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Il governo ombra: progetto da perseguire.
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(30 aprile 2008) - fonte: partitodemocraticoveneto.org - inserita il 04 maggio 2008 da 31
E adesso sì che occorre saper tener botta. E che botta.
Per saper tener botta occorre conoscere ciò che si ha alle spalle e ciò che si ha davanti.
Occorre saper “affacciarsi sull’orlo dell’abisso”, che per Victor Hugo era il segno degli uomini coraggiosi.
Nell’abisso ci sta un’idea che sta prendendo forma: non è che siamo passati dalla retorica dell’ulivismo (da noi i valori positivi ed il Paese per bene, di là i malfattori) alla retorica del nuovismo (diciamo di essere nuovi, quindi lo siamo), retoriche egualmente punite dagli elettori?
E quindi la tentazione di rientrare velocemente nei territori apparentemente rassicuranti delle vecchie appartenenze e di consolidate procedure.
Sarebbe la sconfitta nella sconfitta: è partita per merito nostro (e per merito del coraggio di Veltroni) una colossale riorganizzazione della rappresentanza politica che dobbiamo cavalcare correndo più veloci, non riscavando trincee difensive.
Qual è l’origine della sconfitta? Sta in una parola: credibilità.
Veltroni ha detto tutte le parole giuste per riconquistare una opinione pubblica moderata.
Non ci hanno creduto (o meglio molti ma non abbastanza) perché nella memoria degli elettori c’era una esperienza concreta di governo (anche quella del ’96/2001) che confliggeva con ciò che proponevamo; e tra il dire e il fare…
Così se proclamiamo la necessità di una discontinuità nella vita politica e l’apertura di una nuova stagione anche un Rutelli, bravo e amato dai romani nella sua stagione di sindaco, non viene accettato perché c’è una differenza tra il dire e il fare.
Abbiamo la fortuna di avere due capigruppo uscenti che si sono fatti valere nella stagione parlamentare difficile della scorsa legislatura: però proponiamo il continuismo quando gli altri innovano.
Il problema è che siamo appena all’inizio di un lavoro enorme.
La maggioranza del Paese sostanzialmente diffida di noi (abbiamo vinto bene nel ’96 per le divisioni altrui e per modo di dire nel 2006 dopo una esperienza di governo disastrosa del centrodestra).
Non appariamo ancora in possesso di una analisi adeguata della società italiana nei suoi profondi cambiamenti.
Non è detto che dobbiamo per forza aspirare a rappresentare quella parte di società italiana che non ci piace, ma dobbiamo sapere che c’è e capire quanto pesa.
C’è una questione di linguaggio e di tempi del linguaggio: abbiamo sostanzialmente fatto un discorso elettorale che ha fatto appello alla voglia di fare e all’ottimismo della volontà della società italiana, ma nel frattempo il Paese si era collocato sul fronte delle paure e della domanda di protezione.
Ora ci sono tre cose da fare:
Prendere sul serio il programma che abbiamo presentato, completarlo e svilupparlo dando una più definita personalità al nostro progetto riformista: razionalità, ma anche passione, realismo ma anche sogno.
Non solo una proposta per la scadenza elettorale ma un discorso al paese, una crescita dentro una opinione pubblica.
Prendere sul serio il governo ombra.
Non un espediente mediatico ma una innovazione radicale e strutturale nel modo di fare opposizione.
Ministri ombra creativi nel costruire il contenuto progettuale, lavoro parlamentare duro e penetrante nell’analisi e nelle proposte, senza apriorismi ideologici, collegamento forte con la società in crisi di rappresentanza e con i nostri uomini nelle istituzioni locali.
Un partito vero. Non si vive di sole primarie (le milionarie, in termini di voti, investiture di Prodi e Veltroni non ci hanno portato molta fortuna).
Partito radicato nel territorio, con porte sempre aperte ma capace anche di costruire una militanza produttiva di idee, di stare dentro le reti e le competenze delle società locali.
Un partito federale, come è scritto nello Statuto ma come ancora non abbiamo interamente sperimentato, per essere competitivi stando dentro i problemi dei territori.
P.S.: Scrivo volentieri per i duemila lettori del Riformista, questa piccola e nobile consociazione di lettori che non si accontentano delle verità più comode.
Sta a noi responsabili politici poi trovare gli strumenti per parlare ad una opinione pubblica più vasta.
Sento parlare di web, di parabola.
Bene, stiamo dentro le nuove tecnologie e investiamo per il futuro.
Per l’oggi però per parlare a quelle casalinghe, a quei pensionati, a quegli artigiani, a quei commercianti, a quei rappresentanti di commercio che non ci votano anche perché non ci conoscono servono magari strumenti più popolari: ad esempio la vecchia radio che accompagna molte ore della vita di queste categorie.
Fonte: partitodemocraticoveneto.org | vai alla pagina » Segnala errori / abusi