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Dichiarazione di Valter VELTRONI


 

"Berlusconi? Non ha più voglia. Punta a vincere non a cambiare il Paese." - Intervista

  • (13 marzo 2008) - fonte: Il Gazzettino ed. naz.le - inserita il 13 marzo 2008 da 31

    Sabato il sindaco di Venezia Massimo Cacciari ha parlato di federalismo, ieri quello di Padova Flavio Zanonato ha insistito sul tema: lei invece su questo argomento nel suo tour a Nordest non si è espresso. Teme che parlando di federalismo possa perdere voti al Sud?
    «Assolutamente no. Il fatto è che questo e altri argomenti sui quali si è parlato troppo, e ai quali non sono corrisposti dei fatti, finiscono per perdere il loro significato reale. Sono convinto che dobbiamo fare un passo avanti soprattutto sul piano del federalismo fiscale. In sede parlamentare si è fatto un grande lavoro sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, e siamo veramente a un passo dal trovare una soluzione definitiva. Il federalismo fiscale è la soluzione alle esigenze di molte aree del paese nelle quali si ritiene che producendo e avendo bisogno di servizi, questo possa avvenire più ragionevolmente non attraverso la logica dei trasferimenti ma attraverso quella della permanenza delle risorse e delle compartecipazioni. Ho fatto l'esempio della struttura che si è fatta in Lombardia per quanto riguarda le opere pubbliche, e penso che si debba fare qualcosa di analogo per altri settori. Il federalismo deve smettere di essere un'ideologia e deve diventare una serie di decisioni pratiche. Si è sciaguratamente accompagnato in certe manifestazioni politiche alla parola secessione, e questo ha fatto enormemente male al federalismo e ha evocato spinte di alcuni comuni orientati con il voto referendario ad andare in altre regioni. Se si ideologizza una cosa razionale e moderna come il federalismo e lo si brandisce politicamente, diventa una cosa estremamente rischiosa. Deve invece essere una delle nuove forme di organizzazione di uno stato moderno ed efficiente. Il mio governo farà immediati passi avanti in questa direzione».
    Se dovesse spiegare a un cittadino cosa cambierà nella sua vita con il federalismo, cosa direbbe?
    «Che una parte delle risorse che produce restano nel suo territorio per pagare i servizi fondamentali. Al tempo stesso lo Stato si deve impegnare a fare un patto con una regione come il Veneto su alcune questioni, ad esempio quelle infrastrutturali, che sono le più urgenti. Ed è quello che chiede tra gli altri anche il presidente di Confindustria Veneto, Riello. Il cittadino deve toccare con mano che al suo impegno devono corrispondere servizi di dimensione, efficienza e qualità analoghi. Ciò non può avvenire che con il federalismo fiscale, naturalmente in un quadro di solidarietà nazionale. Per questo dico che è sciagurata la posizione di chi dice che il 90\% delle risorse deve restare qui: chi lo dice sa benissimo che non è possibile. Ma il rapporto tra ciò che si produce e la qualità dei servizi deve riallinearsi».
    È d'accordo anche su un federalismo variabile, che si applichi prima nelle regioni che sono già in grado di farlo?
    «Sì, come sono d'accordo sull'idea di Europa a due velocità. Se aspettiamo che tutti i Paesi si uniformino in alto, non ci arriveremo mai. Ma conta molto anche il contesto, il modo in cui si presenta questa questione al resto del Paese: se avverte che è una forma di divisione o di egoismo sociale, reagisce male. Se invece capisce che è una risorsa per tutti in un contesto che non finge di ignorare i problemi della finanza pubblica, e che può dare un risultato positivo per tutti, consente più facilmente la scelta di applicazione di un federalismo fiscale».
    Nel suo programma per quanto riguarda il federalismo si parla di "compartecipazioni dinamiche", e che ciascun territorio potrà completare il finanziamento dei servizi pubblici: con il debito che si ritrova l'Italia, non c'è il rischio che sia un metodo per trasferirlo ai Comuni?
    «Non è certo questa l'idea. Tra l'altro il debito è sceso al 103\% ed è una buona notizia, ma siamo ancora molto lontani dagli obbiettivi e anche per questo il federalismo fiscale è una tappa fondamentale. Compartecipazione dinamica significa verificare se per esempio incrementi dell'Iva che si determinano in una regione possono avere dei riscontri positivi sui dati del federalismo fiscale».

