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Dichiarazione di Fabio MUSSI

Alla data della dichiarazione: Consigliere  Consiglio Comunale Rio Marina (LI) (Lista di elezione: LISTA CIVICA) 


 

Cara Rifondazione, è ora di fare un altro partito. - INTERVISTA

  • (24 settembre 2008) - fonte: Liberazione - Stefano Bocconetti - inserita il 24 settembre 2008 da 861

    Intervista all'ex ministro (Sinistra democratica). «Gli elettori non si sono fidati di un miniprogetto partorito in qualche mese». «C'è un'ultima chance per ricominciare. Ma dobbiamo farlo ora, adesso»

    Bisogno di un partito. Di un nuovo partito della sinistra. «Perché la situazione non è mai stata così difficile come adesso, ma c'è anche una straordinaria opportunità per mettere in campo un pensiero nuovo». Fabio Mussi, ex ministro della ricerca, dirigente del Pci e dei diesse prima di "rompere" con Fassino al congresso di Firenze, per un po' di tempo - a cavallo delle elezioni - è stato costretto a stare lontano dalla battaglia politica. Un'operazione difficile e poi una dura convalescenza. Ora torna a dire la sua. E a fare. Per esempio, quando lo si sente al telefono, è appena tornato da una riunione sull'occupazione di una scuola. Torna a dire la sua, sul futuro della sinistra. Un tema che, lo sa bene, divide le forze politiche, un tema sul quale - anche questo sa bene - in Rifondazione ha prodotto un dibattito lacerante. Ma la sua la dice lo stesso. E a quell'obbiettivo - un nuovo partito della sinistra, «un nuovo partito alla sinistra del piddì» - ci arriva con un lungo ragionamento. Che comincia con una domanda sull'attualità, sulle cose di questi giorni.

