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"L'Italia non può sottrarsi alla missione di pace" - INTERVISTA
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(14 agosto 2008) - fonte: Il Mattino - Maria Paola Milanesio - inserita il 15 agosto 2008 da 31
Roma. «I militari italiani sono nei Balcani, in Afghanistan, nel Libano, impegnati su quei territori a impedire che i conflitti esplodano in modo ingovernabile. Non vedo ragione perché l’Italia, se richiesto, non debba partecipare a una missione nel Caucaso». Piero Fassino, ministro degli Esteri del governo ombra, apre alla forza di peace-keeping.
Ma la maggioranza è divisa su questa iniziativa dell’Ue.
«In questo momento l’obiettivo prioritario è consolidare la tregua, anche chiedendo a Mosca e Tbilisi di cessare la guerra della disinformazione. Non può accadere - come è successo ieri - che si racconti di 60 carri armati russi in marcia sulla capitale della Georgia, salvo poi scoprire che era tutto inventato. Consolidare la tregua è fondamentale per mettere fine alla sofferenza della popolazione, per inviare aiuti umanitari e per creare le condizioni per l’avvio di un percorso negoziale. Se l’Europa, l’Onu, l’Osce decideranno di inviare una forza di peace keeping internazionale, ritengo che l’Italia non possa sottrarsi».
Quali rischi comporta la linea punitiva degli Stati Uniti, che vorrebbero escludere la Russia dal G8, dal Wto, dall’Osce?
«È solo una esibizione di muscoli velleitaria: difficile pensare di escludere la Russia da questi organismi internazionali, perché si determinerebbe la crisi e il collasso di queste stesse istituzioni la cui forza sta proprio nella loro rappresentatività. Se mutilate della presenza di membri significativi non hanno più ragione di esistere».
Il successo dell’Europa è dovuto ai buoni rapporti di Sarkozy e Berlusconi con Putin o dal peso reale dell’Ue?
«Penso che le scelte dei governi non dipendano mai esclusivamente dal bon ton nelle relazioni personali ma piuttosto da considerazioni di carattere politico. Di fronte a una azione tempestiva e immediata dell’Europa, Mosca e Tbilisi hanno capito che non potevano non accogliere l’appello e la mediazione di Bruxelles. Doveva farlo la Georgia, perché se la guerra fosse continuata sarebbe andata incontro a una sconfitta sicura; doveva farlo la Russia perché, quand’anche avesse invaso la Georgia avrebbe dovuto spiegare il suo gesto al mondo, e non sarebbe stato facile.
Questa Europa di cui spesso si parla male va apprezzata, perché si è mossa subito e bene».
Dopo la caduta del muro di Berlino si stanno ricomponendo nuovi blocchi?
«La caduta del muro ha posto fine a un equilibrio durato più di 40 anni. Le due potenze governavano il mondo, scontrandosi o mettendosi d’accordo a seconda delle circostanze. Dal 1989 la situazione è diventata molto più fluida: non è più riproducibile uno schema bipolare ma va perseguito un governo del mondo fondato sul riconoscimento di una multipolarità. Per evitare una situazione di anarchia, è importante rafforzare le organizzazioni internazionali, Onu, Osce, Ue e trovare il modo di costruire la nuova governance».
Fino a che punto si possono assecondare le voglie indipendentiste dei Paesi orfani dell’Unione sovietica? «Stiamo scontando eredità non risolte: la prima affonda le sue radici nella storia di russificazione dei Paesi caucasici, allorché è avvenuto che consistenti comunità russe, che erano parte della maggioranza della popolazione nell’Unione sovietica, si siano ritrovate improvvisamente minoranza; la seconda eredità è il modo caotico con cui l’Unione sovietica si è dissolta nel 91, con la nascita di repubbliche che si sono autoproclamate indipendenti, senza un preventivo negoziato a definire il nuovo assetto; la terza eredità è determinata dal dramma dei Balcani. Con la dissoluzione della Jugoslavia sono nati Stati fondati sul principio dell’omogeneità etnica, un precedente che se esteso in ogni situazione aprirebbe un gioco del domino tale e dalle conseguenze così imprevedibili da cancellare tutti gli Stati che ora esistono».
Lei ha proposto una conferenza di pace. Sarà possibile riunire allo stesso tavolo Putin e Saakashvili?
«Ho ripreso una proposta del Parlamento europeo del gennaio scorso, in cui si prospettava una conferenza per la stabilità del Caucaso con l’assistenza di Onu e Osce. È un’ipotesi da prendere in considerazione, perché l’Ossezia non è caso isolato: è l’intero Caucaso a dover trovare un assetto stabile e condiviso. Naturalmente il presupposto perché si realizzi questa conferenza è la reciproca fiducia tra gli interlocutori, una fiducia che va ricostruita dopo gli episodi di questi giorni. Superate le ferite ora aperte, l’Ue potrà svolgere un ruolo essenziale per creare le condizioni adatte a riunire attorno a un tavolo tutti i protagonisti di questa crisi. Siamo consapevoli che non sarà semplice e non sarà a breve, ma bisogna mettersi al lavoro subito».
Fonte: Il Mattino - Maria Paola Milanesio | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 15 agosto 2008 da 31
Fassino, parli sempre di pace ma non vedi l'ora di far partire qualche "missione" militare. Una domanda. Ma il militare di leva l'hai fatto? E, sotto sotto, mi sembra spunti un po' di nostalgia Sovietica. Datti una calmata, Pierino. O parla con La Russa, così ti sfoghi un po' dallo stress derivante dal malconcio Pd.
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