    La scelta del Governatore

    Il governatore del Veneto, Galan, ha accettato di candidarsi vincolando la sua presenza al fatto che nei primi cento giorni l'eventuale governo Berlusconi compia determinate scelte federaliste. A prescindere da chi vincerà, il federalismo è uno dei tavoli su cui aprire un confronto tra maggioranza e opposizione?
    «Essendo materia costituzionale, al pari delle altre deve essere sottratta al gioco maggioranza-opposizione. Centrodestra e centrosinistra hanno sbagliato a fare riforme a colpi di maggioranza. La costituzione non la cambia chi vince le elezioni: le regole del gioco si scrivono insieme, altrimenti finiamo a ricontare le schede come abbiamo fatto grottescamente per anni. Non si può continuare con tre senatori che contano più di milioni di persone. Penso che nella prossima legislatura l'opposizione, quale che sia, dovrà avere la presidenza di un ramo del parlamento, delle commissioni parlamentari, e penso che i leader debbano consultarsi su questioni di interesse generale per il Paese. Penso a una democrazia civile, in cui non ci siano urla e programmi strappati, ma una normale dialettica. Per quanto riguarda Galan, ho l'impressione di undejà-vu. Ha sostenuto la stessa cosa alle scorse elezioni. Inutile girarci intorno: si doveva candidare, e si è candidato. Una scelta non felice: o si fa il governatore o ci si candida al Parlamento. Ho letto le ipotesi sui ministri del governo Berlusconi: tutti volti noti, persone già viste all'opera. È la prosecuzione di un quindicennio non brillante, durante il quale l'Italia si è bruciata l'11 per cento di Pil in una logica di conservazione, di bipolarismo finto, in una logica di demonizzazione dell'avversario».
    Ma in questo periodo il centrosinistra ha governato per una buona parte...
    «Lo dico io per primo. Si sono fatte coalizioni nate l'una contro l'altra, di qua si andava da Mastella a Caruso, di là dalla Mussolini a Gianni Letta. Solo che noi abbiamo deciso di chiudere la collaborazione con la sinistra, mentre di là, dalla Mussolini a Gianni Letta sono rimasti in un solo partito. Noi siamo usciti dal quindicennio, non avremo il problema di assegnare un ministro alla Lega, uno ad An, e così via. Siamo un partito e potremo fare la nostra scelta riformista come Zapatero, Blair, Clinton».

