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Dichiarazione di Valter VELTRONI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

«Con la scuola è finita la luna di miele del governo» - INTERVISTA

  • (30 ottobre 2008) - fonte: l'Unità - Bruno Miserendino/Maria Zegarelli - inserita il 30 ottobre 2008 da 31

    È finita la luna di miele tra governo e paese». «È finita sulla scuola, e sui primi effetti di questa drammatica crisi economica e sociale che sta impoverendo il paese». Dopo la grande manifestazione di sabato, che ha visto sfilare «un moderno riformismo di massa», Walter Veltroni parla per un’ora al forum con la redazione dell’Unità. Sia sulla scuola che sull’economia - dice il segretario - l’esecutivo sbaglia a non ascoltare la voce della società e dell’opposizione: «Noi andremo avanti con il referendum sulla riforma Gelmini e con le nostre proposte a favore dei redditi e delle piccole e medie imprese».
    Segretario, partiamo dall’analisi di questafase.C’èstata la grande manifestazione del Circo Massimo, c’è questo movimento degli studenti che non è catalogabile o imbrigliabile. In che situazione ci troviamo e quale è la rotta?
    «Intanto vorrei farvi complimenti non rituali per questa nuova Unità. Avete fatto una radicale innovazione, il successo del giornale è importante, come la sua autonomia politica e intellettuale. Spero che valga per l’Unità quel che dovrebbe valere per il partito democratico, ossia che il coraggio del nuovo venga sempre premiato. Il futuro è sempre più rischioso, ma è l’unico posto dove possiamo andare. Dove siamo? In una situazione che ha fatto saltare tutte le diagnosi, spesso a cavallo tra analisi politica e gossip. Fino adieci giorni fa sembrava che il governo fosse l’incredibile Hulk e che oltre questo non ci fosse nulla. Adesso sta emergendo la verità. Lo stato di grazia derivava dal contesto internazionale, dove c’è un generale spostamento a destra, e da quel credito naturale che viene dopo una vittoria elettorale. Ma adesso è finita la luna di miele. È finita sulla scuola, come quella di Prodi con gli elettori finì sull’indulto. Con la differenza che loro l’indulto lo votarono, mentre noi sulla scuola abbiamo fatto una fortissima opposizione. La scuola è qualcosa che ha chiamato in causa milioni di famiglie, l’errore più grave del governo è stato scambiare questa protesta per una fenomeno politicamente eterodiretto. Non ha capito che è una protesta di fondo della società che si sente minacciata in una delle ultime cose nelle quali si riconosce, ossia un sistema scolastico e formativo, che può essere migliorato, ma non smantellato. A questo si aggiunga la drammatica crisi economica che il paese vive. Berlusconi ha fastidio di tutto ciò che non è una buona notizia, perché pensa che il suo permanere a Palazzo Chigi sia di per sé una buona notizia, ma la realtà è che il paese è in una situazione che io non ricordo così drammatica. C’è una precipitare delle condizioni delle classi medie, le imprese non vanno avanti, la finanza pubblica non va bene. La manifestazione ha dimostrato che sbaglia chi guarda alle cose del Pd in un ottica tutta interna, la realtà è diversa dalla sua rappresentazione, e se il centrosinistra e i suoi dirigenti non lo capiranno non si andrà lontano. La manifestazione ha fatto fare un bagno nella realtà a tutti. Per la terza volta il popolo democratico ci ha mandato un messaggio. Lo ha fatto con le primarie, poi con la campagna elettorale, infine con la manifestazione. Uso non per caso l’espressione "popolo democratico". Stiamo facendo una cosa che non ha paragoni nella storia italiana, tanto è vero che gli altri non riescono a farla. Qualcuno può dire che esiste il partito del popolo delle libertà? Il nostro non è più un popolo di ex, ha un’identità, un’appartenenza, c’erano solo bandiere del partito democratiche e quest’orgoglio di se' dopo 12 mesi dalla fondazione ha qualcosa di prodigioso. È la conferma che in politica solo cercando il nuovo si ottengono risultati importanti».
