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Dichiarazione di Franco Frattini

Alla data della dichiarazione: Vicepres. Commissione EU  (Partito: FI) 


 

Ma l’Italia c’è ancora in Europa? - Intervista

  • (20 febbraio 2008) - fonte: Liberal - Maria Maggiore - - inserita il 20 febbraio 2008 da 31
    Colloquio con Franco Frattini - Visto da Palazzo Berlyamont, a Bruxelles, «il declino dell’Italia è molto più profondo delle immagini dei rifiuti», della corruzione o delle inchieste giudiziarie di cui parlano i giornali di tutto il mondo. Quelli sono fattacci che «capitano in tutti i Paesi». Ma «il nostro ritardo in Europa, in termini di posti-chiave, capacità di lobby e di leadership è molto più radicato». Parola del Vice-Presidente della Commissione europea Franco Frattini. Che avverte i suoi compagni di centro-destra. «L’Europa, d’ora un poi, deve salire in cima alle priorità di governo». Vice-Presidente Frattini, mi scusi, ma le montagne d’immondizia, gli arresti e le dimissioni eccellenti, i governi che si formano e cadono come nelle montagne russe, tutto questo è normale?No, certo che no. Negli ultimi otto-dieci mesi siamo riusciti a moltiplicare un’immagine negativa dopo l’altra. Ma anche negli altri Paesi succedono cose terribili, su cui i media del mondo speculano. Pensi al Belgio, che non è riuscito a formare un governo per sei mesi. La stampa francese aveva sentenziato che il Paese era ormai morto. In Europa c’è ormai una competizione molto forte tra paesi membri, proprio perchè ci stiamo integrando sempre di più. In un mercato unico non ci possono essere né privilegi né trattamenti privilegiati, perciò la competizione virtuosa si fa anche sottolineando posizioni di debolezza di questo o quel Paese. Il declino dell’Italia in Europa è solo passeggero?No, purtroppo è un problema serio. L’Italia non è in grado di fare sistema a Bruxelles, di montare una strategia per inviare in Europa i migliori funzionari. Ho cercato di capire il nostro ruolo a Bruxelles incontrando rappresentanti di imprese, sindacati. Ma al di là di incontri e eventi specifici, non c’è una strategia d’insieme per decidere come muoversi. Altri paesi ce l’hanno. In alcune rappresentazioni permanenti, come quella francese o spagnola, c’è una persona incaricata a tempo pieno di seguire la carriera dei funzionari di quel Paese. E da noi?Sta scherzando? Quando sono arrivato quasi quattro anni fa ho voluto incontrare i nostri funzionari. Li ho riuniti tutti insieme. Mi sono interessato delle loro carriere. E loro mi hanno guardato come se venissi dalla luna, perchè nessuno l’aveva mai fatto. Il divario fra Paesi come la Francia e la Germania che hanno 28 direttori alla Commissione europea e l’Italia che ne ha 15, è vistoso. La responsabilità è di un governo piuttosto che di un altro?No, destra e sinistra hanno fatto lo stesso errore di non investire in funzionari internazionali per un periodo che va dagli anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90. La gente non studiava le lingue, non voleva spostarsi e, sbagliando, si preferisce tenere i migliori funzionari nei Ministeri invece di mandarli in posti chiave a Bruxelles. Oggi abbiamo una generazione di funzionari, ormai prossimo alla pensione, con un grado elevato, una generazione di giovani funzionari eccellenti, mentre c’è una scarsissima presenza di funzionari di 45-55 anni, che rappresentano il core-business del potere istituzionale nella Ue, i direttori e i capo unità. Agli italiani piace insomma stare a casa? È il sistema che non ha favorito gli spostamenti. Le faccio un esempio: quando sono stato ministro della Funzione Pubblica dal 2001 al 2002 ho proposto una legge che consente al funzionario italiano di andare in un’istituzione internazionale per qualche anno e poi tornare, salvaguardando quindi il proprio posto. Prima del 2002 non si poteva fare. Se uno partiva all’estero, perdeva il lavoro, doveva dimettersi. Non esisteva una legge. Ebbene, sa quanti funzionari hanno beneficiato di questa legge in otto anni? Tredici, solo tredici! E negli