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Dichiarazione di Gianfranco FINI

Alla data della dichiarazione: Pres. Camera   (Lista di elezione: PdL)  - Deputato (Gruppo: FLI) 


 

«Alla maggiore autonomia fiscale deve corrispondere la garanzia dell'unità giuridica ed economica del paese»

  • (11 ottobre 2008) - fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti - inserita il 11 ottobre 2008 da 31

    Il presidente della Camera a Venezia annuncia ai governatori che il fondo di perequazione tra le Regioni sarà gestito a livello centrale Federalismo, Fini difende il ruolo dello Stato

    Venezia - Una rivendicazione del ruolo dello Stato e un avviso ai naviganti: anche con il federalismo fiscale il controllo della spesa spetterà a Roma. Quello del presidente della Camera Gianfranco Fini a Venezia di fronte ai presidenti delle assemblee regionali è sembrato quasi uno scatto d'orgoglio in nome dello Stato centrale. Parlava di federalismo fiscale, e non poteva essere altrimenti visti il momento e la platea. Fini è stato esplicito: «I passaggi di risorse da Regione a Regione devono avvenire sotto la vigilanza di un'adeguata regìa tecnica degli uffici centrali dello Stato».

    Non si nasconde che il progetto della riforma è «molto ambizioso perché vuole coniugare la massima espansione dell'autonomia finanziaria degli enti locali con il rafforzamento dei principi di solidarietà e perequazione». Per realizzarlo è necessario «uscire da una dimensione eccessivamente ideologica della discussione sul federalismo»: ciò comporta il riconoscimento che il trasferimento di competenze porta con sè anche il rischio di duplicazioni di poteri e di organi che non rendono rapidi i processi decisionali. Perciò secondo Fini è necessaria «una robusta correzione di rotta rispetto a quanto è avvenuto con la revisione del Titolo V della Costituzione, che contiene gravi imperfezioni sotto il profilo della sovrapposizione di competenze tra Stato e Regioni».

    Ma su una cosa il presidente della Camera ritiene non debba esserci discussione: il ruolo dello Stato in funzione di "cerniera" del sistema. «Poiché nel momento in cui ci accingiamo a varare questa importante riforma deve essere a tutti chiaro che nessuna area del Paese sarà lasciata indietro - è la spiegazione di Fini -, l'avanzamento del principio dell'autonomia fiscale deve avere come corrispettivo la chiara affermazione dell'ineludibile funzione di "chiusura" del sistema da parte dello Stato in relazione alla garanzia dell'unità giuridica e dell'unità economica del Paese». Ne consegue che «deve essere lo Stato ad accertare il criterio della "capacita fiscale per abitante" ai fini dell'istituzione del fondo perequativo a favore delle regioni con minore capacità fiscale». Un passaggio fondamentale per la solidarietà nazionale. Fini comunque riconosce che «solo un approccio superficiale può porre in contrapposizione federalismo ed unità nazionale. È vero piuttosto che il primo è destinato a rinnovare il modo in cui concepiamo la seconda».

    E una "lettura distorta" è anche quella che ha portato a ritenere che con le trasformazioni in senso federalista della gran parte dei Paesi europei il ruolo dello Stato nazionale si sia andato riducendo: «È vero il contrario - è il pensiero di Fini - perché in Europa gli Stati nazionali continueranno anche in futuro a svolgere una funzione fondamentale per la tenuta dei "sistemi-Paese"». E oltre al ruolo di "controllore" dei conti delle Regioni, lo Stato secondo il presidente della Camera deve imparare a parlare «un linguaggio comune» con le autonomie: il riferimento è alla necessità di definire «parametri comuni e basi conoscitive condivise in ordine alle grandezze contabili e finanziarie». È il punto-chiave del dibattito sul federalismo fiscale che sarà affrontato dal parlamento nei prossimi due anni: ad oggi infatti manca - come riconosciuto dai ministri Calderoli, Fitto e Tremonti - un "linguaggio comune" tra i bilanci degli enti locali, e ciò impedisce di sapere esattamente quanto, come e dove si spendono le risorse. Senza questi "dati condivisi" è impossibile giungere ad esempio alla definizione di "costi standard" ai quali fare riferimento per l'assegnazione dei finanziamenti necessari a svolgere una determinata funzione.
    Proprio per questo l'assemblea dei presidenti dei Consigli regionali, riunitasi per due giorni a Venezia, ha rilevato l'inopportunità del suo mancato coinvolgimento nella costruzione della riforma. «Sono i Consigli regionali - ha ribadito anche ieri Monica Donini, presidente del Consiglio di Emilia Romagna e coordinatrice della Conferenza - ad avere le "chiavi di lettura" dei diversi modelli di bilancio; offriamo quindi la nostra disponibilità a entrare a far parte degli organismi bicamerali che dovranno definire i "dati condivisi". Serve un rafforzamento della collaborazione tra Assemblee legislative regionali e Parlamento sul coordinamento della finanza pubblica e il controllo delle politiche fiscali. Perciò è necessario individuare un luogo costituzionale dove adottare le decisioni condivise e renderlo permanente». La conseguente proposta di Rosi Bindi, vice presidente della Camera, è di «modificare la legge delega sul federalismo fiscale per istituire un organismo misto Parlamento-Assemblee elettive regionali con il compito di controllare il processo di formazione e attuazione della riforma». Ma la vera sfida, riconosciuta da tutti i partecipanti all'assemblea, è un'altra: coniugare il coinvolgimento di più attori con la necessità di fare presto.

    Fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti | vai alla pagina
    Argomenti: enti locali, federalismo fiscale, venezia, autonomie locali, Regioni, titolo V, presidente della Camera | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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