    C’è il rischio del pensiero unico, di un’informazione schierata col governo? Come può sopravvivere il Pd?
    «Pensiero unico è un’espressione che uso da tempo. Siamo in una fase nella quale il rapporto tra il governo e i poteri ha cambiato la geografia dell’informazione italiana. Anche i giornalisti dovrebbero riflettere su questo. Non sono tra quelli che si lamentano dei giornali però certe volte si prova imbarazzo nel vedere che a chi ha il potere si concedono cose che non erano concesse ad altri nel passato.Berlusconi ha detto nel pieno della tempesta finanziaria cose incredibili, ha invitato ad acquistare azioni di questo o quello, ha detto che lapubblicità deve andare alla televisione non pubblica, che poi vuol dire la sua. C’è un commentatore di origine liberale che abbia preso la penna in mano per scrivere qualcosa? Come reagire? Con la realtà, le iniziative, la presenza sul territorio. La manifestazione, per quanto abbiano provato a sminuirla, non sono riusciti a nasconderla. Tutti hanno visto. E poi i nostri strumenti: la giovane Youdem ha fatto 150mila contatti nel giorno della manifestazione. E poi ci sono tutti gli strumenti nuovi, a cominciare da Facebook. Faremo un incontro con tutto questo popolo che ci contatta. Poi c’è un problema di linguaggio: non è un caso che dal palco del Circo Massimo io non abbia detto una parola sulla "politica", quella fatta di allusioni o messaggi interni. Noi dobbiamo parlare il linguaggio dei problemi della gente, ma non avendo paura di ciò che siamo. Sull’immigrazione, tanto per fare un esempio, noi non possiamo assecondare la Destra».
    Infastidito dalla presenza di più televisioni che fanno riferimento al partito democratico?
    «No, più ce ne sono e meglio è».
    Il congresso non era meglio anticiparlo alla primavera del 2009?
    «No, se noi invece di fare la manifestazione o la battaglia sulla scuola fossimo stati chiusi a discutere, avremmo sbagliato. Noi siamo una grande macchina di democrazia, ad esempio facciamo le primarie per ogni candidato e siamo gli unici a farlo, ma in un partito il dibattito dev’essere un mezzo non il fine. Un partito non sta insieme perché discute, ma discute perché poi può cercare consenso. Preferisco chi sa parlare alla gente a tanti che sanno parlare solo in riunioni interne».
    Le primarie sono un metodo che mette in difficoltà il partito? Ci sono resistenze?
    «Noi dobbiamo decidere che fare. Se si fanno le primarie, non possiamo pensare di farle come facevamo prima le vecchie scelte. L’importante è che tutti partecipino con lo spirito giusto, con lealtà e sobrietà. Ma non si può dire, facciamole, però abbiamo già deciso il candidato...».
    Possiamo dire che sulla scuola anche il centrosinistra ha investito poco? E cosa farebbe se lei fosse al governo? A questi giovani che cosa dice?
