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Dichiarazione di Piero FASSINO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: L' Ulivo) 


 

"Le priorità per il Nord" - Intervista

  • (31 marzo 2008) - fonte: Il Trentino - Gianpaolo Tessari - inserita il 31 marzo 2008 da 31

    L'ex segretario dei Ds al forum del Trentino: "Qui la gente è più esigente, bisogna dare risposte in tema di sicurezza, infrastrutture, lavoro".

    TRENTO . Una ricetta in sei punti. E quella che ha in mente Piero Fassino per affrontare la “questione settentrionale”.
    Il già segretario dei Ds ieri ha trascorso alcune ore in Trentino, incontrando il coordinamento degli imprenditori e partecipando ad un forum nella redazione del nostro giornale.
    Fassino, accompagnato da Remo Andreolli, ha dimostrato di conoscere la situazione politico-economica locale assai meglio di quasi tutti i big nazionali paracadutati da queste parti da una campagna elettorale che si gioca su poco tempo e tanti chilometri da percorrere: «Non c’è una vera situazione di difficoltà del centrosinistra qui al nord.
    Anche perché governiamo 14 regioni su 20, il 60 per cento delle province italiane.
    Qui c’è una società più dinamica, più forte, abituata con l’internazionalizzazione delle sue imprese a competere con quello che succede nel mondo.
    Una società che chiede molto di più.
    E lo chiede a noi come alla destra.
    Si deve essere in grado di corrispondere a queste aspettative: si deve puntare su infrastrutture, fisco più giusto, pubblica amministrazione efficiente.
    Vi è poi il tema del lavoro: occorre restituirgli dignità.
    Per concludere con la sicurezza».
    Fassino si è detto fiducioso di poter completare la rimonta nei confronti del centrodestra convincendo gli indecisi e, in tema di autonomia, ha detto che occorre verificare i risultati prodotti dalla riforma del titolo Vº della Costituzione in questi sette anni.
    Onorevole Fassino iniziamo dalla cronaca: ovvero i sondaggi.
    Il Pd, con uno sforzo enorme e con l’idea di andare da solo, ha colmato buona parte dello svantaggio con il centrodestra.
    Ma ora sembra mancargli il fatidico “ultimo miglio”.
    «Non credo che i sondaggi di oggi rappresentino il risultato finale.
    Intanto perché abbiamo ancora 15 giorni di campagna elettorale.
    E sono giorni decisivi perché, come sappiamo, quella quota di indecisi che può fare la differenza si orienta in queste settimane.
    Dipende molto da quello che mettiamo in campo.
    Ci sono tutte le condizioni per vincere.
    Mi ricordo la mattina del lunedì delle elezioni del 2006 con le urne che si stavano per chiudere.
    Feci un giro di telefonate ai principali sondaggisti e chiesi loro, sulla base degli exit poll, come più o meno poteva finire.
    A tre ore dalla chiusura dei seggi davano il centrosinistra in testa di 4/5 punti. Tre ore. Abbiamo vinto per 25 mila voti.
    La partita è aperta e abbiamo molte armi a nostra disposizione».
    Ci riassume le principali?
    «Primo: siamo un fattore di novità in questa campagna elettorale e non solo perché siamo un nuovo partito.
    Ma perché il Pd ha prodotto un primo grande cambiamento: il Parlamento che abbiamo sciolto era fatto di 39 partiti, quello che eleggeremo di partiti, nazionali, ne avrà cinque, massimo sei.
    E questo non è avvenuto per caso, ma è merito del Pd.
    Che poi ha spinto gli altri nella stessa direzione, perché Fini e Berlusconi si sono messi insieme per competere con il grande Partito democratico.
    Lo stesso vale per Verdi, Rifondazione e Comunisti italiani: assieme per contare di più.
    Con tutto questo porteremo il doppio di donne, rispetto ad ora, in Parlamento».
    Il secondo elemento?
    «Nel Pd abbiamo un leader sicuramente più credibile e convincente.
    Prova ne sia che mentre nei sondaggi sulle intenzioni di voto c’è un vantaggio, per ora, del centrodestra, leader contro leader Veltroni risulta più gradito.
    Interpreta meglio la domanda di cambiamento, ad un nuovo rapporto con la società. Ma c’è un terzo elemento».
    Di che cosa si tratta?
    «Noi siamo una forza che può offrire al Paese una classe dirigente vera, non solo perché abbiamo governato l’Italia in questi 20 mesi e prima dal’96 al 2001, ma anche perché governiamo 14 regioni su 20, il 60 per cento delle province italiane».
    Infatti lei si inalbera quando le parlano di una “questione settentrionale”, di un problema nord per il centrosinistra.
    Anche di recente ha ribattuto che si tratta semmai di difficoltà concentrate al lombardo-veneto.

