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Dichiarazione di Valter VELTRONI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

«Governo, solo fuochi d’artificio La Chiesa ha diritto di parlare». - Intervista

  • (28 maggio 2008) - fonte: Corriere della Sera - Aldo Cazzullo - inserita il 28 maggio 2008 da 31

    Onorevole Veltroni, l'opposizione è accusata di essere troppo morbida, accondiscendente. Come se ci fossero le larghe intese, anche se non avete pareggiato ma perso.
    «No. È come se ci fossero due mondi separati, uno virtuale e uno reale. Nel mondo virtuale, lettori e scrittori di giornali di varie dimensioni se la cantano e se la suonano. Nel mondo reale, è successo che alla prima prova parlamentare il governo sia andato sotto proprio grazie alla nostra opposizione che qualcuno giudica fin troppo dura; ed è il primo provvedimento che arriva.
    Purtroppo, il nostro è un Paese di politici d'antan. Un Paese politicamente di pasticcioni e furbacchioni, che si divertono a confondere dialogo e opposizione. Nel mondo reale, la questione è semplice: si dialoga sulle riforme, ci si oppone sui contenuti».
    Questo significa che terrete duro anche sulle questioni care al premier, tipo il sistema tv? E lui è d'accordo?
    «Sono sempre più affascinato dai nostri padri costituenti. Uomini come Calamandrei, cui il Pd dedicherà un convegno in autunno.
    Uomini che non litigavano su Rete4 ma su democrazia e totalitarismo, su Usa e Urss; però scrivevano le regole insieme.
    Dopo è cominciata un'altra stagione, di melassa, gelatina, marmellata, confusione. Quella stagione è finita: ci si può opporre con fermezza su Rete4 e denunciare la scomparsa della cordata Alitalia, senza che per questo il dialogo sulle riforme debba interrompersi.
    Così come è finito il clima di scannatoio durato quindici anni. Io ho cominciato a usare toni nuovi già in campagna elettorale; il leader dello schieramento a noi avverso l'ha fatto soltanto dopo la vittoria».
    Da Bassolino in giù, è un fiorire di laudatori: Berlusconi, rappresentato come malvagio, è ora definito statista. Non siete passati da un eccesso all'altro?
    «Io non ho mai detto nessuna di queste cose. Se il Paese è così malridotto, buona parte della responsabilità grava su Berlusconi, che è stato per quattro volte presidente del Consiglio.
    E che rappresenta un sistema di valori, una visione del mondo cui bisogna opporsi con sempre maggior forza ed energia, contro cui si deve dare una solare battaglia culturale e ideale».
    Lei si è appena seduto al suo tavolo.
    «Sì. E appena ci siamo seduti, per prima cosa gli ho detto: "Capiamoci bene. Se questo dialogo è un esercizio di buone maniere, mi interessa poco, per quanto le buone maniere siano preferibili a quelle cattive. Se invece è un dialogo per scrivere insieme le regole del gioco democratico, allora sarò un interlocutore leale. Ripartiamo dal pacchetto Violante.
    Riformiamo la legge elettorale per le Europee, ma senza tagliare fuori le altre forze: non voterò mai uno sbarramento che superi il 3%".
    Attendo segni che corrispondano alle parole. Altrimenti, sarò il primo a riconoscere che è stato inutile».
    I segni riguarderanno anche la Rai? La sua proposta dell'amministratore unico non è già stata respinta?
    «Vedremo. Aspettiamo risposte. Eleggere un altro Consiglio d'amministrazione pieno di ex parlamentari sarebbe un gravissimo errore.
    Preferisco un amministratore delegato nominato dal governo e approvato dal Parlamento all'assurdo sistema attuale. Un manager al di sopra delle parti.
    Un aspetto cruciale, in un Paese dove l'informazione è egemonizzata dal capo del governo ».
    Alla vigilanza Rai andrà Leoluca Orlando?
    «Siamo favorevoli alla sua candidatura. La sosterremo. E ricordo che, quand'eravamo maggioranza, votammo il candidato proposto dal centrodestra, Storace. La maggioranza non può sindacare sul nome indicato dall'opposizione».
    Non teme si saldi, tra tv e politica, una forza avversa al Pd, di grande appeal elettorale?
    Magari attorno a quella che Santoro definisce ironicamente la banda dei quattro: lui, Travaglio, Beppe Grillo, Di Pietro?

