campagna incentrata sull'accusa di esservi schiacciati a destra. «Quello dello schiacciamento a destra è un argomento molto debole: Storace che rimprovera di essere troppo centristi fa pendant con l'accusa contraria... Quanto ai voti, uno schieramento del 40% non può essere di "destra", e una forza come FI è ardito non definirla di centrodestra. E poi, basta con queste vecchie definizioni di destra e sinistra: guardiamo piuttosto agli schieramenti nei contenuti». Il secondo problema è che dovrete contendere i voti centristi all'Udc. «Non sarà agevole per l'Udc spiegare come si uniscono gli italiani se non si riesce nemmeno a riunire le forze che si richiamano al centro... Ma saranno gli italiani a semplificare il quadro politico, scegliendo la governabilità ». Non sarà agevole nemmeno giustificare perché con la lista di Ferrara si può fare un apparentamento e con l'Udc no. «Perché è un soggetto nuovo, che non esisteva prima. In ogni caso, io ho una perplessità personale sulla necessità di una lista che faccia riferimento a un tema specifico come l'aborto: sono contrarissimo all'aborto, ci mancherebbe, ed è giusto che la politica si occupi anche di questioni etiche. Ma trovo riduttivo affrontare un tema così drammatico con una lista ad hoc ». Chiusa la partita all'interno del centrodestra parte quella contro Veltroni. Molti osservatori hanno l'impressione che voi stiate inseguendo il leader del Pd sul terreno della novità politica, del programma. «È Veltroni che sta pateticamente scimmiottando Berlusconi. Nel suo programma ci sono affermazioni come la promessa di abbassare le tasse che sono incredibili se fatte a una platea in cui siede Visco, e dall'ex sindaco della città con le imposte più care d'Italia. E gli annunci sullo sviluppo delle infrastrutture, sull'aumento degli stipendi ai poliziotti? Tutte cose dette, con altra credibilità, da noi prima di lui». Però Veltroni le dice da leader di un partito nuovo che ha rotto con lo schema dell'Unione. «Il suo non è il nuovo, è nuovismo. È un tentativo di segnare la discontinuità con quello che c'era prima. Ma ad ascoltarlo sabato c'era Prodi, c'erano quattro quinti dei ministri dell'attuale governo. Il suo nuovo somiglia a quella cipria che le vecchie signore mettono sul viso per tentare di nascondere le rughe». Ma lei che fu il primo ad invitare Berlusconi a non sottovalutare Veltroni, oggi crede davvero a una vittoria facile? «È vero, io dissi "attenti, Veltroni sta facendo delle cose per stato di necessità, però le fa". E non credo che sia battuto in partenza, perché nessuno lo è. Però credo anche che la gente punirà l'incoerenza di rompere con la sinistra radicale in sede nazionale per poi stringerci accordi non in una città qualunque, ma a Roma. E credo che la sua continua ricerca di suggestioni sia un modo per inseguire Berlusconi su un terreno sul quale è impossibile raggiungerlo: l'evocazione di un sogno, di una speranza». Vi sentite sicuri tanto da non aver ancora opposto nulla a candidature di peso ed evocatrici del nuovo come quelle su cui sta puntando Veltroni? «Noi non siamo sicuri, siamo ottimisti. E sulle candidature, lo dico con rispetto per queste persone, non abbiamo bisogno di specchietti per le allodole, perché a differenza loro quando diciamo "meno tasse, più infrastrutture, più innovazione" siamo credibili. Peraltro, candidando da Colaninno all'operaio della Thyssen si dà una visione datata della società italiana, che non è solo operai e padroni perché 8 lavoratori su 10 vengono da altre categorie, dal ceto medio, dal popolo delle partite Iva». Presidente Fini, ma se finisse come con Prodi, con un quasi pareggio, lei direbbe sì a una Grande coalizione? «Io credo che saranno gli elettori a impedire che si ripeta un film già visto, dando proprio nelle regioni dove sono prevedibili dei testa a testa voti utili alla massima governabilità, e ciò favorirà Pd e Pdl. La semplificazione ci sarà, e sarà nelle urne».
    Fonte: Corriere della Sera.it - Paola Di Caro | vai alla pagina
    Argomenti: casini, pdl, elezioni politiche 2008, lista ferrara | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (0)


Per scrivere il tuo commento devi essere loggato