Ti trovi in Home  » Politici  » Vincenzo VISCO  » I poveri pagheranno più tasse dei ricchi. - INTERVISTA

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Vincenzo VISCO


 

I poveri pagheranno più tasse dei ricchi. - INTERVISTA

  • (08 settembre 2008) - fonte: l'Unità - Bianca Di Giovanni - inserita il 08 settembre 2008 da 31

    Il gioco sull’Ici è di quelli ad alto rischio. In un carosello di assicurazioni (non tornerà mai) e ammiccamenti (magari qualcosa con il federalismo), torna sul tavolo la tassa appena eliminata (a spese dei Comuni). Ultima «trovata»: la service tax, un nome che piace anche a Tremonti, assicura il vulcanico ministro della semplificazione Roberto Calderoli. Un carosello fiscale che sembra un gioco, se non fosse che nasconde una trappola infernale e dolorosa. «La verità è che vogliono eliminare la progressività. Che significa? Detto in parole povere: che i ricchi pagheranno di meno dei poveri». È un attacco tranchant quello di Vincenzo Visco, viceministro al Tesoro nell’ultimo governo Prodi, finito più volte sotto il fuuoco di chi le tasse avrebbe voluto toglierle a tutti (meno che ai lavoratori dipendenti).
    Il fisco torna al centro del dibattito, ma i toni con il centrodestra sembrano pacificati. Nuove tasse, ma nessuno si straccia le vesti. Come la vede?
    «Solo il livello di analfabetismo a cui siamo arrivati può giustificare questo dibattito senza senso».
    Perché senza senso?
    «È ovvio che a livello locale le tasse servono per pagare i servizi. A che altro se no? Il problema è un altro. Gli esempi di imposte locali che esistino sono sostanzialmente di due tipi: sul valore del patrimonio e la quantità dei servizi. Tecnicamente si possono creare tante soluzioni diverse. La Thatcher si inventò la poll tax, sul numero di persone, e le si scaraventò contro un putiferio. La differenza tra le varie opzioni è semplice: quanto più si va verso forme di poll tax, cioè legate ai servizi, tanto più la tassa è regressiva. Cioè la pagano i poveri. Chiuso: è inutile fare tanti giri di parole».
    Perché quella sul patrimonio è progressiva?
    «Certo che è progressiva: per questo la vogliono abolire».
    Quindi con il passaggio da Ici a «service» pagheranno meno i ricchi e più i poveri?
    «A parità di gettito sì, è molto probabile. Questo è il motivo per cui in alcuni sistemi, come quello americano per esempio, c’è l’imposta sul patrimonio. È un modo per far pagare i ricchi».
    Invece con la nuova tassa sui servizi?
    «Bisogna vedere com la si costruisce: ci saranno vari riferimenti (metri quadrati, numero delle persone, quartieri). Viene fuori una tassa nuova, più complicatan e con ogni probabilità più spostata a favore di chi guadagna di più».
    Lei è stato preso di mira per la riforma Irpef. Oggi Tremonti l’ha confermata e nessuno ha chiesto più nulla. Come si sente?
    «Non mi sento in nessun modo: penso semplicemente che sia a destra che a sinistra si è persa ogni cognizione degli effetti distributivi dei sistemi fiscali. Inconsciamente passa una linea per cui le tasse devono essere pagate dai ceti medio-bassi. Io ho cercato di far pagare chi non pagava: per questo ho pagato».
    Nessuno scandalo per la pressione fiscale che aumenta?
    «È successo già nell’altra legislatura, io l’ho sempre detto. Hanno aumentato le tasse su imprese e alcune accise. La pressione complessiva non è aumentata perché si è allargata l’evasione».
    Passiamo ad Alitalia: anche lei voleva fare una bad company e una newco. Come Berlusconi?
    «Il mio piano era diverso per un fatto fondamentale: che l’azionariato di newco e bad company rimaneva lo stesso. Il 49% restava allo stato. Era stata una proposta di Micheli che avevo appoggiato. Quando siamo andati al governo la società era sostanzialmente fallita. Per capire bene bisogna partire dal 2001. All’epoca la società avrebbe potuto entrare a testa alta nel gruppo franco-olandese. Ma Berlusconi fermò tutto. Seguirono 5 anni di gestione irresponsabile. Si ricorda o no che addirittura Maroni ammise alle trattative un sindacato corporativo dei piloti che non aveva diritto. Quando siamo arrivati c’era poco da fare. La proposta che io e Padoa-Schioppa appoggiammo era quella della bad company e della newco con unico azionista il Tesoro. La newco era destinata ad aumentare valore: in questo modo si recuperava denaro per compensare il costo della bad company. Si sarebbe salvato tutto».
    Perché non si realizzò?
    «Perché bisognava riconoscere che la compagnia era sostanzialmente fallita: un passaggio molto difficile. Così si scelse la cessione in borsa e poi la gara».
    Cosa pensa della soluzione di oggi?
    «Io stimo sia Colaninno che Sabelli: sono due bravi manager. Ma il fatto è che la proposta Air France era migliore su tutti i fronti. I francesi avrebbero preso i debiti e avrebbero pagato di più e avrebbero lasciato molti meno esuberi. Era una proposta eccellente per le condizioni date. Per i privati è sicuramente un buon investimento, perché il valore patrimoniale crescerà di certo e per di più acquisteranno i cespiti della bad company a prezzi da liquidazione. Per i contribuenti il prezzo sarà alto».

    Fonte: l'Unità - Bianca Di Giovanni | vai alla pagina
    Argomenti: alitalia, tasse, ricchi e poveri, irpef, ici, servizi pubblici | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (1)

  • Inserito il 08 settembre 2008 da 31
    «In alcuni sistemi c'è l'imposta sul patrimonio. È un modo per far pagare i ricchi» dice Visco. E aggiunge:«Io ho cercato di far pagare chi non pagava: per questo ho pagato». Sig. Visco, l'Italia purtroppo, non fa parte di quei sistemi. Ha ragione quando introduce l'intervista sul fisco con la frase: «Solo il livello di analfabetismo a cui siamo arrivati può giustificare questo dibattito senza senso».

Per scrivere il tuo commento devi essere loggato