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Dichiarazione di Mario PESCANTE

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  - Pres. commissione Unione Europea Camera


 

“Che grande errore boicottare Pechino” - Intervista

  • (24 giugno 2008) - fonte: L'Opinione delle Libertà - Elisa Borghi - inserita il 24 giugno 2008 da 31

    Mario Pescante di Olimpiadi ne ha viste parecchie.
    Era ai Giochi di Città del Messico nel 1968. A Monaco, nel 1972, alloggiava di fronte alla palazzina degli israeliani presi in ostaggio e poi uccisi dal commando palestinese. A Mosca, nell’80, assisteva al boicottaggio Usa.
    E il prossimo agosto naturalmente sarà a Pechino, in veste di presidente della commissione Rapporti internazionali del Cio. Ecco che cosa pensa dell’Olimpiade cinese.
    Un evento che ha seguito nei dettagli fin dai negoziati per l’assegnazione.
    Ripercorriamo la storia di questi Giochi. Cosa ha chiesto il Cio alla Cina in sede negoziale?
    Senza entrare nei dettagli, il Cio ha chiesto il rispetto dei diritti umani.
    E su vari fronti i cinesi hanno fatto importanti passi avanti. Mi riferisco ad esempio alla pena di morte ed alla legge che rimanda ad un tribunale nazionale il riesame delle condanne dei tribunali locali. Misura che ha ridotto molto la percentuale delle esecuzioni capitali. Noto con dispiacere che alcuni colleghi particolarmente attivi sul fronte di un eventuale boicottaggio dei Giochi, non sono al corrente di questi risultati. Ma ciò forse è dipeso dal fatto che il Cio ha praticato una diplomazia molto silenziosa.
    Sulla pena di morte può fornire dei dati?
    Secondo Amnesty International, nel 2006 in Cina le condanne a morte sono state circa diecimila. Le cifre ufficiali di Pechino parlano invece, per lo stesso anno, di quattromila giustiziati. A novembre del 2006 è stata istituita la Corte per il riesame delle sentenze capitali, e nel corso del 2007 si è avuto il minimo storico dei condannati a morte. Non posso fornire le cifre ufficiali, che sono state comunicate in maniera riservata, ma posso dire che questa diminuzione è confermata da varie associazioni locali. E non finisce qui. E’ diminuita anche la lista dei reati che prevedono la pena capitale. E dallo scorso marzo è proibito il traffico degli organi - cuore, fegati, reni - che vengono espiantati dai condannati. E una nuova legge prevede il consenso dei congiunti per l’espianto.
    Sul fronte tibetano e quello della libertà di stampa però i problemi restano.
    Veramente anche per la stampa c’è una nuova legge.
    Che prevede libertà di intervistare e libertà di circolazione della stampa.
    Mi riferisco naturalmente ai giornalisti accreditati dal Cio, che sono circa dodicimila, ventimila considerando anche gli operatori televisivi e radiofonici.
    In effetti Reporter sans frontiers ha segnalato dei problemi, ma relativi ai giornalisti che chiedevano di andare a Lhasa proprio nei giorni in cui c’erano i disordini, e nello Xinjiang, altra provincia turbolenta.
    Potendo tornare indietro, in sede negoziale chiederebbe qualche cosa di più alla Cina?
    Io parto dal presupposto che questi Giochi – che qualcuno ha anche interpretato come una celebrazione di regime – testimoniano che la Cina sta cambiando.
    Una parte della nazione, che è quella che nello sport ha più contatti con il mondo internazionale, si è impegnata ed ha ottenuto le Olimpiadi proprio per far fare al Paese un salto di qualità dal punto di vista culturale, politico e sociale.
    In questo contesto assicurare ai giornalisti stranieri la libertà di circolazione è un fatto importantissimo, che non ha precedenti.
    Perché è tanto contrario al boicottagio?
    Seguo le Olimpiadi da molto tempo. E so che le Olimpiadi sono un palcoscenico ineguagliabile su cui vuole salire chi solitamente sta in platea e non ha i riflettori puntati addosso. Questo vale anche per chi sostiene cause assolutamente condivisibili, che restano nel silenzio per quattro anni e vengono alla luce solo al momento dei Giochi.
    Si sapeva che il Tibet sarebbe insorto.
    Lo sport combatte quotidianamente quelle battaglie che oggi tanti dicono di sostenere. Battaglie contro il razzismo, per l’abbattimento di barriere e per favorire l’amicizia tra i popoli. Noi lo facciamo continuamente. Continuamente. A Pechino sfileranno insieme, unite, le squadre della Corea del Sud e della Corea del Nord.
    L’alfiere della squadra afgana ai giochi di Atene è stata una donna. Questi sono i risultati che consegue l’olimpismo.