    Proprio stamane Maurizio Zipponi, sul nostro giornale, scriveva che sarà in piazza l'11 ottobre nella manifestazione promossa da un appello di intellettuali. Ma che quella manifestazione rischia di rivelare l'inefficacia di questa oppposizione. Che ne pensi?
    Ho letto... Penso soprattutto una cosa: credo che le manifestazioni, i cortei siano importantissimi. Anche quelli che magari servono solo a scaldare i cuori. Sono importanti anche quelli. Ma mai risolutivi. Sono un evento, se si è in tanti è meglio. Ma poi i cortei finiscono e c'è il giorno dopo. E non si sfugge al problema: un corteo non risolve nulla se non c'è un progetto. Un progetto politico.
    Progetto che, naturalmente, non c'è.
    Vedo i tentativi che si fanno per definirlo, vedo i passi in avanti che non sottovaluto ma ancora non siamo approdati. Siamo lontani, insomma. E stando così le cose, la strada è chiusa per tutti.
    Per tutti chi?
    Sto parlando di quel campo che è azzardato definire oggi di centrosinistra. Piuttosto lo chiamerei antiberlusconiano e a-berlusconiano. E in questo campo tutti mi sembrano in un vicolo cieco. Perché c'è un piddì che galleggia sul trenta per cento e che - come dice oggi anche D'Alema, ripetendo una cosa che avevo già sostenuto tempo fa... ma non ha molto senso rivendicare primogeniture davanti a questi drammi...
    Perché, cosa sostiene oggi D'Alema?
    Che il piddì è passato da quella che chiamavano "vocazione maggioritaria" ad una situazione di strutturale minoranza. Un'aspirazione a rimanere minoranza. Con una continua emorragia verso l'altro partito personale della politica italiana, l'Italia dei Valori. E naturalmente, con una sinistra che - lo sanno tutti - è restata fuori dal Parlamento. E che oggi appare come una micronesia di forze, divise, frammentate. Che potranno offrire una testimonianza, ma così non c'è partita.
    Però, non si può far finta di nulla: la partita l'hanno chiusa soprattutto gli elettori. Non è così?
    Non credo di dire nulla di originale se ti rispondo che gli elettori non si sono fidati di un miniprogetto partorito in qualche mese, vissuto soprattutto fra stati maggiori. E che già all'epoca faceva capire che si sarebbe dissolto. La Sinistra arcobaleno, insomma, ha chiesto un voto per la sopravvivenza. Anche lì, senza un progetto. E la gente non dà mai una cambiale in bianco. Ma tutto questo l'abbiamo analizzato, capito, su questo abbiamo riflettuto. Ma oggi intanto...
    Già, intanto cosa accade?
    Che è finita quell'orribile manfrina: dialogo sì, dialogo no. Ed è venuta fuori la destra, il pugno di ferro della destra. Che sta modellando un paese esattamente come vuole lei. Senza incontrare una efficace, vera resistenza. Questo è il problema. Se fossi un esperto militare direi che le truppe nemiche stanno dilagando nella pianura, hanno rotto tutti gli argini.
    Ma forse gli argini non li hanno superati col voto di aprile. Forse la destra ha vinto tanto tempo fa, quando le sue politiche, le sue scelte sono entrate dappertutto.
    In qualche modo hai ragione. Anch'io sono convinto che le ragioni della drammatica sconfitta di aprile siano da ricercare in una lunga storia. In cui la parte maggioritaria della sinistra ha perseguito un'idea di modernizzazione che l'ha portata a spostarsi progressivamente a destra. Ma dall'altra parte, fammelo dire anche se so che susciterà polemiche fra i tuoi lettori...
    Nessun problema, di che si tratta?
    Credo che qualche responsabilità l'abbia anche una sinistra che è rimasta ancorata a puri principi identitari tradizionali. Questi due movimenti contrapposti hanno prodotto il deserto.
    E adesso?
    C'è un'ultima chance per ricominciare. Ma dobbiamo farlo ora, adesso. Tenendo presente però che abbiamo un doppio problema, che non può essere separato. Nè affrontato uno alla volta.
    Qual è questo doppio problema?
    Sto parlando della sinistra e del centrosinistra. Due questioni che si tengono. Sto parlando in sostanza del tema del governo.
    Non è per sminuire il senso delle tue affermazioni ma ti sembra un tema di attualità?
    Non c'entra nulla. Non credo che il tema vada posto quando ci sia la possibilità di andare al governo. E' un argomento che però la sinistra deve porsi. Poi, può essere delegata dagli elettori a governare, scegliere se collocarsi in un'alleanza, se rinunciarci, può decidere dove stare, ma deve porselo. Ti faccio un esempio, così ci capiamo. Nel '56, il Pci non aveva la minima possibilità di governare. Le elezioni le vinceva la Dc, c'era una situazione internazionale che non rendeva possibile l'alternanza. Eppure, anche in quella situazione, il Pci proponeva un progetto politico, faceva una proposta di governo: si chiamava esecutivo per la pace. Insomma, io non credo che la politica sia solo potere. E' passione, valori, ideali. Ma esiste una questione che riguarda il potere, ignorarla non serve.
    Resta la domanda: e ora che si fa?
    La sinistra ha un compito immediato. Quello di ricostruire un popolo, una coscienza, una visione, una cultura politica. Costruire un nuovo blocco sociale, che sappia immaginare alleanze.
    Continui a parlare di sinistra. Ma te come la immagini?
    A me piace parlare in modo diretto: io immagino un partito. L'alternativa quale sarebbe? La micronesia di cui ti parlavo. Servirebbe a qualcuno? A qualcosa? Ma ci rendiamo conto con che cosa abbiamo a che fare?
    Con cosa?
    Io vedo che nel nostro paese parliamo di tutto meno di quel che accade nel mondo. Ma ci rendiamo conto che c'è il gigante Usa che ha nazionalizzato il debito delle più grandi banche d'affari? Ci sono osservatori che hanno scomodato Keynes per l'occasione. Ma ad una cosa così Keynes non aveva mai pensato. Aveva pensato ad interventi sulla domanda aggregata, aveva immaginato lavori per far crescere la domanda. Ma mai ad un intervento come quello deciso dal governo Usa. Il tutto dopo anni in cui ci hanno spiegato e insegnato che doveva essere il mercato a dettare le regole. Noi, la sinistra, sapevamo che il puro mercato era un'idea immaginaria. Evocarla significava solo adattarsi ai rapporti di forza economici, sociali, adattarsi alla legge del più forte. Sono anni, da Seattle, che la sinistra elabora progetti nuovi per contrastare la "bestia feroce" - per citare Spiegel - del capitalismo finanziario. E quando si arriva al dunque che accade? Che la sinistra non c'è. Sono anni che la sinistra si affanna a riflettere su come governare la complessità. E poi che accade? Che arriva la destra e offre la risposta più semplice. E noi, a guardare.
    Ma insomma cosa proponi?
    Te l'ho detto e lo ripeto. Un nuovo partito, una nuova sinistra. Naturalmente anch'io penso ai movimenti, ai movimenti sociali. Che sono in una fase di riflusso ma non mi preoccupo. So che torneranno. Ma ha poco senso credo indicare l'obiettivo del semplice ritorno al sociale...
    Come fa Ferrero. Ce l'hai con lui?
    Sto discutendo, non faccio polemiche. Ma anche qui, nel sociale occorre tornare non a fare propaganda, non testimonianza. Ma a dire: badate, stiamo lavorando a trasformare la vostra condizione con un progetto politico che ha l'ambizione di diventare maggioranza. Non lo sarà oggi, ma io voglio diventare maggioranza. E a scanso di equivoci ti dico che quando parlavo di alleanza non mi riferivo all'attuale fase, all'attuale piddì. Oggi vedo una fase di conflitto coi democratici. Ma non dobbiamo smarrire l'obiettivo di cambiare la loro linea, di costringerli a fare i conti con i bisogni di chi vogliamo rappresentare.
    E tutto questo lo può fare un partito?
    Lo deve fare un partito. Che avrà un compito immane. Non deve rinunciare alle culture di provenienza, libertaria, socialista, comunista. Ma deve essere in grado di costruire una sinistra che sfida i meccanismi che regolano il mondo. L'alternativa, ti ripeto, è coltivarsi il proprio orticello. Ma di sinistra in Italia non se ne parlerà più per un pezzo. E' una prospettiva che a me fa paura, vale la pena provarci.

    Fonte: Liberazione - Stefano Bocconetti | vai alla pagina
    Argomenti: sinistra, sociale, sinistra democratica, D'Alema, Ferrero, Rifondazione | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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