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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

Fassino e Rossi? Non ci credo.

  • (23 luglio 2008) - fonte: Il Riformista - Antonio Polito - inserita il 23 luglio 2008 da 31

    Che fa un povero giornalista come me, che non frequenta procure, questure e centri di ascolto, quando piove dal cielo l’ennesimo scandalo? Come fa a decidere se deve trattarlo come una bufala o come una cosa seria? La risposta è: va d’istinto. Si fida del buon senso. Si lascia guidare da un dettaglio, da un nome, da una circostanza.

    Leggendo la lunga tavarolata di ieri su Repubblica, il dettaglio che mi è saltato agli occhi è il seguente: Piero Fassino e Nicola Rossi che gestiscono a Londra l’Oak fund (il fondo Quercia), dove l’ormai mitica maxi-tangente pagata da Colaninno ai Ds sarebbe approdata dopo essere passata «nella pancia di trecento società in giro per l’Europa». Ora io conosco un po’ Piero Fassino, e un po’ meglio Nicola Rossi. E so per certo che la cosa è impossibile. Non perché scommetta sulla loro onestà, cosa che pure faccio e che ieri hanno fatto in tanti. Ma perché vi posso assicurare che se la Quercia avesse davvero avuto un tesoro all’estero, non l’avrebbe mai affidato a Fassino e Rossi Il primo è un frenetico piemontese che non sta fermo un minuto, che pensa solo alla politica, s’inebria di interviste e di passioni: avrebbe difficoltà a gestire le rate del mutuo di casa figurarsi un fondo all’estero.
    Il secondo, poi, è un mite gentiluomo meridionale che vive del suo, un intellettuale della Magna Grecia del tutto privo di quella fedeltà alla Causa perinde ac cadaver, che sarebbe necessaria perché gli fosse affidata la chiave della ditta.
    Voglio essere sincero fino in fondo. ci fossero stati altri due nomi, al posto di quelli, (che so, Caio e Sempronio, e sostituite pure voi lo pseudonimo con i nomi che vi vengono in mente) avrei dubitato. Ma Fassino e Rossi no. Per favore.

    Il dettaglio falso.
    Mi è successa qualcosa del genere qualche settimana fa, quando uscì la falsa intercettazione in cui Berlusconi parlava della Carfagna con Confalonieri. Anche lì, subito una nota stonata. Il falso Berlusconi diceva: preferirei farmi un altro lodo Mondadori che farmi..., i puntini seguono per decenza. Ecco, immaginare che all’uomo, al culmine di una rievocazione erotica, venisse in mente il lodo Mondadori, mi era impossibile. E infatti non era vero.

    Stessa cosa mi accadde con l’altro presunto scandalo Telekom Serbia quando il Giornale pubblicò le rivelazioni di un tizio secondo il quale anche lì Fassino, con Prodi e Dini, aveva intascato fior di tangenti. E anche lì un particolare stonato. La gola profonda diceva che il nome in codice di Fassino, ai tempi della dazione, era «Cicogna». Ora io sapevo con certezza che il primo a disegnare Fassino come una cicogna era stato il vignettista del Riformista del tempo, Roberto Perini e che i fatti in questione risalivano a prima della nascita di questo giornale «Cicogna» era dunque una citazione anacronistica. Scommisi subito per la balla. Di balla si trattava.
    Buon senso dice che se un dettaglio è clamorosamente falso, l’intera storia puzza. E ciò che sospetto. E mi domando: se balza agli occhi di un povero giornalista, perché non balza agli occhi di un giornalista ricchissimo di fonti, di notizie e di mezzi? (E, tra parentesi, ma perché ve la prendete sempre con Fassino?).

    Fonte: Il Riformista - Antonio Polito | vai alla pagina
    Argomenti: tangenti, Fassino Piero, Ds | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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