    Si vuole indebolire l’olimpismo con i boicottaggi? Bene, ma che cosa accadrà il giorno dopo i Giochi? Forse qualcosa che favorisca l’indipendenza Tibet o il rispetto dei diritti umani? No. Niente. Non accadrà nulla di tutto questo. Tutto tornerà nell’ombra.
    Dunque tanto vale non fare nulla?
    Quello che intendo dire è che il sostegno a certe cause dovrebbe essere più forte e venire da altri settori, come quello economico, politico, diplomatico. Ambienti che invece restano silenti.
    Ma al di là dei discorsi di principio, vale sempre l’elenco dei risultati ottenuti. Parlavo prima della libertà di circolazione dei giornalisti ma voglio segnalare anche la libertà di espressione per gli atleti. Che avranno libertà di parola durante i Giochi. Le pare poco? Io ero a Mosca nel 1980, quando gli americani invitarono al boicottaggio sostenendo anche in questo caso che si trattava di un saggio di regime. In realtà anche lì migliaia di giornalisti e di sportivi hanno dato uno scossone al Paese. Se non hanno prodotto la glasnost e la perestroika, le hanno sicuramente sollecitate.
    La comunità internazionale interviene regolarmente con sanzioni e misure più o meno gravi nei confronti degli Stati che non rispettano i diritti della persona. Bisogna fare un’eccezione per la Cina?
    Vuole che il mondo si occupi degli Stati che non rispettano i diritti fondamentali? Posso elencare decine di paesi che meritano la nostra attenzione.
    Forse lo Zimbawe non esigerebbe un intervento? E il Sudan? E Cuba? E l’Iran?
    L’olimpismo svolge la sua funzione, che è quella di mantenere il dialogo tra le genti indipendentemente da quanto avviene a livello politico, non accettando però il razzismo e le discriminazioni di lingua, di razza, di sesso e religione.
    Il resto lo devono fare la diplomazia, le organizzazioni internazionali e l’economia, che strizza l’occhio alla Cina.
    Perché tutto è silente e si chiede solo all’olimpismo di boicottare? A Pechino la storia del boicottaggio ha causato un rigurgito di nazionalismo, un odio nei confronti degli occidentali anche nei circoli antimaoisti.
    Riguardo al boicottaggio, il governo italiano pare diviso e il ministro Frattini dice che l’Italia si allineerà alla posizione della Ue.
    Quando sono stato interpellato, ho dato due suggerimenti. Non solo di allinearci, ma di promuovere una linea convergente dell’Unione Europea.
    Sarkozy, tanto per precisare, prima ha dichiarato che non sarebbe andato ai Giochi poi, quando qualcuno ha fatto presente che dal primo luglio il presidente francese sarà presidente anche dell’Unione Europea, ha corretto il tiro.
    Questo per dire che l’Italia deve essere più attiva.
    Il 6 e 7 luglio sarò a Parigi per una riunione dei presidenti di tutte le commissioni parlamentari che si occupano dei Giochi. Parlerò della necessità di trovare un approccio comune almeno in questo. Anche se non sarà facile.
    Torniamo alle divisioni del governo italiano.
    A me sorprende l’atteggiamento di qualche collega della maggioranza. Io ero dirigente del Coni quando l’Italia si qualificò per la finale della coppa Davis, che doveva tenersi nel Cile di Pinochet. In quell’occasione il Coni si schierò insieme alla destra per andare a battersi in Cile per la conquista della coppa Davis - che è poi l’unica che abbiamo vinto nella storia del tennis italiano - e tutto il fronte della sinistra italiana attaccò la nostra partecipazione.
    Poi vennero le Olimpiadi di Mosca, con relativo cambio della guardia: la sinistra era a favore dei giochi e la destra contro. Oggi ci risiamo. Ma questo discorso o vale sempre, oppure, se lo si tira fuori a seconda di come è schierato il paese di turno, non mi pare molto coerente.
    Vede la democrazia nel futuro della Cina?
    La parola democrazia è forte. Anche se sul piano dei diritti umani la consapevolezza sta crescendo. Un miliardo e 400milioni di persone sono difficili da governare, in Cina per ora la stabilità è assicurata da quel tipo di regime. Dobbiamo aiutarli a cambiare, ad abbracciare le conquiste che nel corso dei secoli paesi anche meno evoluti hanno assicurato al proprio popolo: più democrazia, rispetto dei diritti umani, tolleranza politica e religiosa, regole più rigorose nell’economia... L’olimpiade può dare un contributo. Se lasciamo soli i cinesi l’unica evoluzione sarà quella dettata dai mercati occidentali.

    Fonte: L'Opinione delle Libertà - Elisa Borghi | vai alla pagina
    Argomenti: economia, attività politica, UE, Tibet, diritti umani, Stampa, Olimpiadi, cina, unione europea, diplomazia | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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