anni in cui Romano Prodi è stato a capo della Commissione europea, questo ritardo è stato recuperato?No, direi anzi che è peggiorato! Da quando sono arrivato, abbiamo fatto qualche piccola operazione di recupero, facendo nominare per esempio un vice-direttore aggiunto nella direzione di Almunia per gli affari economici. Ma occorre lavorarci ancora perchè c’è un atteggiamento per cui se l’Italia propone qualcuno, sembra che voglia oltrepassare le regole del «politically correct», se lo fanno altri è assolutamente normale e bisogna ascoltare. Quindi c’è ancora un pregiudizio anti-italiano? Altrochè. Chi comanda a Bruxelles, sempre la coppia-franco-tedesca? Non solo. Gli inglesi hanno una straordinaria capacità di penetrazione e comunque portano persone di grande valore. Io stesso ho un direttore generale inglese che sarà difficilissimo sostituire. E i Paesi dell’Est? Stanno marciando alla velocità del suono. Arrivano con qualità professionali ottime, parlano correntemente tre lingue – inglese, francese e tedesco- oltre alla loro lingua madre. Ragionano come gli americani, possono lavorare quattro anni a Bruxelles, poi si spostano a Vienna poi tornano a Varsavia. Nel 2008 verranno attribuite delle poltrone importanti, come i presidenti dell’Unione e della Commissione e il ministro degli esteri. Al vertice di primavera, il prossimo 13 marzo, si parlerà dei candidati. Ma il nostro governo arriva in piena campagna elettorale. Abbiamo qualche chance? Dubito che l’Italia possa correre per una di queste poltrone. Intanto si sta trovando una convergenza in Europa intorno all’attuale Presidente Barroso a cui si riconosce piena legittimazione ad aspirare a un secondo mandato. Poi c’è il problema del Presidente dell’Unione, che deve prendere funzioni dal primo gennaio 2009, quindi prima di elezioni europee di giugno e dell’alto rappresentante della politica estera con il nuovo doppio cappello di vice-presidente della Commissione. È chiaro che si farà un pacchetto e la presidenza francese (luglio-dicembre 2008) intende giocare un ruolo di coordinamento per queste nomine. Ecco, proprio il Presidente francese Nicolas Sarkozy sponsorizza apertamente Tony Blair a capo dell’Unione. Ma questo presidente avrà dei poteri reali d’indirizzo, oltre a fornire quel numero di telefono dell’Europa che chiedeva, tanti anni fa, Kissinger?Dipende da chi sarà nominato. Se sarà un presidente fortemente politico, come Blair, avrà capacità d’indirizzo e di coordinamento. Ma i governi decideranno. Se sarà un ottimo conoscitore delle istituzioni e un grande europeo, come il primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker, avrà un ruolo più penetrante nei dossier. Ma siamo ancora lontani. Arriveremo a una scelta verso la fine dell’anno. Romano Prodi potrebbe occupare un’altra carica europea ? Non lo so, ma di solito chi è stato Presidente della Commissione europea ha difficoltà a riinserirsi. E lei, ha deciso se abbandonare il cappello europeo per la campagna elettorale?Rifletterò fino alla metà di marzo e poi deciderò se sospendermi dall’incarico europeo per il tempo della campagna, come ha fatto il mio collega belga Louis Michel l’anno scorso. In tema di campagna elettorale, in quanto tempo si recupera il ritardo dell’Italia in Europa? Sei mesi, un anno, cinque anni?Dipende dalla priorità che il nuovo governo attribuirà ai temi europei. Il Popolo delle Libertà deve piazzare l’Europa al primo posto, per recuperare credibilità europea, indispensabile per il nostro Paese, ma anche per poter beneficiare della strategia di crescita che rientra nel Patto di Lisbona. Insomma, per essere nella e della partita. Il 2008 sarà anno della ratifica del Trattato di Lisbona. E poi? La ratifica per l’Italia deve essere una priorità assoluta. Poi, dobbiamo agganciare la cresita, se ci sarà, e non rimetterci troppo se arriverà una recessione dagli Stati Uniti. L’Italia deve insomma rimanere nella media dei Paesi virtuosi.
    Fonte: Liberal - Maria Maggiore - | vai alla pagina
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