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Dichiarazione di Giorgio BENVENUTO
Il sindacato si liberi dalle gabbie del passato
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(13 novembre 2008) - fonte: Il Messaggero - Giogio Benvenuto - inserita il 13 novembre 2008 da 31
Senza voler dare consigli a nessuno visto che il mio tempo di sindacalista appartiene ad un’altra epoca, io sono fra quelli che pensano sia utile voltare pagina. E farlo in fretta. Oggi, ad esempio, il sindacato usa spessissimo la parola ”difesa”. Le confederazioni si schierano a ”difesa” del pubblico impiego, a ”difesa” del Mezzogiorno, a ”difesa” del posto del lavoro” e così via.
A mio giudizio sarebbe meglio dismettere il verbo ”difendere” e impadronirsi di un altro termine:
“valorizzare”. Per il sindacalismo confederale il nodo culturale da sciogliere oggi è quello del passaggio dalla conservazione dell’esistente all’accettazione delle sfide del cambiamento. Nel 2008 si vive in un contesto completamente diverso da quello passato. Abbiamo vincoli tanto ferrei quanto nuovi come quello della globalizzazione, dei parametri europei, dell’individuazione di una strada comune per battere la crisi internazionale. Ed è importante sapere che ai vincoli si accompagnano nuove opportunità. In questo contesto le vecchie regole e le vecchie procedure sindacali, anche quelle che hanno brillantemente aiutato l’Italia a battere l’inflazione e ad inserirsi nell’euro, finiscono per appartenere ad un capitolo esaurito. Ora bisogna scriverne uno nuovo. Ed è interesse del sindacato confederale essere protagonista di questo processo non per celebrare il suo ruolo ma per difendere gli interessi elementari del lavoratore-cittadino. Le gabbie del passato infatti incatenano i diritti dei lavoratori, soprattutto di quelli che più si impegnano, e sbarrano la strada del futuro e delle opportunità a tanti, troppi giovani.
Per capire bene come stanno le cose vale la pena delineare lo scenario nel quale si collocano gli scioperi legati al caso Alitalia e le ennesime divergenze fra Cgil, Cisl e Uil. Nel mondo del lavoro si stanno sviluppando profonde divisioni lungo tre direttrici.
La prima è quella dell’indebolimento della confederalità, ovvero della capacità del sindacato di rappresentare gli interessi dei lavoratori in un contesto più ampio di interesse generale del Paese. Gli scioperi selvaggi di Alitalia sono solo la punta dell’iceberg delle contraddizioni. Nelle aziende basta annusare l’aria per avvertire che moltissimi lavoratori privati condividono in pieno il Brunetta-pensiero sui lavoratori pubblici ”fannulloni”. Ed è sempre più difficile tenere insieme le aspettative di coloro che hanno contratti a tempo indeterminato con quelle di chi svolge mansioni flessibili o è legato a contratti precari.
La seconda linea di rottura è territoriale. Un tempo il sindacato confederale ha combattuto per lo sviluppo del Mezzogiorno battaglie pesanti e profondamente condivise dai suoi iscritti. Oggi non è più così. Fra aree sviluppate e Sud spesso c’è antagonismo e questa divisione non a caso è stata sancita anche dalle urne elettorali.
Un terzo terreno di contraddizione è quello delle modalità d’agitazione. La scelta di gruppi di lavoratori di appiedare migliaia di altri cittadini-lavoratori segna uno spartiacque con i loro colleghi che se scioperano colpiscono solo l’azienda per la quale lavorano. Perché ho richiamato questo scenario? Perché sia chiaro che il confronto fra i sindacati confederali deve fare i conti con queste difficoltà strutturali e non con le manovre tattiche del momento.
Il punto è come reagire a questo stato di fatto. La confederalità può ricevere nuova linfa da una radice profonda: senza far retorica, è bene ricordare che è stato il sindacato a difendere le fabbriche del Nord dalle distruzioni belliche. È stato il sindacato, anche nei momenti della contestazione più dura, a difendere le linee di produzione continua. Oggi bisogna riconoscere che è nell’interesse del Paese definire nuove regole sullo sciopero e più in generale sulla contrattazione. Quelle attuali sono state elaborate più di 15 anni fa, ovvero in un altro mondo.
Continuare a rinviare è dannoso. Così facendo i problemi non maturano ma marciscono. E poi, in ultima analisi, cosa si difende? Dobbiamo pur trovare un modo per uscire da meccanismi che hanno finito per collocare i salari medi italiani agli ultimi posti della classifica europea in coincidenza con un alto indice di incidenti sul lavoro. E allora, senza accettare diktat confindustriali, è ora di affrontare il problema di nuove regole sugli scioperi e sui contratti. E non mi rassegno alla divisione sindacale su questi temi. Così come la Confindustria ha sviluppato una propria egemonia sulle confederazioni imprenditoriali conciliando gli interessi delle imprese industriali e di quelle dei servizi come le Poste, non vedo perché il sindacato confederale non possa dotarsi di una nuova linea strategica più articolata ed incisiva di quella odierna. Nel vecchio sindacalismo vigeva una massima che resta intramontabile: «Mai rimanere fermi».
Fonte: Il Messaggero - Giogio Benvenuto | vai alla pagina » Segnala errori / abusi