Ti trovi in Home  » Politici  » Tiziano TREU  » Aspettando il contratto unico

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Tiziano TREU

Alla data della dichiarazione: Consigliere  Consiglio Comunale Venezia (VE) (Gruppo: PD)  - Senatore (Gruppo: PD) 


 

Aspettando il contratto unico

  • (13 novembre 2008) - fonte: Il Riformista - Tiziano Treu - inserita il 13 novembre 2008 da 31

    Il libro di Boeri e Garibaldi, ‘Un nuovo contratto per tutti’, contiene una serie di proposte che i due autori hanno da tempo elaborato e che sono presenti anche nei programmi del miglior riformismo italiano, ora del Partito democratico. Le proposte sono avanzate con uno stile efficace, utile a far conoscere idee che la politica riformista spesso non sa comunicare. Naturalmente la buona comunicazione è importante , ma non sufficiente, perché per attuare queste proposte occorre una forte convinzione e una altrettanto consistente forza politica: come tutte le riforme vere sono difficili da pensare e ancora più da implementare.
    L’ obiettivo centrale delle politiche riformiste, illustrato nel libro, è di superare i dualismi e le diseguaglianze che attraversano il mondo del lavoro; questi si sono moltiplicati con il diversificarsi dei lavori, ma anche a causa di politiche sbagliate, che li hanno aggravati invece di correggerli. C’è un solo modo per uscire da questa giungla, sostengono gli autori : stabilire uno zoccolo di diritti e di tutele comuni a tutti i lavoratori e lasciare che sopra questa soglia il mercato e la contrattazione collettiva creino diverse figure contrattuali con regole diverse, purchè rispettose delle tutele di base. Anzi, aggiungo io, se si garantisce questa soglia comune, molti dei tipi contrattuali proliferati negli ultimi anni scomparirebbero,in quanto creati proprio per eludere le tutele: tipico il caso di molti contratti di collaborazione pseudo autonomi.
    Queste tutele di base comuni sono molteplici e di diverso peso. La più importante in questo momento, è un rete di protezione universale dalle crisi e dalla disoccupazione, cioè un sostegno al reddito adeguato e gli aiuti necessari( formazione, politiche attive,servizi) per trovare un nuovo lavoro. Gli attuali ammortizzatori tutelano una minoranza di lavoratori( gli autori stimano il 20%) e lasciano scoperti ( ( o quasi) proprio quelli che ne hanno più bisogno, gli atipici e i parasubordinati, ma anche i dipendenti delle piccole aziende. Il che aggrava la precarietà delle stesse piccole aziende. Come costruire queste tutele universali e renderle attive è noto da tempo, e oggetto di proposte fin dai tempi della commissione Onofri (1998). L’attuale crisi ne rende solo più evidente la urgenza. Addurre i costi e la mancanza di risorse per rinviare non è accettabile; sia perché i costi si possono ridurre abolendo le tante provvidenze assistenziali oggi esistenti, sia perché continuare con provvedimenti tampone come le casse integrazioni in deroga è costosissimo( circa un miliardo di euro l’anno, negli ultimi tempi). Inoltre l’attuale sistema è gravemente ingiusto: si pensi ai 7 anni di ammortizzatori garantiti ai dipendenti Alitalia quando centinaia di migliaia di lavoratori sono sprovvisti di ogni sostegno. Gli autori propongono una base comune di tutele anche per altri istituti fondamentali : un reddito minimo per chi è senza lavoro da molto tempo e per le diverse situazioni di povertà( anche questo è stato proposto dal primo governo Prodi, ma mal sperimentato e poi abbandonato dal centro destra) ; un salario legale di base per contrastare le retribuzioni basse e aiutare i working poors( questa è una misura prevista in molti paesi , da noi osteggiata senza validi motivi e di recente contenuta nel programma del PD) ; una contribuzione sociale comune a tutti i lavoratori per garantire una eguale pensione ed evitare l’abuso delle collaborazioni, dovuto al differenziale di costi( tale differenziale è stato ridotto negli ultimi anni, ma l’opera va completata). Aggiungo che bisognerà pensare in prospettiva anche a una vera e propria pensione di base comune finanziata dal fisco, come esiste in altri paesi, a cui sommare la pensione contributiva ; perché il sistema contributivo da solo non garantirà livelli adeguati di prestazione.
