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Dichiarazione di Sergio CHIAMPARINO

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Torino (TO) (Partito: PD) 


 

“Non siamo credibili sulla sicurezza e la gente voleva punire chi ha governato" - Intervista

  • (29 aprile 2008) - fonte: La Repubblica - Diego Longhin - inserita il 29 aprile 2008 da 31

    «L’unica cosa che riesco a vedere nella sconfitta di Roma è l’effetto onda lunga delle elezioni. Uno tsunami che ha penalizzato il Pd dove lo scontro è radicalizzato più a livello politico che amministrativo, come nella Capitale».
    Secondo Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, Francesco Rutelli ha pagato più degli altri candidati arrivati al ballottaggio la sconfitta di Veltroni alle politiche.
    Signor sindaco, Rutelli è convinto che il tema sicurezza, strumentalizzato, sia stato uno dei motivi principali della débacle. È una questione su cui il Pd non riesce a competere sul Pdl?
    «La sicurezza più che un tema strumentalizzato è un tema molto sentito dalla gente. Il Pd non è considerato credibile su questo fronte.
    Anche perché la credibilità non si costruisce con due interviste a Ballarò e una a Porta a Porta, nel giro di una settimana.
    La si conquista sul campo con parole, fatti e progetti. Non con idee lanciate all’ultimo sulla scorta dell’emergenza».
    Si riferisce ai braccialetti anti-stupro per le donne?
    «A quello come a chi nel Pd ha scoperto le ronde. Non sono queste le risposte che la gente si attende da noi.
    Si tratta di idee che semplificano solo le questioni e che appartengono al centrodestra.
    Da noi i cittadini si aspettano messaggi diversi e rassicuranti, altrimenti tra l’originale e la brutta copia si sceglierà sempre l’originale».
    Sulla sicurezza il centrodestra è più credibile?
    «E’ sempre stato un tema-bandiera ed è una questione su cui hanno storicamente appeal.
    Il centrosinistra, invece, è rimasto indietro.
    Questo non vuol dire che ciò che propongono Pdl e Lega sia la soluzione giusta.
    Se non sbaglio la legge vigente sull’immigrazione è la Bossi-Fini.
    Quindi se c’è una criticità sull’immigrazione non si può non imputare a quella legge che, all’inizio, è stata pure gestita dal governo Berlusconi.
    La ricetta proposta non ha funzionato».
    Rutelli non è riuscito a capitalizzare quello che ha fatto l’ex sindaco Veltroni?
    «Mi sembra che di cose a Roma in questi ultimi sette anni se ne siano fatte, ad iniziare dalle opere pubbliche.
    La capitale è una città particolare, sottoposta a sollecitazioni estreme, dai flussi turistici a quelli dei pendolari.
    Forse bisogna guardare di più l’ordinario rispetto allo straordinario, a partire dalla manutenzione: ha un peso sicuramente più importante se confrontato con le altre città.
    Ma sono convinto che Rutelli abbia perso non per questioni amministrative ma per la voglia della gente di posizionarsi contro chi ha governato».
    Che lezione trae dalla sconfitta di Roma?
    «Non bisogna fare l’errore di sentirsi sicuro. Ma le sconfitte sono anche una grande opportunità.
    Ho imparato molto quando sono stato battuto da Meluzzi, all’epoca di Forza Italia, in un collegio definito sicuro come quello di Mirafiori».
    La disfatta di Rutelli che effetti avrà sul Pd?
    «Non farà bene. Si tratta di un leader che ha creduto in questo progetto, che si è battuto per le primarie e per la costruzione di un nuovo soggetto.
    Un leader sconfitto. La situazione si complica».
    Si rimetterà tutto in discussione?
    «Guai. So che all’interno del partito c’è chi vorrebbe fare un passo indietro, magari riprendendo in mano le bandiere rosse, ma sarebbe un male.
    Anche perché il Pd non si è identificato e non si identifica con Roma e perché alle elezioni ha comunque raccolto un consenso che rappresenta una buona base da cui partire.
    L’importante è fare i passi giusti».
    Quali sono?
    «Sbagliato avviare una resa dei conti che rischia solo di lacerare il partito.
    Giusta, invece, una discussione che porti alla ricostruzione della classe dirigente dove non si vedano i soliti volti.
    Accanto ai riferimenti storici bisogna inserire segnali di novità».
    Un nuovo comitato dei 45?
    «No, lasciamo perdere quell’esperienza. Non rifacciamo il comitato dei 45, un organismo centellinato con il bilancino dei farmacisti per dare un posto a tutti i gruppi e sottogruppi.
    Abbiamo degli organi di partito, facciamoli funzionare, cerchiamo di sentire cosa vuole il territorio, senza pensare al Pd del Nord o al Pd del Sud, anche queste sarebbero brutte copie di cose che già esistono».

    Fonte: La Repubblica - Diego Longhin | vai alla pagina
    Argomenti: sindaco, pd, sindaco di Roma, sicurezza dei cittadini, elezioni 2008 | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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