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«Paghi solo l' impresa. In cambio rivediamo l' articolo 18» - INTERVISTA
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(24 novembre 2008) - fonte: Corriere della Sera - Puato Alessandra - inserita il 30 novembre 2008 da 31
Licenziamenti snelli solo per motivi economici e organizzativi, assunzioni definitive per tutti
Un baratto con le aziende: l' esenzione parziale dall' articolo 18 (che vieta i licenziamenti) in cambio dei sussidi alla disoccupazione per i lavoratori, a carico delle imprese, sui nuovi contratti, con assunzione a tempo indeterminato per tutti. È questa l' idea di Pietro Ichino, giuslavorista, parlamentare del Pd. Se ne sta discutendo, in questi giorni, all' interno del Partito democratico. Anche qui, come nell' ipotesi di Michele Tiraboschi, si punta sugli enti bilaterali, gli enti di costituzione volontaria, regionali, fra industria e sindacato. Ma l' intervento richiesto è solo quello delle imprese, senza Stato. Ichino la considera una proposta «necessaria, urgente e più radicale» dell' inattuato progetto sulle tutele del Libro Bianco del 2001 di Marco Biagi, la parte non recepita dalla legge Biagi. «Noi puntiamo sull' idea di affidare l' intervento di sostegno alla disoccupazione agli enti bilaterali, di cui le imprese abbiano la gestione tecnica e i sindacati il controllo - dice Ichino -. Chiediamo che le imprese finanzino per intero il processo e abbiano, in cambio, più flessibilità: cioè la possibilità di attuare licenziamenti per motivi economici e organizzativi in modo snello».
Propone di abrogare l' articolo 18?
«No: di applicarlo soltanto nei casi di licenziamento disciplinare e contro quelli discriminatori, non ai processi di aggiustamento industriale».
E sono tutti d' accordo nel Pd?
«Per ora, è ciò a cui sta lavorando un gruppo di parlamentari. C' è una bozza, sulla quale si sta discutendo. Spero diventi la proposta del Pd nella conferenza programmatica del febbraio prossimo».
I lavoratori precari saranno i più colpiti dalla crisi? Si rischia lo scollamento padri-figli?
«Sì e lo si osserva già. Quando il lavoro non c' è, i primi a essere lasciati a casa, senza un soldo di indennizzo, sono loro. Penso che entro l' anno saranno in decine di migliaia a perdere il posto. È necessario estendere il trattamento di disoccupazione: sia per correggere la disparità di trattamento rispetto ai lavoratori regolari, e sanare il divario generazionale, sia per contrastare il calo dei consumi».
Manca la copertura, dice il governo. Studiano un intervento Stato-aziende.
«Il progetto a cui stiamo lavorando accolla invece l' intero costo alle imprese disponibili. Il nuovo regime si applica là dove verrà contrattata con il sindacato l' istituzione dell' ente bilaterale regionale, che garantisca ai disoccupati gli standard di trattamento, con i servizi di riqualificazione e ricollocazione. Si chiede alle imprese, insomma, di farsi carico del costo sociale, offrendo in cambio un nuovo modello di rapporti di lavoro. È la flexicurity».
Quanto costerebbe alle imprese?
«Con un trattamento alla danese, che parte dal 90% dell' ultima retribuzione e scende al 60% in quattro anni, basterebbe un aumento contributivo dello 0,5% delle retribuzioni lorde, con un meccanismo di bonus-malus: l' imprenditore che licenzia di più, vede lievitare i propri contributi. È chiaro, però, che occorre anche il controllo del comportamento del lavoratore sul mercato. Il sussidio può indurre a rallentare o cessare la ricerca di un nuovo posto».
Oggi viene assunto soltanto un lavoratore temporaneo su quattro, dice l' Isfol.
«Con il nostro sistema, salvo poche eccezioni, dove scatterà la flexicurity tutti i nuovi rapporti di lavoro saranno a tempo indeterminato. Poiché si applicherà solo ai rapporti nati da quel momento in poi, all' inizio ci saranno solo assunzioni, e ci sarà il tempo per organizzare le strutture».
E i precari di oggi?
«Avranno comunque bisogno di un sostegno, ma temo sarà meno efficiente».
Fonte: Corriere della Sera - Puato Alessandra | vai alla pagina » Segnala errori / abusi