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Dichiarazione di Cesare DE PICCOLI


 

«Oggi sappiamo che non fu fatto il possibile per salvare la vita ad Aldo Moro.» - Intervista

  • (09 maggio 2008) - fonte: partitodemocraticoveneto.org - inserita il 13 maggio 2008 da 31


    viceministro ai Trasporti nell’ultimo governo Prodi,
    all’epoca del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro aveva 32 anni ed era segretario del comitato comunale del PCI di Venezia.


    «La mattina dell’annuncio del ritrovamento dello statista – ricorda - ero nella sede di Mestre e immediatamente organizzammo un presidio in Piazza Ferretto con gli altri partiti, i sindacalisti e consigli di fabbrica di Porto Marghera».
    On. De Piccoli, come visse quella tragedia?
    Qual era la sua posizione sulla linea da tenere nei confronti dei sequestratori?

    «Tra chi sosteneva il fronte della fermezza
    e chi riteneva più opportuno
    una trattativa con le Brigate Rosse
    io condividevo la prima posizione
    non solo per logica di partito ma soprattutto per convinzione personale.
    La fermezza nei confronti del terrorismo più che una scelta giusta (che purtroppo non è valsa a salvare la vita di Aldo Moro) era una scelta obbligata da parte dello Stato democratico.
    In altri termini lo Stato e il suo sistema politico non era nelle condizioni di trattare e quindi riconoscere alle Brigate Rosse lo status di “combattenti”, una scelta di questo tipo avrebbe aperto una voragine nelle istituzioni democratiche e ampliato la base di consenso del Partito armato tra i giovani e il mondo del lavoro.»
    Come vede oggi, dopo 30 anni, quella vicenda? È cambiato il suo giudizio?
    «Oggi a 30 anni di distanza, sappiamo molte più cose su come si svolsero quei drammatici 55 giorni.
    Sulle inadempienze dello Stato e di chi doveva fare tutto il possibile per salvare la vita di Moro.
    Sulle infiltrazioni Piduiste ai vertici dello Stato e negli organismi preposti alle indagini, sulle negligenze investigative, sulle collusioni con settori della politica su cui potevano contare i brigatisti.
    In definitiva, non accettare la trattativa con le Br non significava non fare tutto il possibile per salvare la vita di Aldo Moro.
    Ma purtroppo le cose non andarono così, non fu fatto tutto il possibile. Oggi il mio giudizio non cambia sulla scelta di allora, ma è più disincantato, al fondo c’è un senso di amarezza, perché non eravamo i soli protagonisti della vicenda, c’erano altri burattinai che tiravano i fili rimasti sempre nell’ombra.»
    Che ricordo ha dell’uomo Aldo Moro e del suo operato come statista?
    «Aldo Moro è stato un fondatore e un protagonista di primo piano della Repubblica e non è possibile racchiudere il suo operato e il suo lascito in poche battute.
    Del resto sono tantissime le pubblicazioni sulla sua opera e in questi giorni le manifestazioni per ricordarne la figura e a quelle rimando.
    Se dovessi sintetizzare un giudizio farei riferimento a due importanti sui interventi.

    Il primo nel 1975, un suo intervento alla Camera dei Deputati dove nel vivo della polemica sul coinvolgimento della DC “nel caso Lockheed” rivendica con orgoglio il ruolo e la funzione della Democrazia Cristiana nella società italiana, nonostante il coinvolgimento del partito in quella negativa vicenda di collusione affaristica.

    Il secondo nel marzo del ’78 pochi giorni prima del suo rapimento, dove nell’assemblea dei Gruppi Parlamentari motiva la scelta di dar vita al Governo di unità nazionale presieduto da Andreotti.
    Due discorsi completamente diversi, ma dove c’è tutta la duttilità politica e intellettuale di Aldo Moro: fermo sostenitore della funzione storica dei cattolici nella vita pubblica italiana e la sua comprensione verso i mutamenti sociali che lo portavano a riconoscere l’altrettanta funzione storica della sinistra italiana.
    Quel disegno tragicamente fallì, ma cambiò profondamente la storia dell’Italia.

    Fonte: partitodemocraticoveneto.org | vai alla pagina
    Argomenti: governo, brigate rosse, pd, Camera, aldo moro | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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