    «E che non riguardano nemmeno tutto il Veneto. Ricordo che governiamo oltre la metà degli 8000 comuni italiani e, se guardo al nord, le regioni sono otto e ne governiamo sei.
    E lo stesso vale per le grandi città: il centrosinistra, se togli Milano e Trieste, governa Genova, Torino, Venezia, Padova. Ma anche Trento, Bolzano, Pordenone, Udine.
    In Lombardia abbiamo comunque cinque amministrazioni provinciali su dieci, compresa quella di Milano.
    Il vero problema del nord non è quello che si identifichi nel centrodestra ma è che il nord è più esigente nei confronti della politica.
    Qui c’è una società più dinamica, più forte, abituata con l’internazionalizzazione delle sue imprese a competere con quello che succede nel mondo.
    Una società che chiede molto di più.
    E lo chiede a noi come alla destra.
    Si deve essere in grado di corrispondere a queste aspettative».
    Per farlo dovere affrontare delle questioni specifiche.
    «Esatto. E sono cinque. Le infrastrutture, perché qui c’è una domanda di mobilità maggiore connessa al sistema produttivo.
    Fisco, visto che al nord c’è la maggioranza di contribuenti, sia di lavoro dipendente che di lavoro autonomo.
    Pubblica amministrazione, perché questa è una parte del Paese abituata a vedere cosa succede fuori e misura la pubblica amministrazione su quella tedesca, svizzera, perché gira e ogni volta che la trova inefficiente è più sensibile.
    Vi è poi il tema del lavoro: occorre restituirgli dignità.
    Per concludere con la sicurezza.
    Se si vuole affrontare la questione settentrionale non si può presumere da queste cinque questioni».
    Su temi come infrastrutture e sicurezza, l’aver lasciato la sinistra al suo destino vi facilita un po’ le cose?
    «Certo. Su ognuno di questi cinque temi la sinistra radicale ha espresso in questi anni posizioni di retroguardia.
    Penso alla questione dell’alta velocità, credo sia fondamentale che l’Italia abbia un sistema analogo a quello degli altri paesi europei.
    Sono le cose che ho detto stasera, in un incontro molto interessante, al coordinamento degli imprenditori trentini: dobbiamo fare crescere l’Italia di più di quanto ha fatto in questi anni.
    Cina e India crescono del 10 per cento all’anno, in Europa la crescita media è del 2, 2,5 all’anno. In Italia è più bassa».
    Onorevole Fassino ci saremo tenuti per la fine la fatidica domanda sul Pd in Trentino. Non c’è...
    «Guardate che anche su questo non ho assolutamente nessun problema a rispondere.
    Noi abbiamo riconosciuto, in omaggio alla specificità trentina, una fase transitoria con tempi diversi di costruzione del Partito democratico.
    Chiaro che si tratta di una fase transitoria e che l’obiettivo è quello di fare partire anche qui il Pd.
    All’indomani delle elezioni bisognerà discutere come e quando, anche tenendo conto che in ottobre qui si torna alle urne».
    Visto che si parla di Trentino c’è il problema di un’autonomia che comincia ad essere vista con invidia/antipatia dalle regioni confinanti.
    Come ritiene vada affrontato questo tema?
    «Ho seguito la questione dei comuni confinanti che hanno votato i referendum per passare nella vostra regione.
    La linea non è quella di togliere poteri e competenze alle regioni speciali.
    Ma, come si è cominciato a fare con la riforma del titolo Vº aumentare le competenze di quelle ordinarie.
    Dopo sette anni della sua modifica occorre verificare come ha funzionato».
    Quindi lei valuta positivamente delle strutture anche politiche, non solo amministrative autonome, come avete fatto qui, per il Senato, alleandovi con la Svp.
    Qualcuno ne ha criticato le modalità
    .br /> «A mio avviso si tratta di un’alleanza ben fatta. La Svp è un partito di raccolta e come tale deve tenere assieme cittadini di lingua tedesca che possono avere orientamenti diversi.
    Per fare questo difficilmente ci si colloca in un blocco piuttosto che in un altro.
    Al tempo stesso la Svp sa bene che il Partito democratico è un interlocutore attento sul tema dell’autonomia».

    Fonte: Il Trentino - Gianpaolo Tessari | vai alla pagina
    Argomenti: Statuti Speciali per Provincie e Regioni, elezioni politiche 2008, pd, programmi elettorali, questione settentrionale, sondaggi - instant poll | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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