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Dichiarazione di Luciano VIOLANTE
Dove arriva il potere del pm
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(06 ottobre 2008) - fonte: La Stampa - Luciano Violante - inserita il 06 ottobre 2008 da 31
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno annullato una decisione della sezione disciplinare del Csm che aveva assolto due pm della procura di Salerno, accusati di aver sottoposto a indagini preliminari un terzo magistrato, sebbene non fosse stato acquisito alcun elemento indiziante nei suoi confronti. I due pubblici ministeri avrebbero agito non sulla base di una notizia di reato, ma per ricercare una notizia di reato.
Non è un caso isolato. Si tratta di errori gravi che potrebbero essere determinati anche dall’equivoca formulazione di un articolo del codice di procedura penale (330) dove è scritto che il pm e la polizia giudiziaria «prendono» notizia di reati di propria iniziativa. «Prendono» non significa «cercano»; significa che la notizia di reato c’è già (per esempio in una inchiesta giornalistica) perché non si può «prendere» una cosa che non c’è. Ma, in assenza di chiarimento esplicito, l’espressione potrebbe anche essere erroneamente interpretata come autorizzazione per pm e polizia giudiziaria a cercare di propria iniziativa questa benedetta notizia.
Il compito di cercare le notizie di reato spetta invece alla polizia amministrativa. Al pm compete di indagare, anche avvalendosi della polizia giudiziaria che opera alle sue dipendenze, sui fatti oggetto della notizia di reato, comunque a lui pervenuta, e individuare i colpevoli. Ma, senza notizia, niente indagini.
Quale è l’importanza di questa distinzione?
Al pm l’ordinamento riconosce poteri assai incisivi nei confronti della libertà, della onorabilità e dei beni dei cittadini, ma a una condizione: che quei poteri siano esercitati in base a un presupposto preciso e controllabile, l’esistenza di una notizia di reato. L’informazione che un reato è stato commesso delimita il raggio di azione degli interventi del pm circoscrivendolo a quel determinato fatto e nei confronti di persone che a quel fatto siano in qualche modo connesse. Alla polizia amministrativa, invece, sono attribuiti poteri ridotti proprio perché può indagare per accertare se un reato è stato commesso, anche in presenza solo di un sottile sospetto. Nel primo caso, a presupposti precisi corrispondono poteri assai penetranti; nel secondo, a un raggio di azione più ampio e indeterminato corrispondono poteri ridotti.
Al fine di determinare senza equivoci l’ambito dei poteri del pm e della polizia giudiziaria è perciò opportuno fissare nel codice una chiara linea di confine tra il potere costituzionale del pubblico ministero di esercitare l’azione penale e le libertà costituzionali dei cittadini.
Occorre scrivere con chiarezza che il pm non può ricercare la notizia di reato e può attivarsi solo dopo averla acquisita dalla polizia giudiziaria o in qualunque altro modo. Cade in errore, quindi, chi ritiene che la proposta di cui qui si parla sottrarrebbe al pm la polizia giudiziaria e la conduzione delle indagini.
Al contrario, così si rafforza la natura giurisdizionale della sua funzione. Infatti, se il pm potesse andare in cerca di notizie di reato, si trasformerebbe in una sorta di poliziotto, uscirebbe dalla magistratura e perderebbe ineluttabilmente la propria indipendenza dal potere politico.
È vero, peraltro, che i problemi pratici della giustizia sembrano riguardare soprattutto la lunghezza dei tempi. Ma una regola ferrea della politica dice che le disfunzioni di un potere dello Stato (e la magistratura lo è) vengono definitivamente risolte solo quando è stabilito in modo inequivoco cosa quel potere può fare e cosa, invece, non può fare. Oggi è in discussione la collocazione di ciascuna grande istituzione costituzionale in rapporto alle altre e in relazione ai cittadini.
Il progetto di federalismo fiscale fissa nuovi rapporti tra Stato, Regioni ed Enti locali; i progetti di riforma costituzionale e di riforma dei regolamenti delle Camere cambiano le funzioni del Parlamento, del Governo, del presidente del Consiglio e i rapporti tra queste istituzioni.
Tra il XIX secolo, quando sono state poste le basi dell’attuale sistema costituzionale, e il XXI, che stiamo vivendo, troppe cose sono cambiate. Per far uscire la nostra democrazia dalle secche in cui si trova bisogna tradurre in termini adeguati alle nuove necessità i grandi principi che la sostengono: separazione dei poteri, responsabilità nei confronti dei cittadini, controllo circolare tra Legislativo, Esecutivo e Giudiziario. I difensori acritici della magistratura la danneggiano perché ignorano che anche per questa istituzione si pone il problema della riflessione e del rinnovamento. La Cassazione ha toccato un piccolo ma significativo aspetto del problema. Ignorarlo significa lasciare senza contraddittori coloro che intendono risolverlo in modo sbagliato.
Fonte: La Stampa - Luciano Violante | vai alla pagina » Segnala errori / abusi