    La sicurezza non ha colore

    In questi giorni lei ha detto basta con lo Stato indulgente. Ci dice almeno due iniziative in tema di sicurezza, che promette di realizzare nei primi cento giorni di governo?
    «Una è già pronta e riguarda la lotta alla pedofilia. È un fenomeno sottovalutato e che emerge solo quando la cronaca lo porta alla ribalta. Ci sono un migliaio di casi all'anno ed è una cifra inaccettabile. Abbiamo preparato un disegno di legge con un forte inasprimento delle pene, ma anche elementi di correzione: ad esempio il fatto che la prescrizione scatta al 18° anno di età della vittima, in modo che le violenze che avvengono in ambito famigliare possano essere denunciate dalla vittima anche quando è cresciuta. Poi ci sono altre tre grandi questioni: una è l'uso delle tecnologie. Con il wi-fi e il wi-max si può coprire senza violazione della privacy praticamente tutto il territorio. Vogliamo che qualsiasi cittadino si possa dotare di un piccolo strumento, una specie di portachiavi, tramite il quale se si trova in una situazione di pericolo entra in rete e il segnale arriva alle forze dell'ordine. Poi intendiamo indirizzare prevalentemente al Nord le 4.500 unità di polizia assunte con la legge Finanziaria del 2007. Infine c'è il problema della certezza delle pene: non è possibile che, come si è letto sui giornali nei giorni scorsi, un giudice ci metta 7 anni e 8 mesi per scrivere una sentenza e questo consenta a un gruppo di mafiosi di uscire di galera. Nei casi di pericolosità sociale devono scattare elementi di tutela dei cittadini».
    E devono scattare anche provvedimenti nei confronti dei magistrati?
    «In casi simili, sì. Non vi può essere un'area non criticabile e non punibile. Deve scattare una sanzione: non può essere che un magistrato si renda responsabile di una cosa simile. Tra l'altro, nella vicenda che ho ricordato, contro il magistrato era scattato un procedimento presso il Csm, che però non aveva avuto esito».
    È vero che state pensando a un provvedimento per una sorta di corsia privilegiata nei casi di reati particolarmente gravi?
    «Nel pacchetto sicurezza che sosterremo c'è l'attribuzione a un giudice monocratico dei processi su reati particolarmente efferati, per velocizzare i tempi della giustizia».
    Non crede che da parte della sinistra ci sia stata una sottovalutazione e un approccio ideologico del problema legato alla criminalità straniera?
    «Sì. Sono stato bersagliato di varie ingiurie per aver sostenuto il pacchetto sicurezza che il governo ha approvato. Deve essere garantita l'accoglienza degli stranieri che vengono in Italia per lavorare, e in questo la Bossi-Fini non ha funzionato come dimostra l'aumento dei clandestini; ma bisogna essere molto severi nei confronti di chi viene qui per fare altro. Non c'è giustificazionismo sociale che tenga: tra chi subisce un atto di violenza e chi lo fa, il più debole è sempre chi lo subisce. Bisogna applicare integralmente ciò che è previsto nel pacchetto sicurezza, che è molto importante e molto avanzato. Si è atteso troppo tempo prima di approvarlo. Penso che non sia una questione ideologica: ha sbagliato la sinistra e ha sbagliato certa cultura della destra ad animare un atteggiamento anti-immigrati. I reati sono reati, chiunque li compia: nessuna giustificazione, ma nessuna caccia agli immigrati».

    Le agenzie per gli stranieri

    Qual è la vostra proposta per la gestione dei flussi migratori?
    «Oggi per assumere una persona devo immaginare che questa stia a Manila e che là entri in possesso di un contratto di lavoro. È irrealistico, non funziona mai così. Noi vogliamo che ci siano agenzie accreditate, in Italia e con terminali nei Paesi di forte emigrazione, che svolgano la funzione di mediatori contrattuali. Più facile l'accesso per chi vuole lavorare, più duri nei confronti della clandestinità».
    E i Cpt resteranno aperti?
    «Non ho mai proposto di chiuderli, certo non devono essere luoghi disumani e mi auguro che un giorno non ce ne sia più bisogno. Ma i Cpt in Italia sono uno strumento necessario nel contrasto verso un fenomeno che non è certamente virtuoso come la clandestinità».
    Come si fa a rimandare a casa coloro che non hanno diritto di restare in Italia?
    «Il problema è di numeri. Da sindaco di Roma avevo segnalato sia al governo Berlusconi che al governo Prodi il fatto che dopo l'ingresso della Romania nell'Ue il flusso era diventato difficilmente governabile. Ma un po' le norme farraginose, un po' il numero delle persone, rendono molto difficili i rimpatrii. Perciò bisogna lavorare a monte. Ci sono anche gli accordi tra Stati: con Amato si sono fatti passi importanti, anche Pisanu aveva fatto cose buone, ma bisogna intensificare i rapporti bilaterali per il reingresso perché ancora con molti Paesi non ci siamo».

