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Dichiarazione di Giulio TREMONTI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Ministro  Economia e Finanze (Partito: PdL) 


 

«Per gli istituti italiani rischi solo dall`estero»

  • (14 ottobre 2008) - fonte: Il Corriere della Sera - Mario Sensini - inserita il 14 ottobre 2008 da 31

    I rischi che ci sono non sono «italiani», ripete Giulio Tremonti. L`unico tra i ministri dell`Economia a non aver messo sul piatto cifre stratosferiche per salvare le proprie banche e l`economia, nel giorno in cui si rincorrono aiuti pubblici da centinaia di miliardi di euro, sembra, anzi, il più tranquillo di tutti. «Se le nostre banche hanno dei rischi, sono rischi di controparte. Problemi che derivano dai rapporti che hanno con le banche estere e dalle eventuali, possibili, difficoltà di queste ultime» ha spiegato ieri arrivando a Palazzo Chigi per la riunione di governo, incrociando le facce preoccupate dei ministri.
    I soldi li stanno mettendo sul piatto quei Paesi che sanno di avere problemi, e nella misura dei guai che temono di dover fronteggiare. Bene così, dunque: se Germania, Austria, Francia e Regno Unito sistemano le loro banche evitandone il fallimento, viene meno anche quel «poco» di rischio che c`è per le nostre.
    Lo stesso ragionamento, Tremonti, lo ha fatto, ieri, anche con Walter Veltroni. Poco prima della riunione del Consiglio dei ministri ha alzato il telefono e parlato direttamente con il segretario del Pd. «Cortesia istituzionale». Pochi minuti, per mettere il leader dell`opposizione al corrente del nuovo decreto, ma proprio mentre la delegazione parlamentare del Partito Democratico, in conclave all`Hotel Sheraton a Roma, discuteva sull`opportunità di astenersi, se non addirittura votar sì, al provvedimento salva-banche varato dal governo la settimana scorsa.
    La Banca d`Italia continua ad escludere che i nostri istituti di credito siano esposti a un rischio sistemico. E al Tesoro sanno bene che anche i problemi di Unicredit, gli unici emersi finora con una certa chiarezza, derivano essenzialmente dall`esposizione sull`estero. Dal fallimento eventuale di un paio di banche tedesche, dalle attività acquisite sempre in Germania negli anni scorsi. E, ancora attraverso le filiali estere, pure dall`Islanda, che ieri sembra aver trovato anche lei una ciambella di salvataggio nel Fondo Monetario Internazionale. Bancarotta forse scongiurata, comunque un rischio in più che si allontana.
    «Noi dobbiamo solo avere la cassetta degli attrezzi pronta. Il triangolo, il cric, le chiavi» ha spiegato Tremonti ai suoi.
    «I decreti offrono gli strumenti: per entrare nel capitale delle banche, se necessario, per garantire la liquidità a loro e alle imprese, se serve». Inutile aprire adesso il portafoglio. Farlo, forse, avrebbe dato addirittura un segnale controproducente.
    Non è autarchia né ci sono problemi di copertura, ripetono al Tesoro, ricordando che qualsiasi intervento sarebbe «sopra la linea di Maastricht. Restiamo nel quadro degli interventi europei». Certo, se l`idea del maxi Fondo Ue con il 3% del pil appoggiata da Francia e Italia fosse decollata dieci giorni fa sarebbe stato diverso. Quella sarebbe stata un`operazione non economica, ma politica. «Dove due più due - chiosa Tremonti - fa cinque». Berlino però non l`ha voluto, e ieri ha annunciato un piano da 480 miliardi, più del 20% della ricchezza nazionale. La linea del «quanto basta», in Italia, per ora tiene.
    E la prima conferma Tremonti l`ha avuta subito dopo aver parlato in conferenza stampa. Ha chiesto della Borsa di Milano. «Visto? In pochi minuti siamo passati da più 7 a più 10%».

    Fonte: Il Corriere della Sera - Mario Sensini | vai alla pagina
    Argomenti: economia, banche, ministro Economia, unione europea, FMI-Fondo Monetario Internazionale, decreto | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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