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Dichiarazione di Gianfranco FINI

Alla data della dichiarazione: Pres. Camera   (Lista di elezione: PdL)  - Deputato (Gruppo: FLI) 


 

«Nulla di intentato per porre fine al conflitto»

  • (24 luglio 2008) - fonte: Il Messaggero - Claudia Terracina - inserita il 25 luglio 2008 da 31

    ROMA - Hanno le stesse espressioni impietrite le madri israeliane e palestinesi che hanno perso un figlio. Soldato, saltato in aria in una pizzeria, o, addirittura, terrorista, che ha portato lì quella bomba. Per le madri non fa differenza. Non conta essere l’eroe che difende il suo Paese, o il ”martire” islamico suicida. Conta solo il dolore. Che accomuna, ma non fa compiere passi avanti verso la comprensione reciproca. La guerra resta e separa. «Non mi importa che tu abbia voluto combattere nell’unità più eroica per difendere questa terra. Io ti volevo solo vivo», dice, straziata, Ottavia Piccolo, che, nel monologo ”Terra di latte e miele”, dà voce all’israelo-italiana Manuela Dviri Vitali, che rimprovera il figlio «finito sotto metri di terra, invece di vivere. Io non ti avevo dato il permesso di morire», grida. Il dolore è lo stesso, le storie sono diverse. E restano, purtroppo, separate. Lo sforzo della regista e autrice Barbara Cupisti, che firma il film documentario, realizzato da Rai-Cinema e Digital Studio, premio David di Donatello 2008, riesce solo a mostrare l’orrore di una guerra senza fine. Ragazzi, con un filo di barba, in divisa, controlli, cheeck-point, sguardi inquieti, perquisizioni. Ne sa qualcosa la madre di quel soldato suicida «perché non voleva più tornare in Libano». O la mamma di Nablus, che fissa il video in cui rivive la morte del figlio, ucciso da una pallottola dum-dum, e domanda con rabbia: «Voi, madri israeliane, vi chiedete mai perché i vostri ragazzi portano le armi e come le usano?». Dall’altra parte, gli stessi interrogativi. «Perché l’odio? Perché il terrore e i kamikaze?». Sono interrogativi che restano senza risposta. «Come il conflitto israelo-palestinese, che sembra stia sempre lì lì per terminare e invece non finisce mai», sottolinea Emilia De Biasi del Pd, a nome della vicepresidente della Camera, Rosy Bindi, e delle segretarie di presidenza, Lorena Milanato e Silvana Mura, che hanno voluto la proiezione del filmato a Montecitorio. «Ma se le voci delle madri, di tutte le madri, venissero ascoltate, la pace farebbe davvero passi avanti», assicura il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ricorda ancora «quanto mi disse una mamma israeliana, di origine italiana, a Gerusalemme, durante una mia visita in altra veste. Ho due figli, mi confidò, e vanno alla stessa scuola, ma li mando su due autobus diversi. Almeno sono certa che uno di loro tornerà sicuramente a casa. Sono parole che non dimentico, così come non posso dimenticare le sofferenze delle madri palestinesi. Ecco, perché c’è un dovere che dovrebbe essere nell'animo di tutti noi. Non lasciare nulla di intentato per raggiungere la pace, la convivenza di due popoli e di due Stati, che a volte sembra davvero vicina, salvo poi allontanarsi. La speranza che si proceda verso la pace è solo nel capire le ragioni dell’altro. Occorre ascoltare il dolore inesauribile e incomprensibile delle madri per mettere un tassello verso la convivenza pacifica. E queste testimonianze delle mamme israeliane e palestinesi sono un insegnamento sulla strada della comprensione reciproca».

    Fonte: Il Messaggero - Claudia Terracina | vai alla pagina
    Argomenti: guerra, militari, medio oriente, cinema, palestina, israele, fini | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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