    Gli uomini e le poltrone

    Sulla stampa stanno uscendo le prime indiscrezioni su possibili ministri di un governo Berlusconi. Tra questi c'è l'amministratore delegato di Intesa San Paolo, Corrado Passera. C'è qualcuno non schierato con il PD che le piacerebbe avere come ministro?
    «È ancora presto per fare nomi. Vogliamo solo che si capisca che stiamo costruendo un partito nuovo: e la candidatura di Calearo con noi è il segno di qualcosa di cui ho avuto traccia in questi giorni. L'accoglienza è stata inusuale, quasi tutti si aspettavano il contrario. Come le candidature di Pietro Ichino, o di prefetti come Serra e De Sena, fanno parte di una idea nuova, di una forza riformista e democratica, che tiene uniti lavoratori dipendenti e autonomi, che superi le contrapposizioni artificiali introdotte per puro lucro politico. Mi interessa consentire al mio Paese di aprire un ciclo politico nuovo, con meotodi nuovi. Peggio della candidatura di Ciarrapico c'è la motivazione: siccome è un editore si porta dietro i giornali, e allora lo mettiamo in lista. L'obbiettivo del Pdl non è migliorare il Paese, ma vincere le elezioni. Per me invece è aprire un ciclo politico nuovo. Noi possiamo finalmente per la prima volta dire che cosa pensiamo del futuro dell'Italia, con un linguaggio che non usa i toni bellicosi e sanguinari degli ultimi 15 anni. Chi presiede questa Regione, se fosse animato da una cultura istituzionale e non di parte, dovrebbe vederlo come un fatto positivo. Più c'è consenso attorno alle istanze del Nordest produttivo che chiede di essere liberato dalle pastoie burocratiche, attorno all'idea di un fisco meno oppressivo, e meglio è»
    Il mandato del presidente di Confindustria, Luca di Montezemolo, scade a maggio: il PD potrebbe offrirgli un posto da ministro?
    «No, no, ribadisco che è ancora un po' presto per fare i nomi dei ministri, anche se qualcuno lo farò prima del voto. Ma una cosa la voglio dire qui alGazzettino: nel mio governo ci sarà un ministro del Veneto e del Nordest. Non so se sarà un uomo o una donna, un politico o un imprenditore o un amministratore, ma ci sarà. Perché non è possibile che questa parte del Paese dopo Tiziano Treu e Paolo Costa, ovvero da 10 anni, non abbia più avuto un ministro. È importante che un governo che punta alla crescita del Paese abbia dentro di sè la parte produttivamente più dinamica del Paese stesso. È un impegno che prendo e non a caso lo faccio alla fine del tour nel Nordest. Non voglio che sembri unacaptatio benevolentiae: è un impegno reale e corrisponde all'idea di riunire e ricucire il Paese. Il fatto che alcune forze politiche abbiano teso a rendere politicamente isolata questa parte del Paese rispetto all'altra è stato un grave errore. Il Nordest deve ritornare ad essere centrale in tutto il Paese, con una vocazione di leadership e non di separazione».

    Il cinema e il campanile

    Da sindaco di Roma però ha dato vita allo "sgarbo" della Festa del cinema in contrapposizione alla Mostra del cinema di Venezia.
    «Ma perché dite questo? Sapete benissimo che non è così. Purtroppo questo è lo spirito del Paese, che ha paura di qualsiasi cosa nuova, bloccato e inchiodato dal suo atteggiamento conservatore. Si è fatta la Festa di Roma e cosa è cambiato? Assolutamente nulla. Non ha preso una lira dallo Stato, ha stimolato tutti a fare meglio, mai come in questo ultimo anno Venezia, Torino e Roma sono andate così bene. Mai è andato così bene il cinema italiano, i turisti e gli appassionati sono stati contenti: dov'è il problema? In questo Paese è così per tutto: la prima parola è "no". La Tav? No. Il parcheggio? No. La Festa del Cinema? No. Cominciamo a dire dei sì, a recuperare la voglia di rischiare, di fare».
    Non pensa che la responsabilità di questa frattura con il Nordest sia anche di alcuni esponenti del centrosinistra che fino a poche settimane fa dipingevano la gente di queste parti come ignoranti ed evasori fiscali incalliti, privi di senso dello Stato?
    «Il mio è un linguaggio diverso, è il linguaggio del PD: io sono per girare pagina e guardare avanti. La mia diagnosi è preoccupata e fiduciosa allo stesso tempo: la situazione è molto, molto difficile. Petrolio e grano alle stelle, dollaro deprezzato del 30\%: siamo in una situazione che definire di recessione è poco. La responsabilità è anche di chi ha governato gli Usa: in quel Paese si apre un nuovo ciclo, e anche in Italia è necessario aprire una stagione di riforme che solo il PD è in grado di assicurare. Serve una maggiore semplicità dello Stato. L'esempio è quello di un'impresa che deve potersi aprire in un giorno: fare 80 adempimenti per aprire una carrozzeria è insostenibile. Poi serve un sistema fiscale che aiuti le imprese a produrre, con tre strumenti da attivare subito: forfettizzazione fiscale per i redditi fino a 50mila euro annui, la non reiterazione degli accertamenti, la non retrodatabilità. Sono cose che queste terre chiedono da anni, e che noi abbiamo inserito in un pacchetto di misure fiscali coperte da tagli di spese. Vogliamo aggredire la spesa pubblica seriamente. Ma solo chi ha l'energia, la forza e la voglia può farlo: chi ha invece l'obbiettivo di governicchiare come si è fatto negli ultimi 15 anni, non lo può fare».

