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Dichiarazione di Gianfranco FINI

Alla data della dichiarazione: Pres. Camera   (Lista di elezione: PdL)  - Deputato (Gruppo: FLI) 


 

«Decreto, vedremo se ci saranno convergenze»

  • (11 ottobre 2008) - fonte: Avvenire - inserita il 11 ottobre 2008 da 31

    Sulle misure anticrisi il presidente della Camera possibilista. No da Pd e Idv.

    «Vedremo quando il decreto che il governo ha pre­sentato giungerà all’esame del Parlamento, in tem­pi brevissimi, se ci saranno convergenze sul conte­nuto che vanno al di là delle forze che sostengono la maggio­ranza ».
    Il presidente della Camera Gianfranco Fini non si sbilancia ma sembra non escludere che sul provvedimento di stabilizza­zione dei mercati finanziari messo a punto dal governo l’oppo­sizione possa arrivare a una condivisione: «Tutti siamo coscien­ti della situazione e quindi ognuno si assume la propria respon­sabilità », ha spiegato.
    Il decreto, in vigore da giovedì scorso, of­fre tra l’altro garanzie statali sui depositi bancari e una copertu­ra ai finanziamenti della Banca d’Italia agli istituti in difficoltà. Misure che il Pd condivide ma che considera «assolutamente in­sufficienti » e punta a cambiare.

    Dalla dichiarazioni di ieri è difficile prevedere un voto favorevo­le dal Pd se il decreto restasse così com’è. Sono «decisioni per le allodole», ha attaccato il ministro ombra del Pd per l’Economia Pierluigi Bersani. Il decreto «si occupa solo di banche e non di economia reale», contiene «misure ragionevoli ma assolutamen­te insufficienti». «Questa tempesta – ha aggiunto – non finirà in tempi rapidi, staremo a lungo sulle montagne russe ed è neces­sario che la questione venga affrontata con trasparenza in Par­lamento ». Il Pd punta su modifiche al decreto che entrino «nella vita reale delle famiglie», ha spiegato il vice­presidente dei deputati Marina Se­reni, «lavoreremo in Parlamento per modificarlo e introdurre due punti fondamentali: gli aiuti alle fa­sce più deboli e l’introduzione di un fondo di garanzia per l’accesso al credito delle piccole e medie im­prese».

    Pollice decisamente contrario da Antonio Di Pietro: «Il decreto salvacrisi è solo uno spot perché il governo non ci ha messo nem­meno una lira. Siamo l’unico Paese che fa un decreto senza met­terci un euro», accusa il leader dell’Italia dei valori.

    Tra le novità che emergono invece dal testo del governo la più rilevante riguarda le banche popolari. Nel caso uno di questi i­stituti entrasse in crisi, lo Stato potrebbe entrare nel capitale an­che derogando ai limiti partecipativi previsti per le banche coo­perative. Il testo stabilisce, infatti, che fino alla cessione delle a­zioni sottoscritte dal ministero dell’Economia «non si applica­no le disposizioni speciali in materia di esercizio del diritto di vo­to proprie delle società cooperative».
    In pratica, l’ingresso di ca­pitali pubblici per salvare la banca farebbe saltare il principio del voto capitario che caratterizza le popolari, in base al quale cia­scun socio, a prescindere dal numero e dal valore delle azioni de­tenute, dispone di un solo voto. Se quindi il Tesoro dovesse in­tervenire potrà far valere il suo voto per tutta la quota che de­tiene.
    Nelle banche commerciali, invece, in caso di intervento pubbli­co, al Tesoro vengono assegnate azioni privilegiate nella distri­buzione dei dividendi, in modo da garantire un ritorno finan­ziario. Dal punto di vista della governance le azioni privilegiate non hanno diritto di voto nelle assemblee ordinarie, ma lo han­no nelle assemblee straordinarie, quando si tratta di decidere su modifiche all’atto costitutivo o emissioni di obbligazioni.

    Fonte: Avvenire | vai alla pagina
    Argomenti: parlamento, economia, banche, presidente della Camera, decreto salvacrisi | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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