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Dichiarazione di Romano PRODI
«Basta con i veti, chi non ci sta esca dall'Ue»
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(15 giugno 2008) - fonte: web site - Romano Prodi. - inserita il 06 luglio 2008 da 2761
Colloquio con il giornalista di Repubblica Marco Marozzi all'indomani della vittoria dei 'No' al referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.
Amarezza, ma tirare avanti. Anche con durezza. Romano Prodi mastica cattivo su passato e presente. «Però anche adesso serve pensare al futuro» dice. Proponendo - da ex che parla a chi non solo in Italia torna a tirarlo per la giacca - una Unione europea che non si fermi per i no. Ma scelga di vivere e lavorare «con intensità diverse». Se l' Irlanda si blocca, gli altri procedano, dice l' ex presidente. E chi non ci sta, esca dalla Ue. Il suo discorso arriva da lontano. Dalla Slovacchia dove è in vacanza con la moglie Flavia. Da un Paese della «nuova Europa» ragiona sul Vecchio Continente.
«Non si può andare avanti con il voto all' unanimità, in una Unione a 27» attacca. «E smettiamola di dire che i problemi vengono dagli Stati nuovi, quelli entrati nel 2004 con l' allargamento. I guai più grossi sono sempre arrivati dai vecchi. Dalla Gran Bretagna e dall' Irlanda, che fra l' altro ha avuto vantaggi enormi dall' adesione».
Cinquantacinque miliardi di euro sono piovuti su Dublino da quando, nel 1973, è entrato nella Ue. «Sono molto addolorato - dice Prodi - perché il no viene da un popolo che più di ogni altro ha goduto i vantaggi dell' adesione alla Ue e ha avuto tassi di sviluppo elevatissimi e aiuti economici che non hanno confronti».
Ma l' italiano che fu presidente della Commissione europea cerca di lanciare la palla in avanti. Torna l' idea di un' Europa a due velocità. «Bisognerà creare un' avanguardia di Paesi. Tutte le grandi realizzazioni dell' ultima fase di vita europea sono frutto di questa differenziazione, perché non tutti gli Stati hanno aderito all' euro e agli accordi di Schengen. Certo, dovrà avere le porte sempre aperte verso chi vorrà entrarvi. Ma se i ritardatari si rifiutano di avanzare i più veloci devono procedere comunque».
L'allora presidente della Commissione e quello della Convenzione che scriveva la Magna Charta europea, Valery Giscard d' Estaing, avevano anche sostenuto la necessità di inserire regole non solo per l' adesione alla Ue, ma anche per l' uscita da essa. «Non si può star dentro senza pagar dazio» disse Giscard. «I governi - commenta ora Prodi - traggano coerentemente le conseguenze del no democratico dei loro popoli ai Trattati. L'Europa non può più procedere a singhiozzo bloccata dai veti di coloro che non si sentono più appartenenti a questa grande impresa». Queste tesi Prodi le ha sostenuto nel libro uscito proprio mentre il suo governo cadeva, in Italia. Un libro sull'Europa, «La mia visione dei fatti».
Presentando quest'opera sfortunata il Professore si rifarà vivo pubblicamente in Italia, lunedì sera a Bologna. In un incontro con Sandro Gozi, il deputato che fu con lui nel gabinetto di Bruxelles e ha raccolto le riflessioni pubblicate dal "Mulino", e Virgilio Dastoli, rappresentante Ue a Roma. L' Europa, il grande amore, che torna e ritorna. Segno di speranze e crolli. E' duro il giudizio di Prodi sulla Ue. «Il vertice del giugno 2007 a Lisbona dove trovammo un accordo sulla riforma dei Trattati non è stata una bella pagina della storia europea. Non è stata scritta la storia di cui l' Europa ha bisogno. Vedevo i leader chiusi in una stanza per convincere i gemelli Kaczynski a cedere sulle barricate polacche, altri impegnati a tenere unito il gruppo dei più europeisti. E in me via via, con il passare delle ore, si rafforzava la convinzione che il cantiere europeo non poteva essere quello, doveva essere rilanciato puntando su nuovi protagonisti e nuove formule». «Occorre davvero farsi capire dai cittadini, lavorare sui giovani - insiste Prodi - far comprendere in che modo, in positivo, l' Europa incide nella loro vita quotidiana. I leader devono essere più coraggiosi, più capaci di impegnarsi su un vero progetto europeo. Non si può pensare di costruire la governance solo con i vertici, le direttive, le revisioni dei trattati. Non è un problema di diritto, ma di politica. E poiché la politica è fatta dai partiti, sta a loro assumersi le proprie responsabilità. C' è la necessità di nuove grandi alleanze europee, in vista delle elezioni del 2009
Fonte: web site - Romano Prodi. | vai alla pagina » Segnala errori / abusi