    Le riforme sbagliate

    Il suo programma di riforme ne prevede alcune, come la riduzione del numero dei parlamentari e il Senato delle regioni, che il governo Berlusconi aveva varato e che il centrosinistra ha cancellato con un referendum. La raccolta di quelle firme è stato un errore?
    «L'errore è stato fatto a monte: non si fanno riforme a colpi di maggioranza. E quelle riforme contenevano anche cose profondamente sbagliate: se parlate con le persone più sagge ed equilibrate del centrodestra, vi diranno che hanno dovuto fare concessioni alla Lega che non condividevano. Da qui è venuto fuori quel pasticcio. Rimettiamo l'orologio dove si può mettere. Tanto più sulla base di questi sondaggi, è reale la possibilità di un Paese che si governa con tre voti di maggioranza: se il Paese sarà ingovernabile, stavolta non sarà colpa di tutti, ma di chi ha fatto prevalere le ragioni di partito».
    Per questo c'è un grande feeling tra lei e Gianni Letta?
    «In qualche misura sì. Anche se poi ieri ho scoperto che c'è lui dietro l'idea di candidare Ciarrapico, e questo mi ha lasciato un po' basito. Ma questo Paese è pieno di persone così. Quelli che vogliono fare a botte sono una minoranza; la maggioranza vuole un Paese normale».
    Quindi è contento di essersi riconciliato con il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che ha criticato alcune candidature?
    «Con Massimo non c'è bisogno di abbracciarci, siamo da sempre sulla stessa linea e insieme abbiamo sempre creduto nel Partito Democratico anche quando non ci credeva nessuno. Non c'è nessuna divisione da ricucire».
    Vede per lui un ruolo specifico nel PD?
    «È senza dubbio una delle persone più importanti del partito».

    La Lega dice che lei è troppo romano per capire il Veneto.
    «È assurdo pensare che uno non riesca a capire un pezzo del Paese solo perché è nato da un'altra parte. Vedo molti parlamentari della Lega a cena nei ristoranti e nei salotti di Roma, e non mi stupisce che si trovino bene. Quando sono lì i propositi secessionisti sono abbastanza annacquati...».
    Cosa le fa pensare di aver fatto breccia in una terra che conserva ancora una forte impronta "confessionale" cattolica?
    «Ma davvero abbiamo l'interesse che ci siano ancora le divisioni da anni '50? Se l'Italia resterà prigioniera del passato, andrà a fondo. Un grande partito è per sua natura pluralista, e considero utile chi porta il proprio pensiero religioso. Sono necessarie laicità dello Stato e apertura al punto di vista religioso: poi spetta allo Stato laico trovare la mediazione. Per me in questo viaggio è importante il risultato elettorale, ma ancor di più che si ricostruisca il rapporto tra la parte più produttiva del Paese e un soggetto come il PD: che non ci sia separazione, ostilità. Farò sempre tutto il possibile per cucire».
    La linea del PD "solitario" varrà anche per le future elezioni amministrative?
    «A livello locale si affrontano temi diversi: in qualche caso si andrà da soli, in altri ci potremo alleare con qualcuno».
    Lei ha detto che in questi anni si è «governicchiato». Ma qual è il suo giudizio sul governo Prodi?
    «Ha fatto il lavoro più duro avendo trovato situazioni di bilancio spaventose, il centrodestra aveva lasciato condizioni devastanti: e ha risanato i conti. Il governo in quanto tale è stato una cosa, la maggioranza invece era un disastro; aveva una tale confusione politica che ha penalizzato l'azione di governo. Non deve accadere mai più che ministri vadano in piazza contro il governo. Se non avessi fatto la scelta che ho fatto, voi stareste raccontando la stessa campagna elettorale degli ultimi 15 anni. Credo che questo merito mi vada riconosciuto».

