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Caro Tremonti, io dico: viva gli speculatori.
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(24 giugno 2008) - fonte: Libero - Antonio Martino - inserita il 24 giugno 2008 da 31
Raramente le parole sono neutrali, usate per descrivere, spesso sono invece cariche di un connotato positivo o negativo, usate per esprimere giudizi favorevoli o critici di qualcosa o qualcuno. È questo il caso dei termini "speculazione" e "speculatore", che hanno una forte carica negativa, esprimono riprovazione.
La speculazione viene considerata una squallida attività antisociale, contraria agli interessi generali, e lo speculatore un malvagio che si arricchisce a spese e danno della collettività.
Nell’opinione radicata di quanti usano quei termini c’è un disprezzo per qualcosa che sta al confine fra il lecito e il reato, lo speculatore non sarà un criminale in senso stretto ma ci manca poco.
L’indignazione e la denuncia sono implicite nell’uso di quelle parole. Ora, se invece di esprimere giudizi morali analizziamo il fenomeno della speculazione e del modo in cui opera, scopriamo che tanto sdegno non è in fin dei conti giustificato anche perché il fenomeno non è affatto necessariamente nocivo.
Potrà magari irritare l’alta considerazione che abbiamo di noi stessi constatare che qualcun altro riesce ad arricchirsi con quella che a noi sembra vergognosa facilità, ma non abbiamo titolo a decidere che gli speculatori debbano finire sul rogo. Vediamo.
La legge dei prezzi
L’unico modo in cui si possa guadagnare a questo mondo consiste nel comprare a poco e vendere a molto: chi acquista una determinata merce o un titolo azionario a prezzo basso e lo rivende a molto guadagna, chi effettua l’operazione opposta, comprando a molto e vendendo a poco, perde.
Questo è evidente.
Ora, se l’insieme degli speculatori compra quando una merce è abbondante ed il suo prezzo è basso, somma la propria domanda alla domanda di mercato e contribuisce a rendere meno basso il prezzo del prodotto in questione, che sarà più alto di quanto sarebbe in assenza di speculazione.
D’altro canto se gli speculatori vendono quando una merce è scarsa ed il suo prezzo alto, sommano la propria offerta a quella di mercato e rendono meno scarsa la merce e più basso il suo prezzo.
L’effetto netto della speculazione è quindi stabilizzante: rende meno bassi i prezzi bassi e meno alti quelli alti.
Vista dal punto di vista della quantità, la speculazione rende meno abbondante una merce quando ce n’è "troppa" e meno scarsa quando ce n’è "troppo poca".
Non solo, quindi, stabilizza ì prezzi che hanno fluttuazioni meno marcate di quanto avrebbero altrimenti, ma tende anche a distribuire e rendere più uniforme la disponibilità della merce nel tempo.
Se le cose stanno così, non si vede perché il fenomeno debba meritare la riprovazione generale.
Ovviamente nulla garantisce a priori che gli speculatori guadagnino dalla loro attività e se, per incompetenza o carenza di informazione, effettuano scelte sbagliate, non solo ci rimettono loro ma determinano anche conseguenze negative per la collettività.
Infatti, se comprano quando c’è penuria di un certo prodotto, lo rendono ancora più scarso e determinano un ulteriore aumento del suo prezzo e, se vendono quando è abbondante, riducono ulteriormente il già basso prezzo.
In questo caso la speculazione è destabilizzante e gli speculatori nel loro insieme subiscono perdite.
Com’è ovvio, tuttavia, ciò non accade intenzionalmente - guadagnare è interesse di chi specula - e quindi è da ritenersi . eccezionale la speculazione destabilizzante.
I benefici sociali
Questa lunga e spero semplice premessa serve per mostrare come sia insensata l’idea diffusa secondo cui l’alto prezzo del petrolio sia dovuto alla speculazione - «ci sono più contratti che barili», ha sentenziato con grande sicumera il nostro impareggiabile ministro dell’Economia - perché, a meno di sostenere che gli speculatori siano autolesionisti, non si vede perché dovrebbero acquistare quando il prezzo è alto (in attesa di poter vendere quando sarà più basso?).
Quello che accade è che gli speculatori prevedono prezzi più alti degli attuali e quindi comprano adesso per vendere allora.
Così facendo consentono al prezzo di anticipare adesso una parte dell’aumento che è destinato ad avere in futuro. Questo incentiva un uso meno esteso del petrolio, l’adozione di tecniche volte a risparmiarlo e la ricerca di nuovi approvvigionamenti, tutte attività che lo renderanno meno scarso e meno caro in futuro.
Ancora una volta siamo in presenza di una attività socialmente benefica: gli speculatori, arricchendosi, fanno anche il nostro interesse.
Fonte: Libero - Antonio Martino | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 26 giugno 2008 da 2847
Sono pienamente d'accordo con il Professore Onorevole Martino. Avrei solo una osservazione. Ora come ammesso dal Professore, paghiamo di più il prezzo del petrolio, come anticipo del prezzo futuro. Ma il prezzo futuro, il quale sarà più alto, sarà al netto dell'anticipo o invece ci troveremo a dover pagare di più di quello che avremmo pagato senza i "più contratti che barili" di adesso? E' vero che in questo modo, ora, questo prezzo incentiva tecniche migliori, quindi logicamente in futuro dovremmo pagare meno il petrolio, ma c'è un fattore che prima o poi dovremmo considerare: il petrolio è una risorsa scarsa e prima o poi finirà e questo in un primo momento farà impennare il prezzo per poi (quando avremmo trovato una fonte alternativa) essere molto basso. A quel punto il petrolio, però, non ci interesserà più. Secondo me l'aumento del petrolio sarà inevitabile, ma queste "speculazioni" come dice il Professore Martino tenderanno ad determinare un prezzo più basso in futuro di quello senza speculazioni poiché dovremmo utilizzare tecniche migliori e trovare nuovi approvvigionamenti. Donatello Masellis
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