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Dichiarazione di Michele VIANELLO
Alla data della dichiarazione: Vicesindaco Comune Venezia (VE) (Partito: PD)
Venezia, «Per carità, "pentimento"...
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(04 aprile 2008) - fonte: Il Gazzettino ed. Venezia - inserita il 04 aprile 2008 da 31
Venezia - «Per carità, "pentimento" è una parola grossa. Però con il senno di poi la spinta modernizzatrice dell'Expo a Venezia poteva far comodo...».
La vittoria di Milano nella competizione per l'Esposizione universale 2015 ha riaperto nel vicesindaco Michele Vianello e tra alcuni degli "exposcettici" una ferita non ancora così antica da essersi rimarginata, quella dell'Expo 2000.
Resta ancora un pericolo evitato per Venezia o, alla luce delle lodi che piovono in capo al sindaco milanese Letizia Moratti, è diventata un'occasione mancata?
Tra gli anni Ottanta e Novanta la città si logorò nel dilemma e alla fine i dubbi ebbero la meglio, scoraggiando il governo di allora a sostenere la candidatura veneziana.
«Un caso unico - commenta oggi Nereo Laroni, sostenitore dell'Expo al fianco di Gianni De Michelis, eletto europarlamentare tra i socialisti proprio nel 1989 dopo l'esperienza di sindaco tra il 1985 e il 1987 - Ricordo politici locali e italiani spendersi addirittura contro Venezia...».
A una ventina di anni di distanza, c'è dunque chi rilegge le sue convinzioni di allora, come Vianello. O anche, in parte, come il viceministro ai trasporti Cesare De Piccoli, vicesindaco tra il 1987 e il 1990.
«Il "no" all'Expo allora era basato su due motivazioni - spiega De Piccoli.
Il primo ideologico: c'era chi respingeva una certa idea di modernità.
Il secondo, e io lo scrissi chiaramente all'epoca, era dovuto alla convinzione che Venezia non era compatibile con un evento simile, non lo avrebbe sopportato.
Lo vediamo anche oggi: Venezia non regge il peso dei grandissimi eventi, figuriamoci un'Expo che in 4 mesi avrebbe portato in città 30 milioni di visitatori.
Certo, il "no" giustificato con l'antimodernità non era però condivisibile. De Michelis forse vide in prospettiva, sbagliò chi sottovalutò la spinta propulsiva dell'Expo».
Michele Vianello invece conserva i ritagli e i documenti di allora, ha tenuto i verbali delle riunioni del Pci, i documenti, gli ordini del giorno in consiglio comunale.
Oggi il Pci non esiste più.
«E mi diverte vedere - insinua Laroni - che chi allora faceva parte del partito del "non fare", come Cacciari , oggi è diventato più morbido, presenta progetti su Tessera con la Save di Marchi.
Perfino Bertinotti plaude al successo di Milano...».
«È vero - ammette Michele Vianello - l'Expo allora avrebbe dato alla città un'utile e necessaria spinta di modernizzazione, avrebbe portato a Venezia una grande firma come Renzo Piano, avrebbe innovato un tessuto infrastrutturale.
Invece vent'anni fa hanno prevalso i veti ideologici.
Perché? Per il semplice motivo che vedevamo nell'Expo un acceleratore di quei processi di degrado che poi, però, si sono verificati lo stesso».
A partire dalla deriva turistica, che puntualmente c'è stata.
Così scriveva nel 1990 il professor Edoardo Salzano, urbanista dello Iuav e fiero oppositore all'Expo: «Ora, dopo aver perso 5 anni a contrastare una proposta sbagliata, si può ricominciare a lavorare per risolvere i problemi, ma nella direzione opposta: per governare il turismo, anziché per esaltarlo, per difendere le attività ordinarie della città, per costruire le ragioni e le occasioni di uno sviluppo economico e sociale non effimero».
Parole e speranze che oggi appaiono tradite dai fatti. E lo ammette lo stesso Salzano, che a 78 anni continua a studiare e a produrre idee con il suo sito web Eddyburg.
