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Alla data della dichiarazione: Pres. Camera (Lista di elezione: PdL) - Deputato (Gruppo: FLI)
Fascismo e caso, su Salò sono amareggiato: «Sprovvedutezza» di sindaco e ministro.
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(10 settembre 2008) - fonte: Corriere della Sera - Francesco Verderami - inserita il 10 settembre 2008 da 31
An è nata con l'obiettivo storico di condurre la destra italiana in Europa, perciò a Fini non piace il gioco dell'oca, perché - dopo anni di strappi e una faticosa legittimazione non può essere contemplato il rischio di fermarsi un giro, nè tantomeno di tornare alla casella di partenza. Ecco il motivo per cui è «amareggiato e preoccupato » - così lo descrivono - dopo le polemiche provocate dalle parole di Alemanno e di La Russa sul fascismo e sulla Rsi.
Il presidente della Camera ha avuto modo di parlare in questi giorni con esponenti politici e rappresentanti della Comunità ebraica italiana, ai quali ha confidato il suo disappunto: «Non dovevano affrontare certi argomenti senza prevedere cosa avrebbero suscitato». Insomma, non mette in dubbio la loro buona fede, ma dovevano essere «più avvertiti», invece c'è stata «sprovvedutezza». La questione è molto delicata, anche perché i rappresentanti del partito coinvolti nella querelle sono il ministro della Difesa e il sindaco di Roma. E chissà se sabato, alla festa di Azione Giovani, Fini dirà la sua nel tentativo di chiudere la vicenda. In attesa di avviare nuove iniziative che diano il senso del percorso intrapreso dalla destra italiana, «che deve avere un profilo di destra europea».
È chiara l'allusione, ecco perché serviva prudenza, specie alla vigilia di un altro passaggio storico: la nascita del Pdl che a Strasburgo siederà tra i banchi del Ppe, dove An è sotto osservazione. Nè la questione dell'identità nè le voci sulla guerra di posizionamento per la successione sono in cima ai pensieri di Fini. A infastidirlo è stata l'infelice combinazione tra le parole espresse da Alemanno e La Russa, e i luoghi dove sono state pronunciate. L'infortunio del sindaco di Roma è avvenuto in concomitanza con la visita allo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto dove Fini definì «epoca del male assoluto» il fascismo, «infami» le leggi razziali e «vergognosa» la pagina della Repubblica sociale. Mentre il ministro della Difesa ha tenuto il suo discorso sui soldati della Rsi davanti a Napolitano, con il quale il presidente della Camera tiene un rapporto strettissimo. Le relazioni si sono andate consolidando fin dal discorso di insediamento sullo scranno più alto di Montecitorio, quando Fini onorò il 25 aprile e il Primo maggio, ricevendo gli elogi del capo dello Stato per un intervento «non di parte». Una settimana dopo, nel Giorno della memoria per le vittime del terrorismo, con un gesto che fece clamore Napolitano rese omaggio a tutti i caduti, anche a quelli di destra. Un evento che Fini non mancò di sottolineare l'indomani all'Assemblea di An, convocata per passare il testimone al «reggente» La Russa: «Onorano i nostri morti. Abbiamo vinto. Non siamo più figli di un dio minore». Le parole di Napolitano e la sua elezione alla terza carica dello Stato testimoniavano come fosse «finito il dopoguerra»: «Se un uomo che ha la tessera di An diventa presidente della Camera, vuol dire che si è colmato un fossato». Perciò il gioco dell'oca non gli piace. Non può piacergli vedere la destra nel mirino di polemiche alimentate da temi che richiamano alle ideologie del passato. Confidava che quella stagione fosse «ormai alle spalle», l'aveva detto con un senso di liberazione nell'Aula di Montecitorio. E sarà pur vero che Alemanno ha riconosciuto nei suoi colloqui riservati di aver sottovalutato gli effetti, e che la Russa voleva ricordare i soldati della Repubblica sociale «senza intenti revisionisti»: «Lo dovevo fare - ha spiegato a un amico - eppoi cos'ho detto più di Giampaolo Pansa?».
Ora però va messa una toppa allo sbrego, tanto più dopo che ieri il capo della Comunità ebraica romana Pacifici ha chiesto - riferendosi chiaramente al ministro della Difesa - di «avere dei chiarimenti da parte di alcuni esponenti dell'attuale governo». E in più ha esplicitato che con il sindaco di Roma «ci sono delle divergenze». Pacifici con cui Fini vanta un ottimo rapporto - ha sottolineato che «non c'è alcun intento di strumentalizzare» la vicenda. Ma erano inevitabili le ricadute politiche, gli affondi di Veltroni, e di chi come il senatore democratico Tonini ha messo il dito nella piaga, marcando la distanza tra il presidente della Camera e i suoi: «Da Alemanno avremmo voluto sentire le stesse parole che pronunciò Fini». Proprio nella fase più delicata, quella dell'avvicinamento al Pdl, si avverte un vuoto di leadership dentro An. E non c'è dubbio che Fini - pur avendo un ruolo istituzionale - dovrà in qualche modo farsi carico del problema. Malgrado l'avesse promesso salutando il suo partito, «troverò il modo di fare politica», al momento non si vede traccia. Peraltro tensioni e inciampi determinano fibrillazioni anche negli alleati.
Raccontano che dirigenti autorevoli di Forza Italia abbiano contattato rappresentanti della Comunità ebraica, preoccupati per il rischio che si potessero incrinare i rapporti. Non è così. Ma la questione non può essere nascosta. E nelle parole dell'azzurro Quagliariello s'intuisce l'irritazione. Prima il vice capogruppo del Pdl al Senato si propone in una difesa d'ufficio: «La condanna per i regimi illiberali è senza eccezioni, e l'intervento dei rappresentanti di An non ha concesso nulla a quei regimi». Poi sottolinea che va fatta una «differenziazione tra il giudizio storico complessivo e il giudizio sugli individui»: «Se i politici fossero un po' più attenti a queste dinamiche non commetterebbero questi errori». Berlusconi per il momento è riuscito a rimanere fuori dalla polemica che coinvolge il suo ministro della Difesa, ma c'è chi ieri invitava a leggere con attenzione quanto detto dal premier nella conferenza stampa seguita all'incontro con il vicepresidente statunitense Cheney: «Da parte mia e del popolo italiano è sempre presente la gratitudine per il vostro popolo e per le vittime americane che ci hanno ridato la dignità e la libertà dopo la Seconda guerra mondiale». Tra i maggiorenti di An c'è chi si trattiene a stento: «Non è che per la leggerezza di qualcuno deve pagare tutto il partito». Ecco perché a Fini non piace il gioco dell'oca della destra.
Fonte: Corriere della Sera - Francesco Verderami | vai alla pagina » Segnala errori / abusi