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Dichiarazione di Riccardo ILLY

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Friuli Venezia Giulia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE))  - Consigliere Regione Friuli Venezia Giulia (Lista di elezione: CEN-SIN(LS.CIVICHE)) 


 

«Al Nord la secessione sa ancora sedurre» - Intervista

  • (13 marzo 2008) - fonte: Corriere della Sera - Gian Antonio Stella - inserita il 13 marzo 2008 da 31

    «Per quanto ancora il Nord potrà resistere alla tentazione secessionista?».

    La domanda, che farà venire l'orticaria a parecchi, non è lanciata da Bossi, Maroni o Calderoli. A lanciare l'allarme è un governatore del centrosinistra. Che guida una giunta con dentro (sia pure in posizione secondaria) Rifondazione e che marcò nel 2003 la sorprendente conquista del Friuli-Venezia Giulia: Riccardo Illy.
    Secondo il quale c'è un solo modo per definire come la politica affronti le svolte epocali di questi anni: «Autismo».
    Non fa sconti a nessuno, l'imprenditore del caffè di origine ungherese e di cultura valdese che per otto anni fu sindaco di Trieste.

    E nel libro Così perdiamo il Nord, curato per Mondadori da Enzo d'Errico e in libreria da martedì prossimo, parte da dato: «Una recente indagine, il Rapporto sugli orientamenti civici del Nordest, condotta nell'ottobre 2007 dalla società Demos & Pi per conto della Fondazione Nord Est, dimostra che meno di una persona su tre esprime fiducia nei confronti dello Stato (31%), meno di una su cinque si fida del Parlamento (19%) e soltanto una su dieci apprezza i partiti (9%)».

    Certo, davanti a tanto disincanto, «è lecito domandarsi quante persone andrebbero oggi in piazza a manifestare per la secessione: certamente meno di un tempo».
    Guai, però, a chi pensasse che, «siccome la Lega sembra ormai incanalata in un alveo istituzionale, il sentimento di ribellione che ne ha favorito la nascita e la crescita sia domato».


    Di più: «se lo spettro della secessione è rimasto tale, paradossalmente lo dobbiamo proprio al Carroccio, che ha offerto una valvola di sfogo al disagio dei cittadini, costruendo dal nulla una "mitologia" politica che, per quanto rozza e grossolana, è riuscita a incanalare la rabbia del Nord nell'alveo istituzionale, disinnescando una bomba che altrimenti avrebbe potuto esplodere».
    Ma attenzione: oggi «la tentazione secessionista rischia di sedurre nuovamente le regioni più ricche del Paese. E stavolta non sulla base d'una sconnessa rivolta emotiva, ma di una concreta (e dunque ben più pericolosa) convenienza economica determinata dai mutamenti europei».

    La tesi di Illy può piacere o non piacere. Ma è chiara: c'è «una parte del Paese, il Nord, che "vive" in Europa e l'altra, il Sud, che la "abita"».

    Siamo circondati, dice il governatore.
    «Siamo» chi?
    «Quando dico "noi" parlo delle energie migliori che albergano nei due schieramenti, di quelle intelligenze "laiche" decise a confrontarsi sul terreno delle proposte concrete senza incatenarsi necessariamente al vincolo delle appartenenze».
    Quanto agli assedianti, sono i Paesi europei che corrono più di noi, fanno scelte più nette, hanno più consapevolezza di quanto sta accadendo.
    L'Austria che ha ridotto le imposte sul reddito d'impresa dal 34% al 25% e introdotto un'ulteriore tassazione agevolata sull'utile non prelevato e una diminuzione degli oneri sociali per i lavoratori più anziani.
    Risultato: il costo del personale è inferiore a quello italiano».

    La Slovenia dove «il Pil cresce del 7%» e c'è «un costo del lavoro di un terzo inferiore a quello italiano e il reddito d'impresa tassato al 22%».
    O ancora l'Estonia che poco più di tre lustri fa era ancora sotto l'Unione Sovietica e oggi, dopo una prodigiosa rimonta grazie alla detassazione degli utili reinvestiti, «è uno dei Paesi più innovativi e all'avanguardia nell'applicazione delle nuove tecnologie: l'impiego dei telefoni cellulari per il parcheggio, per l'acquisto dei biglietti per l'autobus e per le transazioni bancarie è all'ordine del giorno».
    Per non dire dell'Irlanda che «dal 1996 al 2005 ha in pratica raddoppiato il Pil pro capite» e nella fascia tra i 25 e i 34 anni ha il triplo (37 contro 12%) dei nostri laureati.
    Come possiamo tenere il passo accumulando ritardi decennali sulle ferrovie, sulle autostrade, sulle fonti energetiche, nella scuola, nelle università?