«È vero - ammette Salzano - allora c'era quella convinzione, ma la città poi ha preso un'altra direzione.
Personalmente sono deluso dalla classe politica che si è succeduta da allora, non si è saputo indirizzare la città verso uno sviluppo positivo, legato alla sua tradizione e alla sua vocazione.
La deriva di Venezia ci è sotto gli occhi quotidianamente.
Ho nostalgia dei "vecchi" amministratori, di Gianni Pellicani e anche di Gianni De Michelis che, Expo a parte, negli anni Settanta sapeva guardare lontano.
Oggi manca proprio questo: la lunga prospettiva. La politica è diventa conquista di voti a breve termine».
Tuttavia sull'Expo Salzano non ha cambiato idea.
«Continuo a pensare che sarebbe stata un danno per Venezia - conclude - Anzi, a mio avviso è un pericolo anche per Milano.
Il giorno dopo la notizia della vittoria, i terreni sui quali si costruirà avevano già decuplicato il loro valore. E penso alle conseguenze che l'Esposizione milanese potrà avere anche su Venezia».
Proprio per compensare questo impatto, il sindaco Cacciari ha chiesto che una parte delle risorse stanziate per l'Expo del 2015 arrivi anche a Venezia.
«Più che soldi - corregge De Piccoli - coglierei l'occasione per mettere alla prova la classe politica del nord, lombarda e veneta, alla vigilia delle elezioni.
L'Expo di Milano deve essere l'occasione per ricalibrare le priorità nelle infrastrutture.
L'asse Torino-Milano ha già beneficiato dell'effetto Olimpiadi del 2006, ora le risorse a disposizione per l'Alta Velocità si destinino prioritariamente a completare il collegamento Milano-Venezia, finendo la linea mancante Verona-Padova.
Si tratta di una decina di miliardi in gioco.
Questa sarebbe una risposta concreta per far entrare nel gioco anche il Veneto e Venezia. È necessario entrare subito nel Comitato per l'Expo e far valere in quella sede le istanze del Veneto. A fianco di questo progetto, poi, viene da sè una seria organizzazione e gestione dei flussi, perché è impensabile che chi andrà a Milano nel 2015 non venga a fare una visita a Venezia».
L'Expo, dunque, come grande occasione. Anche se si tratta di quella di Shangai del 2010, dove Venezia è stata chiamata a partecipare con alcuni progetti.
«Noto però - osserva Laroni - che tra i "fiori all'occhiello" di Venezia non è stato inserito il Mose.
Strano: non vuol dire che, anche se Cacciari è contrario, non si possa presentare al mondo un'opera unica e altamente significativa come quella.
E' noto anche come si sia dimenticato che solo due settimane fa si voleva chiedere alla Fenice di non andare in tour in Cina per la repressione in Tibet, mentre ora si osanna la missione a Shangai. Evidentemente prevale l'opportunismo politico».
«E comunque - conclude Laroni - i fatti dimostrano che venti anni fa avevamo ragione.
Oggi si sono presentati trionfalmente progetti come le bonifiche, il quadrante di Tessera, le varie infrastrutture, che l'Expo avrebbe accelerato. Invece tutto è stato ritardato di un ventennio...».
E a venti anni fa torna Mario Rigo, sindaco socialista tra il 1975 e il 1985, che ricorda come allora «non ci fu una posizione di contrarietà del consiglio comunale», ma un irrigidimento di Ca' Farsetti «perché - racconta Rigo - il progetto dell'Expo fu presentato a scatola chiusa, con una società di privati già costituita, senza alcun coinvolgimento del Comune».
«Cosa ben diversa - osserva Rigo - da quanto avvenuto con Milano, dove la spinta propulsiva è venuta proprio dal sindaco Moratti.
Nel caso di Venezia il sindaco non venne assolutamente coinvolto, addirittura si era già dato l'incarico a Renzo Piano per il famoso "Magnete" che doveva diventare il simbolo architettonico dell'Expo 2000».
Fonte: Il Gazzettino ed. Venezia | vai alla pagina » Segnala errori / abusi