    «Sulla scuola il centrosinistra ha fatto tentativi di riforma, ma ci sono state molte resistenze, soprattutto tra gli alleati. È la conferma che serve un forte partito riformista che imponga le scelte. Il riformismo non è la versione bene educata della tradizione o una forma di moderatismo, è cambiamento radicale. Il moderatismo nasce dal bisogno di legittimazione, dalla confusione politico programmatica. La coesione di un’ispirazione riformista fa la qualità dell’azione politica. Ma scuola e formazione, insieme all’ambiente e alle politiche per la crescita, sono le tre questioni sulle quali ungoverno riformista può permettere un cambio di passo al paese. Il centrosinistra non l’ha fatto in passato, io al Circo Massimomi sono impegnato a aumentare progressivamente del 50% le risorse per l'Università. Abbiamo presentato le nostre proposte, basate su valutazione, autonomia, merito. Poi noi dobbiamo investire sulla capacità di scelta dei ragazzi.C’è il problema della loro responsabilizzazione. Un ragazzo di 16 anni è maturo per decidere il proprio piano di studi? Noi crediamo di sì. Cosa diciamo ai ragazzi adesso? Che facciamo il referendum non solo sul decreto Gelmini ma su tutte le parti abrogabili di misure che si riferiscono alla scuola. Vogliamo che sia il referendum di una grande coalizione di forze sociali della scuola e della società civile, non solo della politica. Questi ragazzi hanno bisogno di risposte alle loro domande e se nella società si riapre un po'di sana febbre civile e intellettuale questo fa bene al paese. Se gli studenti sentono in assemblea la lezione di filosofia, questo dovrebbe essere salutato da un governo civile come un fatto positivo. Mi preoccupo di più se i ragazzi stanno fermi in casa a vedere la televisione, invece che in piazza a occuparsi del loro destino».
    Il Pd non dovrebbe dire "scuola pubblica prima di tutto"?
    «Noi stiamo a quello che dice la Costituzione. La centralità della scuola pubblica è un valore assoluto da difendere, ma dobbiamo considerare anche la funzione che hanno certe scuole private in molte parti del Paese. Oggi Berlusconi ha gettato benzina sul fuoco, dicendo che "i tagli alle scuole private sono sbagliati", senza aggiungere che lo sono anche quelli della scuola pubblica».
    Il capo del governo anche sulla legge elettorale europea dice: o si fa come dico io o non si cambia. Quale è la posizione del Pd?
    «Se Berlusconi lancia ultimatum, io rispondo: resta tutto così come è. Se l'alternativa è togliere le preferenze e portare lo sbarramento al 5%, per noi può restare tutto come è. La verità è che Berlusconi ha paura: sa che se restano le preferenze lui di Fi a Strasburgo non ne porta quasi nessuno, li porta tutti An che è un partito strutturato. È la conferma che il Pdl non esiste. Per le elezioni politiche si sa come la penso: ritengo necessari i collegi uninominali con le primarie per legge, ma non solo per noi, per tutti. Per questo riteniamo che l’idea di togliere le preferenze non vada bene e faremo una battaglia per difenderle fino in fondo. Alzare lo sbarramento al 5%, inoltre, è una misura per la governabilità: che senso ha inserirla alle europee? L’unico spiegazione è che Berlusconi vuole "far fuori" Pierferdinando Casini.Come al solito i suoi interessi personali, di partito in questo caso, prevalgono su tutto il resto».
    Sulla vigilanza Rai come è possibile sbloccare lo stallo?
    «Non si è mai visto che la maggioranza possa dire che un esponente politico di un gruppo parlamentare non può fare il presidente della Vigilanza perché appartiene ad un determinato partito. Berlusconi dice no a Orlando perché è dell’Idv. Questa è una cosa democraticamente inaccettabile. Per quanto mi riguarda possiamo stare sei mesi, due anni senza votare. È un fatto di principi e sui principi non si arretra».
    La conferenza programmatica del partito sarà un’occasione per discutere i nuovi assetti, per togliere il "tappo", come ha detto Bettini?
    «Il popolo delle primarie e del Circo Massimo ci chiede di continuare l’innovazione politica, dimostrando di essere una squadra. Organizzare la manifestazione di sabato scorso non è stato semplice, qualcuno riteneva che non bisognasse farla, i fatti ci hanno dato ragione. Il nostro popolo ha capito che c’è un filo che lega il Lingotto al Circo Massimo e non vuole che si spezzi. L’innovazione non è solo un fatto generazionale, è anche questo, ma ci sono tanti quadri di primissimo livello che noi dobbiamo valorizzare. Sento parlare di "pulizia etnica": il termine mi fa orrore, non appartiene al partito di cui sono segretario. Semmai ho il difetto opposto: non sono tanto ruvido quanto dovrei essere. Sono convinto che in questo partito la pluralità delle idee è una ricchezza, ma ci vuole più coesione e unità».
