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Dichiarazione di Roberto MARONI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Lega)  -  Ministro  Interni (Partito: Lega) 


 

Escluso dagli appalti chi non denuncia il racket

  • (21 novembre 2008) - fonte: Il Messaggero - Antonio De Florio - inserita il 21 novembre 2008 da 31

    Le nuove norme nel ddl sicurezza: l’imprenditore che non segnalerà i ricatti, perderà il lavoro e sarà fuori dalle gare

    ROMA - L’imprenditore che non denuncia il ricatto mafioso o la richiesta di pizzo perderà l’appalto pubblico e per tre anni rischia di non partecipare alle gare bandite dagli enti pubblici. Alla sanzione dell’espulsione dell’imprenditore, decisa dalla Confindustria siciliana, si aggiunge ora questa “sanzione amministrativa”, che stabilisce l’obbligo della denuncia. Così come le auto sequestrate alla malavita potranno essere utilizzate dalle forze di polizia, che le avranno in manutenzione. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni cita queste due novità, contenute nel disegno di legge sulla sicurezza che sarà discusso in Senato, per sostenere che la lotta alla criminalità, in particolare a quella organizzata, va avanti.
    L’ennesima sortita del ministro La Russa con la richiesta di un maggior impegno nella lotta alla mafia Maroni non l’ha mandata giù e ieri ha convocato una conferenza al Viminale per snocciolare tutte le operazioni anti-mafia (49) e le iniziative realizzate da quando lui è ministro. Il ministro ha al suo fianco il procuratore antimafia Grasso, i comandanti generali di carabinieri e finanza, Siazzu e D’Arrigo e il sottosegretario Alfredo Mantovano, targato An come il ministro La Russa, che spiega come si sia colmato il disavanzo del fondo per le vittime dell’usura, che torna a 30 milioni, così come si sta predisponendo il trasferimento di altri 70 milioni sul fondo di prevenzione. «Tutte misure - dice il sottosegretario - per venire incontro a quel mondo troppo spesso trascurato: quello delle vittime del racket». Tocca al capo della polizia Antonio Manganelli tirare le somme delle attività contro le cosche. Da maggio al 15 novembre ci sono stati 918 arresti, tra cui 73 latitanti, 49 operazioni di polizia (12 contro la mafia, 16 contro le cosche calabresi, 13 nei confronti dei clan camorristici e 8 contro la criminalità pugliese); quasi 3 miliardi di euro di beni sequestrati, tra aziende, beni immobili e terreni. «Togliere alla mafia - spiega Manganelli - i propri beni significa togliere loro il frutto del loro lavoro e mettere in una condizione di fragilità chi invece è stato sempre visto come invincibile».
    Ma l'«impennata positiva» nei risultati ottenuti, aggiunge, è anche il frutto e la conferma della collaborazione tra le forze di polizia. «Quando si lavora insieme i successi arrivano». Manganelli ricorda i blitz più significativi: gli arresti di Giuseppe Coluccio a Toronto e di Patrizio Bosti a Girona (entrambi inseriti nella lista dei trenta latitanti più pericolosi) ma anche i fermi, da parte dei carabinieri, dei killer della strage di Castelvolturno, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia.
    Maroni aggiunge: «Polizia, carabinieri e guardia di finanza svolgono ogni giorno un lavoro eccezionale su tutti i territori e contro tutte le mafie. Un lavoro che viene svolto in maniera assolutamente coordinata, che è la risposta migliore che lo Stato deve dare alla criminalità organizzata».
    Sulle infiltrazioni dei clan nei consigli comunali e provinciali Maroni promette che saranno puniti non solo gli eletti in odore di mafia ma anche i burocrati collusi, accelerando le procedure per il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati.

    Fonte: Il Messaggero - Antonio De Florio | vai alla pagina
    Argomenti: corruzione, criminalità organizzata, appalti pubblici, ministro Interno, racket, imprenditori | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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