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Dichiarazione di Paolo CIRINO POMICINO


 

Alitalia, la vera italianità.

  • (15 settembre 2008) - fonte: La Stampa - Paolo Cirino Pomicino - inserita il 15 settembre 2008 da 31

    Caro direttore,
    non sappiamo come si concluderà la vicenda Alitalia, ma quel che è certo è che quella storia non racchiude solo gli interessi di migliaia di lavoratori e del nostro servizio di trasporti aereo ma anche una visione sul ruolo del nostro capitalismo in una economia di mercato. Il Leitmotiv degli ultimi mesi è stato «l’italianità» della nostra compagnia di bandiera. A chi, come noi, negli anni dell’ubriacatura privatizzatrice a tutti i costi sosteneva l’idea che il capitalismo italiano avrebbe dovuto trovare un proprio protagonismo nel più generale riassetto del capitalismo europeo, quell’appello all’italianità è sempre suonato un po’ peloso. Funzionale, cioè, più a una polemica politica contingente che non a una visione strategica di fondo.

    Mai come nel trasporto aereo, infatti, l’internazionalizzazione è una condizione essenziale per le grandi economie di scala che determina e per la crescente concorrenza delle compagnie low cost. Un’internazionalizzazione che è qualcosa di più e di diverso degli accordi commerciali. È un’integrazione societaria, capace di ridurre i costi finanziari, industriali e commerciali. Fu questo il motivo per cui ci schierammo con una specifica mozione parlamentare a sostegno della scelta di Air France come partner internazionale. Tentammo invano di spiegare, però, a Tommaso Padoa Schioppa che quella scelta, industrialmente saggia, aveva bisogno di un correttivo.

    La proposta Air France era un’Ops (offerta pubblica di scambio) accettando la quale il Tesoro, azionista al 49% di Alitalia, sarebbe diventato un azionista con il 2% della nuova compagnia Air France-Klm-Alitalia. Troppo poco per poter essere accettata. Se si fosse fatto prima un aumento di capitale sottoscritto da soggetti pubblici e/o privati per almeno 1 miliardo di euro l’integrazione con Air France avrebbe portato il nostro capitalismo a essere un azionista del 6-7% nella più grande compagnia aerea del mondo, il cui primo azionista rimaneva lo Stato francese con il 16%. E sarà questa la sponda alla quale si approderà se l’attuale trattativa dovesse concludersi positivamente. La scelta del nuovo governo Berlusconi, infatti, ha spaccato in due quest’idea, correndo però il rischio di avvitarsi. Ha messo sulle spalle dello Stato i vecchi debiti di Alitalia con fornitori e obbligazionisti (la bad company) per offrire alla cordata Colaninno una società libera da gravami finanziari e industriali.

    La prima fase, se mai si raggiungesse l’accordo, sarà quella del trionfo dell’italianità garantita «contrattualmente» per almeno cinque anni, ma inevitabilmente, e molto prima di questo tempo, scatterà la seconda fase, quella dell’integrazione societaria con un partner internazionale. Che nessuno possa reggere soltanto sul mercato domestico lo dimostra lo stesso destino di Air One che è il vero «salvato» dalla proposta governativa. «L’italianità» di Alitalia insomma sarà molto più garantita da un ruolo di forte azionista del nostro capitalismo in una compagnia internazionale che non in una società piccola e nazionale. Se la comune responsabilità dovesse prevalere il governo dovrà sostenere, con il proprio peso, l’integrazione societaria della nuova Alitalia con un partner internazionale quale che sia, se non si vuole trovare di qui a qualche anno o dinanzi a un altro disastro o a una precipitosa fuga in tempi brevi di una cordata che annovera tra l’altro il meglio del capitalismo italiano.

    Fonte: La Stampa - Paolo Cirino Pomicino | vai alla pagina
    Argomenti: alitalia, economia privata, Air France-Klm, AirOne | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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