    I rapporti con Di Pietro, all’indomani dell'accordo in Abruzzo, come sono?
    «Di Pietro ha firmato un programma, dopo le elezioni ha fatto un suo gruppo parlamentare, ha iniziato a fare opposizione in un certo modo, ma detto questo non ci sto al giochetto "con Di Pietro o con Casini". Ci si confronta sui fatti, sulle iniziative che di volta in volta si devono portare avanti partendo dal fatto che siamo tutti opposizione».
    Avendo deciso di condividere con Di Pietro il referendum sulla scuola, cosa succederà rispetto alle altre consultazioni, il lodo Alfano e la legge elettorale?
    «Sul lodo Alfano è in corso il vaglio della Corte Costituzionale, a quello ci atteniamo, è noto che abbiamo sollevato il problema in Parlamento. Adesso aspettiamo. Quanto alla legge elettorale non credo sia il problema principale per gli italiani. Noi non siamo gente che fa i referendum facilmente, se l’abbiamo fatto sulla scuola è perché lo riteniamo paradigmatico di due concezioni del futuro del paese e anche di due modi di governare».
    Il governo ombra viene criticato da molti. Lei che bilancio fa?
    «Stiamo raccogliendo in un volume tutto quello che il governo ombra ha prodotto. Ha fatto un gigantesco lavoro programmatico, anticipando il governo su molti temi, dalle intercettazioni, all’economia, all’università. Il circuito mediatico lo ha ignorato. Quando abbiamo presentato i dieci punti di integrazione del provvedimento finanziario che cosa è uscito sui giornali? Gli stessi che non pubblicano le notizie ci rimproverano di non avere proposte politiche. È il comma 22 dell’esercito americano...
    Mi rendo conto che il lavoro di proposta che facciamo appassiona meno delle mie battute su Di Pietro, ma non può essere ignorato. Se non ci fosse stato il governo ombra ci sarebbero state le sezioni di lavoro del partito: preferisco avere delle persone autorevoli che vanno in televisione, che hanno stabilito un antagonismo col ministro reale. Bisogna spezzare questa dimensione mediatica secondo la quale le proposte sono molto meno accattivanti delle polemiche».
    Quando lei annunciò il governo ombra il premier si congratulò e promise di consultarlo sui grandi temi. Quante volte è successo fino ad oggi?
    «Zero».
    In che misura gli apparati locali bloccano il rinnovamento del partito e fino a quanto può intervenire il partito centrale? Il riferimento è ad Ottaviano Del Turco, che non risponde al magistrato e va in televisione o parla ai giornali, proprio come accade nel Pdl. Una persona che si comporta così può stare nel suo partito?
    «Le cose si sono chiarite quando Del Turco, quelle poche volte che ha parlato, lo ha fatto contro il Partito democratico, in particolare contro di me. Per me un cittadino è colpevole al terzo grado di giudizio, fino a quel momento è innocente. Dopodiché entrano in gioco l'opportunità e la sensibilità politica di ciascuno. Sono un garantista, ma sono anche interessato a che la mia famiglia politica abbia determinati valori, tra cui il rispetto delle regole. Se un magistrato ti chiede di dire ciò che sai di una vicenda lo devi dire a lui».
    Il Pd in quale famiglia europea si collocherà? C'è un tentativo nei partiti socialisti e nei partiti democratici europei di trasformare il loro nome in una formula più ecumenica. Come pensa si possa risolvere questo dibattito?
    «In Europa ci sono dei partiti socialisti, liberali, partiti popolari. Il Ppe ha modificato nel corso degli ultimi anni la sua identità, è diventato un partito che raggruppa molte forze diverse, anche lontane dalla tradizione cattolico- democratica, come Berlusconi.
