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New Hampshire, l’incognita del fattore R
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(04 novembre 2008) - fonte: Il Tirreno - inserita il 04 novembre 2008 da 2746
MANCHESTER. La mente torna alle elezioni del 2000, che ebbero come epicentro la Florida, determinante nell’assegnare la vittoria a Bush contro lo sfidante Al Gore. Allora in Florida fu necessaria la riconta a mano e il distacco tra i due alla fine, con molti dubbi, fu di 500 schede. Oggi come allora le polemiche dei partiti si concentrano sui registri elettorali. Negli Usa infatti per votare, i cittadini devono iscriversi ad un registro. Nelle ultime ore McCain ha chiesto l’annullamento di migliaia di nuovi elettori accreditati proprio negli Stati in bilico mentre Obama ha inviato una lettera urgente al ministero di Giustizia per evitare invalidazioni. ”La percentuale elettorale è il fattore chiave - mi spiega l’amica Kerry Kennedy che saluto all’aeroporto di Washington - anche se non bisogna dimenticare che nel 2004 i 14,5 milioni in più che si recarono alle urne, in 9 milioni scelsero Bush e solo in 5,5 John Kerry. Questa volta credo che possa andare in un altro modo”. E’ in questo contesto che opera la delegazione parlamentare dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) di cui faccio parte insieme ad altri 5 colleghi, chiamata proprio a monitorare il corretto andamento del voto nei seggi di Florida, Missouri e New Hampshire. A me è toccato il New Hampshire, che con soli 4 voti elettorali dei 270 necessari per vincere le elezioni, è comunque tra i paesi decisivi. Anche in questo piccolo Stato, nella zona nord orientale degli Stati Uniti, si respira un’aria diversa, l’aria di un evento che potrebbe cambiare il corso del XXI secolo. Nelle ultime due elezioni il Granite State è passato da uno schieramento all’altro, nel 2000 regalando la vittoria a Bush, nel 2004 al democratico Kerry. Il New Hampshire è ritenuto un banco di prova fondamentale per valutare il peso del fattore razziale. Infatti nelle primarie del gennaio scorso, i sondaggi prevedevano la vittoria di Obama con un margine di oltre sei punti. Invece, contro ogni previsione, si impose Hillary. Anche oggi, a poche ore dal voto, gli istituti prevedono una netta affermazione di Obama. Ma timori e perplessità sulla scelta definitiva dell’elettorato bianco che qui è maggioranza assoluta, serpeggiano, visti tra i precedenti, tra gli attivisti del partito democratico. La sfida tra i due candidati con una battuta me la racconta Richard Henrich, un vecchio amico che abita a Concord: “Da una parte c’è McCain che ha confessato di non saper accendere un computer, dall’altra c’è Obama che, anche con facebook, ha raccolto più finanziamenti di chiunque altro”. Diversa familiarità con il futuro, se non altro. Ma la campagna di Obama ha risvegliato anche antichi ricordi. “Ho ascoltato l’intervento del candidato democratico nello stadio di Denver- dice un ispanico che lavora nell’albergo dove alloggiamo- e sono ritornato allo splendido discorso di insediamento di John F. Kennedy”. Il momento della verità sta per arrivare, ancora pochissime ore per sapere se avremo alla Casa Bianca il primo presidente nero della storia degli Usa o se il veterano che non sa accendere i computer, sarà riuscito ad accendere almeno i cuori degli elettori americani. Sullo sfondo resta invece il timore di un’altra notte in bianco, come 8 anni fa, con le televisioni a ripetere “Too close to call” ovvero “troppo vicini per dire chi ha vinto”, premessa inevitabile di polemiche infuocate sulla regolarità del voto. Andrea Marcucci (senatore del Pd membro delegazione Osce)
Fonte: Il Tirreno | vai alla pagina » Segnala errori / abusi