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Dichiarazione di Giulio TREMONTI
Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro Economia e Finanze (Partito: PdL)
Federalismo, svolta condivisa.
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(18 luglio 2008) - fonte: Il Sole 24 Ore - Giulio Tremonti - inserita il 18 luglio 2008 da 31
Le riforme istituzionali sono strategiche per questo Paese almeno quanto quelle per lo sviluppo dell’industria. E sono la riforma costituzionale sostanziale - la cosiddetta bozza Violante, sulla quale è in atto una costruttiva discussione - e il federalismo fiscale. Ho considerato molto importanti, a questo proposito, due interventi svolti nei giorni scorsi dal presidente Gianfranco Fini e dal presidente Massimo D’Alema. Credo che siano stati interventi che qualificano questo Paese, sul versante della classe politica, un Paese che esprime statisti.
Come è abbastanza evidente, in base alla Costituzione della Repubblica italiana, la materia del federalismo fiscale non è possibile oggetto di referendum, essendo materia di bilancio e tributaria. Tuttavia, pur non essendo «referendabile», il federalismo fiscale, per scelta di questo Governo - e speriamo per simmetrica scelta anche da parte dell’opposizione -può essere realizzato solo con un consenso generale. Aggiungiamo e notiamo che nel Paese non c’è solo consenso, ma anche convinzione; da ultimo, convinzione e fiducia che viene anche dal Mezzogiorno d’Italia. Registriamo nel Paese la caduta di giustificabili diffidenze: credo che si diffonda, anche al Sud, la convinzione che il federalismo fiscale sia o possa essere una prospettiva positiva perchè protetto dai due fondi di perequazione e solidarietà previsti dalla Costituzione della Repubblica italiana, nella quale profondamente ci riconosciamo.
Negli anni passati l’idea del federalismo fiscale applicata all’Italia era indicata sui mercati finanziari come la via per l’Argentina; adesso, forse, c’è quasi l’eccesso opposto, vale a dire che si potrebbe pensare che sia la via per la terra promessa. Credo abbia senso stare a metà; stare a metà vuol dire provarci, farlo, esserne convinti ed essere convinti della possibilità di farlo. Credo che la ricerca del consenso non possa essere limitata solo al rapporto - semplificando - tra destra e sinistra, ma debba essere fatta anche tra centro e periferia, coinvolgendo anche le Regioni e la dimensione municipale, dimensione storica non marginale, ma fondamentale nella vita civile di questo Paese. Credo che la sede giusta, anche perché si tratta di un collegato alla legge finanziaria, sia la Camera dei deputati; non la sede.del Governo o di un ministero, ma la Camera politica dei deputati.
Credo che sia fondamentale l’accordo tra tutti noi sulla preventiva costruzione di una base di dati condivisi sulle grandezze di finanza pubblica; è fondamentale, prima di fare scelte politiche, avere una base di dati condivisi sulle entrate, sulle uscite, sugli stock, sui flussi, su tutte le dinamiche aggregate. È facile fare esercizi arbitrari, ma è fondamentale fare un esercizio di costruzione di una base di dati comuni, condivisi. Per quanto ci riguarda, tutto è aperto a tutte le scelte, senza pregiudiziali ideologiche o tecniche, sapendo che il quadrante della riforma sarà tra tasse, spese, patrimonio e debito.
Alcune ipotesi sulle tasse: non c’è alcuna scelta preconcetta, la discussione è ancora tutta aperta. L’unico obiettivo che ci poniamo, quello fondamentale del federalismo, è l’avvicinamento quanto più prossimo, quanto più forte possibile, tra ciò che si amministrata e ciò che si tassa, in modo da stabilire, dal basso verso l’alto, il collegamento fondamentale della democrazia: no taxation without representation. È bellissimo il saggio di Tocqueville sulla democrazia, laddove è scritto che la democrazia inizia dalla pubblicazione del bilancio presso la casa comunale. Crediamo, tra l’altro, che la scelta federalista sia quella strategica per ridurre l’evasione fiscale in Italia. Tutto è possibile in una logica centrale e molto è stato fatto, credo anche con il nostro concorso: la riforma della legge sulle esattorie, la loro nazionalizzazione, che ha rimosso lo scandalo delle esattorie private - che pure per un secolo e passa è stato caratteristico del nostro Paese - è dovuto a una legge finanziaria, l’ultima fatta da noi.
Crediamo che l’effettivo contrasto all’evasione fiscale possa venire con il federalismo fiscale, in un Paese che ha 8 mila comune più di 4 milioni di partite Iva. Già nella legge finanziaria c’è un significativo potenziamento della partecipazione dei comuni all’accertamento delle imposte dirette, ma crediamo che la via fondamentale sia quella territoriale. Sulle spese credo che ormai si stia formando un consenso: non partiamo dalla spesa storica, che contiene le distorsioni storiche, partiamo da standard nuovi, comuni, sui quali poi si giocherà al meglio o al peggio; ma certo non possiamo andare avanti con un sistema che nel 2000 spendeva per le invalidità circa 6 miliardi di euro, che .oggi, dopo il Titolo V asimmetrico, ne spende più di 12. Un raddoppio delle spese di invalidità non è giustificato dal declino demografico della popolazione, dall’abbattimento sulla nostra popolazione di eventi catastrofici esterni, non è del Nord, del Centro, del Sud, non è di destra, non è di sinistra, non è dei grandi o dei piccoli - è un fenomeno tuttavia insostenibile. Dobbiamo aiutare i veri invalidi, dobbiamo evitare di finanziare falsi invalidi.
L’altro prezzo del quadrante è il patrimonio. Nei nostri due programmi elettorali è avanzata l’ipotesi di alienazione di parti importanti del patrimonio immobiliare. La Repubblica italiana ha un enorme passivo collocato sul mercato nella forma di titoli di debito, ha un ancora maggiore attivo attualmente fuori dal mercato: un attivo fatto da beni materiali, immateriali, regionali, comunali e statali. È molto difficile ipotizzare che tale enorme patrimonio, credo uno dei più grandi dell’Occidente, possa essere trasferito sul mercato in blocco, di colpo, soprattutto nelle presenti condizioni di mercato. Un’ipotesi che facciamo - ma è solo un’ipotesi - è quella di trasferire tutto il patrimonio pubblico ai Comuni, alle Regioni dove si trovano gli immobili, in modo che siano loro a valorizzare questi beni. Non è un trasferimento, ma è il ritorno alla condizione, alla posizione dove quei beni nella, storia si sono formati e costruiti. Credo, insomma, che sia corretta la definizione che ha dato del federalismo fiscale il Presidente della Repubblica: ineludibile.
Fonte: Il Sole 24 Ore - Giulio Tremonti | vai alla pagina » Segnala errori / abusi