    «Da tempo ho rotto con la logica del " pas d'ennemis a gauche", nessun nemico a sinistra. Non vivo con questo incubo; altrimenti non potremmo assolvere al compito che spetta a una grande forza riformista del 34%.
    Non possiamo tornare indietro. È fisiologico che si creino aree di critica più radicale, da rispettare, con cui dialogare.
    Magari assumendo talora posizioni più radicali delle loro. Noto che Di Pietro è favorevole al reato di immigrazione clandestina. Noi no».
    Il governo è in luna di miele, l'opposizione sembra nell'angolo.
    «La luna di miele si interromperà molto presto, anche prima di quanto pensiamo.
    La destra ha vinto le elezioni sulla linea della paura: paura degli immigrati, dei rom, dell'impoverimento. E la paura rende più facile vincere, ma molto più difficile governare.
    Ora siamo alla fase dei fuochi d'artificio. Quando il fumo dei fuochi si sarà diradato, quando vedremo che i fatti di violenza proseguono, i campi rom ci sono ancora, l'impoverimento continua, allora ci sarà un effetto boomerang.
    Mai come oggi sono preoccupato: l'insicurezza sociale, e anche personale, è stata incanalata sulla linea dell'egoismo sociale.
    Ma questo fa saltare il principio solidale. È la dilatazione del Nimby: fate tutto, ma non da me. È la logica delle ronde, del blocco stradale, del "mi faccio giustizia da solo".
    Poi non c'è da stupirsi se qualche energumeno con svastica va a spaccare le vetrine degli immigrati».
    Il sindaco Pd di Marano, Salvatore Perrotta, è molto Nimby. Guida la rivolta sulle barricate.
    «Da lontano è facile decidere ogni cosa. Un sindaco vive in mezzo alla sua comunità, non può non sentirne gli umori. Ma gli uomini pubblici devono trovare la forza di non fare le cose più ovvie, quelle che piacciono a tutti».
    Cosa pensa delle critiche del governo Zapatero al nostro?
    «I giudizi di un governo su un altro governo sono sempre spiacevoli, e non andrebbero formulati. Ma dobbiamo essere consci che c'è lo sguardo dell'Europa su di noi.
    Un governo che dichiara fuorilegge 650 mila immigrati, compresi 300 mila badanti e moltissimi altri lavoratori, è un governo che viene tenuto d'occhio. Che facciamo?
    Arrestiamo 650 mila persone in un Paese che non costruisce un carcere da anni? Apriamo 650 mila procedimenti in tribunali che impiegano dieci anni per chiudere un processo?
    Ecco perché dico che il risveglio dalla notte dei fuochi d'artificio sarà doloroso, e pericoloso».
    Ma sull'economia Tremonti vi ha messo in difficoltà. Paghino banche e petrolieri, dice. Lei cosa risponde?
    «Paghino banche e petrolieri, sono d'accordo. Il problema è che fare con quei soldi.
    Detassare gli straordinari va bene, anche se l'esclusione dei dipendenti pubblici è ingiusta e crea problemi di incostituzionalità.
    Ma sarebbe meglio intervenire sulla contrattazione di secondo livello. I benefici di Tremonti escludono precari, anziani, donne: le categorie più esposte al rischio di impoverimento.
    Quanto ai mutui, non è difficile prevedere un'altra delusione.
    Già i consumatori fanno notare che si tratta di una dilazione, non di una rinegoziazione. Il fatto stesso che le banche abbiano subito detto sì desta un legittimo sospetto ».
    Sul federalismo fiscale lei ha aperto un dialogo con Formigoni. Ma Chiamparino la pensa diversamente.
    «Io la penso come Chiamparino: federalismo solidale differenziato. Avvicinare il fisco alla vita dei cittadini, senza spezzare il vincolo di solidarietà tra regioni diverse: altrimenti avremo al Nord una California e al Sud un paese povero».
    L'impressione è che lei punti a dividere la Sinistra Arcobaleno e ad allearsi con una sua parte.
    «Non si tratta di dividerli. Certo l'Unione non tornerà. Mentre è possibile costruire un nuovo centrosinistra, avendo un interlocutore su posizioni più radicali delle nostre, ma senza prendere più nulla a scatola chiusa.
