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Dichiarazione di Giulio TREMONTI

Alla data della dichiarazione: Vicepres. Camera   (Gruppo: FI)  - Deputato (Gruppo: FI) 


 

"Tra noi e il Pd intese possibili sull’economia" - Intervista

  • (15 marzo 2008) - fonte: LaStampa.it - Luca Ricolfi - inserita il 15 marzo 2008 da 31

    «Ma questa sinistra pare sbarcata a Disneyland»

    Professor Giulio Tremonti, si è molto parlato di una somiglianza fra il programma del Pd e del Pdl. Parlando solo di contenuti, qual è la differenza più importante fra i due programmi?
    «Quello del Pd è scritto sull’ipotesi di perdere le elezioni, il nostro sulla concreta eventualità di una vittoria. Ne consegue che il nostro programma contiene il presupposto di una crisi economica che potrebbe aggravarsi, è sottoposto ai vincoli imposti dal trattato europeo, dai conti pubblici e dai mercati finanziari. Per questo gli obiettivi sono definiti in termini di gradualità e fattibilità, per un totale prudenziale di 20-30 miliardi. La grande differenza? Noi parliamo di crisi, loro di miracolo. La sinistra sembra sbarcata a Disneyland».
    Enrico Morando ha recentemente distinto tra il suo libro (“La paura e la speranza”) e il programma del Pdl. Si dichiara in relativa sintonia col primo e non col secondo. Qual è il punto principale di sintonia con il programma di Veltroni, steso da Morando?
    «E’ stato detto che il loro programma è copiato dal nostro. Può anche essere. In ogni caso in politica non esiste copyright. In realtà il problema non sta in quello che hanno scritto, ma nella credibilità che avrebbero nel realizzarlo. I precedenti non sono proprio a loro favore. Parlano come se fossero all’opposizione, dimenticando che sono ancora maggioranza. Come se avessero avuto un indulto politico. Poi il libro è una cosa, il programma un’altra. In entrambi si propone comunque di intervenire sull’Unione Europea perché difenda la produzione europea contro la concorrenza asimmetrica che viene dall’Asia. Noi chiediamo solo che l’Europa faccia come l’America, che all’interno del Wto protegge la sua produzione. Solo questo».
    Però l’hanno accusata di protezionismo.
    «E’ un argomento falso e strumentale, la prova che non hanno nient’altro da dire. Protezionismo significa uscire dal mercato. Noi, restandoci dentro, sappiamo però che un eccesso di regole spiazza la nostra produzione e crea costi artificiali addizionali. L’Europa eviti di autosuicidarsi e chieda maggiori simmetrie. Lo ha capito anche il ministro Bonino che ha chiesto a Bruxelles dazi antidumping sui compressori ad aria provenienti dalla Cina».
    Se doveste fare un governissimo con il Pd, cosa che nessuno esclude tassativamente, quale dovrebbe essere il punto di maggior attrito e di differenziazione?
    «La sua è un’ipotesi scolastica. Comunque le grandi coalizioni sono agende economiche che su tempi e oggetti definiti stabiliscono un percorso comune. Ferme le differenze tra sinistra e destra, ferme le differenze su valori e princìpi, un’agenda economica sarebbe in teoria fattibile in termini relativamente omogenei».
    Anche sulle liberalizzazioni nei servizi pubblici locali?
    «Nel 2001 è stata la nostra proposta, si è scontrata contro il Titolo V. Il disegno di legge del ministro Lanzillotta ha ripreso la nostra proposta. Ma si è piantato in Parlamento. Comunque escludeva l’acqua, su cui pesava il veto ideologico e ancestrale della sinistra radicale».
    Nel suo libro si critica la proposta del professor Pietro Ichino di creare un’autorità esterna per affrontare il problema dei fannulloni e dell’inefficienza della Pubblica Amministrazione. Qual è la vostra soluzione in merito? Sarebbe possibile combinare le vostre idee con quella di Ichino?