    Questo insieme di misure rappresentano il cuore di un welfare universale, necessario a rispondere in maniera equa a bisogni comuni di tutti i lavoratori .Le esperienze di altri paesi mostrano che è possibile costruirlo. Ma significa cambiare la logica fondamentale del nostro welfare, che è nato diseguale, categoriale e che è diventato per questo sempre più ingiusto.
    Una simile base comune di tutele è essenziale per combattere in radice anche la precarietà del lavoro. Infatti la precarietà è minore e meno drammaticamente percepita nei paesi che hanno un welfare universale. In questo contesto va vista anche la questione delle tutele contro il licenziamento, e la proposta degli autori di istituire un unico tipo di contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti nel tempo. Su questo aspetto si è (troppo) concentrata la discussione, per motivi comprensibili; ma così si è oscurato il fatto che la unità delle tutele dei lavoratori( e dei contratti) ha contenuti più ampi di quello del licenziamento, sui vari aspetti elencati sopra. L’ obiettivo della proposta è del tutto condivisibile; ed è di favorire un inserimento graduale, specie dei giovani, verso il lavoro stabile. Rilevo peraltro una gradualità delle tutele si può raggiungere anche in altro modo; ad es. allungando a un anno il periodo di prova ( che permette un gradimento reciproco delle parti con libertà di recesso) e usando in modo modulare il contratto di apprendistato,ad es. verifica dopo i primi due anni , con possibilità di terminare il rapporto o di continuarlo per un ulteriore periodo. Graduare le tutele dal licenziamento è un passo ulteriore che riduce la rigidità in uscita con lo scopo di superare le resistenze delle aziende ad assumere a tempo indeterminato e la spinta a ricorrere ai contratti atipici. Va solo ricordato che tale spinta dipende anche da altri motivi: ad es. il ricorso ai co.co.co. e ai contratti a progetto dipende non solo dalla loro flessibilità, ma dai minori costi ( su cui bisogna intervenire).E non va sopravvalutato il peso della disciplina dei licenziamenti, certo molto rigida, nel determinare le difficoltà e le segmentazioni del nostro mercato del lavoro, che hanno radici strutturali.
    In ogni caso la criticità della proposta consiste nel fatto che essa implica una modifica, sia pure parziale, della protezione dai licenziamenti offerta dall’art.18 dello statuto dei lavoratori. Della difficoltà e inopportunità di riaprire il dossier dell’art 18 nell’attuale situazione hanno preso atto anche i riformisti del PD, compreso chi scrive. In realtà la realizzabilità politica di simili proposte è legata al contesto, in particolare alla presenza e al buon funzionamento degli ammortizzatori sociali(oltre beninteso alla dinamicità dell’economia e dell’occupazione). Lo confermano le esperienze straniere dove la maggiore flessibilità in uscita è stata favorita da una operante rete di tutele sul mercato del lavoro, capace di attutire l’impatto dei licenziamenti.
    La costruzione di questa rete è la priorità assoluta delle politiche del lavoro nel nostro paese, tanto più nell’ attuale fase di emergenza economica. Ed è anche un tassello fondamentale di quella base comune di tutele che va costruita progressivamente per tutti i lavoratori.

    Fonte: Il Riformista - Tiziano Treu | vai alla pagina
    Argomenti: lavoro, disoccupazione, lavoratori, licenziamenti, crisi, precarietà, contratto, riformisti, diritto al lavoro | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (0)


Per scrivere il tuo commento devi essere loggato