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Dichiarazione di Massimo D'ALEMA

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Allontaniamo da noi i sospetti di un inciucio.

  • (17 giugno 2008) - fonte: Corriere della Sera - Maria Teresa Meli - inserita il 17 giugno 2008 da 31

    «Dobbiamo fare di tutto per evitare di dare l’impressione che stiamo inciuciando con Silvio Berlusconi anche perché non sarebbe possibile farlo, come non è possibile farsi dettare l’agenda dal governo».
    E' con questa frase che negli ultimi giorni Massimo D’Alema accoglie compagni di partito ed ex alleati del centrosinistra che vanno a parlare con lui.
    E sicuramente l’eco di quelle parole sarà giunta anche a Walter Veltroni, mentre sul tavolo gli arrivavano i sondaggi riservati assai meno rassicuranti di quelli pubblici. L’uscita di ieri che lascia presagire la rottura del dialogo con la maggioranza non è stata quindi estemporanea: il segretario l’ha preparata anche in vista di un’assemblea costituente che rischiava di trasformarsi in un passaggio più che difficile per Veltroni.
    Il leader del Pd è sempre molto attento alle mosse di D’Alema, ma in questi ultimi tempi lo è ancora di più.
    Di recente si è anche lamentato del fatto che sia nata un’associazione di parlamentari vicini a Italianieuropei presieduta da Paolo De Castro, un personaggio a metà tra D’Alema e Prodi: «Vorrei capire di che cosa si tratta e quali sono i suoi reali scopi».
    Eppure D’Alema non sembra intenzionato a tuffarsi nelle beghe di partito.
    Non per ora almeno. Tant’è vero che in questo periodo, scherzando, l’ex titolare della Farnesina si autodefinisce «un simpatizzante del Pd», come a marcare le distanze e a lasciare intendere che lui non ha intenzione alcuna di organizzare l’ennesima corrente.
    Piuttosto, D’Alema, con le iniziative della «sua» Fondazione sembra voler disegnare la fisionomia di un altro partito, del Pd che vorrebbe, per intendersi.
    Diverso da quello di Veltroni, indubbiamente, ma non significa che la guerra interna cominci adesso.
    La dimostrazione che D’Alema non intenda andare allo scontro diretto, Veltroni in realtà l’ha avuta anche ieri, nella riunione del caminetto del partito. In quel consesso si è parlato per ben quattro ore e mezzo della collocazione europea del Pd.
    L’ex ministro degli Esteri ha dato una mano al segretario per venir fuori da quell’ingarbugliata questione.
    Fino al punto di proporre che i Ds, che attualmente aderiscono all’Internazionale socialista, ne escano, mentre il Pd vi entri ma come osservatore esterno, alla stregua del Partito Democratico americano e del Partito del Congresso indiano.
    Un modo per respingere l’offensiva rutelliana e per rassicurare gli ex popolari, un’ipotesi non da poco, visto che Piero Fassino, nella riunione, si è alterato: «Andiamoci piano con queste cose!».
    Ma la diffidenza nei confronti di D’Alema resta tutta.
    Ed è inutile che l’ex titolare della Farnesina dica: «Spero che Walter capisca che quel che faccio con la Fondazione è utile al Pd».
    Infatti è con sospetto che i veltroniani guardano al seminario di oggi sulle politiche istituzionali, promosso da D’Alema, guest star Casini.
    Quel che temono è che da lì D’Alema faccia trapelare la sua posizione sulla riforma elettorale delle europee: no a uno sbarramento che renda la vita impossibile all’Udc e a Rifondazione.
    Anche per questa ragione Veltroni, ieri, ha tenuto a precisare di essere favorevole a una soglia del 3 per cento e non del 5, come chiesto da Berlusconi.
    Anche se non ha specificato se vuole trattare anche sul restringimento dei collegi elettorali, il che produrrebbe di fatto uno sbarramento più alto del 3 per cento: un’ipotesi, questa, invisa sia al Prc che all’Udc.
    Insomma, Veltroni, tanto più dopo l’ecatombe siciliana è perennemente sul chi vive e non poteva non esserlo anche sul fronte «dialogo sì, dialogo no», tanto più che Berlusconi non gli sta ancora offrendo la sponda della riforma elettorale.
    Ed è perciò, per prevenire possibili dissensi o offensive dalemiane, che ha irrigidito la linea del Pd.
    Ma i suoi continuano a dirgli che non basta, che l’unico modo per salvarsi è andare al congresso anticipato.
    Però gli ex ppi, con cui Veltroni ha fatto asse, non vogliono le assise.
    E il segretario rischia di restare in mezzo al guado...

    Fonte: Corriere della Sera - Maria Teresa Meli | vai alla pagina
    Argomenti: riforma elettorale, veltroni, casini, pd, D'Alema | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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