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«L’Italia è bloccata, serve l’unità nazionale» - Intervista
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(25 luglio 2008) - fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo - inserita il 26 luglio 2008 da 31
Adornato: Berlusconi fa l’errore di Prodi. Prima le riforme insieme, poi alleanze di nuovo conio
ROMA - «L’Italia è una macchina ferma. Per ripartire bisogna cambiare il motore. Berlusconi commetterebbe lo stesso errore del 2001, se pensasse che il consenso elettorale ricevuto gli basterà». Ferdinando Adornato aprirà oggi a Todi il seminario di Liberal, il primo di un nuovo ciclo, dopo la rottura con Berlusconi e la scelta centrista. Fino all’anno scorso l’appuntamento di Todi era legato al progetto della Casa comune dei moderati. Ma quel progetto, spiega Adornato, è stato «abbandonato» dal Cavaliere. Così, domani l’ospite d’onore sarà Casini e gli interlocutori nel seminario Gasparri e Cicchitto, Rutelli e Fassino, la Binetti e Mastella. Pdl e Pd, interlocutori alla pari. «Il finto bipartitismo, il Veltrusconi, è rapidamente crollato come dicevamo in campagna elettorale. L’Italia avrebbe bisogno, almeno dal 2006, di un governo di unità nazionale. Prodi ha commesso un errore storico e l’ha pagato salato. Ma anche Berlusconi si accorgerà presto che il suo è un decisionismo senza decisioni».
Non le pare provocatorio, in questo contesto, proporre un governo di unità nazionale?
«Non propongo una formula. Basterebbe un clima nuovo, una comune assunzione di responsabilità di fronte alla crisi che stiamo attraversando. Il Paese è in declino e bloccato da vent’anni. Serve uno spirito di ricostruzione. Invece persino una parola debole come ”dialogo” diventa da noi una missione impossibile».
Sta dicendo che, prima di dividersi sul governo del Paese, le principali forze politiche dovrebbero fare le riforme istituzionali?
«Non solo quelle. La verità è che tutti i capitoli della transizione italiana sono rimasti incompiuti. La rivoluzione degli anni ’90 doveva risolvere la questione istituzionale, la questione giudiziaria, la questione dell’unità nazionale, la questione della modernizzazione liberale. Ma siamo rimasti in mezzo al guado. I problemi sociali si sono aggravati. E il sistema è sempre più instabile».
Eppure molti pensano che il successo di Berlusconi abbia messo un punto fermo e aperto un nuovo ciclo.
«La tesi non mi convince. Berlusconi è entrato in politica per fare la rivoluzione liberale e ora si trova con un Tremonti che guarda al passato e ripropone vecchie ricette keynesiane. Nessuna risorsa aggiuntiva è stata destinata alla scuola, alla ricerca, alla conoscenza, che sono le vere frontiere del futuro. Berlusconi scommette tutto sulla sua leadership. Ma il leaderismo senza partiti è un’altra causa della paralisi, non è certo la soluzione».
Quale ricetta proporrà al seminario di Todi?
«Magari bastasse una ricetta. Serve un atto di responsabilità di tutti. E tra i moderati di Pdl e Pd ci sono personalità che avvertono il rischio. Bisogna anche ricostruire la politica. Anzi, i partiti. Perché la nostra è diventata purtroppo una democrazia senza partiti. Siamo fuori dal dettato dell’art. 49 della Costituzione. E una questione democratica è aperta tanto nel Pdl che nel Pd».
Liberal è stata co-promotrice del convengo delle Fondazioni che ha rilanciato il modello tedesco. Non pensa che sia un obiettivo irrealizzabile in questa legislatura?
«Tutto pare irrealizzabile da noi. Ma questa è la sfida che il Centro lancia a Pdl e al Pd. Il bipartitismo non c’è. L’Italia non può ridursi ad un sistema binario. A pochi mesi dal voto già volano gli stracci tra Bossi e Fini, come tra Veltroni e Di Pietro. E non su temi marginali. Il nostro è un sistema a cinque: Lega, Pdl, Centro, Pd e un’area antagonista che oggi è rappresentata da Di Pietro. Solo riconoscendo questo si può ricomporre una rappresentanza e gettare le basi per una democrazia funzionante».
Volete una democrazia mediata che garantisca rendite di posizione e margini di manovra ai partiti, dicono i vostri critici.
«Vogliamo un sistema flessibile e non rigido. Criticavamo la Prima Repubblica perché era una democrazia bloccata. Abbiamo costruito un sistema non meno bloccato. Il premio di maggioranza ingessa alleanze innaturali. Il valore da difendere è l’alternanza dei governi, non un astratto bipolarismo. Gli elettori debbono poter scegliere tra proposte in competizione. Ma perché escludere alleanze di nuovo conio, fuori dagli schemi militari Pdl-Lega e Pd-alleati vari? L’importante è che siano presentate chiaramente agli elettori. E, se le elezioni finiscono pari, non si può vietare l’intesa tra i partiti maggiori...»
Ma il Centro quali alleanze preferisce? «Le alleanze si faranno sui programmi e sulle priorità del Paese. Prima delle elezioni. Ma intanto togliamoci i paraocchi e ricomiciamo a ragionare insieme sull’Italia».
Fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo | vai alla pagina » Segnala errori / abusi