    «Noi proponiamo di “abrogare” il ‘68, attraverso leggi che ricostruiscano le catene di comando, di controllo e responsabilità dentro la Pubblica Amministrazione, riportando all’attualità la figura centrale e antica del “capo dell’ufficio” che risponde insieme davanti ai cittadini e ai suoi superiori. Occorrono gerarchia e responsabilità. Sono scettico sulla proliferazione delle autorità. E’ stata più utile la Casta e il suo effetto di aver introdotto meccanismi di remora, aver scatenato una reazione dei cittadini su cui bisogna puntare molto. Il mio non è un no a priori su un’autorità esterna, ma credo che sia introducibile solo come ultima istanza di intervento».
    L’Osservatorio del Nord Ovest ha stimato sprechi nella Pubblica Amministrazione per almeno 80 miliardi all’anno su 500 miliardi di spesa. Nel caso vinca il Pdl qual è l’ordine di grandezza di riduzione degli sprechi nel quinquennio?
    «A essere realistici tra 1 e 2 punti di Pil, circa 30 miliardi».
    Siete molto prudenti.
    «Non vedo alternative. Siamo legati dalle competenze regionali dettate dal dannosissimo Titolo V della Costituzione. Chiederemo più risparmio alle Regioni dove gli sprechi sono maggiori. Servono strumenti per rendere effettivi i vincoli, penso ai commissariamenti delle “regioni canaglia”, ma anche a interventi incisivi dentro la conferenza Stato-Regioni dove è maturata l’idea che non tutti possono essere trattati allo stesso modo. Poi, ovvio, serve gradualità».
    In Italia l’ordine di grandezza dell’evasione fiscale è di almeno 80 miliardi. Quanto si può pensare di recuperare in una legislatura?
    «Mentre sugli sprechi ci si può porre obiettivi di partenza, sulla lotta all’evasione i conti si fanno dopo, sui risultati ottenuti e non sulle grida. E’ fondamentale approntare strumenti nuovi. Bisogna continuare sulla strada giusta aperta da noi della nazionalizzazione della riscossione e della partecipazione dei Comuni all’accertamento. Infine vanno rifatti gli studi di settore, costruendoli dal basso. Quanto guadagna un maestro di sci di Bressanone, lo sanno a Bressanone non a Roma. Sarebbero più realistici e attiverebbero un grande meccanismo di controllo da parte dell’opinione pubblica. Però, nonostante l’accertamento su Valentino Rossi sia iniziato quando al ministero c’ero io, non l’avrei mai dato in pasto ai giornali. Questione di stile».
    Come risponde agli economisti de Lavoce.info che chiedono di non fare più condoni?
    «Non ci sono più presupposti per fare condoni».
    Sgravi fiscali: qual è la priorità?
    «Sono due: l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, per trasmettere un messaggio di equità e civiltà; la detassazione degli straordinari legati alla produttività. In un secondo tempo sarà fondamentale togliere almeno l’Irap sulle perdite».
    Ma così non si ridurrebbe granché la pressione fiscale sulle imprese.
    «I governi europei contemporanei non fanno l’economia. L’economia la fa l’economia. Hanno però il potere-dovere di fare la piattaforma su cui si fa l’economia. Nel grande andare ci sono due interventi fondamentali: la riforma costituzionale del Titolo V, che ci spiazza e ci penalizza. L’altro è il passaggio al nucleare».
    Cosa farete su articolo 18 e Statuto dei Lavoratori? Si ha l’impressione che nel Pdl le posizioni siano piuttosto diverse e che la sua sia la più conservatrice dell’esistente, è così?
    «Ho sempre sostenuto che è migliore la libertà di assumere rispetto alla libertà di licenziare. Non credo che l’eliminazione dell’articolo 18, una norma largamente sopravvalutata, sia una priorità. Del resto la struttura sociale europea non è preparata a una forsennata mobilità».
    Non servono meccanismi di scongelamento almeno nella Pubblica Amministrazione?
    «Oggi nel pubblico impiego ci sono i concorsi e i diritti. Devono entrare anche i doveri, con sanzioni forti per chi devia. E poi la mobilità come criterio generale che può e deve essere applicato».

    Fonte: LaStampa.it - Luca Ricolfi | vai alla pagina
    Argomenti: economia, forza italia, pdl, elezioni politiche 2008, programmi elettorali | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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