    Le ipotesi sul dopo-elezioni

    Cosa accadrà se doveste vincere con una maggioranza esile al Senato?
    «Si dovrà fare comunque un tragitto di riforme istituzionali. Diremo alle forze di opposizione: "creiamo un clima civile, con garanzie costituzionali quali la presidenza di un ramo del parlamento e delle commissioni di controllo". E poi ci rivediamo alle prossime elezioni».
    Quindi un governo Veltroni-Berlusconi è impossibile?
    «Sì, è impossibile».
    Berlusconi dà l'impressione di non fare una campagna elettorale aggressiva come le altre volte. Perché, secondo lei?
    «Ho la sensazione che non ne abbia voglia. Spera solo che arrivino presto le elezioni, e vincerle. La vicenda Ciarrapico, per esempio, è imbarazzante anche per il suo principale alleato: oggi Ciarrapico dice a Fini che è "uno sguattero". Ma come si fa a rimettersi lì, con dodici partiti, e tenere insieme la Lega Nord e la Lega Sud, Ciarrapico e Fini, la Mussolini e Bossi... No, Berlusconi non ne ha più voglia. Non ha né la forza né la volontà di cambiare il Paese: solo di vincere le elezioni».


    E a fianco dei prefetti presenta il "pacchetto sicurezza"

    La scelta del luogo è simbolica: quella Verona guidata dal sindaco leghista Flavio Tosi portabandiera della legalità e della sicurezza in salsa padana. Walter Veltroni si è circondato anche di altri "simboli" in carne e ossa per presentare in campagna elettorale il programma sulla sicurezza del PD: al suo fianco c'erano tra gli altri gli ex prefetti Serra e De Sena. «La sicurezza dei cittadini non è questione né di destra né di sinistra - ha ribadito Veltroni -, ma un diritto fondamentale di ogni cittadino italiano. Per aver detto questa semplice verità ci siamo presi un sacco di improperi dall'altra parte». Il Pd riprende in pratica parte del progetto sulla sicurezza presentato dal governo Prodi e non approvato per gli ostacoli posti da alcuni partiti della sinistra. Sei sono le proposte contenute nel pacchetto: aumentare risorse per le forze di sicurezza che devono essere razionalizzate; i patti per la sicurezza devono essere approvati in ogni capoluogo di provincia; misure di sicurezza per imprenditori e commercianti per l'utilizzo della telesorveglianza e delle nuove tecnologie; la realizzazione di un nuovo modello di sicurezza integrata; l'utilizzazione delle forze di polizia dove serve di più nel territorio e, soprattutto, al nord ed un nuovo governo dell'immigrazione.

    In serata, a Trento, un gruppetto di leghisti e di disobbedienti No Tav hanno fischiato Veltroni mentre era impegnato in una manifestazione elettorale in piazza Battisti. I due gruppetti sono stati subito coperti dagli applausi della gente che riempiva la piazza. «Credo che questa è l'Italia che molti vogliono lasciarsi alle spalle - ha commentato il leader del PD -, l'intolleranza, lo spirito di conservatorismo, l'idea che in Italia nulla si deve muovere».

    Veltroni ieri ha anche commentato un sondaggio Swg che indica un recupero della sua coalizione rispetto allo schieramento guidato da Silvio Berlusconi. «Il distacco tra i due poli è passato da 5,5-8 punti a 4-5 punti in cinque giorni. A subire una perdita consistente è il Popolo della Libertà, sceso al 34,5-35\% dal precedente 36-37\%. In crescita invece la Lega Nord, che passa dal 6-6,5\% al 7\%. La coalizione Partito Democratico-Italia dei Valori è salita al 38-38,5\% dal 36,5-38\% di cinque giorni fa. Ma la cosa più significativo è che il PD e il Pdl sono sostanzialmente alla pari: la differenza la fanno i voti degli alleati».


    Fonte: Il Gazzettino ed. naz.le | vai alla pagina
    Argomenti: partito democratico, veltroni, elezioni politiche 2008, programmi elettorali, questione settentrionale, regione veneto, sicurezza dei cittadini | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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