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D’Alema chiama sinistra e Casini prove per una nuova alleanza.
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(18 giugno 2008) - fonte: La Repubblica - Goffredo De Marchis - inserita il 18 giugno 2008 da 31
La prova di un "nuovo centrosinistra", che dovrebbe andare da Casini a Cesare Salvi, passando per D’Alema, Rutelli e Bassanini.
«Sì, si può dire che ieri è stata disegnata una possibile alleanza per il futuro», commenta Salvi.
Per il momento l’intesa si limita alle riforme istituzionali ed elettorali.
Mancano parecchi passaggi per definire una coalizione diversa dalle attuali e non sono cose da poco: economia, stato sociale, politica estera.
Ma sul rilancio del parlamentarismo, la critica al bipartitismo che piace invece a Veltroni e Berlusconi, l’attacco al presidenzialismo strisciante all’italiana, l’accordo è solido.
Tanto che il seminario a porte chiuse organizzato ieri da Italianieuropei, Astrid, Fondazione Basso, Crs, Glocus, Fondazione Mezzogiorno Europa, Quarta Fase, Istituto Sturzo e Socialismo 2000 diventerà un convegno pubblico a metà luglio.
E da quell’appuntamento uscirà una piattaforma organica di riforme, praticamente una proposta alternativa allo schema su cui hanno lavorato i leader di Pd e in questi mesi, capace di scombinare i giochi in vista del referendum elettorale della prossima primavera.
Al centro del nuovo progetto c’è naturalmente il sistema elettorale tedesco, quasi un proporzionale puro.
Al seminario sulle riforme, quattro ore di discussione con 70 partecipanti, non c’era Walter Veltroni, che ha declinato l’invito.
Per la segreteria del Pd ha partecipato Dario Franceschini con Salvatore Vassallo, l’autore del testo di riforma su cui si sono confrontati i poli prima del voto.
Raccontano di una tenaglia D’Alema-Casini che ha messo in difficoltà l’architettura istituzionale costruita dall’ala veltroniana.
Ma Franceschini e Vassallo sapevano di essere in minoranza in questo contesto.
D’Alema ha premesso: «Le fondazioni non si occupano direttamente del dialogo tra maggioranza e opposizione. Contribuiscono però a definire un impianto culturale solido che aiuta il confronto, naturalmente».
Come dire che il Pd deve dotarsi di una sua agenda di riforme, non può farsela dettare dal Cavaliere e con quella presentarsi al tavolo.
Detto questo, l’ex titolare della Farnesina spiega che al convegno di metà luglio verrà invitato anche il governo.
Possibili sponde alternative a Berlusconi di questo cartello" di associazioni? Giulio Tremonti e la Lega.
Soprattutto con la spada di Damocle referendaria che pende sulla testa del Carroccio.
Naturalmente questa agenda ha connotati opposti alla proposta del vertice democratico.
Muove dal sistema tedesco che Vassallo al seminario liquida così «non è in campo», rimbeccato dal dalemiano Roberto Gualtieri: «Basta mettercela».
Franceschini usa il massimo della cautela possibile, ma difende la scelta del Pd di correre liberi, di «essere il baricentro di un’alleanza» in una logica che aimolti oppositori presenti appare simile all"‘autosufficienza".
D’Alema è su un’altra linea. Boccia persino l’elezione diretta dei presidenti di regione, frutto di una svolta parlamentarista evidente.
Dall’altra parte Pier Ferdinando Casini condanna il governo ombra anche con una certa ironia: «Consiglio al Pd di non cercare ancora l’istituzionalizzazione di questo strumento. Non fa molta strada e si rivelerà un favore a Berlusconi».
D’Alema condivide la critica. L’ex ministro degli Esteri e il leader dell’Udc si scambiano anche un bigliettino complice (il primo lo invia al secondo) mentre parlano altri oratori.
L’attivismo delle fondazioni, sospettate di essere delle correnti mascherate, sarà uno dei nodi che Veltroni dovrà sciogliere all’assemblea costituente di venerdì e sabato.
Il segretario è intenzionato a difendere l’impostazione di fondo del Partito democratico, a cominciare dalla scelta di «andare liberi» al voto.
Chiederà di non dare vita a un’ organizzazione basata sulle correnti.
Poi sfiderà chi ha un’idea diversa a venire allo scoperto, a parlare a viso aperto. Non evocherà il congresso anticipato, ma c’è sempre la replica di sabato per annunciare che «la parola deve passare ai fondatori del Pd» se viene messo in discussione l’intero impianto.
Cioè alle primarie sulla leadership, ai tre milioni e mezzo del 14 ottobre.
Fonte: La Repubblica - Goffredo De Marchis | vai alla pagina » Segnala errori / abusi