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Dichiarazione di Nicola MANCINO
«Ora il Guardasigilli scopra le sue carte» - INTERVISTA
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(03 settembre 2008) - fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli - inserita il 03 settembre 2008 da 31
Roma. Sicuramente non è tra chi sbarra la porta al confronto e non condivide i no netti di alcuni magistrati. Ma Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, chiede che, finalmente, «ciascuno scopra le sue carte». Lui lo fa, dichiarando quel che, a suo avviso, si può fare e quel che non andrebbe fatto.
Napolitano chiede una riforma condivisa. È possibile?
«È necessario. Non possiamo rischiare che la giustizia venga riformata ad ogni cambio di maggioranza. Senza dialogo è difficile, certamente più complicato, completare le riforme che tutti auspicano, anche perché oggettivamente non più rinviabili, ma che nelle due precedenti legislature si sono dovute limitare alla modifica, certo significativa ma insufficiente, dell’ordinamento giudiziario».
Non sembra che tutti auspichino una riforma. Quanto meno non la stessa riforma...
«Ho detto che tutti la auspicano, non che tutti concordino sul da farsi».
Magistrati e opposizione pensano che si punti non tanto a velocizzare i processi quanto a piegare i giudici. Lei?
«Non posso e non voglio fare un processo alle intenzioni. Auspico, invece, che il confronto si avvii finalmente sul merito delle proposte».
Sta chiedendo al ministro di scoprire le sue carte?
«Una sessione parlamentare dedicata alla Giustizia sarebbe una buona premessa perché maggioranza ed opposizioni scoprano le loro carte e si confrontino. E uno dei modi per avviarla potrebbe essere proprio una comunicazione del Ministro. Il dialogo, così, non sarebbe più solo liturgia di dichiarazioni di buona volontà ma avvio responsabile della soluzione dei problemi irrisolti. Per farle insieme, queste riforme, è necessario non usare armi o parole minacciose».
C’è chi propone di ripartire dalla bozza della bicamerale presieduta da D’Alema. Condivide l’idea?
«Sarebbe bene ricordare che allora non ci fu intesa su punti essenziali. Si potrebbe ripartire da quei dibattiti, sapendo però perché in questo settore ci si arenò fino a provocare l’archiviazione di una più complessiva e ambiziosa riforma».
La maggioranza mette in discussione una magistratura «intoccabile».
«La modifica dell’ordinamento giudiziario ha inciso profondamente sullo status del magistrato, la cui professionalità viene valutata ogni quattro anni e la cui funzione, se direttiva, può durarne al massimo otto. L’anzianità, che prima della riforma era dirimente nella valutazione comparativa, oggi è solo elemento di legittimazione per essere scrutinati».
Nel mirino c’è anche il suo Csm.
«L’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella ha reso obbligatoria l’azione disciplinare e impegnato la Procura generale presso la Cassazione a istruire in numero rilevante procedimenti a carico di magistrati: la sezione disciplinare che presiedo ha più che raddoppiato il lavoro e impegnato il collegio giudicante a colpire con tempestività comportamenti non corretti di singoli magistrati».
Condivide separazione delle carriere e sdoppiamento del Csm?
«Sono contrario alla separazione delle carriere, non ostile al rafforzamento della distinzione di funzioni tra inquirenti e giudicanti. Ma il doppio Csm di cui si parla - anche se non mi pare che il ministro coltivi questa idea - non mi convince per niente: la ghettizzazione di duemila pubblici ministeri è un pericolo da non correre».
L’obbligatorietà dell’azione penale va rivista?
«Per me il principio deve rimare fissato nella Costituzione. Non escludo però che sia la stessa Costituzione a prevedere che una maggioranza qualificata del Parlamento - dal 66 per cento in su - possa stabilire priorità e discriminare tra diversi reati a seconda dell’allarme sociale che provocano».
Non è un no netto...
«Personalmente avrei preferito la riduzione e riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie, l’impegno a dotare tutti gli uffici di moderne strutture informatiche, una depenalizzazione robusta e un numero più adeguato di magistrati. I tempi lunghi per pervenire a risultati di efficienza e produttività mi hanno persuaso a non impiccarmi all’albero dell’obbligatorietà, ma non rinuncio all’idea di un ripristino nel tempo del principio costituzionale senza se e senza ma».
Alfano starebbe per intervenire per decreto sulle sedi scoperte.
«Il Csm ha evidenziato, all’unanimità, il rischio di non poter coprire, per carenza di domande, sedi giudiziarie soprattutto in aree in cui è presente la malavita organizzata. È il governo che deve trovare la soluzione ma senza vanificare il divieto sancito nell’ordinamento giudiziario per cui il magistrato di prima nomina deve stemperare nel confronto collegiale il suo impatto con un potere che, soprattutto, nel settore penale, non ha limiti. Segnalando al ministro l’esigenza di copertura di molte sedi vacanti, il Csm ha ribadito che nessuna area può rimanere priva della presenza dello Stato».
Fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli | vai alla pagina » Segnala errori / abusi