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(29 maggio 2008) - fonte: Corriere della Sera - Mario Pappagallo - inserita il 29 maggio 2008 da 31
Senatore Pd, chirurgo, trapiantologo, esperienza di sala operatoria in Italia e negli Stati Uniti da dove è rientrato per Palazzo Madama. Ignazio Marino, se da specialista venisse chiamato dal giudice per un parere che cosa direbbe?
«Direi che è una situazione incompatibile con la vita. Oltre alla dialisi, questo neonato deve essere aiutato a respirare in modo artificiale.
E questo almeno fino ai 9- 10 chili di peso. Solo allora vi sarebbero le condizioni minime per un trapianto di reni. In letteratura scientifica, però, nessun neonato colpito dalla sindrome di Potter risulta arrivato al momento del trapianto».
Quindi?
«Quindi, a mio avviso, il quesito è ora soltanto giuridico. Ma di accanimento terapeutico, in base alle più aggiornate conoscenze, in questo caso si può parlare. E non si possono certo escludere i genitori, una volta chiaramente informati, dal partecipare alla decisione».
Negli Stati Uniti che cosa avrebbero fatto?
«Quello che si fa normalmente di fronte a queste situazioni: includere i genitori nella decisione, spiegando il percorso ipotizzabile a tre giorni, tre settimane, un mese...
I genitori vengono aiutati a decidere se accettare l’uso di tecnologie sproporzionate rispetto al risultato che ci si può attendere. Peraltro, la diagnosi certa si può avere alla ventesima settimana di gestazione.
I medici già allora dovrebbero informare i genitori».
Secondo i punti di vista, si tratta di «lottare fino all’ultimo per salvare una vita» odi «prolungare un’agonia». Quale definizione è più adatta?
«Se il neonato di Foggia ha una sindrome di Potter, io direi la seconda».
Ma proprio non è possibile sperare?
«Il problema non sono solo i, reni mancanti ma anche gli ureteri (i condotti che uniscono i reni alla vescica, ndr) e la vescica.
Cioè l’intero apparato che forma la pipì, per usare termini comuni.
Il feto, com’è noto, non respira con i polmoni che entrano in funzione solo al momento della nascita. Ora, la loro maturazione avviene grazie al liquido amniotico in cui galleggia il feto e che è formato proprio dall’apparato urinario fetale.
Quindi, con un Potter, non si forma il liquido che permette la maturazione dell’apparato respiratorio. In conclusione, alla nascita il bimbo non riesce nemmeno a respirare. Solo le macchine lo tengono in vita.
E, per arrivare al fatidico trapianto deve almeno toccare i 9-10 chili. Particolare non insignificante, in un neonato l’ago per la dialisi va inserito o in un grosso vaso o addirittura nell’atrio destro del cuore.
Speranze? Un miracolo».
Fonte: Corriere della Sera - Mario Pappagallo | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 27 giugno 2008 da 2853
Personalmente sono contraria in assoluto all'accanimento terapeutico per ogni tipo di malattia inguaribile che non permetta di fare una vita dignitosa al paziente fino alla morte. Non vedo perchè una persona debba soffrire solo per un principio. I medici dovrebbero per prima cosa guardare il bene e la dignità della persona che si trovano davanti e chiedere ad essa se vuole affrontare le conseguenze di un accanimento terapeutico o meno e rispettare la loro decisione senza influenzarli in alcun modo.
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