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Dichiarazione di Giorgio NAPOLITANO

Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica


 

Dare forza all’Europa.

  • (07 settembre 2008) - fonte: l'Unità - Giorgio Napolitano - inserita il 07 settembre 2008 da 31

    (dall’intervento del Presidente della Repubblica in video-conferenza con il Workshop Ambrosetti di Villa d’Este)

    Svolgerò brevi considerazioni su alcune questioni poste a base dell’agenda per l’Europa. Innanzitutto, la situazione dell’Unione Europea alla luce del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona. Direi che al clamore e all’allarme suscitati dal risultato di quel referendum è seguita una fase di attesa più distaccata.
    Uno sforzo, quasi, per sdrammatizzare quell’imprevisto e brusco incidente di percorso. E chiaramente si confida - innanzitutto da parte della Presidenza francese - che venga proposta dalle stesse autorità irlandesi, a partire dal Consiglio europeo del prossimo ottobre, una via d’uscita dall’impasse che si venuto a determinare. In effetti è possibile, anche se non sicuro, che si trovi il modo per giungere a un nuovo pronunciamento popolare in Irlanda, tale da salvare il completamento del processo di ratifica del Trattato di Lisbona. Non possiamo tuttavia negare il danno di immagine già provocato dal no - sia pure di un piccolo paese - col quale si è bloccata e posta in forse l’attuazione di importanti, innovative scelte istituzionali da tempo considerate necessarie e pazientemente concordate. Il danno reale è certamente quello del ritardo che ne è derivato: insieme col rischio di una perdita di credibilità dell’Unione, della sua capacità di decidere, di cambiare se stessa, di consolidare e sviluppare nel futuro il suo ruolo.
    Credo che abbiano ragione quanti contestano ogni facile pessimismo ed esprimono fiducia nella forza di cui dispone l’Unione per andare oltre momenti di crisi anche grave. E’ vero, il processo di integrazione - a quasi sessant’anni dagli inizi - ha messo radici così profonde da apparire o poter essere giudicato irreversibile. E tuttavia non possiamo sottovalutare i punti deboli, le fragilità, i nodi che restano da sciogliere.
    Può avere futuro l’Unione Europea se il dissenso che si registra anche in uno solo dei suoi Stati membri determina una pesante battuta di arresto, suscita il timore di una paralisi? Si può invece mettere in discussione la regola dell’unanimità anche nei campi in cui è rimasta un tabù: a cominciare da quello della definizione e ratifica di nuovi Trattati? Si può prospettare una integrazione differenziata, innanzitutto sperimentando cooperazioni rafforzate tra i paesi che vogliano e possano procedere più speditamente?
    Interrogativi, lo sappiamo, tutt’altro che nuovi, e sempre elusi, ma che la forza testarda dei fatti risolleva acutamente. Il grande allargamento dell’Unione fino a 27 Stati membri ha rappresentato una scelta e un evento di grande significato storico: ma esso davvero richiede che, per preservarne le potenzialità, si escluda ogni differenziazione?
    E’ bene tenere vita questa riflessione, tenere aperto questo dibattito, pur dando la priorità al massimo sforzo per far entrare in vigore al più presto il Trattato di Lisbona, per il contributo che è destinato a venirne al rafforzamento della coesione e della capacità di decisione dell’Unione.
    Ci si chiede, nel proporre l’Agenda per l’Europa 2009, se l’Unione Europea sia in grado di assolvere efficacemente il suo ruolo rispetto alla competizione globale. Penso che la questione sia riferibile non solo alle performance cui è chiamata l’economia europea ma ad un processo di globalizzazione che esige un balzo in avanti della capacità d’azione politica dell’Unione sul terreno complessivo delle relazioni internazionali.
    Si discute oggi soprattutto dei temi della competitività, della crescita, della governance finanziaria. Ma sono temi non separabili da quello del livello di coesione e iniziativa politica dell’Unione.
    Le stesse nuove sfide cui in tempi recenti l’Unione si è accinta a dare risposte - i cambiamenti climatici, i fabbisogni energetici - implicano l’affermarsi di una più forte volontà e autorità politica da parte dell’Unione.
    Nel momento attuale, poi, l’accento non può non cadere sulla assoluta, impellente necessità di un effettivo protagonismo europeo sul piano internazionale, di una decisa accelerazione verso una politica estera e di sicurezza comune dell’Unione.
    Un segnale positivo, dinanzi alla crisi georgiana, è venuto nei giorni scorsi dal Consiglio europeo: si è riusciti - non dirò miracolosamente, ma al di là di meno rosee realistiche previsioni - ad esprimere una posizione unanime. Ma le tensioni non sono mancate e restano abbastanza visibili, in particolare sul tema di un costruttivo equilibrio tra critica e pressione per il rispetto da parte della Federazione russa di principi e impegni irrinunciabili, e conferma, arricchimento, rilancio della cooperazione tra UE e Russia, così come tra Nato e Russia, a fini di sicurezza comune su scala paneuropea e euroatlantica.
    E allora non ci si può affidare a un’accorta mediazione in sede di Consiglio Europeo quando scoppi una crisi acuta, ma si deve costruire - questo è il termine appropriato: costruire - una politica estera e di sicurezza davvero comune, sotto la guida - come prevede il Trattato di Lisbona - di un solo responsabile in seno all’Unione e grazie all’apporto di strutture di sostegno per l’analisi, per l’elaborazione e per la messa in atto di scelte quindi meglio ponderate e concertate.
    Vorrei che vedeste, in quel che ho detto, il sommario contributo di un convinto credente nella causa europea. Convinto ma problematico, perché solo così oggi si può esserlo.

    Fonte: l'Unità - Giorgio Napolitano | vai alla pagina
    Argomenti: europa, presidente Napolitano, unione europea, Russia, trattato di Lisbona, Nato, Consiglio Europeo, trattati internazionali | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 08 settembre 2008 da 31
    Diamo forza all'Europa, ma non perchè siano sconvolti i diritti primari. No alla privatizzazione dell'acqua. No alle speculazioni selvagge e rese legali sull'ambiente, patrimonio di tutti. Lei, Presidente, almeno in Italia, "certe leggi" può rispedirle al mittente. E vigilare sul codice penale. L'art. 283 C.P. è stato stravolto. Da due anni non è più reato fare un colpo di Stato, purchè non si utilizzino "mezzi violenti". E infatti le televisioni e i media non sono "mezzi violenti". Attenzione all'Europa, ma i cittadini italiani vivono in Italia!

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