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«Nucleare? Prima molta ricerca…» - INTERVISTA
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(07 ottobre 2008) - fonte: l'Unità - Federica Fantozzi - inserita il 07 ottobre 2008 da 31
Il ministro ombra:«Non siamo pronti. Ma nessun rifiuto ideologico»
«Centrali subito? L’Italia non è pronta né per la prima pietra né per l’ultima» A Matteo Colaninno, ministro ombra delle Attività Produttive, abbiamo chiesto qual è la posizione del Pd sui temi dell’energia:«Non siamo ostili a un mix dove entri l’atomo, ma serve molta ricerca e la costruzione di un intero sistema».
Quali sono oggi i termini della questione energia?
«E’ intersecata all’economia globale. Si assiste al ritorno di nuovi muri tra potenze non più politico militari ma economico-energetiche. I nuovi potenti si alleano per sfruttare le risorse e rischiano di rendere marginali gli esclusi. Tra cui l’Europa».
Ha ragione Scajola? L’Italia non può dipendere da chi minaccia di chiudere i rubinetti?
«La risposta però non può essere che domani costruiamo una centrale. E’ una situazione più complessa. All’aumento dei costi derivante dalla nostra dipendenza da petrolio e gas il governo reagisce con un approccio denso di ideologia».
Veramente il governo accusa il centrosinistra di essere troppo ideologico.
«Non è più così. E’ finita l’era dell’ambientalismo dei veti, prima così presenti da provocare la fine del governo Prodi. Noi sistemiamo l’ambientalismo del fare e il coraggio di dire anche sì».
E, pragmaticamente, come si risolve?
«Alla Conferenza Economica abbiamo presentato alcune proposte. Diversificazione delle fonti e sviluppo delle infrastrutture, binomio inscindibile perché non s’inverte rotta d’un colpo. Poi la sfida delle rinnovabili che non è di retroguardia ma una scommessa tecnologica e industriale colossale. Sarà la frontiera di nuovi mercati».
E’ il futuro. Ma il pieno si fa oggi.
«Dobbiamo puntare su efficienza e risparmio energetico. Una sfida a portata di mano. La fuel efficiency funziona. Nel settore trasporti si stimano risparmi dal 50 al 70%. Troppi snobbano questi dati, ma quante centrali ci risparmieremmo così?».
Il nucleare. E’ancora un tabù?
«No, ma neppure l’unica risposta come sostiene il governo. Direi no alla demagogia, sì alla responsabilità».
Tradotto?
«Non sono ostile in termini pratici a un mix dove entri il nucleare. Ma l’Italia ha abbandonato il campo nell’87 e deve colmare un gap di sicurezza, impatto ambientale, ricerca, e partecipazione delle imprese nazionali oggi del tutto fuori».
Qual è l’orizzonte temporale per rientrare nel club?
«Non certo 5 anni, lo dice il buonsenso. Oggi non siamo pronti né per la prima né per la centrale. Manca il sistema per accoglierla».
Per il governo il mondo va verso l’atomo.
«Solo tre Paesi stanno costruendo un reattore: Francia, Finlandia e Giappone».
Non resta che la ricerca?
«Dobbiamo riportare l’Italia verso la ricerca avanzata, ricostruire le condizioni per investire. Solo così saremo competitivi»
Crede che la gente potrà smettere di temere il nucleare?
«Guardi, non è una paura solo emotiva. Dipende dalla consapevolezza che oggi in tasca non ci sono i presupposti. Tra 10 – 15 anni forse sì».
Quindi, sì a un confronto reale con il governo ma no a centrali subito?
«E’ così. Scajola, uno dei pochi ministri che si confronta con noi, ci ascolti su questo».
Fonte: l'Unità - Federica Fantozzi | vai alla pagina » Segnala errori / abusi