    Il governatore lo sa, che tante cose non piaceranno alla sinistra tradizionale. E solleveranno perplessità anche nel Pd al quale, peraltro, ha deciso di non aderire per mantenere il ruolo di indipendente.
    Ma lui, che rivendica di non essere mai stato un minuto a destra, ne è convinto: una sinistra moderna deve prender di petto la realtà in maniera diversa.
    Capire che «decurtando le imposte sull'impresa, lo Stato in realtà fa un investimento» perché «punta sul futuro per ottenere una quantità di tributi superiore grazie alla crescita dell'impresa stessa e dell'economia nel suo complesso ».

    Riconoscere che un conto è il precariato («Il nemico più insidioso del valore e della dignità del lavoro») e un altro la flessibilità e che piuttosto che tornare alle ingessature è meglio «varare un'indennità di disoccupazione» con «una cifra di gran lunga superiore all'elemosina erogata attualmente » ma «a patto che il beneficiario segua appositi corsi di formazione professionale e accetti il lavoro che alla fine gli viene offerto».
    E poi varare una riforma vera delle pensioni («Abbiamo abbassato la soglia a 58 anni, quando la media europea è di 65») tenendo conto che l'aspettativa di vita si è alzata enormemente ed è immorale caricare tutto sulle spalle dei giovani, tanto più che il loro salario d'ingresso negli ultimi anni è drasticamente calato.

    E poi ancora un mucchio di altre cose.
    Avendo chiaro un punto: la classe dirigente deve affrontare la sfida della modernità e riconquistare la fiducia dei cittadini puntando sul federalismo come «scelta necessaria e non soltanto un'opzione fra le tante o, peggio, un trucco per addomesticare il malcontento ».

    Altrimenti secondo Illy (che pure usa parole rare a sinistra dicendo d'avere «stima» per vari esponenti della Lega, cosa che farà inorridire parte dei compagni di strada) il Nord sarà perduto.
    E consegnato «nelle mani di un localismo gretto e asfittico».

    Ed è lì che il presidente friulano lascia cadere la domanda più politicamente scorretta: in questo contesto di «autismo» della politica, «perché le regioni settentrionali devono finanziare, senza un'adeguata contropartita, i costi (nel settore della sanità, sarebbe più giusto dire "gli sprechi") delle regioni centro-meridionali? ».

    C'è chi lo accuserà di essere un «leghista senza Lega», chi di lisciare il pelo agli egoismi degli elettori settentrionali.
    Ma una cosa è certa: «È una miccia consumata, prossima ormai all'esplosivo».

    Fonte: Corriere della Sera - Gian Antonio Stella | vai alla pagina
    Argomenti: rendite finanziarie, economia, spesa pubblica, federalismo fiscale, pd, questione settentrionale, Lega Nord | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 14 giugno 2008 da 2764
    Il commento che mi sorge spontaneo non è tanto di merito, quanto pormi la seguente domanda: "ma perche' Stella è cosi' arrabbiato con il nord? in questi ultimi anni pare impegnato a sputtanare il nord e la lega nord. Perche' lo fa? proviamo a fare un'analisi. Ci sarebbero a mio parere 3 possibilita': 1)Stella , in gioventu' o in una vita precedente era convinto che i settentrionali fossero perfetti. Poi crescendo ha imparato che anche noi non siamo proprio dei santi ed allora, avuta la consapevolezza di aver perso tempo, cerca di riguadagnarlo accusandoli di ogni misfatto.Ma Stella, se sei amante delle statistiche vai nelle carceri del nord e guarda quanti sono settentrionali..basta leggere i cognomi dei reclusi e ti accorgerai che sono veramente pochini.Dai, non violi la privacy ed in piu' è diventato politically correct. 2)Stella non ha autonomia professionale e deve rendere conto a qualcuno piu' importante della propria coscienza professionale. Spero per noi non sia cosi'. 3)Stella voleva fondare la lega nord ma è stato battuto sul tempo da Bossi..e non gliel'ha mai perdonata. Sul libro di Illy che dire, è un buon libro che qualunque persona di buon senso e scevra da condizionamenti non puo' che condividere. Enrico

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