    Non contano i buoni sentimenti. Contano i programmi condivisi».
    D'Alema dice che il leader giusto per Rifondazione è Vendola.
    «Non interferisco con quanto accade in un altro partito, con la loro discussione.
    Mi limito ad augurarmi che sia una discussione vera. Finora ho visto una reazione autoassolutoria.
    Come se la loro sconfitta fosse colpa mia, e non di chi ha messo fine al centrosinistra; ostacolando le cose migliori del governo Prodi, dalla riforma del welfare alle missioni all'estero».
    D'Alema è molto attivo.
    «Ognuno dice la sua opinione, ed è legittimo che lo faccia.
    D'Alema ha detto di voler fondare una fondazione culturale, non un partito nel partito.
    Sono portato a prendere sul serio le parole delle persone serie.
    Il lavoro della fondazione culturale di D'Alema sarà molto utile al Pd».
    Ma dell'opinione di D'Alema sulla tentazione della Chiesa per il potere e il patto con la destra, lei che pensa?
    «Non c'è nessun patto. L'Italia è un Paese particolare; ma l'influenza della Chiesa non mi spaventa certo.
    La Chiesa ha diritto di esprimere la sua opinione; non possiamo applaudirla se difende gli immigrati, e zittirla se critica la fecondazione assistita.
    Sta a noi difendere la laicità della politica ».
    Non negherà che il Pd abbia perso voti cattolici, a vantaggio dell'Udc e della destra.
    «Certo, l'Udc in mezzo prima non c'era; quando l'offerta politica si arricchisce, i voti si diversificano.
    Ma chissà se questi flussi sono reali. In Italia non si prende il 34% senza intercettare una parte rilevante del voto cattolico.
    Il referendum sulla fecondazione assistita l'avevamo perso 75 a 25.
    Piuttosto, noto che dal governo Berlusconi sono scomparse le personalità di cultura cattolica, comprese quelle d'indubbio spessore come Pisanu e Formigoni.
    Hanno prevalso personalità di cultura berlusconiana».
    Le toccherà occuparsi anche di giornali. Il Pd ne ha due, «Europa» e «l'Unità», molto diversi. La linea di Menichini non è la stessa di Padellaro.
    «È una divisione che viene da altri tempi storici. Ora per l'Unità si è trovata una soluzione splendida.
    Sono stato direttore di quel giornale quando andava bene.
    Da segretario ds ho avuto il coraggio di fermare l'emorragia, e grazie al lavoro di Folena l'Unità rinacque subito.
    Ora Soru, uno degli uomini più convinti del progetto del Pd, definirà un'idea nuova del giornale coerente con l'obiettivo di parlare a pubblici nuovi e raccontare in profondità la società italiana.
    E Gentiloni lavora a rafforzare la nostra presenza nel web e nel sistema tv».
    Quale direttore vorrebbe per «l'Unità»?
    «Non sta a me decidere. Certo, in un mondo di giornali che fanno prediche femministe ma hanno ai vertici pochissime donne, mi piacerebbe proseguire la rivoluzione che abbiamo avviato portando — dopo le molte che abbiamo fatto eleggere in Parlamento — una donna alla direzione dell'Unità».
    È giusto o no che Roma dedichi una via ad Almirante?
    «Ho preferito fare una scelta più limpida: mandare un messaggio di riconciliazione alla città dedicando strade ai caduti degli anni di piombo, di destra e di sinistra.
    Persone innocenti vittime della violenza.
    Una violenza che, come dimostrano i fatti dell'università, può rinascere specie se in una comunità si crea un clima di tensione e contrapposizione ».

    Fonte: Corriere della Sera - Aldo Cazzullo | vai alla pagina
    Argomenti: Berlusconi, partito democratico, economia, chiesa, mediaset, veltroni, federalismo fiscale, televisioni, opposizione, D'Alema, giornali | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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