    Il partito socialista dovrebbe fare un percorso analogo, nel 1996 dissi che si dovesse chiamare internazionale dei socialisti e dei democratici. Non fu una proposta molto condivisa: adesso si arriva lì ed è un fatto positivo.
    Quale sarà la nostra collocazione nel Parlamento europeo lo vedremo sulla base di molti elementi. L’importante adesso è enfatizzare la nostra identità, siamo un partito democratico, spero che le elezioni americane diano la percezione del fatto che quella è l’identità più forte per rispondere alle sfide del nuovo Millennio. Questo ci consentirà, sottolineando la nostra identità, di avere rapporti di relazione con le diverse famiglie politiche la cui intensità vedremo in corso d’opera. Più le famiglie politiche si apriranno al nuovo, più questi rapporti politici saranno facili».
    La difesa dei diritti umani e la difesa del mondo: sono due temi che spesso collidono.Come in Iran, per esempio.
    «Non è più solamente un problema che riguarda quel grappolo di paesi a cui va immediatamente la nostra memoria, cioè quelli dove c’è una più evidente violazione dei diritti umani. Questo rischia di essere un trend di tutti i sistemi di governo in una società che richiede velocità di decisione. Il rischio di uno scambio tra decisione e democrazia è un rischio molto forte, che io avverto come tale non solo per l’Italia, perché c’è anche in Italia, ma per tanti altri paesi dove la stessa fenomenologia si sta delineando. Ci vuole una elevatissima capacità di iniziativa politica da parte del mondo, da parte di tutti noi.
    Berlinguer usò l’espressione "governo mondiale" nel 1975, c’era ancora il mondo diviso in blocchi, Usa e Unione Sovietica. Quel leader usò l’espressione "governo mondiale", fu preso per un visionario, ma aveva ragione lui, malgrado in quel momento non potesse immaginare cosa sarebbe stato il dibattito sul clima, sulla crisi finanziaria mondiale.
    Oggi la domanda che ci dobbiamo porre è questa: si può avere la globalizzazione senza il governo mondiale?
    Credo proprio di no. Il governo mondiale può dire all’Iran ciò che non è giusto che dicano i singoli paesi.
    Cosa deve diventare il G8?
    Il G8 è una caricatura ormai, non può continuare così. Per essere davvero incisivo deve cambiare profondamente, diventare un posto dove siedano i grandi paesi emergenti del mondo con i quali si deve avviare un processo di acquisizione di comportamenti e regole che tutti devono adottare per poter stare in quella comunità. Per realizzare questo è necessaria una grandissima capacità multipolare, non l’unipolarismo degli ultimi dieci anni.
    A cosa può servire la vittoria di Barack Obama?
    Spero che la vittoria di Barak Obama agisca anche in questo senso, perché l’America tornerà ad essere multipolare e tornerà a predisporsi ad un’idea di risposta ai temi ambientali, sociali e finanziari in termini di governo globale si apriranno opportunità per tutti».

    Il popolo democratico al Circo Massimo per la terza volta ci ha mandato un messaggio: di non fermarci nel cammino dell’innovazione. In politica soltanto cercando il nuovo si ottengono risultati importanti. Non ci sto al pensiero unico del sondaggio: si deve avere il coraggio di dire quello che si pensa. Se avessi guardato i sondaggi sull’immigrazione dal palco non avrei dovuto parlare di inclusione e integrazione.

    Walter Veltroni

    Fonte: l'Unità - Bruno Miserendino/Maria Zegarelli | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, partito democratico, di pietro, G8, economia, scuola, indulto, manifestazione, referendum, Del Turco, televisioni, elezioni europee, Rai, opposizione, preferenze, diritti umani, scuola pubblica, governo ombra, globalizzazione, Obama, socialisti, commissione di vigilanza, Governo Berlusconi IV, soglia di sbarramento, Youdem.tv, decreto gelmini | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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